Missione sheqel per la Banca Centrale di Israele
Poteva la Banca Centrale di Israele restare a immobile in questi tempi
di aggressive politiche monetarie da parte del gotha degli istituti
centrali? No, soprattutto se a rischio c'è l'importante settore
dell'export.La Bank of Israel ha deciso inaspettatamente di tagliare il tasso sui
prestiti di un quarto di punto portandolo all'1,5%, valore più basso
degli ultimi tre anni, annunciando al contempo un programma di acquisto
di valute estere per limitare l'eccessivo apprezzamento della propria
valuta, lo sheqel.Si tratta di una mossa perlopiù inattesa, anche se a ben vedere era
assolutamente prevedibile. L'Istituto guidato dal Governatore Stanley
Fisher ha infatti spiegato di aver preso questa decisione "in scia al
continuo apprezzamento dello sheqel, all'imminente avvio della
produzione di gas naturale nel giacimento Tamar, al taglio dei tassi
operato da molte altre Banche centrali - in particolare la Banca
Centrale Europea, alle politiche di quantitative easing attualmente in atto in molti Paesi e alla revisione al ribasso delle stime sulla crescita globale".Come darle torto? Nell'ultimo mese gli Istituti centrali che "vigilano"
su circa un quarto del PIL mondiale hanno adottato politiche più
accomodanti. In più, la divisa israeliana ha guadagnato quasi 9 punti
percentuali negli ultimi sei mesi indebolendo l'export, grande risorsa
di Israele (pesa per il 40% sull'economia totale).La notizia ha immediatamente avuto ripercussioni sia sullo sheqel, in
calo sulle principali controparti, che sulla Borsa di Tel Aviv, i cui
indici sono scattati al rialzo mostrando ora guadagni di quasi un punto
percentuale.
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