venerdì 11 luglio 2008

Galilea - Tempio di Pan

Gli incontri al Festival di Letteratura israeliana organizzati dal Museo Ebraico di Bologna
proseguono con un giovane autore conosciuto in Italia per alcune raccolte di racconti fra cui “Pizzeria Kamikaze” e il più recente “Abramkadabram” editi dalla casa editrice e/o.
Etgar Keret, nato nel 1967 a Tel Aviv da genitori scampati alla Shoah, rappresenta “la voce di tutti gli outsider, di coloro che non hanno mai trovato una vera appartenenza”.
Dotato di una grande vena comica cui spesso si aggiunge un pizzico di provocazione, Keret racconta nelle sue storie brevi, sempre surreali e a volte pungenti, la vita israeliana con i suoi paradossi e contraddizioni.
Nelle sue short stories appaiono spesso universi paralleli: ad esempio in Pizzeria kamikaze c’è un luogo nell’al di là solo per suicidi, da un lato i kamikaze arabi, dall’altro i depressi israeliani.
Ma qual è l’orizzonte di Etgar Keret?
“La scrittura per me è un tentativo di toccare realtà che non riesco a vedere. Per molti scrittori l’atto di scrivere consiste nell’esprimere qualcosa di noto. Per me scrivere è sporgersi dal precipizio e fare un passo nel vuoto. Quando scrivo non ho un orizzonte, né alcuna aspettativa: semplicemente vado verso l’ignoto”.
I personaggi dei suoi libri, in genere trentenni senza progettualità schiacciati nella loro quotidianità, sono il risultato della reazione di Keret alla realtà in cui vive; cresciuto in un paese molto ideologicizzato, in una società con una spiccata propensione alla collettività, osserva come le persone della sua generazione compiano uno sforzo enorme per ampliare il loro spazio individuale e per capire quale sia l’obiettivo cui tendere.
Il tema della morte è presente in quasi tutti i suoi racconti, sebbene non siano pervasi dalla tristezza. La vita e la morte in un certo senso convivono nella medesima storia.
Ricorre spesso anche il tema del suicidio, in un contesto comunque ottimistico.
“L’idea di sapere che ti puoi togliere la vita da solo – continua Keret – ti rende più responsabile. Poiché abbiamo “scelto” di continuare a vivere dobbiamo cercare inevitabilmente di tirare fuori il meglio dalla nostra vita”.
L’identità israeliana è costruita su paradossi e contraddizioni. Che posto è Israele per Etgar Keret?
“E’ un luogo talmente conservatore che il giorno di shabbat non circolano gli autobus ma al contempo progressista e avanzato al punto che un travestito è stato scelto per rappresentare Israele all’eurovisione e ha vinto! Dunque un posto a metà strada fra Iran e California, un luogo denso di contraddizioni che rappresentano però anche un fattore di energia, di vitalità inesauribile per Israele”.
Le contraddizioni estreme di questo paese sono ben rappresentate nella stessa famiglia di Keret: suo fratello, esponente della sinistra estrema, vive in Thailandia dopo aver cercato di formare un movimento per la liberalizzazione della marijuana, la sorella al contrario è ultraortodossa e all’età di 45 anni ha undici figli e due nipoti. “Tuttavia seppur nella diversità – ribadisce Keret – stiamo cercando tutti la stessa cosa: vale a dire quello che trascende la realtà materiale dell’esistenza”.
Nelle short stories dello scrittore israeliano un posto di rilevo spetta alla figura del “prestigiatore”. E’ affascinato da questi personaggi perché ritiene che abbiano molto in comune con l’artista e lo scrittore in particolare. Il mago che ha il potere di far accadere prodigi è comunque dipendente dal pubblico che lo ammira ad occhi aperti.
“Cosa sarebbe il mago senza i suoi spettatori e lo scrittore senza i suoi lettori? E’ però quando il mago (o lo scrittore) non capisce il “trucco” che ha usato per distrarre il pubblico che si compie una vera magia”.
Fra i personaggi che popolano i racconti di Keret i bambini trovano ampio spazio.
“Perché i bambini non sono ancora parte integrante della società, sono degli “iniziati” e possono osservare i problemi da una prospettiva diversa rispetto a quella degli adulti, un punto di vista “esterno”. “Da bambino ho sempre cercato di apparire normale agli occhi degli altri anche se non mi sentivo tale. La letteratura è quello strumento che mi ha permesso di realizzare fino in fondo il bambino che era in me”.
Un altro spunto di riflessione che emerge leggendo i libri di Keret è il ricorrere dei “compleanni”. “E’ un momento cruciale – spiega lo scrittore – perché in quel giorno, indipendentemente dall’età che compie, una persona deve guardarsi alle spalle, ripercorrere la vita che ha vissuto fino a quel momento e in tal modo porsi di fronte a una nuova sfida”.
Etgar Keret, che per le sue opere ha ricevuto prestigiosi premi letterari quali il “Prime Minister’s Prize, ha scritto anche la sceneggiatura di molti film di successo. Insieme alla moglie Shira Geffen ha girato il film Meduse, uscito nelle sale italiane alcuni mesi fa, con il quale ha vinto la “Camera d’Or” al Festival di Cannes 2007. E’ una storia delicata, quasi una favola dove le vite dei personaggi si incrociano sullo sfondo della città di Tel Aviv: Karen si infortuna una gamba durante il suo banchetto di nozze ed è costretta a rinunciare alla luna di miele. Batya incontra una misteriosa bambina che segue ogni suo passo, Joy è una colf filippina maltrattata dall’anziana signora presso la quale lavora.
Come si colloca il suo lavoro di scrittore rispetto all’attività di regista?
“Sono più vicino alla scrittura come mezzo espressivo rispetto al cinema, tuttavia sono convinto che quando si produce un film si compia un miracolo.
Per fare un film – conclude Keret – occorre la partecipazione di molte persone e nel momento in cui quel film viene proiettato coloro che vi hanno contribuito si riconoscono in esso. Penso che il fatto di condividere così profondamente un unico spazio rappresenti una delle ragioni per guardare al cinema con grande ottimismo”. Bologna, 10 luglio 2008
Giorgia Greco


LO STATO D’ISRAELE

Il 14 Maggio 1948 fu proclamato lo Stato d’Israele, in accordo al piano di spartizione delle Nazioni Unite (1947). Meno di 24 ore più tardi, gli eserciti regolari di Egitto,Giordania, Siria, Libano e Iraq invadevano il paese, costringendo Israele a difendere la sovranità che aveva riguadagnato nella sua antica patria. In quella che divenne nota come Guerra d’Indipendenza d'Israele, le Forze di Difesa Israeliane (IDF), appena formate e malamente equipaggiate, respinsero gli invasori in duri combattimenti a più riprese che durarono circa quindici mesi e che videro da parte israeliana circa 6.000 caduti (quasi l‘1% della popolazione ebraica del Paese a quell'epoca)
Nei primi mesi del 1949, vennero condotti negoziati diretti sotto gli auspici delle Nazioni Unite fra Israele e ciascuno dei paesi invasori (eccetto l’Iraq, il quale ha rifiutato fino ad oggi di negoziare con Israele; queste trattative produssero come risultato accordi armistiziali che riflettevano la situazione al termine del conflitto. Di conseguenza la pianura costiera, la Galilea e l’intero Neghev, vennero a trovarsi sotto la sovranità israeliana, Giudea e Samaria (il West Bank), furono sotto il governo giordano, la Striscia di Gaza rientrò sotto l’amministrazione egiziana e la città di Gerusalemme fu divisa fra la Giordania, che ne controllava la parte orientale e la Città Vecchia, e Israele, sotto il cui controllo si trovava il settore occidentale.

La Costruzione dello Stato

Una volta finita la guerra Israele concentrò i propri sforzi sulla costruzione di quello Stato per il
raggiungimento del quale il popolo aveva lottato tanto duramente e tanto a lungo. La prima Knesset (Assemblea Parlamentare) composta da 120 membri, si riunì dopo elezioni nazionali (25 Gennaio 1049) in cui quasi l’85% degli aventi diritto di voto andò alle urne. Divennero leader del
paese due delle persone che avevano condotto Israele allo Stato: David Ben Gurion, capo dell’Agenzia Ebaica venne eletto Primo Ministro, e Chaim Weizman, capo dell'Organizzazione Sionistica Mondiale, fu scelto dalla Knesset come primo Presidente dello Stato. L’11 Maggio 1949 Israele occupò il proprio seggio in qualità di cinquantanovesimo emmbro delle Nazioni Unite. Tenendo fede al concetto di “raduno degli esiliati”, che risulta il cuore della ragion d’essere di Israele, le porte del paese vennero spalancate, affermando il diritto di ogni ebreo a giungervi e ad acquisirne, al suo ingresso, la cittadinanza. Nei primi quattro mesi d'indipendenza circa 50.000 nuovi arrivati, per lo più sopravvissuti alla Shoah, raggiunsero le coste d’Israele. Verso la fine del 1951 era arrivato un totale di 687.000 fra uomini, donne e bambini 300.000 dei quali profughi da paesi arabi, venendo così a raddoppiare la popolazione ebraica nel paese. Lo sforzo economico dovuto alla Guerra d’Indipendenza e la necessità di provvedere alla rapida crescita della popolazione resero necessari austerità all’interno e aiuti finanziari dall'estero L’assistenza offerta dal governo degli Stati Uniti, i prestiti di banche americane, i contributi di ebrei della Diaspora, e i risarcimenti post-bellici dalla Germania furono usati per costruire case, meccanizzare l’agricoltura, fondare una flotta mercantile e una linea aerea nazionale, sfrutta le risorse minerarie disponibili, sviluppare industrie ed espandere reti stradali, di telecomunicazione e di energia elettrica. Verso la fine del primo decennio la produzione industriale era raddoppiata e così anche il numero delle persone impiegate, con esportazioni industriali quadruplicate. La vasta espansione di aree coltivate aveva portato all’autosufficienza nella fornitura di tutti i prodotti alimentari di base, con l’eccezione di carne e granaglie, mentre circa 20.000 ettari di terreno, per lo più desertico, furono rimboschiti e vennero piantati alberi lungo quasi 800 chilometri di strade. Il sistema educativo, che era stato sviluppato dalla comunità ebraica nel periodo precedente alla fondazione dello Stato e che includeva ora anche il settore arabo, ebbe una grande espansione. La frequenza scolastica divenne gratuita e obbligatoria per tutti i bambini dai cinque ai quattordici anni (dal 1978 l’età della scuola dell’obbligo è stata elevata ai 16 anni ed è gratuita fino ai 18 anni). Fiorirono le attività culturali e artistiche che mescolavano elementi mediorientali, nordafricani e occidentali, e questo perché gli ebrei che giungevano da ogni parte del mondo portavano con sé tanto le tradizioni peculiari delle loro comunità, quanto aspetti della cultura prevalente nel paese in cui avevano vissuto per generazioni. Quando Israele celebrò il suo decimo anniversario, la sua popolazione contava oltre due milioni di abitanti.

La Campagna del Sinai – 1956

Gli anni della costruzione dello Stato furono oscurati da seri problemi legati alla sicurezza. Gli
accordi armistiziali del 1949 non solo non riuscirono a spianare la strada di una pace duratura, ma vennero anche costantemente violati.
In contrasto con la risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite del 1 Settembre1951, venne vietato a israeliani e a navi battenti bandiera israeliana di attraversare il canale di Suez, fu irrigidito il blocco agli Stretti di Tiran, sempre più di frequente avvenivano incursioni in Israele da parte di pattuglie di terroristi provenienti dai paesi arabi confinanti che compivano assassinii e sabotaggi,e la penisola del Sinai fu gradualmente trasformata in una enorme base militare egiziana. Con la firma di un patto di triplice alleanza fra Egitto,Siria e Giordania (Ottobre 1956), la minaccia incombente sull’esistenza d’Israele si intensificò. Nel corso di una campagna militare della durata di otto giorni l’esercito israeliano conquistò la Striscia di Gaza e l'intera penisola del Sinai, fermandosi a 16 chilometri a est del Canale di Suez. La decisione delle Nazioni Unite di istallare una Forza d’Emergenza de (UNEF) lungo il confine fra l'Egitto a Israele e le assicurazioni da parte egiziana sulla libera navigazione nel Golfo di Eilat convinsero Israele a ritirarsi gradualmente (novembre 1956 - marzo 1957) dalle zone conquistate poche settimane prima. Di conseguenza gli Stretti di Tiran furono riaperti, consentendo lo sviluppo sia con i paesi asiatici e dell’Africa orientale, sia importando petrolio dal Golfo Persico.

Anni di Consolidamento

Nel corso del secondo decennio d'esistenza di Israele (1958-68) le esportazioni raddoppiarono e il
PIL crebbe ogni anno di circa il 10%. Anche se alcuni prodotti che precedentemente venivano importati, come la carta, i pneumatici,apparecchi radio e frigoriferi, venivano ora prodotti da
industrie locali,l a crescita più rapida avvenne nei settori fondati più recentemente, come quello
della metallurgia, della costruzione di macchinari, della lavorazionedei prodotti chimici e dell’elettronica. Dato che il mercato interno dei generi alimentari prodotti localmente si stava rapidamente avvicinando a un punto di saturazione, il settore agricolo iniziò a produrre una varietà più ampia di prodotti, sia per l’industria delle conserve sia per l’esportazione di prodotti freschi.Per far fronte al volume commerciale in aumento, fu costruito un secondo porto d'acque profonde sulla costa mediterranea, ad Ashdod, che andò ad aggiungersi a quello già esistente di Haifa.
A Gerusalemme venne edificata una sede permanente per la Knesset, mentre vennero costruite nuove strutture per il Centro Medico Hadassa e per l’Università Ebraica in luoghi alternativi, per sostituire quelle che si trovavano sul Monte Scopus, che dovettero essere abbandonate dopo la Guerra d’indipendenza. Nello stesso periodo venne fondato il Museo d’Israele, con lo scopo di conservare, studiare ed esporre i tesori culturali e artistici del popolo ebraico. Le relazioni diplomatiche di Israele si ampliarono costantemente e vennero a svilupparsi stretti legami con gli Stati Uniti, con i paesi del Commonwealth britannico, con la maggior parte degli stati dell'Europa occidentale, con quasi tutti i paesi dell’America Latina e dell'Africa e con alcune nazioni asiatiche. Furnono intrapresi vasti programmi di cooperazione internazionale e centinaia di medici, ingegneri, insegnanti, agronomi, esperti di irrigazione e giovani organizzatori condivisero le proprie conoscenze e le loro esperienze con persone di altri paesi in via di sviluppo. Nel 1965
avvenne lo scambio di ambasciatori con la Repubblica Federale di Germania, un passo che fino ad allora era stato rimandato per gli amari ricordi del popolo ebraico dei crimini commessi nei suoi
confronti durante il regime nazista (1933-1945). La normalizzazione delle relazioni fra i due paesi fu preceduta da una veemente opposizione e da un acceso dibattito pubblico.

La Guerra dei Sei Giorni – 1967

Le speranze di un altro decennio di relativa tranquillità furono mandate in frantumi dal progressivo aumento degli attacchi terroristici arabi lungo i confini egiziano e giordano,
dai persistenti bombardamenti dell’artiglieria siriana sugli insediamenti agricoli del nord della Galilea e dal massiccio riarmo militare condotto dai confinanti stati arabi. Quando l’Egitto mosse nuovamente un ingentenumero di truppe nel deserto del Sinai (maggio 1967) e ordinò alle forze di pace delle Nazioni Unite (dispiegate dal 1957) di uscire dalla zona, reimpose il blocco agli Stretti di Tiran ed entrò in un’alleanza militare con la Giordania, Israele si trovò di fronte eserciti arabi ostili su tutti i fronti. Poiché l’Egitto aveva violato gli accordi conclusi dopo la campagna del Sinai del 1956, Israele fece appello al diritto all’autodifesa, lanciando un attacco preventivo (5
Giugno 1967) contro l’Egitto nel sud, seguito da un contrattacco contro la Giordania ad est e lo sbaraglio delle forze siriane trincerate nelle alture del Golan al nord. Al termine di sei giorni di combattimenti le precedenti linee armistiziali furono sostituite da altre nuove, con Giudea,
Sarnaria, Gaza, la penisola del Sinai e le Alture del Golan, entrati sotto il controllo israeliano. Il risultato di ciò fu che i villaggi situati a nord furono liberati, dopo 19 anni, dai continui bombardamenti siriani, il passaggio di israeliani e di navi battenti bandiera israeliana attraverso gli Stretti di Tiran fu assicurato e Gerusalemme, che era stata dal 1949 divisa fra il controllo giordano e quello israeliano, venne riunita sotto l’autorità di Israele.

Di Guerra in Guerra

Conclusa la guerra, il difficile compito della diplomazia d’Israele era quello di tradurre i suoi risultati militari in una pace permanente basata sulla Risoluzione 242 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, che richiamava al riconoscimento della sovranità, della integrità territoriale e della indipendenza politica di tutti gli stati della regione e del loro diritto di vivere in pace in confini sicuri e riconosciuti, liberida minacce o da azioni di forza. Tuttavia la posizione araba, così come venne formulata nel Vertice di Kartoum (Agosto 1967) si appellava ai seguenti principi: Nessuna pace con Israele, nessun negoziato con Israele e nessun riconoscimento di Israele. Nel settembre 1968, l’Egitto iniziò una "guerra d’attrito" con azioni sporadiche e statiche lungo le rive del Canale di Suez, che crebbero fino a divenire veri e propri combattimenti circoscritti, causando gravi perdite perentrambe le parti. Le ostilità cessarono nel 1970 quando Egitto e Israele accettarono un nuovo cessate il fuoco lungo ilcanale di Suez.

La Guerra del Kippur – 1973

Tre anni di relativa calma lungo i confini furono interrotti a Yom Kippur (Giorno dell'Espiazione), il giorno più sacro del calendario ebraico, allorquando Egitto e Siria lanciarono un attacco coordinato a sorpresa contro Israele (6 Ottobre 1973), con l’esercito egiziano che attraversò il Canale di Suez e le truppe Siriane che penetrarono nelle Alture del Golan. Nelle successive tre settimane le Forze di Difesa Israeliane capovolsero le sorti della battaglia e respinsero gli aggressori, attraversando il Canale di Suez in Egitto e avanzando fino ad arrivare a 32 chilometri dalla capitale siriana Damasco. Due anni di difficili negoziati fra Israele ed Egitto e fra Israele e Siria produssero degli accordi di disimpegno, in base ai quali Israele si sarebbe ritirato da parte dei territoriconquistati durante la guerra.

Operazione Pace in Galilea – 1982

La linea del confine internazionale con il Libano non è mai stata messa in discussione da nessuna delle parti. Tuttavia, quando l’organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP) si dispiegò
nel sud del Libano dopo esser stata scacciata dalla Giordania (l970) ed eseguì ripetute azioni terroristiche contro città e villaggi del nord d’Israele (Galilea) che causarono molte vittime e notevoli danni, le Forze di Difesa d’Israele attraversarono il confine ed entrarono nel Libano(1982). L’operazione “Pace in Galilea” ebbe come risultato la rimozione dalla maggior parte delle infrastrutture organizzative e militari dell’OLP dall’area. Da allora Israele ha mantenuto una piccola zona di sicurezza nel sud del Libano adiacente al suo confine settentrionale, per salvaguardare la propria popolazione in Galilea dai continui attacchi di elementi ostili.

Dalla Guerra alla Pace

Le elezioni del 1977 per la Knesset portarono al potere il blocco del Likud, una coalizione di partiti liberali e centristi, ponendo fine a quasi trenta anni di dominio politico del partito Laburista. Il nuovo Primo Ministro, Menachem Begin, reiterò l’impegno, preso da tutti i capi di governo che lo avevano preceduto, di adoperarsi per il raggiungimento di una pace permanente nella regione e lanciò un appello a tutti i capi arabi perché si incontrassero con lui. Il cerchio dei rifiuti arabi agli appelli per la pace lanciati dagli israeliani fu rotto dalla visita a Gerusalemme del Presidente egiziano Anwar Sadat (Novembre 1977), seguita da negoziati fra Egitto e Israele sotto gli auspici americani. Gli Accordi di Camp David (Settembre 1978), risultato di tali trattative, includevano un ordinamento per una pace globale nel Medio Oriente, compresa una proposta dettagliata di autogoverno per i Palestinesi. Il 26 Marzo 1979, Israele ed Egitto firmarono a Washington DC un trattato di pace che poneva fine allo stato di guerra esistente fra i due paesi e durato 30 anni. Secondo il trattato Israele si sarebbe ritirata dalla penisola del Sinai, sostituendo le precedenti linee del cessate il fuoco e degli accordi armistiziali con confini internazionali reciprocamente riconosciuti. Tre anni di colloqui tra Giordania e Israele, in seguito alla Conferenza di Pace di Madrid del 1991, culminarono in una dichiarazione congiunta di Re Hussein del Regno Hashemita di Giordania e del Primo Ministro Yitzhak Rabin (luglio 1994), che pose fine allo stato di guerra tra i due paesi, durato 46 anni. Il trattato di pace israelo-giordano fu firmato al valico di confine della Aravà (nei pressi di Eilat in Israele e di Aqaba in Giordania), il 26 ottobre 1994, alla presenza del Presidente americano Bill Clinton.

Traguardi Interni

Nel corso degli anni ‘80 e ‘90 Israele ha assorbito oltre un milione di nuovi immigrati, principalmente dall’ex-Unione Sovietica, dall’Europa dell’Est e dall’Etiopia. L’afflusso di una tale quantità di nuovi consumatori, come di un ampio numero di lavoratori specializzati e non specializzati, abbinato a stridenti misure di controllo dell’inflazione, spinse l’economia in un periodo di espansione accelerata. Dopo le elezioni per la Knesset del 1984 salì al potere un governo composto dai due maggiori blocchi politici: i Laburisti (centro-sinistra) e il Likud (centro-destra). Nel 1988 esso fu sostituito da una coalizione guidata dal Likud che, al termine della sua cadenza quadriennale, fu seguita, nel 1992, da una coalizione composta dal Partito Laburista e da altri partiti minori del centro-sinistra. Dopo l'assassinio del Primo Ministro Yitzhak Rabin nel 1995, nel 1996 si svolsero nuove elezioni. Con le elezioni dirette del Primo Ministro, Benyamin Netanyahu andò al potere e formò una maggioranza guidata dal Likud.Meno di tre anni dopo il suo governo fu battuto. Nel 1999 Ehud Barak, leader del partito "Un Israele" (centro-sinistra), fu eletto Primo Ministro e formò un governo di coalizione; si dimise poi nel dicembre 2000. Nel febbraio 2001 Ariel Sharon, presidente del Likud, fu eletto Primo Ministro e formò un governo di unità nazionale, che includeva la maggioranza dei partiti politici. In questi anni, ognuno di questi governi ha operato, secondo le proprie convinzioni politiche, per il raggiungimento della pace, per lo sviluppo economico e per l’assorbimento degli immigranti.

IL PROCESSO DI PACE

Sin dalla firma del trattato di pace fra Egitto ed Israele (1979), furono intraprese varie iniziative, sia da Israele sia da altri, per far avanzare il processo di pace in Medio Oriente. Questi sforzi condussero infine alla convocazione della Conferenza di Pace di Madrid (Ottobre 1991), tenuta sotto gli auspici degli Stati Uniti e dell’unione Sovietica, nella quale furono riuniti i rappresentanti
di Israele, Siria, Libano, Giordania e Palestinesi. Le procedure formali furono seguite da negoziati bilateralifra le parti e da colloqui multilaterali su questioni di interesse regionale.
Israele e palestinesi: dopo mesi di intensivi contatti tenuti ad Oslo dietro le quinte, fra i negoziatori di Israele e dell’organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP), venne formulata una Dichiarazione di Principi che delineava i preparativi per l’auto-governo dei
palestinesi nel West Bank e nella Striscia di Gaza. La sua firma fu preceduta da uno scambio di lettere (Settembre 1993) fra il Presidente dell’OLP Yasser Arafat e il Primo Ministro Yitzhak Rabin, in cui l’OLP dichiarava di rinunciare all’uso del terrorismo, si impegnava ad annullare quegli articoli della sua Carta dove si negava ad Israele il diritto all’esistenza, e si impegnava nella ricerca di una soluzione pacifica del decennale conflitto fra palestinesi ed ebrei sulla Terra. A sua volta, Israele riconosceva l’OLP come rappresentante del popolo Palestinese. La Dichiarazione di Principi conteneva un insieme di principi generali concordati fra le parti riguardanti un periodo intermedio di auto-governo palestinese della durata di cinque anni, da attuare in quattro
fasi. Il primo stadio, in cui si sarebbe impiantato l’auto-governo nella Striscia di Gaza e a Gerico, ha avuto luogo nel Maggio del 1994. Nell’Agosto dello stesso anno, è iniziata la seconda fase che prevedeva la trasmissione di poteri e responsabilità ai rappresentanti palestinesi del West Bank attraverso la consegna delle autorità relative a cinque specifiche sfere d’azione: educazione e cultura, sanità, previdenza sociale, tassazione e turismo. La Dichiarazione di Principi e altri accordi firmati da Israele e palestinesi culminarono nella firma di un Accordo ad Interim israelo-palestinese nel settembre 1995. L’Accordo prevedeva l'ampliamento dell’autogoverno palestinese nel West Bank attraverso l’elezione di un’autorità preposta all’auto-governo - il
Consiglio Palestinese (eletto nel gennaio 1996), e la continuazione del ridispiegamento dell'IDF
nel West Bank. L'accordo regolava anche il meccanismo che gestiva le relazioni israelo-palestinesi che la natura di un assetto permanente tra Israele e l'entità palestinese, sono iniziati nel maggio 1996 come previsto. Gli attacchi di attentatori suicidi, compiuti dai terroristi di Hamas a Gerusalemme e a Tel Aviv nel 1996 oscurarono la vista del processo di pace da parte israeliana. Dopo uno stallo di tre anni i colloqui per lo Status finale ripresero solo dopo il Memorandum di Sharm el-Sheikh (settembre 1999). I temi da affrontare comprendono: rifugiati, insediamenti,
questioni di sicurezza, confini, Gerusalemme e altri ancora. Su invito del Presidente Clinton, il Primo Ministro israeliano Barak e il Presidente dell'Autorità Palestinese Arafat parteciparono a un vertice a Camp David, nel luglio 2000, per riprendere i negoziati. Il summit si concluse senza
che fosse raggiunto un accordo. Tuttavia fu rilasciata una dichiarazione trilaterale, nella quale venivano indicati i principi concordati, per proseguire i negoziati. Nel settembre 2000 i palestinesi iniziarono una campagna di terrorismo e violenza indiscriminati, causando gravissime
perdite umane e molta sofferenza da entrambe le parti. Numerosi sforzi per mettere fine alle violenze e per rilanciare il processo di pace sono falliti a causa del continuo e crescente terrorismo palestinese, sostenuto dall'Autorità Palestinese. Israele ha accettato la visione presentata
nel discorso del Presidente Bush il 24 Giugno 2002, per porre fine al terrorismo palestinese e, conseguentemente, giungere a un accordo finale, per tutte le questioni sospese, e alla pace.Il 25 maggio 2003 Israele ha accettato la Roadmap, assieme a delle considerazioni che Israele ritiene parte integrante della sua applicazione e a un impegno degli Stati Uniti a prendere in considerazione questi commenti. Tuttavia, i palestinesi devono ancora assolvere i loro obblighi previsti dalla prima fase della Roadmap, in primo luogo la cessazione incondizionata del terrorismo e dell'incitamento alla violenza. Tra le misure prese da Israele per contrastare il terrorismo vi è stata la costruzione della barriera antiterrorismo. avrebbero condotto a un accordo per una sistemazione permanente. In base all'accordo ad Interim la West Bank fu suddivisa in tre tipi di aree:
Area A – comprendente le principali città del West Bank: piena responsabilità del Consiglio Palestinese per questioni di sicurezza interna e di ordine pubblico, così come per gli affari civili. (La città di Hebron fu soggetta a regolamentazioni speciali fissate nell'Accordo ad Interim;
il Protocollo sul ridispiegamento a Hebron fu firmato nel gennaio 1997).
Area B – comprendente piccoli centri abitati e villaggi nel West Bank: responsabilità del Consiglio Palestinese sugli affari civili (come per l'Area A) e mantenimento dell'ordine pubblico, mentre Israele mantiene la principale responsabilità sulla sicurezza, per la salvaguardia dei suoi cittadini e per combattere il terrorismo.
Area C – comprendente tutti gli insediamenti ebraici, aree di importanza strategica per Israele e aree ampiamente disabitate della West Bank: piena responsabilità israeliana per sicurezza e ordine pubblico, per responsabilità civili riguardanti il territorio (pianificazione, gestione
del territorio, archeologia, etc.). Il Consiglio Palestinese si assume la responsabilità per quanto riguarda tutte le altre sfere civili per la popolazione palestinese. Il programma di attuazione di ulteriori fasi di ritiro, così come specificato nell'Accordo ad Interim, è stato rivisto in varie occasioni da entrambe le parti, principalmente con il Memorandum di Wye River nell'ottobre
1998. In seguito a queste revisioni concordate, Israele ha completato la prima e la seconda fase del processo di ulteriore ridispiegamento (FRD) nel marzo del 2000. La terza e ultima fase è ancora in fase di negoziazione. A seguito del ridispiegamento israeliano oltre il 18% della
West Bank è attualmente considerata area Ae oltre il 20% è considerato Area B, con il 98% della popolazione palestinese della West Bank sotto l'autorità palestinese. I negoziati tra le parti sullo Status finale, per determinare
S T O R I A
Nell'agosto 2005 il disimpegno d'Israele dalla Striscia di Gaza e da quattro insediamenti nel nord della Samaria costituì uno sforzo per cercare di porre fine alla situazione di stallo del processo di pace, dopo cinque anni di terrorismo palestinese. Tuttavia, il terrorismo palestinese è continuato,
in seguito all'elezione di Hamas al governo palestinese, con attacchi di missili Qassam e con il rapimento di militari israeliani, rendendo necessaria un'azione militare israeliana.
Israele e Siria: nell’ambito della formula di Madrid, sono iniziati fra le delegazioni siriana e israeliana dei colloqui che si sono tenuti di tanto in tanto a Washington a livello di ambasciatori, con il coinvolgimento di alti funzionari americani. Due tornate di colloqui di pace israelo-siriani (Dicembre 1995 e Gennaio 1996) si sono incentrate sulla sicurezza e su altri argomenti chiave. Altamente dettagliati e globali, i colloqui hanno individuato importanti aree di accordo e convergenze concettuali per future discussioni e considerazioni.
I colloqui tra Israele e Siria sono ripresi nel gennaio 2000 a Shepherdstown, negli Stati Uniti, dopo uno stallo di oltre tre anni. Tuttavia questi colloqui non hannoportato a un progresso, né l'incontro tra il Presidente Clinton e il Presidente Assad a Ginevra (marzo 2000) è riuscito a far riprendere i colloqui. Attualmente non sono in corso negoziati. La Siria, assieme all'Iran, appoggia le più violente e pericolose organizzazioni terroristiche, come Hezbollah e i vari gruppi terroristici palestinesi.
Israele e Libano: il 23 maggio del 2000 Israele ha portato a termine il ritiro di tutte le sue forze militari dalla zona di sicurezza nel sud del Libano, in conformità alle decisioni del proprio governo di applicare la Risoluzione 425 del Consiglio di Sicurezza dell'Onu. Il Libano, purtroppo,
non ha ancora applicato pienamente la suddetta Risoluzione 425, né la Risoluzione 1559 (che chiede lo smantellamento di Hezbollah e il dispiegamento dell'esercito libanese nel sud del Libano). Dei massicci attacchi missilistici da parte di Hezbollah e il rapimento, senza alcuna provocazione da parte israeliana, di militari israeliani nel luglio 2006 hanno reso necessaria un'azione militare da parte d'Israele, per rimuovere la minaccia.
Colloqui multilaterali
I colloqui multilaterali sono stati istituiti come parte integrante del processo di pace, con lo scopo di ricercare soluzioni ai problemi chiave della regione, contribuendo nello stesso tempo alla costruzione di misure di fiducia che promuovano lo sviluppo e la normalizzazione delle relazioni
fra i paesi del Medio Oriente. Dopo la Conferenza Multilaterale di Mosca sul Medio Oriente (Gennaio 1992), che ha visto la partecipazione di trentasei paesi e organizzazioni internazionali, le delegazioni si sono suddivise in cinque gruppi di lavoro che trattano temi riguardanti specifici
settori di comune interesse regionale (ambiente, controllo degli armamenti e sicurezza regionale, profughi, risorse idriche e sviluppo economico) e si riuniscono di tanto in tanto in vari punti d’incontro nella regione. Il Comitato Direttivo, che comprende rappresentanti delle delegazioni chiave e presieduto da Stati Uniti e Russia, coordina i colloqui multilaterali. Dallo scoppio della violenza palestinese (settembre 2000) la maggior parte delle attività nel processo multilaterale è stata congelata.

PRINCIPALI MOMENTI STORICI

a.E.V. - Avanti l’Era Volgare
XVII-VI sec. a.E.V. – Periodo Biblico
Circa XVII sec. Abramo, Isacco e Giacobbe, i patriarchi del popolo ebraico e i portatori
della fede nel Dio Unico, si insediano nella Terra d’Israele. Una carestia
costringe gli Israeliti a emigrare in Egitto
XIII sec. Mosè conduce gli Israeliti fuori dall’Egitto; seguono 40 anni di
peregrinazioni nel deserto.
Sul Monte Sinai viene ricevuta la Toràh, che comprende i Dieci
Comandamenti
XIII - XII sec. Gli Israeliti si insediano nella Terra d’Israele
c. 1020 Viene fondata la monarchia ebraica; Saul è il primo re
c. 1000 Il re Davide fa di Gerusalemme la capitale del suo regno
c. 960 A Gerusalemme viene edificato da Re Salomone il Primo Tempio, centro
nazionale e spirituale del popolo ebraico
c. 930 Divisione del regno in Giuda e Israele
c. 722 - 720 Il Regno d’Israele viene schiacciato dagli Assiri: 10 tribù vengono esiliate
(le Dieci Tribù Perdute)
586 Il Regno di Giuda viene conquistato da Babilonia
Gerusalemme e il Primo Tempio vengono distrutti; la maggioranza degli
ebrei sono esiliati
538 - 142 Periodi Persiano ed Ellenistico
538 - 515 Molti ebrei ritornano da Babilonia; il Tempio viene ricostruito
332 Il Paese viene conquistato da Alessandro il Grande; dominio ellenistico
166 - 160 Rivolta Maccabea (Asmonea) contro le restrizioni nella pratica del
Giudaismo e la profanazione del Tempio
142 - 129 Autonomia ebraica sotto gli Asmonei
129 - 63 Indipendenza ebraica sotto la monarchia Asmonea
63 Gerusalemme viene conquistata dal generale romano Pompeo
48 49
E.V. - Era Volgare
63 a.E.V.- 313 E.V. – Dominazione Romana
63 - 4 a.E.V. Erode, il re vassallo dei Romani, regna sulla Terra d’Israele; il Tempio
viene restaurato
c. 20-33 Ministero di Gesù di Nazareth
66 Rivolta ebraica contro i Romani
70 Distruzione di Gerusalemme e del Secondo Tempio
73 Ultima resistenza degli ebrei a Massada
132 – 135 Sollevazione di Bar Kochba contro i Romani
c. 210 Viene completata la codificazione della Legge Orale Ebraica (Mishnà)
313 - 636 Dominazione Bizantina
c. 390 Viene completato il commento alla Mishnà (il Talmud gerosolimitano)
614 Invasione persiana
636 – 1099 Dominazione araba
691 Sul sito del Primo e del Secondo Tempio a Gerusalemme, il Califfo Abdel-
Malik costruisce il Duomo della Roccia
1099 – 1291 Dominazione Crociata (Regno Latino di Gerusalemme)
1291 – 1516 Dominazione Mamelucca
1517 - 1917 Dominazione Ottomana
1564 Viene pubblicato il Codice di Leggi ebraiche Shulchàn Arùch
1860 Viene costruito il primo quartiere fuori dalle mura di Gerusalemme
1882 – 1903 Prima Aliyà (immigrazione di massa), principalmente dalla Russia
1897 Primo Congresso Sionista convocato da Theodor Herzl a Basilea, Svizzera;
fondazione dell’organizzazione Sionistica
1904-1914 Seconda Aliyà, principalmente dalla Russia e dalla Polonia
1909 Vengono fondati il primo kibbutz, Degània, e la prima città moderna
interamente ebraica, Tel Aviv
1917 La conquista britannica pone fine a 400 anni di dominio ottomano
Il Ministro degli Esteri britannico Balfour dichiara di appoggiare
l’instaurazione di una "patria nazionale ebraica in Palestina"
1918-48 Periodo britannico
1919-23 Terza Aliyà, principalmente dalla Russia
1920 Vengono fondate la Histadrùt (Federazione Generale dei Lavoratori) e la
Haganà (Organizzazione di Difesa Ebraica).
La Comunità ebraica (Yishùv) istituisce il Vaad leumì (Consiglio
Nazionale) per condurre i propri affari
1921 Viene fondato il primo moshàv, Nahalal
1922 La Gran Bretagna riceve il Mandato per la Palestina (Terra d’israele) dalla
Lega delle Nazioni; sorge la Transgiordania su tre quarti dell’area,
lasciandone un quarto per la patria nazionale ebraica.
Sorge l’Agenzia Ebraica per rappresentare la Comunità ebraica di fronte
alle autorità del Mandato
1924 Viene fondato a Haifa il Technion, il primo istituto di tecnologia
1924 - 32 Quarta Aliyà, principalmente dalla Polonia
1925 L’università Ebraica di Gerusalemme apre i battenti sul Monte Scopus
1929 Gli ebrei di Hebron vengono massacrati da militanti arabi
1931 Viene fondata l’organizzazione clandestina ebraica Etzel
1933 – 39 Quinta Aliyà, principalmente dalla Germania
1936 – 1939 Tumulti antiebraici istigati da militanti arabi
1939 L’immigrazione ebraica viene gravemente limitata dal Libro Bianco
britannico
1939 – 1945 II Guerra Mondiale: Shoàh in Europa
1940 – 1941 Si forma il movimento clandestino Lehi; viene fondato il Palmàch, la forza
d’attacco della Haganà
1944 Viene formata la Brigata Ebraica come parte delle forze armate britanniche
1947 L’ONU propone la fondazione nel paese di uno Stato arabo e di uno ebraico
1948 Stato d’Israele
1948 Fine del Mandato Britannico (14 maggio)
Proclamazione dello Stato d’Israele (14 maggio)
Israele invasa da cinque stati arabi (15 maggio).
Nascono le Forze di Difesa d’Israele (IDF).
Guerra d’Indipendenza (maggio 1948-luglio 1949)
50 51
1949 Si firmano accordi armistiziali con Egitto, Giordania, Siria e Libano.
Gerusalemme viene divisa fra Giordania e Israele
Viene eletta la prima Knesset (parlamento)
Israele viene ammessa come 59esimo membro delle Nazioni Unite
1948 – 52 Immigrazioni di massa dall’Europa e dai paesi arabi
1956 Campagna del Sinai
1961 – 62 Adolf Eichmann viene processato e giustiziato in Israele per la parte da lui
avuta nella Shoàh
1964 Viene completato l’Acquedotto Nazionale che porta acqua dal Lago del
Kinneret nel nord fino al sud semi-arido
1967 Guerra dei Sei Giorni; Gerusalemme riunita
1968- 70 Guerra d’Attrito dell’Egitto contro Israele
1973 Guerra del Kippur
1975 Israele diviene membro associato del Mercato Comune Europeo
1977 Il Likud forma il governo dopo le elezioni alla Knesset
fine di 30 anni di governo laburista
Visita del Presidente Egiziano Anwar Sadat a Gerusalemme
1978 Accordi di Camp David includono il piano per una pace globale nel Medio
Oriente e una proposta per l’autogoverno palestinese
1979 Firma del Trattato di Pace Israele-Egitto
Il Primo Ministro Menachem Begin e il Presidente egiziano Anwar Sadat
ricevono il Premio Nobel per la Pace
1981 L’Aeronautica Militare Israeliana distrugge il reattore nucleare iracheno
poco prima che questo divenga operativo
1982 Le tre fasi del ritiro israeliano dalla penisola del Sinai vengono completate.
L’Operazione Pace in Galilea rimuove i terroristi dell’OLP
(Organizzazione per la Liberazione della Palestina) dal Libano
1984 Dopo le elezioni viene formato un governo di unità nazionale (Likud e
Laburisti)
Operazione Mosè, immigrazione degli ebrei d’Etiopia
1985 Viene firmato un Accordo di Libero Scambio con gli Stati Uniti
1987 Inizia un’ondata di estesa violenza (intifada) nelle aree amministrate da
Israele
1988 Il Likud sale al governo dopo le elezioni
1989 Iniziativa di pace in quattro punti proposta da Israele
Inizio dell’immigrazione di massa degli ebrei dalla ex Unione Sovietica
1991 Israele viene attaccata dai missili Scud iracheni durante la Guerra del Golfo
Viene convocata la Conferenza di Pace per il Medio Oriente a Madrid
Operazione Salomone: trasferimento degli ebrei dall’Etiopia
1992 Instaurate relazioni diplomatiche con Cina e India
Nuovo governo guidato da Yitzbak Rabin del Partito Laburista
1993 Viene firmata la Dichiarazione di Principi sugli accordi per l’autogoverno
provvisorio dei Palestinesi da Israele e dall'OLP come rappresentante del
popolo palestinese
1994 Applicazione dell’autogoverno palestinese nella Striscia di Gaza e
nell’area di Gerico.
Piene relazioni diplomatiche con la Santa Sede.
Marocco e Tunisia impiantano uffici di interessi.
Viene firmato il Trattato di Pace fra Israele e Giordania.
Rabin, Peres e Arafat ricevono il Premio Nobel per la Pace
1995 Nel West Bank e nella Striscia di Gaza viene attuato l’autogoverno
palestinese; viene eletto il Consiglio Palestinese
Ad una manifestazione per la pace viene assassinato il Primo Ministro
Yitzhak Rabin
Shimon Peres diviene Primo Ministro
1996 Escalation del terrorismo arabo fondamentalista contro Israele
Operazione Furore, rappresaglia contro gli attacchi terroristici degli
Hezbollah al nord d’israele
Vengono impiantati uffici di rappresentanza commerciale in Oman e Qatar
Benyamin Netanyahu è eletto Primo Ministro e forma un governo di
coalizione guidato dal Likud
Viene aperto l’ufficio di rappresentanza commerciale dell’Oman a Tel Aviv
1997 Protocollo di Hebron sottoscritto da Israele e Autorità Palestinese
1998 Israele celebra il suo 50° anniversario
Israele e OLP sottoscrivono il Memorandum di Wye River per facilitare la
messa in atto dell’Accordo ad Interim
52 53
1999 Ehud Barak (partito di Sinistra "Un Israele") è eletto Primo Ministro e
forma un governo di coalizione
Israele e OLP sottoscrivono il Memorandum di Sharm el-Sheikh
2000 Visita del Papa Giovanni Paolo II
2001 Ariel Sharon (Likud) è eletto Primo Ministro e forma un governo di
unità di ampia coalizione
Viene pubblicato il rapporto del Comitato di Inchiesta di Sharm el-
Sheikh (Rapporto Mitchell)
Viene proposto un piano di lavoro di implementazione per la sicurezza
israelo-palestinese (piano Tenet per il cessate il fuoco)
Rechavam Ze'evi, Ministro del Turismo, viene assassinato da terroristi
palestinesi
2002 Israele lancia l'operazione "Scudo difensivo" in risposta ai massicci
attacchi terroristici palestinesi
Il Primo Ministro Sharon scioglie la Knesset e richiede nuove elezioni
per il 28 gennaio 2003
2003 Il Primo Ministro Ariel Sharon forma un governo di centro-destra
2005 Israele attua il Piano di Disimpegno approvato da Knesset e Governo
2006 Dopo il malore avuto dal PM Ariel Sharon, Ehud Olmert diviene Primo
Ministro ad Interim
Il 28 marzo si svolgono le elezioni politiche
Il Primo Ministro Ehud Olmert forma il nuovo governo
Israele conduce delle operazioni militari contro il terrorismo
palestinese proveniente dalla Striscia di Gaza e contro il terrorismo di
Hezbollah proveniente dal sud del Libano. http://roma.mfa.gov.il/


"Islam. Dall'apostasia alla violenza""

di Samir Khalil Samir, Ed. Cantagalli

Samir gesuita egiziano, docente di storia della cultura araba e di islamologia all’Université Saint-Joseph di Beirut e al Pontificio Istituto Orientale di Roma, fondatore del Centre de Recherche arabes Chrétiennes e presidente dell’International Association for Christian Arabic Studies.
Samir ci aiuta a comprendere l'Islam e il modo in cui esso è vissuto, gli slanci spirituali e le difficoltà, il glorioso passato e l'arretratezza del presente, le vittime (cristiani, ma anche musulmani) e i carnefici. Fino a poco tempo fa, preti e missionari che lavorano in Africa del nord e in paesi asiatici musulmani, dove i cristiani sono minoranza e dove gli stranieri sono a mala pena accettati, non hanno mai sbandierato troppo ai quattro venti le violenze che i cristiani (e i musulmani) subiscono da parte del potere politico o dai gruppi fondamentalisti. In più, siccome il cristianesimo è visto come una religione straniera (sebbene sia nata in Medioriente), le notizie diffuse in Occidente hanno sempre rischiato di essere lette come una nuova forma di colonialismo culturale. Questo libro di Samir sgombro da ogni falsa cautela, ci aiuta a comprendere con realismo i problemi dell'Islam fino alla radice, che è l'ambiguità con cui è interpretato lo stesso Corano. Nel fare ciò, egli dà voce a tutti i musulmani che vorrebbero riformare e modernizzare l'Islam, ma non riescono, o non possono, per la violenza e l'intolleranza che domina il mondo musulmano, fra dittature, terrorismo e sharià.

giovedì 10 luglio 2008

Haifa

SOTTO LA STELLA DI DAVIDE

Incontri con gli scrittori di Israele

7 LUGLIO 2008
Lizzie Doron è il primo tra gli scrittori che incontreremo in questi giorni.
Nata a Tel Aviv nel 1953, dopo aver vissuto a lungo in un kibbutz sul Golan, è ritornata nella città natale. I suoi libri hanno ottenuto un vasto successo e le sono valsi prestigiosi riconoscimenti….
Così recita la biografia ufficiale di questa signora bionda, coi capelli raccolti in un’acconciatura sbarazzina, il sorriso sorpreso di chi ancora non si rende conto in pieno di come mai tanti, pure nel nostro Paese, abbiano letto con commozione il suo “Perché non sei venuta prima della guerra?”, edito da Giuntina: un testo breve, ma intensissimo, che leggi in mezza giornata perché, una volta cominciato, non ti riesce di deporlo e devi arrivare all’ultima riga. Poi lo chiudi, questo libretto, e percepisci quanta emozione e amore ti abbiano trasmesso la madre, Helena, la protagonista, e Elizabeth, la figlia (l’Autrice, è ovvio), voce narrante.
Sul palco stasera sono tre: Lizzie al centro, alla sua destra Marina Astrologo, che prima di essere la traduttrice dall’inglese che tutti apprezziamo, è una vera interprete, nella nostra lingua, di parole e sogni, con i quali si diverte a giocare senza turbarli, ma anzi rendendoceli ancor più familiari; a sinistra Bruno Gambarotta, noto regista di programmi RAI e, a sua volta, apprezzato scrittore, che, in queste serate, veste l’abito del padrone di casa/intrattenitore. Ed è proprio lui che ci conduce nel mondo magico, ma quanto mai reale, di Lizzie/Helena, con la classica, ed inevitabile, domanda: Come (e perché) è nato il libro?
Ricordiamo che l’opera, uscita in Italia nel 2008, è stata pubblicata in Israele una decina di anni fa presso l’editore Chalonot di Tel Aviv col titolo “Lamah lo bat lifne hamilchamah”.
“Non avevo mai sognato di diventare scrittrice” ammette Doron candidamente “ero troppo impegnata all’Università, con il mio dottorato in ‘Scienze cognitive’ per pensare ad altro. Poi, un giorno, mia figlia mi domanda un aiuto per il suo progetto ‘Radici’: in Israele la scuola chiede ai ragazzi, giunti all’età dell’adolescenza, di ricercare le origini della propria famiglia, affinché si impadroniscano della loro storia e memoria. Io sapevo ben poco dei miei genitori: non ho conosciuto mio padre, morto prematuramente di TBC, quanto a mia madre, beh, non avevo mai riflettuto a lungo su di lei…. Non possedevo documenti che parlassero di loro, nulla. Ma mia figlia era insistente perché, tra l’altro, desiderava riportare buoni voti in quella ricerca sulle ‘Radici’!” Lizzie ha un atteggiamento smitizzante mentre, nel suo inglese senza sbavature, ci racconta che, ottenuto un permesso dall’Università, si è messa a lavorare sui suoi, all’inizio scarsissimi, ricordi personali. “Mai e poi mai avrei immaginato che essi sarebbero finiti in un libro dato alle stampe! Dopo un certo tempo, una mia collaboratrice universitaria, non vedendomi più nell’ambiente, mi venne a trovare, temendo che avessi qualche grave problema. Conosciuta la vera ragione di quella scomparsa, dette un’occhiata al mio lavoro e sentenziò: è un gran libro! Di sua iniziativa, è stata lei ad inviare per posta elettronica, con un semplice clic, il mio elaborato a diversi editori e….quante telefonate! Ma tra tutte” prosegue “una mi ha conquistata. Una signora anziana, dall’inconfondibile accento ungherese, mi cercò. Era proprietaria di un piccola casa editrice, mi parlò col cuore dicendomi che avrebbe voluto abbracciarmi. Quando ci incontrammo, vidi che sul braccio aveva tatuato un numero….Le dissi subito: il mio testo è Suo. Ne faccia ciò che vuole; io desidero solo ritornare al mio lavoro”.
Quel testo è stato conosciuto ed apprezzato in tutto il mondo e da pochi mesi, grazie ai Vogelmann, anche nel nostro Paese. E’ un vero peccato che stasera non siano tante (o almeno me ne aspettavo in maggior numero) le persone venute a vedere ed ascoltare Lizzie: forse perché lei è “solo” una scrittrice, non ha -almeno non ha ancora; né spero abbia mai, indipendentemente dalle sue posizioni politiche- la facciata di “opinion maker” sul conflitto israelo/palestinese, che rende tanto popolari da noi i suoi più celebri colleghi, come Oz, Grossmann, Yehoshua, a prescindere dai -o almeno prima dei- loro stupendi romanzi? Come che sia, la presenza di Lizzie ne rende viva e palpabile un’altra, quella di Helena, sua madre, la protagonista del romanzo. Una figura che si potrebbe definire “straordinaria” se di questo aggettivo non si abusasse, da alcuni anni, fino alla nausea, sulla stampa e nel linguaggio comune.
Helena, cresciuta nel milieu austroungarico, lettrice di Heine, ha vissuto l’indicibile tragedia della “Shoah”, è sopravvissuta, è approdata in Israele. E’ giunta dal Paese “di là”, quello che non si nomina, al Paese “di qua”, quello della rinascita. Ma può rinascere chi è….sopravvissuto? Helena ci prova; vive la sua quotidiana esperienza in un mondo -e in un modo- tutto suo, scevro da condizionamenti esterni e senza scendere a patti con la comune realtà. Tutta la vita fa i conti con quel sentimento, contro il quale pure sua figlia confessa di aver combattuto (creandosi una propria identità, una biografia diversa, come lei afferma, a prescindere da quella materna), che è la “vergogna” di chi è uscito dall’inferno: la vergogna che, per ironia della vita, non colpisce certo i carnefici, bensì le vittime.
Un sentimento che Helena prova, ad esempio, davanti a Marek, una sorta di…aspirante parente -vero “sabra”: camicia blu, pantaloni corti, puzzo di vacca-, che le domanda, senza tanti complimenti: “Perché la tua bambina è così pallida e magra? Cosa sono questi vestiti diasporici? E perché, dimmi, perché non sei venuta prima della guerra?” Tale domanda, all’apparenza bizzarra, che dà, in modo perspicuo, il titolo all’opera, è il nocciolo del problema poiché fa emergere il rimprovero (da cui discende il sentimento di vergogna) rivoltole, nel Paese “di qua”: se ti fossi ribellata, se fossi venuta “prima”, l’orrore ti sarebbe stato risparmiato. Contrasto tra questi due “Paesi”, che assumeva contorni drammatici: Lizzie ci racconta che, in prima elementare, l’intera classe dei suoi compagni era composta da piccoli figli di sopravvissuti; per farli integrare meglio nella nuova Patria, che anch’essi avrebbero contribuito a costruire, erano stati affidati ad una maestra “sabra”. Ciò aveva provocato la reazione negativa dei genitori, contrari ad affidare i loro figli ad una….“straniera”: per protesta, dopo essere stati allontanati dalla classe dove si erano insediati, avevano continuato a stazionare nel cortile della scuola per sorvegliare la situazione!
Il libro sfugge ad una definizione precisa; lo si può considerare un diario/memoriale/romanzo, composto da circa una ventina di racconti / capitoli (riferiti agli anni ’60 e ’70, alcuni con postfazioni agli anni ’90, all’epoca della morte di Helena) legati dalla figura di lei, dove la “Shoah” non viene descritta in modo, per così dire, realistico, ma immaginata in base alle sue conseguenze sulle persone nel prosieguo del tempo. Per questo motivo, la sua spaventosa realtà è ancora più evidente. Indimenticabile, tra gli altri, è il personaggio di Sarale, anch’ella sopravvissuta e segnata per sempre: vorrebbe testimoniare al processo Eichmann, ma le viene impedito perché è considerata un po’ folle. Helena si batte presso diverse persone ed istituzioni perché, invece, questa testimonianza sia ascoltata, con la seguente motivazione ”……la testimonianza di coloro che sono rimasti sani è da considerarsi non valida, poiché a quanto pare hanno passato una Shoah leggera. Sarale, vostro onore, al banco dei testimoni non deve dire nemmeno una parola. Basterà farla stare lì in piedi perché tutto il mondo veda che shoah Eichmann le ha provocato nell’anima”. Invano.
Il giorno in cui il criminale nazista viene impiccato, Sarale si getta nel vuoto.
Non mancano spunti umoristici, di vera ironia yiddish. Sui metodi e le concezioni educative del Paese di “qua”, ad esempio. O come quando la protagonista organizza un ricevimento a casa sua per i colleghi di lavoro, ma non desidera che questi vedano la modestia dell’appartamento in cui abita, nonostante i numerosi tentativi di migliorare la situazione, pulendo, verniciando, aggiustando questo e quello…..
Allora, prima che la festa inizi, ricorre ad un brillante éscamotage: con il pretesto di fare un giretto nel circondario insieme alla sua cagna…..che cosa fa?
Lascio al lettore il piacere della scoperta dell’universo di Helena, del suo corrucciarsi perché ci sia un solo D-o (che di certo non ama gli Ebrei) e non due, cosicché il secondo avrebbe potuto correggere gli sbagli commessi dal primo; del rifiuto di accettare i risarcimenti della Germania a Israele o i regali per la figlia” made in Germany”; oppure la pervicacia con cui ella si libera di certe porcellane di fabbricazione bavarese…..
Ironie nell’ironia: sua figlia Elizabeth, la nostra Lizzie, riscuote grande successo in Germania.
A proposito del rapporto tra il clima drammatico in cui Israele è immerso (prima ancora di nascere) e la forte qualità della sua letteratura, la scrittrice conferma tale legame e pone l’accento sull’essenzialità del Paese, sul fatto che in Israele, rispetto ad altri contesti, vi sia “meno gioco e più temi autentici”.
Ritorna sull’immagine, richiamata pure da un altro autore da poco conosciuto, Ron Leshem, di Israele come “paradiso per gli scrittori perché è una sorta di colossale ospedale psichiatrico in cui i pazienti, gli Ebrei, soffrono di patologie postraumatiche”. Con immagini sarcastiche ella suddivide l’ospedale in tre reparti: nel primo vi sono gli “psicotici”, che non vivono nella comune realtà, ma in un mondo creato da loro e per loro (e sono gli abitanti del “West Bank”); il secondo accoglie chi che cerca ogni giorno di andare avanti, pur consapevole della difficile situazione (la maggior parte dei cittadini, gruppo in cui inserisce pure se stessa); nel terzo stanno quelli cui Israele va, in qualche modo, stretto e cercano altrove, in Estremo Oriente o a zonzo senza una meta precisa, la soluzione ai problemi della vita.
Tutti noi, pazienti dei tre reparti, ride, scriviamo lettere al mondo: esse sono i romanzi che voi leggete!
Nella conversazione su realizzazioni, programmi e progetti, ci ha parlato di altri quattro libri -nessuno, a tutt’oggi, pubblicato in Italia, ma Giuntina può sempre darsi da fare!-, dopo il primo. Il secondo le è stato ispirato da alcuni amici che vivono nel suo quartiere. Protagonisti sono sette giovani uccisi nel primo giorno della Guerra di Yom Kippur del 1973; molti di loro erano figli unici. Chi custodirà la loro memoria, se non la nostra Autrice? Il volume, che ha significato un altro congedo dall’Università (!), è un best seller in Israele. Il terzo libro raccoglie i ricordi infantili della terza generazione dopo la Shoah, mentre il quarto si sofferma sull’esperienza “mia e di altre mie amiche, tutte donne nate in Israele, che fanno i conti con il grave tema del senso di colpa e della vergogna”. Al quinto sta lavorando. E’ l’esperienza più problematica, ci confessa. Problematica perché “nel romanzo è racchiuso un mio segreto personale. Con l’ultimo libro torno all’origine, cioè in Germania”.
Anzi, conclude, questi libri possono essere considerati un “unicum”: una sola storia che nasce in Europa, cresce nella tragedia, giunge e si ferma in Israele, per poi tornare, circolarmente, all’origine.
Mara Marantonio Bernardini, 7 luglio 2008
http://www.mara.free.bm/

La Knesseth


Lo Stato di Israele è una democrazia parlamentare, guidata dal Presidente, il cui ruolo è essenzialmente simbolico e rappresentativo. Il paese, infatti, è amministrato dalle tre autorità: legislativa, lo Knesset, esecutiva, il Consiglio dei Ministri, e giudiziaria.
L'autorità legislativa israeliana è costituita dallo Knesset (il nome che identifica il parlamento israeliano), i cui 120 membri sono scelti tramite elezioni ogni 4 anni. Lo Knesset emana decreti e leggi, prende decisioni di carattere politico, sceglie il presidente e compone il Consiglio dei Ministri, e sovrintende ad ogni attività governativa.
Il potere esecutivo in Israele è costituito dal Consiglio dei Ministri, è responsabile per l'esecuzione delle leggi emanate dallo Knesset, e del corretto governo dello Stato. Il Primo Ministro è un membro dello Knesset incaricato dal presidente di formare il governo ottenendo la fiducia dello Knesset. Fin dalla fondazione dello Stato, nessun singolo partito ha mai avuto una maggioranza assoluta nello Knesset, ma ogni governo è sempre stato costituito da coalizioni governative.
La terza autorità israeliana è quella giudiziaria, responsabile del rispetto delle leggi nello Stato, che fa capo alla Corte Suprema. La Corte Suprema esamina i ricorsi in appello contro le sentenze delle corti minori, e tiene seduta in qualità di Alta Corte di Giustizia per le petizioni sottoscritte dai civili contro le autorità statali. Oltre al sistema legale ordinario, in Israele vi sono corti giudiziarie cui viene conferita una determinata autorità legata ad una materia speficica, come la corte del lavoro, la corte marziale o le corti religiose, ebraica, musulmana, cristiana e drusa, che si occupano anche delle questioni legate a divorzi e matrimoni.http://www.israele-turismo.it/

Gerusalemme - porta dei leoni

L'inno nazionale dello Stato di Israele è "Ha-Tikva" (La Speranza), scritto da Naftali Herz Imber (1856/1909), sionista e poeta ebreo di origine galiziana, sulla melodia di una canzona popolare europea ripresa dal compositore ceco Smetana Bedrich nel suo poema sinfonico "Mà vlast", "La mia patria". Nel 1933, Ha-Tikva" venne scelta come inno del Movimento Sionista e, dopo la fondazione dello Stato di Israele, mantenuta come inno nazionale, ma riconosciuta ufficialmente dallo Knesset solo nel 2004.


Il simbolo dello Stato di Israele è la Menorah, il candelabro a sette braccia, affiancato ai lati da due rami di ulivo con la scritta "Yisra'el" inserita tra di essi. L'immagine originaria della Menorah è incisa nell'Arco di Tito a Roma, dove viene illustrata la vittoriosa marcia delle armate Romane rientrate da Gerusalemme, dopo aver soffocata la rivolta ebraica, distrutto il tempio e conquistata la città. La Menorah scolpita sull'arco romano non rappresenta unicamente un momento storico del popolo di Israele, ma la sua sconfitta, e l'inizio dell'Esilio, legando la nascita del nuovo Stato al suo passato ma anche, se così si può dire, riportando l'antico simbolo alla sua sede dopo un lungo esilio, come segno implicito della fine della Diaspora.


La cucina di Israele

Humus, falafel, goulash, o couscous sono solo alcune delle scelte di cucina etnica offerte da Israele. L’abbondanza di ristoranti, la quantità di cibi e l’incredibile varietà di gusti ed aromi sono la testimonianza della ricchezza e della vivacità della cucina che i turisti possono gustare.
La varietà gastronomica israeliana deriva dalla molteplicità dei gruppi etnici che hanno abitato il paese, contribuendo ognuno alla diversità dei piatti della cucina nazionale, non solo i nuovi immigrati, ma ogni popolo, che ha aggiunto il sapore e lo stile della propria esperienza gastronomica, creando il risultato di un’eclettica fusione di gusti esotici e tendenze.
La grande varietà può offrire, e fondere insieme, ogni genere di gusto, dolce o speziato, aspro o piccante, orientale o europeo. La scelta di piatti, pietanze e cibi è collegata alla consuetudine etnica, ognuno può assaggiare gefilte fish o kubeh, tajin o cholent, empanadas o medias, dal o moussaka e molti altri piatti dal nome esotico, antipasti speziati, colorate zuppe, verdure stufate, ricchi piatti grigliati, fritti o stufati di carne o di pesce, desserts dolci o salati.
Il cibo in Israele è parte della terra, della cultura e della tradizione che lo ha reso di una qualità singolare, ed ognuno può semplicemente scegliere, tra cucina indiana, rumena, marocchina, polacca, yemenita, ungherese, o qualasiasi altra cucina etnica.Buon appetito. http://www.israele-turismo.it/

mercoledì 9 luglio 2008

Neghev

Israele e lo strabismo della stampa

08 luglio 2008
PAOLO BATTIFORA

Nicaragua 1979 vigilia della rivoluzione sandinista: un fotoreporter americano, testimone delle violenze del regime di Somoza, decide di schierarsi con i ribelli, truccando una sua foto per far apparire ancora vivo un capo-guerrigliero . In “Sotto tiro” del 1983, il regista Roger Spottiswoode affronta il dilemma morale a cui può andar soggetto ogni giornalista di fronte alle atrocità nelle aree calde del pianeta: attenersi alla deontologia professionale o prendere posizione? Benché la sua attenzione non riguardi il Centroamerica ma lo scacchiere mediorientale, tale questione è al centro delle riflessioni di Giuseppe Giannotti, giornalista del Secolo XIX, il cui saggio “Israele, verità e pregiudizi” (De Ferrari, 198 pagine, 16 euro) verrà presentato a Genova domani alle 17 alla Biblioteca Berio.
La disinformazione e le mistificazioni di buona parte dei media italiani a proposito della seconda Intifada, iniziata nel 2000, sono oggetto della circostanziata analisi dell’autore. Concentrandosi su alcuni eventi di grande rilievo mediatico, dal linciaggio dei soldati israeliani a Ramallah all’assedio della Basilica della Natività a Betlemme, dall’enfatizzata strage di Jenin alla guerra con il Libano, Giannotti riporta i resoconti giornalistici di “Repubblica” e “Corriere della Sera”, con qualche accenno anche ai quotidiani della sinistra radicale e ai dispacci dell’Ansa, evidenziando l’atteggiamento pregiudizialmente negativo nei confronti di Israele, presentato quasi sempre come aggressore e oppressore di tutto un popolo. Giannotti denota tutta una serie di omissioni, censure, sopravvalutazioni (e speculari sottovalutazioni) delle fonti, discrezionalità valutative che contribuirebbero a dare un quadro del tutto fazioso del conflitto in corso. Una Caporetto della corretta informazione, frutto di un giornalismo più prossimo alla militanza che allo scrupoloso rispetto e verifica dei fatti, da cui si salverebbero sostanzialmente i soli quotidiani della destra.
Giannotti è un giornalista e non uno storico, né il suo libro si prefigge una disamina del conflitto mediorientale. Fatta salva questa premessa, anche un saggio specifico come il suo non può prescindere da un paradigma storiografico di riferimento. La sua adesione al canone ufficiale - per cui i Paesi arabi, contrari nel 1948 alla nascita dei due stati sancita dall’Onu e per questo fautori dell’abbandono delle terre da parte dei palestinesi, sarebbero i veri responsabili del dramma dei profughi - non tiene minimamente conto delle acquisizioni dei cosiddetti “nuovi storici” israeliani che, a partire dagli anni Ottanta, hanno incrinato molte certezze. Nella succinta bibliografia finale non si fa menzione di storici israeliani quali Simha Flapan, Avi Shlaim, Ilan Pappe, né tanto meno di autori palestinesi, le cui ricerche, basate su documenti d’archivio fino ad allora non consultabili, hanno radicalmente messo in discussione la versione ufficiale del movimento sionista. Una tesi fortemente avversata dall’establishment israeliano e oggetto di acceso dibattito, ma di cui non si può ignorare l’esistenza. http://ilsecoloxix.ilsole24ore.com/

martedì 8 luglio 2008


Danza

La danza contemporanea si è sviluppata in due direzioni: da una parte la danza folkloristica sia israeliana che di vari gruppi etnici conservata da compagnie specializzate in danze dello Yemen, del Kurdistan, del Nord-Africa, dell'India della Georgia, di Bukhara e dell'Etiopia, nonché da gruppi che eseguono danze arabe, druse e circasse. Dall'altra la nascita di una danza artistica che porta vere e proprie produzioni scenografiche create da coreografi ed eseguite da danzatori professionisti. Le maggiori compagnie di balletto in Israele sono: la Israel Classical Ballet l'unica compagnia professionale di danza classica nel paese e si esibisce in opere classiche, neo-classiche e contemporanee. La Compagnia di Danza Bat Sheva che gode di fama mondiale, esibisce danze audaci ed incoraggia collaborazioni artistiche ampliando in questo modo i confini della danza. La Compagnia di Danza Bat-Dor presenta lavori di alcuni dei più noti coreografi al mondo. Le scuole di danza di Tel Aviv e Beer Sheva sono legate a questa compagnia. Il Teatro Danza Inbal è la compagnia di danza professionale più veterana d'Israele, tratta spesso soggetti biblici e trae spunto da movimenti suggeriti dalla danza, dalla musica e dalle tradizioni poetiche della comunità Yemenita e di altre comunità orientali. La Compagnia di Danza Contemporanea del Kibbutz ha come base il Kibbutz Gaaton nella Galilea Settentrionale e raggruppa danzatori provenienti dai vari kibbutzim. Presenta lavori di coreografi locali e di fama internazionale. Kol Demama (la Voce del Silenzio) è una compagnia unica nel suo genere, in cui lavorano insieme danzatori udenti e non udenti grazie ad un sistema in cui ogni ballerino trasmette all'altro delle vibrazioni. La compagnia ha raggiunto un seguito internazionale dando al contempo un significativo contributo alla riabilitazione dei non udenti. i cui spettacoli si svolgono periodicamente in tutto il Paese. http://digilander.libero.it/


Teatro

Le rappresentazioni dei Teatri Habima e Cameri di Tel Aviv, del Teatro Municipale di Haifa e di Beer Sheva, del Teatro Khan, del Teatro Ghesher e del Teatro per l'infanzia e per la Gioventù e di altre compagnie si svolgono in tutto il Paese. I loro repertori comprendono opere classiche e contemporanee tradotte in ebraico, nonché lavori originali israeliani. Per certe rappresentazioni è disponibile la traduzione simultanea (con tariffa supplementare). Alcune compagnie minori mettono in scena lavori in inglese, in yiddish, in russo e in altre lingue. Spesso compagnie italiane si esibiscono in Israele, come il Piccolo Teatro di Milano con alcuni suoi spettacoli, oppure in occasioni particolari come per il Centenario di Verdi. http://digilander.libero.it/

Klezmatics

Festival e manifestazioni

Si tengono festival e manifestazioni di notevole interesse tutto l'anno. Segnaliamo ad aprile il Festival d'Israele con sede centrale a Gerusalemme al quale partecipano i più noti talenti musicali e drammatici, compagnie teatrali e artisti di fama mondiale. Sempre a Gerusalemme, in aprile, sono in programma i Giorni della natura e della musica. A maggio, si tiene il Festival musicale del Kibbuz Ein Gev sul Lago di Tiberiade. Ad a giugno il Festival del Blues ad Haifa, a luglio il Festival della canzone ebraica ad Arad e il Festival delle danze tradizionali ebraiche a Karmiel. Anche Eilat ha un suo festival annuale, animato da sport acquatici e spettacoli al chiaro di luna, e in agosto ospita il Festival Jazz del Mar Rosso. In settembre Gerusalemme ospita il laboratorio di musica antica. Giovani talenti da tutto il mondo vengono ogni anno in Israele per partecipare ad avvenimenti musicali di grande rilievo, come l'annuale Carmiel Folk Dance Festival, il triennale International Harp Contest, la Zimriya (Festival Internazionale dei cori) e il Concorso Rubinstein di pianoforte. Siti archeologici, come la Piscina del Sultano a Gerusalemme e gli anfiteatri di Cesarea e Beit Shean, si trasformano in affascinanti cornici per rappresentazioni musicali o teatrali. http://digilander.libero.it/

Concerti in Israele


Ovunque è possibile assistere a concerti di musica etnica di origine orientale, russa o maghrebina, oltre a quelli di musica tradizionale ebraica. Il panorama musicale non si limita però a questo. Sono molto apprezzati i concerti di musica classica mentre protagonisti del pop come Noa, per esempio, sono riconosciuti e famosi anche sulla scena internazionale. I più grandi direttori d'orchestra del mondo si avvicendano sul podio della Israel Philarmonic Orchestra, che ospita spesso insigni artisti internazionali. Attualmente il direttore della Israel Philarmonic Orchestra è Zubin Metha. La Nuova Opera d'Israele ospita opere molto apprezzate. Durante la stagione invernale, la Jerusalem Symphony Orchestra ha in programma un concerto settimanale. Altre orchestre che si esibiscono di frequente sono la Haifa Symphony Orchestra, la Ramat Gan Orchestra, la Israeli Sinfonietta di Beersheva, la Israel Chamber Ensemble, oltre a numerosi trii e quartetti di eccellente preparazione. http://digilander.libero.it/

Wadi nel Neghev

Mi takhat le Maghen David, Sotto la Stella di Davide, è il titolo del Festival di Letteratura israeliana che il Museo Ebraico di Bologna ha organizzato in occasione del 60° anniversario dello Stato di Israele.

Il Festival arricchito da un concerto musicale del sestetto New Old Klezmer Ensemble e dalla proiezione del film Meduse dei registi Etgar Keret e Shira Geffen, ospita autori della nuova generazione che rappresentano nelle loro opere registri differenti rispetto al passato, in equilibrio tra tradizione, identità e multiculturalismo.
Quella israeliana è una letteratura straordinariamente vivace specie se rapportata a un piccolo paese caratterizzato da conflitti dove vive una società eterogenea, piena di contraddizioni ma pervasa da un’inesauribile voglia di vivere.
Il successo ottenuto dal Salone del Libro di Torino, nonostante le polemiche che lo hanno accompagnato, dimostra come la letteratura israeliana sia apprezzata in Italia e come un gran numero di lettori italiani si accostino ad essa con crescente entusiasmo affrontando anche scrittori finora poco conosciuti.
Un esempio era il pubblico intervenuto ieri sera nel Cortile del Terribilia presso la Pinacoteca bolognese per ascoltare Lizze Doron, autrice di un originale libro sulla Shoah intitolato “Perché non sei venuta prima della guerra?” pubblicato dalla casa editrice Giuntina che ha il merito storico di aver fatto conoscere al pubblico italiano romanzi e saggi di letteratura ebraica ed israeliana.
Dopo aver vissuto a lungo in un kibbutz sulle alture del Golan, Lizze Doron è tornata ad abitare nella sua città natale, Tel Aviv. I suoi libri apprezzati dal pubblico e dalla critica hanno vinto vari premi tra cui il premio Jeanette Schoken nel 2007.
Dei cinque libri che l’autrice israeliana ha pubblicato “Perché non sei venuta prima della guerra?” è l’unico apparso in Italia ed è la storia sconvolgente di una madre, Helena, sopravvissuta ad un campo di sterminio, emigrata in Israele dove vive con la figlia Elisabeth, in realtà l’autrice stessa. Nel libro, una via di mezzo fra saggio, romanzo, e memoir, la scrittrice affronta il tema dell’Olocausto senza mai parlarne espressamente con una prosa scarna ma efficacissima, attraverso le sofferenze della protagonista Helena: una donna straordinaria, sconvolgente, fuori da ogni regola che butta dalla finestra ogni regalo ricevuto dalla figlia se “made in Germany”, che rifiuta con caparbia i risarcimenti provenienti dalla Germania e che nel giorno di Yom Kippur si reca in sinagoga per rivolgere a quel Dio nel quale non crede più parole infuocate.
Come è nato questo libro straordinario?
E’ l’autrice stessa a raccontarcelo. Il suo mondo era occupato dagli studi universitari e dalla preparazione del dottorato in Scienze cognitive e certamente non aveva mai pensato di diventare scrittrice.
Il caso ha voluto che la figlia quattordicenne si rivolgesse a lei per un aiuto su un progetto scolastico chiamato “Radici” per il quale i giovani studenti israeliani devono raccontare la storia della propria famiglia.
Doron, che è cresciuta senza padre e in un quartiere povero a sud di Tel Aviv, non conosceva “storie” con le quali aiutare la figlia. Decise quindi di prendere un periodo di congedo dall’Università e dedicarsi a questo progetto: lavorare sui ricordi personali perché era l’unica cosa di cui disponeva: da quei ricordi è nato il libro.
Un tema ricorrente nel romanzo è la “vergogna” dei sopravvissuti, un imbarazzo che porta ad esempio le quattro amiche di Helena a ritrovarsi ogni settimana in una casa illuminata solo dalle candele per rievocare il loro passato, isolandosi dal mondo che le circonda.
Doron ripercorre la sua esperienza personale di bambina che ha cercato di costruirsi un’identità nuova per affrontare l’imbarazzo che le causava vivere e andare a scuola in Israele come figlia di genitori scampati alla Shoah.
“Israele – continua la scrittrice – voleva essere un paese nuovo, popolato da gente più forte e coraggiosa di quei poveri sopravvissuti ed io cercavo di adeguarmi ai nuovi valori, ai sogni di quella nazione in divenire. Il comportamento dei superstiti come mia madre era bizzarro (a volte parlavano con gli animali) al punto da risultare inaccettabile per una bambina. Inoltre la grande confusione che albergava nel suo animo la induceva a comportamenti bislacchi: da una parte leggeva letteratura tedesca a dimostrazione che il suo amore per l’Europa non era spento, dall’altro mi conduceva in alcune chiese (sebbene fossimo ebree) e profferiva una sequela di invettive in yiddish affermando che Dio aveva sempre preferito i cattolici agli ebrei!”.
Israele è un paese dove si vive ad una temperatura politica e sociale “molto alta” e probabilmente esiste un nesso fra questo clima e la qualità della sua letteratura.
Lizze Doron ne è convinta e concorda con l’affermazione di David Grossman: “Israele è un paradiso per gli scrittori”. La storia così ricca di questo piccolo paese e gli avvenimenti drammatici che lo hanno caratterizzato sono uno dei principali motivi della ricchezza della letteratura israeliana, riconducibile anche alla mentalità del suo popolo e ai drammi che ha attraversato.
Per esprimere i motivi che portano gli scrittori a raccontare la loro storia e a condividere le loro esperienze di vita con il mondo, Doron utilizza una metafora originale ma efficacissima.
“Israele è un colossale ospedale dove i pazienti, tutti ebrei, soffrono di una crisi post traumatica. In questo ospedale ci sono tre reparti: il primo è quello degli psicotici che aspettano di essere salvati dal Messia; il secondo è il più grande e contiene la maggioranza dei pazienti, quelli come me che cercano di sopravvivere seppur pervasi da profonda inquietudine; il terzo reparto è costituito da coloro che credono che Israele non sia il posto adatto a loro. Tutti questi pazienti scrivono delle “lettere” al mondo sulle circostanze della loro esistenza, sui loro sogni e aspirazioni. Quelle lettere non sono altro che le belle narrazioni che leggete nei nostri libri”.
Insieme agli altri romanzi che ha pubblicato – uno dei quali racconta le storie di alcuni amici morti durante la Guerra del Kippur – Lizze Doron è convinta di aver scritto un unico lungo libro, una catena di esperienze ebraiche che partendo dall’Europa attraverso la Seconda Guerra Mondiale finisce in Israele per aprirsi ad un futuro che la vedrà, con l’ultimo romanzo, tornare in Germania e in un certo senso “chiudere un cerchio”.
Giorgia Greco Bologna, 8 luglio 2008

Gerusalemme

Dachau cerca gemellaggi in Israele, ma risponde Haider

Il paese che ospitava il campo di sterminio nazista sta cercando di migliorare la sua immagine. Ma nessuno vuole legarsi. Esclusa Klagenfurt, governata dagli estremisti di destra.

La cittadina di Dachau, famosa per il Campo di sterminio nazista, sta cercando un paese israeliano con cui gemellarsi. L’idea è arrivata dal primo cittadino, che la settimana scorsa si è recato in Israele per testare il terreno.L’iniziativa però fa discutere. Il quotidiano israeliano Yedioth ha affermato che difficilmente Dachau riuscirà a migliorare la sua reputazione. Il giornale ha ricordato che già in passato la cittadina aveva provato a «rifarsi una verginità» cambiando nome. Ma l’ipotesi era stata scartata perché proposta da un amministratore di estrema destra.Sembra che nessun borgo voglia gemellarsi con Dachau. L’unico ad aver accettato la possibilità è Klagenfurt, la capitale della Carinzia, in Austria, governata dall’ultranazionalista Jorge Haider. 07 Luglio 2008, http://beta.vita.it/

Neghev - parco Golda

Care lettrici e cari lettori del blog, il viaggio di dicembre 2008 è stato letteralmente sommerso di richieste. Ne sto purtroppo rifiutando molte, perchè ho superato abbondantemente il numero di posti per un pulman. A questo punto, per riuscire ad accontentare tutti, sto organizzando un secondo viaggio, con lo stesso programma di quello di dicembre, per febbraio -marzo 2009. La data probabilmente sarà 22 febbraio - 3 marzo.
Chi fosse interessato, può scrivermi a: lucia.scarabello@tele2.it, oppure lasciarmi un commento.
Grazie Chicca

lunedì 7 luglio 2008


Pesce stufato con uova - Kristada

Ingredienti: 4 pesci sfilettati (qualsiasi pesce d'acqua dolce, a scelta), 2 uova, succo di 1 limone, 5 spicchi d'aglio sminuzzati, 1 cucchiaio di prezzemolo tritato, 1 cucchiaio di sedano tritato, olio per la frittura, ½ tazza d'acqua
Preparazione: Friggere il pesce in abbondante olio fino a renderlo dorato. Rimuoverlo e metterlo in una casseruola bassa. In un'altra casseruola mettere un cucchiaio d'olio e scaldare. Aggiungere le uova sbattute. Mescolare fino a che sia solidificato aggiungere il succo di limone, sale a piacere, aglio, prezzemolo e sedano. Mischiare e metterci sopra il pesce fritto. Aggiungere l'acqua e far sobbollire a fuoco lento fino ad evaporazione del liquido.Servire caldo come portata principale con Pernod.