mercoledì 14 ottobre 2009

Gerusalemme - città vecchia

ISRAELE. OMOSEX MINACCIATTI DALL'ULTRADESTRA Lo afferma oggi con grande evidenza il quotidiano Haaretz martedì 13 ottobre 2009 , di ansa

TEL AVIV, 13 OTT - Una minaccia per gli omosessuali israeliani puo' giungere da estremisti ebrei di destra, parte dei quali attivi ai margini del movimento dei coloni. Lo afferma oggi con grande evidenza il quotidiano Haaretz, che rileva che in passato attivisti della estrema destra hanno pubblicato volantini in cui minacciavano ''i sodomiti'' ed insegnavano come produrre ordigni rudimentali per attaccarli.Oltre due mesi fa un circolo omosessuale di Tel Aviv e' stato attaccato da un uomo armato che ha ucciso due persone e si e' dileguato. Quell'episodio non e' stato rivendicato e continua ad essere investigato dalla polizia.Ieri anche il quotidiano Maariv aveva sostenuto che le attivita' degli estremisti di destra destano apprensione nello Shin Bet, il servizio di sicurezza interno. Due coloni dell'insediamento di Yitzhar (Nablus) sono stati ieri espulsi per sei mesi dalla Cisgiordania perche' ritenuti dall'esercito un pericolo costante per la sicurezza pubblica.Haaretz aggiunge che nelle ultime settimane i servizi segreti hanno moltiplicato le loro attivita' di controllo della destra eversiva. Haaretz spiega che quegli elementi potrebbero risultare pericolosi non solo per i loro vicini palestinesi in Cisgiordania, ma anche per attivisti israeliani di sinistra. Secondo il giornale, l'attenzione dello Shin Bet si concentra in questa fase sui 'Giovani della colline' - i gruppi di 'disobbedienti' di estrema destra coagulatisi in Cisgiordania dopo il ritiro israeliano da Gaza nel 2005 - e anche su alcune figure di ''lunatici'', piu' adulti, che frequentano gli stessi ambienti.

Tal Burstein
Israele: Tal Burstein lascia il Maccabi dopo nove anni. Intanto il mercato non si ferma

Tal Burstein (29 anni, 198 cm) e Maccabi Tel Aviv si separano dopo nove anni. La notizia era nell’aria da molto tempo, ma l’ufficialità è arrivata solo pochi giorni fa, quando il Fuenlabrada ha reso noto l’arrivo della guardia-ala israeliana. Con la maglia giallo-blu del Maccabi, Burstein ha vinto 8 campionati, 6 coppe d’Israele e ben 3 titoli di Campione d’Europa, la Suproleague nel 2001 e l’Euroleague nel 2004 e nel 2005.Capitano dell’ultima spedizione della nazionale israeliana agli Europei recentemente disputati in Polonia, ha realizzato 14.3 punti di media con 2.3 rimbalzi e 2 assist. L’ormai ex-Maccabi ha già esordito con la sua nuova squadra nella prima giornata della Liga ACB in cui il Fuenlabrada ha espugnato a sorpresa il parquet dell’Unicaja Malaga catturando 2 rimbalzi in 9’ di gioco. ...........................http://www.basketnet.it/13 ottobre

Gerusalemme - Yad Vashem

Francobollo dedicato a Giorgio Perlasca

E’ arrivato il 7 ottobre il via libera della Consulta filatelica, presieduta dal ministro Claudio Scajola. Il centenario della nascita di Giorgio Perlasca (31 gennaio 1910-15 agosto 1992), che salvò oltre 5 mila ungheresi di religione ebraica, sarà celebrato con l’emissione di un francobollo.

martedì 13 ottobre 2009

Atlantide, colpa di uno tsunami c'è Santorini dietro alla leggenda

Uno studio israeliano ipotizza che a ispirare i riferimenti di Platone sia stata l'eruzione di Thera. Tante le teorie finora avanzate. Gli studiosi: "Potrebbe verificarsi ancora"
Atlantide, colpa di uno tsunamic'è Santorini dietro alla leggenda" UNA esplosione vulcanica gigantesca in mezzo al mare, un'onda che viaggia per centinaia di chilometri fino a raggiungere e sommergere una grossa isola dell'arcipelago greco. E' questo l'episodio apocalittico che avrebbe ispirato la leggenda di Atlantide, l'isola scomparsa di cui parlò per la prima volta Platone dei suoi Dialoghi. Secondo uno studio, a provocare l'episodio ispiratore sarebbe stato proprio uno tsunami, l'onda anomala che dal 2006 ci è tristemente familiare e che ha provocato 547 morti in Indonesia e più di 100 nelle isole Samoa. Le isole dell'arcipelago di Santorini, 200 chilometri a sud della Grecia, sono oggi ciò che resta di quella che un tempo era un'unica isola, poi distrutta da uno dei più grandi fenomeni vulcanici della storia, la cosiddetta "eruzione minoica di Thera". Le onde si sarebbero diffuse in tutto il bacino dell'Egeo in sole due ore, raggiungendo un'altezza di circa trenta metri, ed entro due giorni sarebbero arrivate anche le ceneri riversate dall'esplosione vulcanica. Fu insomma questo uno dei più terrificanti eventi vulcanici mai accaduti, che devastò l'isola di Thera (oggi Santorini) e con lei l'insediamento minoico ad Akrotiri. L'episodio si verificò fra il 1630 e il 1550 a. C. e secondo una ricerca dell'Istituto Interuniversitario di Scienze Marine di Eilat, in Israele, avrebbe ispirato a Platone la storia della civiltà sommersa, un tempo ricchissima e potente. "Innanzi a quella foce stretta che si chiama colonne d'Ercole, c'era un'isola. E quest'isola era più grande della Libia e dell'Asia insieme...": con queste parole, nel 421 a. C., il filosofo greco descrisse nel Timeo la leggenda di Atlantide ed è probabile che a impressionarlo sia stata proprio la catastrofe di 1000 anni prima. Gli studosi israeliani hanno infatti scoperto che lo tsunami che colpì Santorini provocò un'onda capace di estendersi per oltre 1000 chilometri, quanto basta per raggiungere le coste israeliane.
I ricercatori hanno analizzato proprio le spiagge di Israele
, scavando a 20 metri sotto il livello del suolo, fino a trovare resti di sedimentazioni risalenti al momento dell'eruzione vulcanica. "Abbiamo ricostruito cosa accadde - spiega a Livescience il geoarcheologo marino Beverly Goodman - e quello che abbiamo trovato sottoterra può essere solo il risultato del deposito provocato da un'onda anomala". Una teoria analoga è stata avanzata anche dal giornalista italiano Sergio Frau nel suo libro Le colonne d'Ercole in cui spiega che le colonne di cui parla Platone andrebbero in realtà identificate con il canale di Sicilia, e che dunque l'isola di Atlantide sarebbe in realtà la Sardegna. La scoperta, secondo i ricercatori israeliani, potrebbe in ogni caso aiutare a capire meglio gli tsunami di oggi. Un evento di portata così devastante è infatti non solo in grado di sommergere un territorio ma un'intera civiltà e, conclude Goodman, non è escluso che non possa ripetersi in futuro proprio nel Mediterraneo. (12 ottobre 2009) http://www.repubblica.it/

Haganah Soldiers. May 1948

I potenti, il Talmud e la necessità di comprendere

In un recente intervento pubblicato da l'Unione informa Rav Riccardo Di Segni ha spiegato la regola talmudica su come vada giudicato dal Sinedrio il Re d'Israele e la regola dedotta da un'immagine mitica - l'arcangelo Gabriele che punisce i giudici vigliacchi - è che il Re d'Israele "non giudica e non viene giudicato, non testimonia e non si testimonia su di lui". Inoltre - continua Rav Di Segni il Talmud specifica che la regola non vale per altre massime autorità ebraiche (come il Gran Sacerdote) e che Yannai non era di stirpe Davidica. Rav Di Segni termina con un reticente riferimento alla recente storia dello Stato d'Israele . Il pensiero va a Ehud Olmert che si è dimesso da Capo del Governo per presentarsi come imputato davanti al Tribunale. La nota di Rav Di Segni ritengo - volutamente - apre alcuni significativi interrogativi il primo è perché la regola talmudica non si debba applicare al Re d'Israele di stirpe davidica? Il secondo - con riferimento alla attuale situazione dello Stato d'Israele - quale carica equivale al giorno d'oggi al Re? Infine il fatto che il Re d'Israele non vada giudicato, significa che può compiere quindi qualsiasi nefandezza, intanto nulla potrà accadergli? Nel caso specifico mi risulta infatti che Alessandro Ianneo non fosse proprio uno "stinco di Santo". Caro Rav già altre volte le regole ebraiche enunciate in maniera così scarna senza spiegazioni sono state interpretate da taluno come una assoluzione da applicare a casi concreti della cronaca quotidiana, forse abbiamo bisogno in casi come questo di saperne di più per capirne di più.Anselmo Calò, Consigliere dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane http://www.moked.it/

lunedì 12 ottobre 2009

Michelangelo e la Qabbala I segreti della Cappella Sistina


L’affresco più famoso del mondo. Un genio ribelle in lotta contro la corruzione della Chiesa. Il richiamo alla fratellanza delle religioni e l’empatia con gli ebrei. Uno studio analizza i segreti della Cappella Sistina alla luce del pensiero ebraico: affreschi pieni di allusioni all’Albero della Vita, alle 10 Sefirot, al Midrash. ... e sarà celata l’intelligenza degli intelligenti. (Isaia, 29,14) Assai acquista chi perdendo impara.(Michelangelo) Era il 1508 quando Michelangelo, poco più che trentenne, si mise all’opera su quello che sarebbe stato il suo capolavoro nonché il suo testamento intellettuale e spirituale: la Cappella Sistina. Quattro anni e mezzo issato su impalcature altissime, sdraiato 15 ore al giorno e con dolori lancinanti alla schiena e alla testa, una fatica immane e per di più in un luogo che detestava, Roma e il Vaticano. Come se non bastasse al soldo di un uomo odiato e corrotto, Papa Giulio II della Rovere. È di malavoglia e con spirito adirato che Michelangelo si accinge a dipingere la volta della Sistina, consapevole di non poter rifiutare l’incarico di un Papa, per di più collerico e egocentrico come Giulio II.Sarà stato forse il disappunto oppure il disgusto per una corte papale troppo lasciva e dedita al lusso: di fatto, il ribelle Michelangelo giunge a questo incarico pieno di dissenso per le idee della Chiesa del suo tempo e pronto per esprimere la propria verità interiore, umana e artistica. Come? Dipingendo immagini il cui significato risulti stratificato e nascosto, difficile da cogliere a un primo sguardo superficiale. Dipingendo la Sistina, Michelangelo avrebbe così accuratamente celato quei contenuti e messaggi che gli stavano a cuore ma ritenuti sovversivi dal Vaticano e tutto questo per non finire arrostito sul rogo con un’accusa di eresia, come era appena capitato a Savonarola. Michelangelo decide così di occultare nelle figure dei personaggi della Sistina, numerosi simboli della cultura ebraica e neoplatonica, della Qabbalah, del Midrash e addirittura dell’interpretazione di Rashi, che lo stesso Michelangelo conosceva grazie ai suoi maestri (Marsilio Ficino, Poliziano e Pico della Mirandola che leggevano l’ebraico, quindi possessori di un accesso diretto alle fonti).Del resto, guardando gli affreschi della volta della Sistina, molte sono le domande che sorgono spontanee: perché l’albero del Bene e del Male è un fico e non un melo? Perché il serpente tentatore ha cosce e braccia come scritto solo nell’originale ebraico? A questo e altro cerca di rispondere l’interessante saggio I segreti della Sistina - Il messaggio proibito di Michelangelo (Rizzoli, pp 397, euro 22), scritto a quattro mani da Roy Doliner, studioso ebreo americano di storia dell’arte, lingue e religioni comparate e dal rabbino Benjamin Blech, professore alla Yeshiva University e collaboratore del New York Times e del settimanale Newsweek. Se si chiede a Doliner che cosa lo abbia spinto a cercare il significato nascosto della Sistina e scovare il sistema di metafore e allusioni celate negli affreschi della cappella più celebre del mondo, lui risponde con un sorriso, “è stato Michelangelo a convincermi. Dopo il recente restauro, molti dettagli sono emersi a chiarire significati oscuri del capolavoro di Michelangelo”, dichiara. Una ripulitura durata quasi vent’anni (è finita nel 1999), che ha portato alla luce particolari e simboli stupefacenti: perciò Doliner e Blech ipotizzano che l’affresco collocato nel cuore della cristianità in realtà rappresenti una dura critica alla corruzione della Chiesa dell’epoca e una speranza di riscatto nell’idea di fratellanza universale tra le religioni. Il Buonarroti era infatti convinto che la degradazione morale della Chiesa fosse anche frutto della perdita di contatto proprio con le radici ebraiche del cristianesimo.Ma l’empatia di Michelangelo con gli ebrei va contestualizzata, spiegano Doliner e Blech. Nella Firenze di Cosimo e Lorenzo de’ Medici circolavano grandi maestri come Elija del Medigo, Jochanan Alemanno, il Rabbino Abraham, che introdussero Pico e il Buonarroti alle opere dei filosofi dell’antichità e del medioevo ebraico: Avicebron, Filone di Alessandria, Ibn Gvirol, nonché alla tradizione mistica e esoterica dell’ebraismo e ai concetti qabbalistici più importanti. Quali? Ad esempio quello della lotta tra Yetzer ha-Tov e Yetzer ha-Ra, la battaglia delle due inclinazioni dell’anima umana, quella istintiva e animale, quella spirituale e trascendente; e poi la convinzione che ogni cosa è emanazione di Dio e che le 10 Sefirot sono stadi della conoscenza; e ancora il concetto che Dio è una perfetta sintesi di maschile e femminile, armonia dei contrari ed equilibrio degli opposti, perché Dio è uomo e donna insieme; infine la qabbalistica nozione di Mochà Stima’à, il cervello nascosto, l’invisibile intelligenza del cosmo, il disegno divino che si nasconde dietro ogni cosa e trascende la nostra comprensione.Ma veniamo agli affreschi: perché, nel Peccato Originale e nella Cacciata, Adamo stacca il frutto proibito dall’albero proprio nell’attimo in cui Eva coglie il suo? Adamo sarebbe quindi colpevole della trasgressione tanto quanto Eva. Proprio come scritto nel Talmud ed esattamente il contrario di quanto sostiene la tradizione cattolica che addossa tutta la colpa su Eva che si lascia tentare dal serpente. E che dire proprio di costui? “Qui Michelangelo scelse di ispirarsi alla tradizione ebraica. Solo il Midrash infatti descrive il serpente come fornito di gambe e braccia”, dice Doliner. Inoltre, non c’è stereotipo della donna perfida tentatrice che porge la mela. Anzi, qui la mela proprio non compare. Al suo posto, i due progenitori colgono un succoso fico. Perché? Secondo un principio mistico ebraico, scrivono Blech e Doliner, Dio non ci sottopone mai un problema senza che Egli non abbia già creato la sua soluzione dentro il problema stesso. E la soluzione immediata alla vergogna della nudità è, per i due progenitori, quella di coprirsi con una foglia di fico; secondo il Midrash, l’Albero della Conoscenza era un fico perché, nella sua misericordia, Dio aveva provveduto a rimediare alla conseguenza del peccato, unendo il rimedio all’oggetto che l’aveva causato. Ora, era difficile, per un cristiano del ‘500, avere dimestichezza con questi ragionamenti. E solo chi aveva studiato il Midrash poteva esserne al corrente. E che dire della scelta di personaggi della Torà la cui storia il fiorentino dimostra di conoscere bene? Meshullemet col figlio Amon, Zorobabel, Aminadab... E poi il nascondimento delle lettere dell’alfabeto ebraico nelle figure dei personaggi: nel pannello di Davide e Golia, Michelangelo disegna la lettera Ghimmel di Gvurà, la Sefirà della forza e del principio maschile, il lato virile dell’Albero della Vita; in quello di Giuditta troviamo la lettera Chet di Chessed, la Sefirà della misericordia e compassione, principio femminile.E poi l’Aleph e la Ain, nascoste nell’affresco di Geremia. Inoltre, viene ipotizzato che i sette profeti della Sistina siano le raffigurazioni delle sette Middot, gli attributi delle Sefirot più basse: Zaccaria-Malchut (regno materiale), Gioele-Yesod (legame tra cielo e terra, spiritualità), Isaia-Hod (gloria, fede di fronte alle avversità), giù giù fino a Giona, il settimo profeta che rappresenta l’attributo di Chessed, la misericordia, la compassione, l’unico profeta che, passando attraverso il ventre del Leviatano, andrà nella pagana e corrotta Ninive per salvare i niniviti dal peccato. Perché Giona?, il profeta riluttante, mandato a predicare tra i gentili? Perché è il suo alter-ego, cerca di salvare Babilonia come Michelangelo tenta di salvare la Chiesa, spiegano gli studiosi. Michelangelo si identifica in lui e per questo dipinge il suo capolavoro pittorico, l’affresco forse più stupefacente della Sistina, con quelle gambe che piovono in testa a chi guarda, l’uso magistrale del trompe l’oeil, la complessità tridimensionale e simbolica del ritratto, la lettera Bet di Bereshit (ma anche di Bait-casa), nascosta nel gesto delle dita del profeta. Giona, l’ultimo ritratto, summa poetica di Michelangelo, ci spiega il vero senso della Sistina, il compito morale che Michelangelo sentiva di dover portare a termine dipingendola. Di fatto, colpisce una cosa: guardando la volta della Sistina, il più grande ciclo religioso di affreschi mai dipinto, ci si accorge con meraviglia che è privo di qualsiasi figura cristiana e popolato solo da eroi e eroine della storia ebraica. Il libro di Doliner e Blech ci spiega finalmente perché.Fiona Diwan http://www.mosaico-cem.it/

Israele: Gerusalemme fa il bis, la Winner Cup è dell'Hapoel

Israele: Gerusalemme fa il bis, la Winner Cup è dell’Hapoel
Per il secondo anno consecutivo l’Hapoel Gerusalemme si aggiudica la Winner Cup battendo al termine di una finale piena di colpi di scena il Maccabi Tel Aviv, costretto così a restare a bocca asciutta proprio come 12 mesi fa.Per Pini Gershon neanche questa è dunque la volta buona per mettere nella sua personale bacheca questo trofeo, l’unico che ancora non è mai riuscito a vincere durante la sua gloriosa carriera da head coach. LE SEMIFINALI – Nel primo match, l’Hapoel Gerusalemme, dopo aver inseguito per tutti i primi 30’, ribalta la gara grazie ad un parziale di 24-15 nell’ultimo quarto e regola di misura il Maccabi Haifa.......... LA FINALE – Nonostante la partita si disputi nel palazzetto di Malha, la casa dell’Hapoel Gerusalemme, il pubblico è equamente distribuito sugli spalti: metà totalmente vestito di rosso (i supporters dell’Hapoel), metà interamente di giallo (quelli del Maccabi) a creare un’atmosfera tanto inedita quanto suggestiva attorno al rettangolo di gioco. E con questi presupposti il match non può che farsi avvincente sin dalle prime battute. Il primo strappo è del Maccabi (Gershon sceglie D’or Fischer e rinuncia a Doron Perkins nella rotazione degli extracomunitari) che si porta subito avanti 25-11, sospinto da 14 punti di Alan Anderson. Ma l’Hapoel non può arrendersi così facilmente e riesce a confezionare un’incredibile contro-break di 39-10 con cui arriva al riposo lungo sopra di 15 (35-50) con ‘Tre’Simmons autore di 14 punti e di una devastante tripla da metà campo sulla sirena del secondo quarto........http://www.basketnet.it/ 10 ottobre

domenica 11 ottobre 2009


SAMI MICHAEL TEMPESTA TRA LE PALME

Ed. Giuntina, 2009, pp. 171
Esattamente un anno fa, nell’ottobre 2008, ho avuto il piacere di leggere e commentare l’insolito, bellissimo romanzo “Rifugio” di questo Autore che, come scrivevo, riassume in sé l’esperienza ebraica e l’esperienza araba, in una sintesi di vissuti diversi. Rimando perciò a quel contributo notizie biografiche e culturali.In queste giorni la Casa Editrice Giuntina pubblica, nella collana “ISRAELIANA” il quarto romanzo di Michael tradotto in italiano, “Tempesta tra le palme”, uscito in Patria nel 1975. Si tratta di un altro importante sforzo da parte degli amici fiorentini nell’opera di estrarre dal tesoro della letteratura di Israele “cose nuove e cose antiche”.La vicenda qui narrata si svolge a Bagdad ed ha come sfondo gli anni della Seconda Guerra Mondiale e, in particolare, l’aprile 1941, quando un colpo di stato fomentato dall’immancabile Gran Muftì di Gerusalemme, il trucemente famoso Haji Amin al Husseini, porta al potere il leader filonazista Rashid Alì al Gailani, aiutato da un gruppo di ufficiali dell’esercito (noti come “Golden Square”), costringendo il piccolo Re Feisal II e la Corte a fuggire in Transgiordania. Il trionfo dei golpisti fu però di breve durata, perché l’aiuto promesso dalla Germania all’Iraq non arrivò e i sogni di gloria sotto la bandiera della croce uncinata andarono in fumo. Tragico epilogo di questa vicenda fu il pogrom (una sorta di vendicativo “colpo di coda”) di giugno, la sera del primo giorno di Shavuot , quando gli Arabi attaccarono i quartieri ebraici di Bagdad, uccisero centinaia di ebrei e saccheggiarono migliaia di case e negozi.Protagonista del romanzo è Nuri, un adolescente ebreo che vive con i genitori, le tre sorelle e l’affezionato cane Zuzu in un quartiere della capitale, dove tra i vicoli scuri abbonda il verde, le case sono circondate “da alberi rigogliosi” e dietro i tetti “svettano le cime delle palme”. Gli Ebrei vivono con una certa preoccupazione gli avvenimenti che scuotono il mondo e, in primo luogo, il Paese nel quale vivono da tempo immemorabile, oltre duemila anni; la convivenza con gli altri gruppi religiosi, in specie coi musulmani, si fa via via più difficile. Nuri è consapevole del pericolo che incombe su di lui e la sua gente, ma non rinuncia a prendere parte agli avvenimenti, suscitando così angoscia e rimproveri nei familiari e negli adulti più vicini. E’ un ragazzo forte, orgoglioso della propria identità ebraica, dichiarata apertamente. Agli occhi del padre, fiero di lui, egli rappresenta la persona che questi, gravato da un’eredità di paura, retaggio di diverse generazioni, avrebbe voluto essere. Furbo e abile, Nuri sa districarsi molto bene nelle difficoltà, a cominciare dalle rigide usanze musulmane. Come reazione all’antisemitismo di matrice islamica che monta progressivamente, propiziato dalla situazione internazionale, la comunità ebraica si fa cauta e circospetta: i rapporti tra individui di fede diversa, apparentemente tranquilli fino a poco tempo prima, lasciano spazio ad una radicale diffidenza, anche negl’incontri più frequenti e comuni (come al caffè, ad esempio). La paura è palpabile, simile a un fiume carsico che a volte emerge in modo deciso, per poi nascondersi nelle pieghe del consueto vivere e conversare. Anche a scuola l’aria è cambiata: un insegnante, in precedenza temuto da tutti gli studenti, esprime in modo aperto il terrore per ciò che potrà accedere a loro, Ebrei; e infatti poco dopo sarà pugnalato per strada. Anche gli amici musulmani evitano Nuri: Naif, per esempio, dopo averlo avvertito “Vi uccideranno tutti”, lo ferisce nell’animo manifestandogli aperta ostilità, espressione del nuovo clima che regna. Il ragazzo tuttavia disapprova con decisione la Paura diffusa tra i suoi, poiché è convinto che occorra combattere il nemico, non rassegnarsi a soccombere o, in alternativa, fuggire di fronte ad esso. Mentre i parenti ritengono che un ebreo debba sottrarsi al pericolo, egli sostiene che esso vada affrontato dopo averne compreso la causa e le motivazioni.In tale contesto drammatico si svolge l’esistenza del giovanissimo protagonista, seguito dall’Autore nel peregrinare tra i diversi gruppi costituenti la vasta compagine familiare. Un mondo tradizionale e patriarcale, con i giochi, le urla, gli scherzi….e i turbamenti provocati in Nuri da Hilà, la zia giovane e affascinante.
Il Nonno paterno, ostinato e tradizionalista, una sorta di capoclan, abita in un vicolo stretto, posto nel quartiere più povero di Bagdad, in una casa con la tipica struttura della case patriarcali arabe. Col nipote c’è una sorda ostilità, discussioni a non finire e aspri confronti; ma quando Nuri vuol conoscere la realtà del tempo passato si rivolge al nonno e quando quest’ultimo desidera spiegazioni sui “folli giorni” del presente è il nipote che va a cercare, evitando il figlio con un certo sprezzo.“Possono uccidere Nuri in qualunque momento” gli spiega il nonno “ma l’ebreo che c’è in te e che loro vogliono annientare continuerà a vivere per sempre”. C’è poi una Bisnonna compiaciuta della propria indipendenza. Costei è donna sorprendente, della quale nessuno è mai riuscito a stabilire l’età precisa -tra i 90 e i 110 anni, comunque!-. Pur analfabeta, è in grado di calcolare con esattezza a mente “quando e in che giorno sarebbe caduto Pesach o Rosh ha-Shanà”, “levigata e scaltra come un mercante di tappeti” ha compreso al volo la gravità dei momenti, mascherati da una coltre di falsa tranquillità.Zio Haim, marito di zia Rachel -sorella di Hilà- e padre di un neonato, è un piccoletto ricco di iniziativa, la cui bottega si trova nel quartiere musulmano. In particolare da quando i tempi si sono fatti bui, sogna la Palestina (cioè la Terra d’Israele), ma a lungo tiene duro, non intende muoversi, lasciando ciò che ha costruito nel tempo. Ricorda gli Ebrei d’Europa che rifiutarono di andarsene, nonostante il nazismo.
Prenderà, con infinito dolore, la decisione di lasciare quelle terre, dove gli Ebrei risiedevano ben da prima che “le tribù arabe, sotto la bandiera dell’Islam, giungessero dal deserto”, quando, con la famiglia, verrà privato di tutti i suoi beni.Centro della vita affettiva di Nuri è la coetanea e vicina di casa Denise, figura dolcissima e tragica, la compagna di giochi dell’infanzia, il primo, indimenticato amore. Piene di lirismo e di tenerezza sono le pagine dedicate al rapporto profondo tra i due giovinetti. Lei, dai lunghi capelli neri, lo ammalia con le sue favole, mentre Nuri lancia ridendo figurine colorate alla sua Sherazade…..Entrambi sono appoggiati alla balaustra dei rispettivi tetti. Tale magica confidenza suscita la gelosia della sorellina del ragazzo, Juliette, la piccola di casa un po’ viziata, con la quale egli litiga spesso; ma i due fratelli si vogliono un gran bene e solidarizzano tra loro, specie dopo che Nuri, per colpa della sua irruenza, è stato punito dai genitori.Con toccante lirismo Sami Michael racconta il trauma provocato dall’orrendo massacro su un adolescente e l’inquietudine che lo attanaglia quando vaga silenzioso nella notte nella ricerca vana del suo amore perduto, ripercorrendo i luoghi dove erano stati felici insieme.
Romanzo breve, succoso, come un’arancia ben matura; stupendo e triste, ricco di sfumature psicologiche: paura, coraggio, speranza, terrore, amore, dolore e nostalgia. Lo stile scorrevole costruisce un testo sempre coinvolgente, in particolare quando ti porta nel cuore del pericolo e fa sì che l’angoscia dei personaggi diventi la tua.Le varie sfumature della storia. Per esempio le conseguenze della fame e della brama di saccheggio su un povero bambino musulmano, Assad, con il quale la sorte è stata davvero matrigna. Quella Strage fu Tragedia anzitutto per gli Ebrei, ma anche per i Musulmani poveri, travolti da fatti più grandi di loro, per i quali pagarono un salato conto. Cariche di pathos le pagine riguardanti le conseguenze operate sui quartieri più miseri della città dalle piene del Tigri, l’impietoso fiume che trascina con sé care abitudini della vita d’ogni giorno, fango, cadaveri di esseri umani e di animali…..Davvero parlanti le scene di misera vita quotidiana, come la lotta tra due piccoli mendicanti per accaparrarsi i mozziconi di sigaretta buttati a terra dagli avventori del caffè: chi arriva prima ne può recuperare il tabacco rimasto, rivenderlo (per pochi spiccioli) alle fabbriche, che ne avrebbero fatto sigarette per i poveri.Turbamenti d’amore di un adolescente, in barba al pericolo, anzi esaltati da esso; odore di spezie, di dolci orientali e risate di fronte alle acrobazie di un cameriere che ricordano al fanciullo un’insolita danza del ventre. Mara Marantonio http://www.angolodimara.com/ (12.10.2009)


istituto Weizmann - Rehovot

Israele, Italia primo partner europeo per ricerca e sviluppo

Roma, 8 ott (Velino) - L’Italia supera la Germania e diventa “il primo partner scientifico di Israele in Europa e il secondo in assoluto dopo gli Stati Uniti”. Lo ha affermato il portavoce della Farnesina Maurizio Massar...L’aumento della dotazione dell’Accordo bilaterale con Israele ha consentito a settembre l’approvazione di 17 nuovi progetti congiunti ed il lancio del Biennio italo-israeliano della scienza e della...I tre laboratori verranno costituti fra Enea e Università Ben Gurion del Negev su energie solari e rinnovabili; fra Lens (Laboratorio Europeo di Spettroscopia non lineare) di Firenze e l’Istituto Weizmann...
(testo completo solo per abbonati n.r.)


M.O., dalla diplomazia del panda a quella delle zebre

Roma, 9 ott (Velino) - Due zebre “israeliane” potrebbero presto essere esposte nello zoo di Gaza. Lo ha auspicato Tzvi Vall, sindaco della città di Ramat Gan, nei pressi di Tel Aviv, dopo aver appreso che allo zoo di Gaza due asinelli sono stati prima rasati e poi colorati a strisce per farli somigliare all’equino africano che la struttura in questione non può permettersi. Vall si è rivolto al direttore dello zoo di Ramat Gan, chiedendogli di mettere a disposizione due zebre da inviare a Gaza. Nidal e Mohammed Bargouthi, responsabili del parco zoologico “Marah Land” hanno spiegato di aver “creato” le zebre, utilizzando la tintura per i capelli e il nastro adesivo su due femmine di asino: “I bambini non lo sanno, le chiamano zebre e sono contenti di vedere qualcosa di nuovo”. Una zebra vera sarebbe costata 40 mila dollari, ha spiegato Bargouthi, che ha pure ricordato di non essere sicuro che l'animale possa passare dai tunnel per il contrabbando di merci che dall’Egitto sbucano nel territorio di Gaza. Il “Marah Land” è una struttura molto modesta, che ha subito pesanti distruzioni nel corso dell'operazione militare israeliana Piombo fuso dello scorso gennaio, tanto che l’ingresso per un intero autobus di bambini è di soli 15 dollari. Nella speranza di evitare “abusi su poveri animali innocenti”, Vall, ripreso dal quotidiano israeliano Yedioth Ahronoth, ha promesso che due zebre “saranno trasferite a Gaza con l’impegno degli abitanti della Striscia di trattarle con cura”. Ottimismo a parte, ricorda Ynet, resta da vedere se tutte le autorità competenti – da quelle militari e veterinarie di Israele agli islamici di Hamas che controllano la Striscia di Gaza – daranno il loro assenso all'operazione.

soldatesse israeliane

Cani-soldato in azione in Afghanistan

Addestrati dall'esercito israeliano, sono stati prestati alle truppe Usa per sopralluoghi e attacchi
Cani-soldato telecomandati a distanza per operare sul territorio del nemico. Questa è l’ultima novità «made in Israele» prestata dallo stato ebraico alle forze Usa in Afghanistan e nell’Iraq per operare in «territorio ostile» anche se gli gli unici ordini che recepiscono questi animali super addestrati, deve essere in lingua ebraica. E’ quanto mette in grande evidenza oggi la tv satellitare Al Arabiya che riporta un articolo pubblicato sul sito on-line del quotidiano israeliano, Maariv.
NON SONO ROBOT - Non si tratta di ’cani robot’, ma di quadrupedi super addestrati dall’unità cinofila «Aoukitis» dell’esercito israeliano. Ai cani vieni applicata un cintura dotata di pulsori elettronici che emettono vibrazioni programmate recepiti dall’animale. In pratica si tratta di ordini che, grazie a lunghi addestramenti, vengono eseguiti alla perfezione dal soldato-cane. Un ufficiale dell’unità cinofila che li addestra ha spiegato che «i compiti sono principalmente di perlustrazione, ricerca e di attacco del nemico». Il telecomando remoto copre una distanza massima di quasi due chilometri entro i quali si può impartire ordini. ESPERIMENTI RIUSCITI - Secondo fonti militari, «gli esperimenti per simulare il salvataggio di un soldato ferito in territorio ostile sono riusciti». In caso di necessità di perlustrare il territorio, i cani possono essere attrezzati di una telecamera. Il successo degli esperimenti avrebbe interessato l’esercito Usa così tanto da chiederne «in prestito» alcuni di questi esemplari per utilizzarli in Afghanistan e Iraq. Le fonti di Maariv, hanno assicurato che «cani addestrati in Israele sono in servizio attivo" nei due paesi teatro di guerra, "anche se ricevono gli ordini solo in lingua ebraica». (Apcom) 08 ottobre 2009

Gilad‏ Shalit

Cari amici, il padre di Gilad ha chiesto che i 300 millioni di dollaridi aiuti che dovranno essere donati dagli USA per Gaza siano condizionati alla liberazione di suo figlio. http://dogood.aish.com/gilad. Prendetevi qualche secondo per firmare la petizione. Grazie e una buona settimana a tutti!! Simonetta

The Legion having a Banquet dinner. April 1948

«In marcia verso Gerusalemme - La Perugia-Assisi sbarca in Terra Santa"

Molte sono le considerazioni che mi vengono spontanee al riguardo a cominciare dal titolo: che trovo sia un inno alla retorica!L'esperienza insegna che le "marce" fatte da estranei al territorio non hanno mai risolto niente, è una specie di solletico che non smuove .Partire dall'Italia in 500 solo per "protestare" o aprire dialoghi e tavole rotonde e dibattiti e... riempie chi li organizza, ma non cura il male. Viene spontaneo chiedersi: chi paga? Leggo che gli organizzatori assicurano non si tratti di pacifismo, nè di buonismo.... ma chi vi conosce veramente, chi vi ha sentiti e visti all'opera ben sa quale sia la vostra pace. Chi davvero ha a cuore la vita degli israeliani e dei palestinesi non continua a maledire il muro che invece è stata la barriera difensiva di tante vite!
Fra i dettagli del programma della "marcia" si legge che parteciperanno anche studenti del Liceo Maffei di Verona e che il Liceo già prevede marce in maggio ad Assisi... (no comment!)
Ma la cosa più criticabile della "marcia in Terra Santa", che io mi ostino a chiamare Israele, è quello che nel vostro programma viene chiamato"Il giorno della memoria" in cui presente e passato verranno mescolati per ricordare i morti israeliani e palestinesi a causa delle guerre e attentati dal 1948 in poi, per incontrare i profughi palestinesi del '48 e del '67 e concludere con la visita a Yad Vashem.La domanda è: cosa si vuole dimostrare???? mariapiabernicchia