sabato 17 gennaio 2009

Muro del pianto (Kotel)

Il viaggio di dicembre, impressioni

Il ricordo più significativo che mi ha lasciato questo viaggio in Israele è legato in particolare ad un’immagine colta durante la suggestiva visita a Gerusalemme del Tunnel lungo il Muro Occidentale; luogo carico di significati, capace a volte di scuotere gli animi più freddi e apatici. L’immagine di una giovane donna intenta a pregare con intensità e trasporto nello stretto corridoio sotterraneo è rimasta impressa nella mia memoria tra i ricordi più preziosi di questa mia visita in Israele.Il volto coperto da un libro e il corpo che ritmicaménte accompagna la preghiera disegnano un alone di mistico coinvolgimento intorno a quella ragazza. Sono rimasto per qualche minuto incantato ad osservare quella scena, timoroso di “rubare” qualcosa di non mio. Difficilmente quel ricordo mi abbandonerà. Potrei citare molti altri episodi di questo mio viaggio in Israele degni di essere ricordati, ma preferisco racchiuderli tutti nel mio stato d’animo dinnanzi a quella immagine. Tante volte ho visitato Israele, molte sono stato al Muro Occidentale, eppure ogni volta è come se fosse la prima, l’emozione non tarda mai a segnare quei momenti. Ne esco sempre felice per la mia intatta capacità di emozionarmi e di commuovermi davanti alle manifestazioni di fede e non solo che in quel luogo si percepiscono concretamente.
Riguardo le foto fatte e sorrido dei momenti allegri vissuti anche grazie ai compagni di viaggio; mi rattristo, invece, se penso alla terribile ennesima prova che aspetta agli amici cari che ho in Israele. Queste sensazioni contrastanti sono forse parte integrante di ogni mio viaggio in Israele e forse spiegano meglio di ogni altra cosa il grande amore e rispetto che lega molte persone a quella Terra. Luca da Viterbo

Yaffo - la balena di Yona

Lettera al Giornale di Brescia

Gentile direttore,sul Giornale di Brescia del 15 gennaio appare succintamente la notizia che la rivista medica "Lancet" (francese?) accusa pesantemente Israele di avere distrutto il sistema sanitario a Gaza e di commettere atrocità.Non avendo letto la rivista, mi attengo a quanto riportato per segnalare che, oggetto degli attacchi non è la popolazione civile ma i terroristi che si mescolano ai civili feriti negli ospedali, camuffandosi anche da medici, usando civili come scudi e bersagli nelle scuole e lanciando razzi dalle moschee contro Israele. Non è propaganda, è tutto documentato, anche in internet. Oggi non possiamo dire di non sapere, di scusarci in seguito per la nostra ignoranza.I rifugiati credevano di aver trovato un riparo. Ma si sbagliavano. Il bombardamento non ha risparmiato le loro vite. Questa non è la storia del tragico bombardamento della scuola a Gaza. Questa è la storia del bombardamento di Korisa, nella ex- Jugoslavia. Gli attacchi erano condotti dagli aerei della Nato. E tutto questo è avvenuto meno di dieci anni fa, il 13 maggio 1999. C’è di più. Il 12 aprile, aerei della Nato uccisero, ovviamente in modo accidentale, dodici civili. Il 14 aprile uccisero 70 rifugiati. Il 27 aprile altri 16 civili rimasero uccisi. Il primo maggio, 23 persero la vita nel bombardamento di un autobus. Il 6 maggio, 16 furono uccisi da una bomba a grappolo. Il 19 maggio fu bombardato un ospedale di Belgrado e morirono tre persone. Il 30 maggio in undici rimasero uccisi nel bombardamento di un ponte. Lo stesso giorno, un anziano venne ferito e 20 cittadini uccisi. Il giorno successivo morirono altre 11 persone. All’incirca alla stessa ora, venne bombardata l’ambasciata cinese e un missile, caduto 30 miglia fuori dalla traiettoria, colpì Sofia, la capitale bulgara. “È stato un errore. Ce ne scusiamo”, fu la risposta standard del portavoce della Nato.Ogni guerra lascia dietro sè, tragicamente, vittime. Rattrista chiunque leggere notizie di morti e feriti, ma indigna apprendere che c'è chi usa queste persone in modo cinico e brutale."... Quando il mondo civile guarda i bambini, vede il futuro. Quando i terroristi guardano i bambini, vedono bersagli e scudi umani".
( dal discorso delll'Ambasciatore israeliano all'Onu in sede di Consiglio di Sicurezza del 14 gennaio sulla "Protezione di civili nei conflitti armati" ) Tiziana Nulli





Tagliatelle Frisinsal

INGREDIENTI: (per 6 persone) 1 pollo, 2 cucchiai di olio d'oliva, sale e pepe, 2 o 3 rametti di rosmarino, tritati finemente, 2 germogli di salvia, tritati finemente (opzionale), 50 -100g di uvette, ammollate in acqua per mezz'ora(opzionale), 100g di pinoli, leggermente tostati, 500g di tagliatelle PREPARAZIONE:Spalmate il pollo di olio, salatelo e pepatelo, poi mettetelo a petto in giù in un recipiente da forno. Arrostitelo nel forno già caldo a 180° per un'ora, un'ora e mezzo, fino a quando sarà ben dorato, girandolo verso la fine della cottura per dorare anche il petto. Disossatelo e fate la carne a pezzetti. Per la salsa: versate il sugo di cottura, grasso incluso, in una salsiera. Aggiungete il rosmarino e la salvia, le uvette scolate e i pinoli. Fate sobbollire la salsa quando siete pronti a cuocere la pasta bollite la pasta in abbondante acqua salata fino a quando sia cota al dente, scolatela ed aggiungetevi la salsa ed i pezzi di pollo. Bollettino Sullam n.23


Polpettone di vitella con pepe verde e pesca

INGREDIENTI: (per 6 persone)Polpa magra di vitella macinata (1500 g), patate (4), pesche (5), pepe verde (5 cucchiai), uova (2), farina (1/2 bicchiere abbondante),olio extra vergine d’oliva (3 cucchiai), uva sultanina (2 cucchiaini), miele non cristallizzato (3 cucchiai), vino bianco dolce (1 bicchiere), sale.
PREPARAZIONE:In una zuppiera amalgamate la carne con le patate grattugiate crude, aggiungendo poi il sale e le uova.Dopo aver dato la forma al polpettone passarlo nella farina e cuocere in forno per circa un’ora, a 180°, nella carta stagnola con l’olio.A parte frullare il pepe verde con un goccio d’olio, l’uvetta ed il miele fino ad ottenere una salsa fluida. Cuocere le
pesche (con mezzo bicchiere di acqua, il vino e un cucchiaio di miele) fatte a fette sottili, per 10 minuti a fuoco basso.A cottura finita utilizzare il sughetto di cottura delle pesche per rendere più fluida, se necessario, la salsa al pepe. Tagliare il polpettone a fette e servirlo sopra la salsa circondato dalle pesche. Bollettino Sullam n.23

soldati israeliani nel Golan

Lettera di una mamma israeliana

Gentile Redazione,avevo già pensato di scrivere qualcosa ma poi tra il dire e il fare…
Comunque ci provo ora. Innanzitutto vorrei scusarmi con tutti voi perché quello che mi accingo a scrivere certamente non sarà obbiettivo. Perché come mamma e nonna non posso prescindere dal fatto che da domenica scorsa anche mio figlio Gabriele è stato richiamato tra i riservisti e si trova ora in una base militare del sud in attesa. Il sentimento di mamma è talmente forte che vorrei gridare mille volte al giorno: "No, mio figlio no!" ma so che questa frase non dovrebbe sfiorare i mie pensieri perché come me ci sono migliaia di mamme e perché, quando oltre 40 anni fa ho fatto l'alya', sapevo che poteva accadere una cosa del genere (anzi altre volte è già accaduta). Come nonna guardo i miei nipotini e penso...."Innanzitutto devi essere forte per loro, per tua nuora che ha bisogno del tuo sostegno e del tuo appoggio per continuare una vita più o
meno regolare!"E poi mi dico: "vigliacca, come ti permetti di avere simili pensieri!!! Tutti noi
dobbiamo partecipare alla vita del nostro stato e tutti noi dobbiamo fare sacrifici per la sua sopravvivenza!"Sono tanti anni che facciamo sacrifici, tanti anni che cerchiamo invano di vivere una vita normale, una vita priva di minacce e di attacchi bellici. Vorremmo la PACE malgrado tutto quello che si scrive e si dice su di noi israeliani. Scusatemi non desidero affatto fare un discorso politico. La politica spetta ai politici.Desidero solo esprimere un pensiero che ricorre tra tutti noi, che passa di bocca in bocca ma che per ora non si concretizza!
Miriam Levi Liuzzi, Bollettino Sullam n.23

Jaffo

Riportiamo il testo pervenutoci dalla sezione ebraica di Trani relativo alla giornata del 10 Gennaio.

“Sono qui perchè desidero la Pace,cugini Ebrei”Il tunisino Prof. Habib Sghaier, Preside n t e dell 'Associazione Comunità Straniere in Italia (con sede a Foggia) ha parlato sabato 10 gennaio nella Sinagoga Scolanova di Trani durante la manifestazione di solidarietà a Israele e la commemorazione di tutte le vittime di Israele e Gaza. Nessun Ebreo, della Diaspora o d'Israele, ha mai considerato (nè ieri nè oggi nè mai) il popolo palestinese come suo nemico; Israele ha combattuto (e vinto) numerose guerre con i Paesi arabi confinanti senza usare una sola volta la parola "nemico". Questo vale due volte per il popolo che, con quello ebraico, condivide la medesima terra; Eretz Israel, la PalestinaValeva anche il giorno dopo che Tsahal (l'esercito israeliano) si ritirò di sua volontà da Gaza con tutti i coloni mentre, neanche 24 ore dopo, il primo razzo Qassam cadeva sulla città israeliana di Sderot e poco tempo dopo Hamas cacciava da Gaza i propri fratelli di Al Fatah. (continua alla pagina successiva)Vale tuttora che Israele ha restituito all'ANP il 95% della Cisgiordania e il 99% di Gaza mentre quest'ultima è stata trasformata da Hamas nella più grande polveriera jihadista del Medio Oriente.
Varrà il giorno dopo che finirà questa guerra, quando Hamas si ritroverà senza più un razzo da sparare su Israele ma (come suo stile) canterà ugualmente vittoria al ritiro dei carri armati israeliani.Varrà il giorno dopo che finirà questa guerra, quando Israele avrà annichilito Hamas ma non canterà affatto vittoria: perchè Israele, pur di garantire la propria sicurezza, ha dovuto trasferire la guerra nella Striscia di Gaza combattendo contro un nemico che usa barare senza scrupoli facendosi scudo dei civili e rendendo inevitabile l'uccisione di palestinesi innocenti.Coloro che sono intervenuti alla manifestazione hanno espresso il desiderio di pace e l'auspicio che la guerra contro Hamas finisca al più presto nell'interesse delle popolazioni civili di entrambe i fronti.Ma allo stesso tempo è stato ribadito che non sarà mai accettato a rappresentare le autentiche istanze della Palestina un gruppo terroristico come Hamas che vuole per sua stessa ragion d'essere la distruzione dello Stato ebraico, dello Stato d'Israele.Al popolo palestinese è stato rivolto un accorato appello: "Amici palestinesi, Israele non vi odia, Israele non vuole occupare la vostra terra, noi non bruceremo mai le vostre bandiere".
Con gli Ebrei della comunità ebraica tranese erano presenti non solo rappresentanti dell'Associazione Italia-Israele di Bari, autorità e consiglieri comunali di Trani ma anche il tunisino Prof. Habib Sghaier, Presidente dell'Associazione Comunità Straniere in Italia (con sede a Foggia) che ha tenuto un discorso molto nobile e ha dichiarato: "So che la mia presenza qui tra Voi creerà problemi altrove...ma è giunta l'ora di gettare acqua, non benzina sul fuoco...Sono qui perchè desidero la Pace con Voi, cugini Ebrei".Habib Sghaier è un uomo molto coraggioso e anche lui si è unito alla preghiera dell'El Male Rachamim (O Signore Misercicordioso) per tutte le vittime di Israele e Gaza. Bollettino Sullam n.23

mercoledì 14 gennaio 2009


KO HA-ITALKIM

Kol Ha-Italkim, il Bollettino trimestrale di informazione dei cittadini israeliani di origine italiana, celebra con un numero speciale i 60 anni della nascita dello Stato di Israele. Esso si presenta nella forma di un bel quadernone di scuola, con le pagine trattenute da una spirale e, in copertina, una significativa foto del Presidente della Repubblica italiana Giorgio Napolitano, in occasione della sua recente visita.Apre il periodico l’intervento del Direttore, Miriam Della Pergola -dal significativo titolo, di sapore herzliano “Se vorrete non sarà un sogno”- la quale, dopo aver riportato le diffuse critiche, solo in parte condivise, circa la corruzione dell’attuale classe dirigente, la scarsa inventiva nelle politiche sociali e il “collasso dell’istruzione a tutti i livelli dall’asilo all’università” (mi domando quale opinione si formerebbero tali censori se guardassero la situazione di casa nostra!), tuttavia non può fare a meno di rilevare quanto il complessivo livello di vita del Paese sia cresciuto anche solo negli ultimi trent’anni; come esso si trovi nei primi posti al mondo nell’hi-tech, nelle scienze (!), nei brevetti e come sia nata e si sia sviluppata una cultura illustrata da poeti, scrittori, artisti, nati nel Paese e/o che nello stesso hanno potuto esprimersi appieno.L’intervento si chiude con il doloroso rammarico, più che mai acuto in queste difficili settimane di guerra, di non essere riusciti -ancora- a trovare quella via della pace, che dia la possibilità a Israele e ai suoi vicini di vivere un’esistenza tranquilla e sicura.
Sergio Della Pergola pone l’accento sull’esigenza di valutazione piena di quel capitale di persone, idee, istituzioni che costituiscono la struttura portante grazie alla quale Israele esiste e cresce . Una materia prima essenziale per la vita e lo sviluppo dello Stato, assai più, aggiungo io, di quanto potrebbero rappresentare il petrolio o altre fonti energetiche. Al di là della sicurezza e delle tematiche legate al conflitto arabo/israeliano/palestinese, il Paese deve affrontare grandi sfide, sul piano dell’identità e della politica, a cominciare dalla necessità di mantenere il suo ruolo di imprescindibile punto di riferimento culturale e spirituale (oltre che scientifico e tecnologico per tutto il mondo globalizzato) per l’intero popolo ebraico. Dal suo interessante punto di vista di demografo, il Prof. Della Pergola ricorda come, negli ultimi decenni, due direzioni opposte di sviluppo abbiano determinato un costante aumento della popolazione ebraica (e totale) in Israele e una diminuzione della stessa nelle comunità nella diaspora. Ciò è dovuto, nel primo caso, ad una natalità che è la più alta fra tutte le società sviluppate; mentre nel secondo all’adozione dei modelli minimi tipici della realtà circostante (famiglie con al massimo un figlio). Ne consegue che l’importanza di Israele rispetto all’ebraismo mondiale cresce progressivamente, fino a raggiungere oggi il 41% del totale.
Il numero del Bollettino si sfoglia volentieri perché, tra l’altro, è arricchito da immagini che pongono in suggestivo confronto l’ “allora…” e l’ “oggi”, intervallate da foto della vita quotidiana; come quella, ad esempio, di un gruppo di persone in calesse, che magari sono stanche per il lavoro svolto nei campi , ma hanno l’aria di chi sta molto bene con i propri compagni.
Sotto il titolo “La mia aliah” sono raccolte le testimonianze di diverse persone illustri, alcune delle quali sono carissime amiche. Due donne sorridenti, anzitutto nel cuore, sono Anita Olamy Glass, cui la vita, ormai cinquantennale, in Israele ha offerto la grande ricchezza di servire la causa di questo Paese accanto all’amato marito Hanan, e Angelica Edna Calò Livne (Angelica per antonomasia), una vera Madre di Israele, la quale, forte di una solida formazione ebraica, si è stabilita, circa trent’anni or sono, proprio nella “Galilea delle genti”, tra l’altro per diffondere, in seguito pure attraverso l’esperienza teatrale, il suo messaggio di pace e convivenza.
Non manca un puntuale resoconto dell’importante visita compiuta dal Presidente Napolitano, accompagnato da una folta delegazione di operatori economici; tale circostanza poi è stata l’occasione per un appuntamento di eccezionale importanza. A Gerusalemme, dal 25 al 27 novembre, si sono infatti svolti i dialoghi italo-israeliani (“La letteratura e l’impegno”) nei quali si sono trovati ed hanno dialogato tra loro esponenti della letteratura dei due Paesi che non necessitano di presentazione: da Claudio Magris a Avraham Yehoshua, da Corrado Augias a David Grossman, da Alessandro Piperno a Etgar Keret, da Alon Altaras a Marina Valensise, da Aharon Appelfel a Elena Loewenthal, tanti altri…alle scrittrici israeliane, che da qualche tempo affascinano pubblico e critica, anche nostrani, con le loro opere profonde. Un’esperienza stupenda, raccolta in un libretto, utilissimo da studiare e consultare, che proprio Anita Olamy Glass mi ha donato e alla quale sono davvero grata. Vi sono anche altri articoli nel Bollettino, che invito a leggere per il notevole interesse che rivestono, a cominciare dalle pagine che si occupano delle infami leggi razziste del 1938. Un ringraziamento di cuore quindi alla redazione di Kol Ha-Italkim, al lavoro della quale ben si adattano le parole con le quali Sergio della Pergola chiude il suo articolo: “La durata della vita umana può essere limitata nel tempo, ma il messaggio ideale che da essa emana può durare in eterno”. Mara Marantonio Bernardini, 14 gennaio 2009

Queste persone sorridenti sono i partecipanti del viaggio in Israele, da me organizzato, in data 28 dicembre 2008 - 6 gennaio 2009

Tel Aviv
A La7:

Al Segretario Generale Ban-Ki-Moon è stata attribuita lentezza con cui l'Onu sia sia mosso in merito al conflitto a Gaza. Al contrario si può affermare che sia del tutto invisibile o - se si preferisce - latitante, quando si tratta di intervenire in difesa di chi subisce attacchi e in particolare dei mandanti dei medesimi. La cosa che più indigna e inorridisce è il silenzio, l'assenza di pubblica denuncia di chi addestra i bambini alla guerra e al martirio, alla cultura della morte. Tra questi spiccano persone dello spettacolo italiano che non perdono occasione per esprimersi in tale modo da mettere in evidenza buonismo a senso unico e quindi ipocrita. Non sono più giustificabili perchè tutti sanno o - se vogliono - possono conoscere in che cosa consista l'indottrinamento al martirio, qualche giornale ne ha parlato, ci sono video terribili; chi non è entrato almeno una volta in Youtube? A tutti coloro che si battono legittimamente per la popolazione civile di Gaza bisogna ricordare che il Diritto sui conflitti armati in merito all'arruolamento dei bambini in forze da combattimento recita così all’art. 77 (2) del I Protocollo Addizionale delle Convenzioni di Ginevra del 1949 e dei protocolli sulla Protezione delle Vittime nei conflitti armati internazionali (1977):
“Le parti in conflitto devono adottare tutte le misure possibili perché tutti i bambini che non abbiano raggiunto i quindici anni non partecipino direttamente alle ostilità e, in particolare, non devono arruolarli tra le proprie forze armate…”. Inoltre, l’art. 8 (2) (b) (XXVI) dello Statuto di Roma della Corte Penale Internazionale (1988) elenca i seguenti atti come crimini di guerra: “La coscrizione o l’iscrizione di bambini sotto l’età di 15 anni tra le forze armate nazionali o il loro uso per la partecipazione attiva alle ostilità”
Allora, a che ci sta a fare l'Unicef? Tiziana Nulli

lunedì 12 gennaio 2009

Arpad Weisz

II tecnico ebreo morto ad Auschwitz Dal 27 al Dall'Ara una targa per Weisz

UNA targa allo stadio Dall'Ara per ricordare Arpad Weisz, l’ungherese di fede ebraica che mor:ì ad Auschwitz di freddo e di stenti il 31 gennaio del 1944, dopo la deportazione. E che aveva allenato quel gran Bologna vincendo due scudetti, nel 1936 e nel 1937.
Il 27 gennaio, Giornata della Memoria, ci sarà la cerimonia a 65 anni dall'atroce morte; per rendere omaggio ad una storia-tragica tra pallone e guerra, ricostruita fra l'altro tempo fa da Matteo Marani, direttore del Guerin Sportivo, autore del libro "Dallo scudetto ad Auschwitz" che ripercorre la carriera di Weisz, allenatore del "Bologna che tremare il mondo fa". Si era parlato tempo fa anche di un film con Ricky Tognazzi: era tutto pronto poi il progetto è tramontato. Adesso c'è Giorgio Panariello che vorrebbe farne una fiction. Weisz, restò a Bologna dal 1934 al 938, abitava in via Valeriani 39; i suoi bambini andavano a scuola alle Bombicci e lui, col Bologna, vinceva due scudetti e il Trofeo dell'Esposizione di Parigi nel '37. Por l'anno dopo l'allontanamento dall'Italia come "ebreo straniero", fino all’arresto. Oggi dunque la targa e in qualche modo un ritorno nello stadio che lo vide protagonista. 9.1.09 La Repubblica

Dallo scudetto ad Auschwitz La incredibile storia di Arpad Weisz : il Capello degli anni Trenta. Di lui si era persa la memoria.

Il nostro uomo è Arpad Weisz, dunque. Matteo Marani, un giornalista bolognese che su di lui ha appena scritto il libro "sportivo" (si fa per dire) più bello ed importante da molto tempo a questa parte, data la sua morte al 31 gennaio 1944. Auschwitz. Weisz era un allenatore di calcio. Era ebreo. Scoprì Meazza e portò allo scudetto l'Inter e il Bologna. Era il Lippi (o il Capello, fate voi) degli Anni Trenta. Bravissimo. Un giorno Enzo Biagi scrisse: "Mi sembra si chiamasse Weisz, era molto bravo ma anche ebreo e chi sa come è finito". E Marani ha voluto scoprire come è finito. Ha girato mezza Europa, ha letto vecchi giornali, trovato foto e lettere. La sua paziente e certosina inchiesta è diventata uno splendido racconto che andrebbe letto nelle scuole (o ai ragazzini che vogliono diventare Ronaldo...). Il suo libro, "Dallo scudetto ad Auschwitz", Aliberti Editore, e veramente un bel libro. Compratelo, costa 14 euro, neanche il prezzo di due biglietti del cinema dove, magari, rischiate anche di incontrare Boldi o De Sica... - Inizia così: "Visto da lontano, Arpad Weisz non è alto e non è basso. Non è bello e non è brutto. E' un uomo normale, nelle forme fisiche quanto nel volto. Eppure basta osservarlo qualche istante per non staccargli lo sguardo di dosso. Ha qualcosa di misterioso e insieme di magnetico, una faccia simpatica e intelligente, che si scopre lentamente. Il sorriso è vago e indefinito, ma possiede anch'esso una strana magia...E' il momento più bello della sua vita e dista appena nove mesi dalla fuga dall'Italia, meno di quattro anni dall'inferno di Auschwitz, meno di sei dalla fine di tutto."Una storia esemplare. L'ha scritta Matteo Marani, 36enne giornalista del "Guerin Sportivo", raccontando le vicende affascinanti, tremende e ahinoi esiziali di un allenatore magiaro, Arpad Weisz, che pagò con la vita il fatto di essere ebreo. Lui, la moglie Elena, i figli Roberto e Clara: tutti ammazzati ad Auschwitz. Vale la pena di raccontarla, questa struggente vicenda, nel Giorno della Memoria che cade oggi e, a quasi 62 anni dalla morte di Hitler, fa da scudo alle paradossali rappresaglie mediatiche di coloro che mettono in discussione perfino l'Olocausto. Nella sua straordinaria opera di ricerca, Marani ha frugato gli archivi più polverosi e secretati d'Italia, Francia, Olanda e Ungheria, ha incontrato decine e decine di persone che potevano aver conosciuto il suo eroe, ha controllato di persona ogni sassolino lasciato da Weisz dopo la fuga dall'Italia. Era il 26 ottobre 1938 quando il protagonista di questo libro ("Dallo scudetto ad Auschwitz", Aliberti Editore, 14 euro) si dimise da tecnico del Bologna che aveva portato a dominare il calcio in Italia, con due scudetti consecutivi, impresa fino ad allora riuscita solo alla Juventus, e all'estero: memorabile il trionfo sui maestri inglesi del Chelsea nella finale del Trofeo dell'Esposizione, svoltosi a Parigi nel 1937, che vale la Champions League di oggi. In precedenza Weisz aveva portato allo scudetto anche l'Ambrosiana ritoccando il WM in chiave difensiva con un modulo che, negli Anni Cinquanta e Sessanta, fece la fortuna di Viani, Rocco e delle loro squadre.A lui, Arpad Weisz, ebreo purosangue, e ai suoi famigliari, non fu più permesso di vivere in Italia dalle leggi razziali promulgate da Mussolini. Il 10 gennaio 1939, insieme ad altri profughi, si rifugiò in Francia passando dal valico di Bardonecchia. Da Parigi si spostò in Olanda, nella cittadina di Dordrecht, dove per quasi due anni fece l'allenatore prima di essere deportato in un lager senza ritorno. Scrive Marani: «Lì, nella saletta della memoria, aperta generalmente ai parenti delle vittime, un impiegato mi ha mostrato gli elenchi dei deportati ad Auschwitz, fino a ritrovare l'esatto numero di treno dentro al quale furono sospinti i quattro componenti della famiglia Weisz». Sì, una storia esemplare, maturata nel quartiere Saragozza di Bologna, il quartiere di Marani, al tempo delle leggi marziali. Ma la Shoah non è cosa di ieri, è sempre dietro l'angolo. 31 gennaio 2007 http://www.telefree.it/

Tel Aviv

Spett. RAI – Mediterraneo,................Capita tuttavia a volte che per complessità della vicenda e di reperimento nonché selezione immagini, si commettano delle inesattezze che possono considerarsi tutt’altro che insignificanti nel montaggio video di alcuni filmati:
nella puntata di oggi, è stata da Voi trasmessa una serie di immagini che ne contiene una fuori contesto. Nella serie di immagini intitolate “occupazione” (occupazione israeliana dei territori arabi a seguito della Guerra dei Sei Giorni del 1967 e del Kippur del 1973), è stata inserita anche un’immagine del cosiddetto “muro” cioè la barriera difensiva che Israele ha istallato lungo percorsi -espressamente mai intesi come “confini”- per difendersi (efficacemente a quanto pare) dagli sconvolgenti attentati terroristici rivolti contro i civili inermi israeliani.A nostro avviso questo inserimento è un errore grossolano poiché appunto il muro o barriera non è mai stata intesa da Israele né come “definitiva” (tant’è che è stata spostata più volte per decisione della stessa Corte Suprema israeliana dietro richiesta dei Palestinesi) né soprattutto come “confine” e questo da solo basterebbe a non qualificarla affatto come elemento di “occupazione”.
Insieme al fatto -mai ricordato- che dopo l’occupazione militare ci sono stati anche i ritiri da gran parte dei territori occupati durante le predette operazioni militari, ci pare totalmente inappropriato l’uso delle immagini della barriera per indicare una “occupazione” che peraltro sia sotto l’aspetto amministrativo che militare è da lungi terminata.Le stesse operazioni militari di Israele in atto in questi giorni nella cd. Striscia di Gaza sono per stessa ammissione di Israele operazioni volte allo smantellamento dell’apparato militare di Hamas ed in particolare delle rampe di missili Qassam e Grad e dei depositi di missili ed armamenti vari che da circa un anno si abbattono sul territorio israeliano costringendo quasi un milione di civili israeliani a vivere nei rifugi.Se non è quindi una occupazione la stessa serie di operazioni di questi giorni, a maggior ragione non lo è una edificazione di una barriera difensiva.Come Associazione di amicizia invitiamo la Redazione di Mediterraneo a trasmettere le immagini degli amici Palestinesi che sono in pericolo di vita in quanto ostaggio di fazioni definite dalla stessa UE “terroristiche”, poiché siamo convinti che dando poderosa voce ai Palestinesi vittime dei fanatici si possa dare un importante contributo a quella pace cui noi tutti aneliamo per i nostri amici Israeliani e Palestinesi.Vi ringraziamo per l’attenzione e Vi auguriamo un buon 2009 di buon lavoro, perché una buona immagine, un buon servizio, possono contribuire forse più di qualunque altra azione allo sviluppo di una cultura di tolleranza e rispetto reciproco che ci sembra possa essere caratterizzata e riassunta proprio dal Mediterraneo nel suo insieme, dalle colonne d’Ercole alle terre amiche di Israele & Palestina, con la speranza che presto si possa affrotnare anche il negoziato definitivo fra la Siria e il Libano e la libia e tutti i Paesi che ancora non riconoscono il legittimo diritto di Israele ad esistere e lo stesso Stato di Israele.Shalom Salaam Pace!
Federico Falconi Nocentini Presidente della Associazione Trevigiana Italia-Israele
http://www.italiaisraele.free.bm/

Jaffo - l'albero è vero

Gaza: 53% svizzeri comprende intervento Israele

BERNA - Stando a un sondaggio pubblicato oggi dal "Matin Dimanche" e dal "SonntagsBlick", il 53% degli Svizzeri comprende la reazione militare israeliana a Gaza dopo che Hamas ha rotto la tregua sparando missili sul territorio dello Stato ebraico. Il 47% - indicano i risultati dell'inchiesta dell'istituto Isopublic svolto in romandia e Svizzera tedesca su un campione di 503 persone il 7 e 8 gennaio - vedrebbe di buon occhio un coinvolgimento della Svizzera quale mediatrice tra le parti in conflitto.Dall'inchiesta - i cui risultati hanno un margine di errore del /- 4,5% - risulta che il 39% degli interrogati non condivide l'idea della rappresaglia israeliana e l'8% si è detto indeciso. Alla domanda su un eventuale ruolo di mediatore della Confederazione tra le parti in guerra, il 47% ha risposto di essere favorevole, il 36% contrario, mentre il 6% si è detto indeciso.La consigliera federale Micheline Calmy-Rey, intervistata dal "SonntagsBlick", ha dichiarato che i risultati del sondaggio confermano che gli Svizzeri sostengono la politica estera del Consiglio federale e la chiara posizione nel conflitto assunta da Berna. "La politica di neutralità attiva è sostenuta dalla maggioranza della popolazione", ha chiosato la ministra degli esteri. 11.1.09

Jaffo - scavi archeologici

http://www.youtube.com/watch?v=mH64JHRhUX8

Tel Aviv

Nel 1975, ben 34 anni fa, Herbert Pagani, artista ebreo di “sinistra” sentì di scrivere una lunga “arringa per la mia terra”.
Oggi Moni Ovadia, artista ebreo di “sinistra” sente al contrario di dichiarare al Corriere della Sera la propria solidarietà con i palestinesi perché essi sono, a suo parere, “i disperati, i deboli, i battuti”. Ma la causa di tale disperazione è la negazione del diritto all’esistenza di Israele e il terrorismo e le guerre conseguenti con lo scopo di eliminare gli ebrei dalla faccia della terra.
Scrisse e dichiarò Herbert Pagani con una attualità sorprendente: …“A quelli che mi chiedono: "e i palestinesi?" Rispondo "io sono un palestinese di duemila anni fa, sono l’oppresso più vecchio del mondo, sono pronto a discutere con loro ma non a cedergli la terra che ho lavorato. Tanto più che laggiù c’è posto per due popoli e due nazioni"… A questo punto devo essere solidale con la mia gente. Quando gli arabi mi riconosceranno, mi batterò insieme a loro contro i nostri comuni oppressori. Ma per oggi la famosa frase di Cartesio penso, dunque sono non ha nessun valore.Noi ebrei sono cinquemila anni che pensiamo e ci negano ancora il diritto di esistere. Oggi, anche se mi fa orrore, sono costretto a dire mi difendo, dunque sono.”
Oggi Hamas, Hezbollah, il governo dell’Iran, gli estremisti islamici di ogni luogo negano agli ebrei il diritto di esistere. Moni Ovadia riserva la sua solidarietà a chi Hamas ha portato al potere: preferisce ad Israele, che vede come il “ricco”, il governo di Hamas, un regime che vive di odio, che manda i propri figli alla morte come terroristi suicidi, che ha di recente rimesso in vigore la crocifissione, che applica la Sharia e impedisce ogni libertà.Da quando Herbert Pagani scrisse “mi difendo quindi sono” Israele ha dato al mondo innumerevoli scoperte mediche e scientifiche di cui proprio i palestinesi per primi possono beneficiare. Nel frattempo i palestinesi di Hamas hanno continuato ad alimentare l’odio.Moni Ovadia ha rappresentato tragiche figure della Shoah, è assurto in Italia a simbolo dell’ebraismo. Ma sembra dimenticare che Israele non è nato improvvisamente senza legittimazione internazionale e che l’unico Paese del Medio Oriente in cui un arabo può criticare il governo liberamente è proprio Israele. Proprio per il suo valore artistico ed intellettuale sorprende che Moni Ovadia si schieri con un movimento terroristico anziché con lo stato Ebraico che mantiene la propria democrazia e salvaguarda i diritti umani nonostante 60 anni di attacchi. Andrea Jarach, Milano


Jaffo

L'ADEI - WIZO aderisce e partecipa alle manifestazioni di Roma e Milano: SOSTENIAMO ISRAELE SOSTENIAMO LA PACE L’ADEI- WIZO PER ISRAELE : AIUTATECI AD AIUTARE

Ancora una volta Israele è in guerra, questa volta sotto i missili da Gaza e dal Libano. Il sud del Paese da otto anni è bersaglio quotidiano dei missili che , nella totale indifferenza dell’opinione pubblica internazionale, colpiscono la popolazione civile . -La Wizo da sempre offre tutto il suo appoggio e la sua concreta assistenza alle famiglie di Sderot e delle città limitrofe.-La Wizo ha provveduto a blindare 21 asili nido e il centro rifugio per donne maltrattate che si trovano nel raggio di gettata dei missili ( 40 Kilometri!)-La Wizo apre le porte dei suoi centri situati in zone sicure e offre una oasi di pace ai bimbi ed alle mamme residenti al Sud.Rivolgiti alla sezione Adei- Wizo più vicina a te , saremo liete di AIUTARTI AD AIUTAREoppure usa il conto corrente postale - 65349466 causale aiutaci ad aiutareper info: adeiwizo@tin.it <mailto:adeiwizo@tin.it> sito web www.adeiwizo.org <http://www.adeiwizo.org/>


Hamas e crimini di guerra

Gentile direttore Giordano, (direttore de Il Giornale)
l'uso deliberato, sistematico e diffuso di lanci di razzi e attacchi suicidi contro la popolazione civile in Israele e altri obiettivi civili viola numerosi principi riconosciuti del Diritto sui conflitti armati e costituisce chiaramente un crimine di guerra e un crimine contro l’umanità. 1/ L’atto di sferrare attacchi contro la popolazione civile e obiettivi civili viola il Principio della Distinzione – la regola più importante del Diritto sui conflitti armati. Secondo questo principio, le parti devono sempre distinguere tra civili e combattenti. Di più, secondo questa regola, è strettamente proibito dirigere attacchi contro obiettivi civili o popolazione civile che non partecipano direttamente alle ostilità. L’art. 48 del I Protocollo Addizionale delle Convenzioni di Ginevra del 1949 e nel Protocollo addizionale relativo alla protezione delle vittime dei conflitti armati internazionali del 1977, recita: “Al fine di garantire il rispetto e la protezione della popolazione civile e degli obiettivi civili, le Parti in conflitto devono sempre distinguere tra la popolazione civile e i combattenti e tra gli obiettivi civili e gli obiettivi militari e dirigere conformemente le loro operazioni soltanto contro obiettivi militari”. L’art. 8 (2) (b) (i) dello Statuto di Roma della Corte Penale Internazionale (1998), nell’elenco degli atti costituenti crimini di guerra, include: “Attacchi diretti intenzionalmente contro la popolazione civile come tale o contro civili che non partecipano alle ostilità”. 2/ Il lancio quotidiano di razzi da parte di Hamas contro i villaggi e le città della regione meridionale di Israele, punta anzitutto a seminare il terrore tra la popolazione civile israeliana. Anche questa è una seria violazione di un divieto definito con chiarezza dal Diritto sui conflitti armati, di commettere atti, o minacciare violenza, il cui fondamentale obiettivo sia la diffusione del terrore tra la popolazione. L’art. 51 (2) del I Protocollo addizionale alle convenzioni di Ginevra del 1949 e dei protocolli addizionali sulla Protezione delle Vittime dei conflitti armati internazionali (1977), stabiliscono la norma secondo la quale: “La popolazione civile come tale, così come singoli individui civili, non devono essere oggetto di attacco. Atti o minacce di violenza il cui fondamentale obiettivo sia la diffusione del terrore tra la popolazione civile sono proibiti”.
3/ Hamas fa un uso operativo delle aree civili densamente costruite ed abitate nella striscia di Gaza, per pianificare, organizzare e sferrare lanci di razzi. Inoltre, Hamas usa volontariamente strutture civili (quali sono le università) per costruire armi e fare un uso sistematico di aree civili protette (incluse le case e le moschee) per nascondere e accumulare razzi, esplosivi e munizioni.L'art. 8 (2) (b)(XXII) dello statuto di Roma per la Corte penale Internazionale (1988) include nell'elenco "Crimini di guerra" l'atto di "utilizzare la presenza di civili... per rendere alcuni punti, aree e forze militari immuni da operazioni militari". 4/ Forse ancor più reprensibile dell’accumulo di armi e del lancio di razzi da aree civili, è la crescente e sistematica diffusione dell’uso di civili, da parte di Hamas, come scudi umani. Tale comportamento è stato verificato, ad esempio, quando Hamas ha espressamente chiamato uomini, donne e bambini palestinesi a convergere su bersagli militari che avrebbero potuto essere attaccati, per fungere da “scudi umani”. Così, come espressamente sancito dall’art. 77 (2) del I Protocollo Addizionale delle Convenzioni di Ginevra del 1949 e dai protocolli sulla Protezione delle Vittime nei conflitti armati internazionali (1977): “Le parti in conflitto devono adottare tutte le misure possibili perché tutti i bambini che non abbiano raggiunto i quindici anni non partecipino direttamente alle ostilità e, in particolare, non devono arruolarli tra le proprie forze armate…”. Inoltre, l’art. 8 (2) (b) (XXVI) dello Statuto di Roma della Corte Penale Internazionale (1988) elenca i seguenti atti come crimini di guerra: “La coscrizione o l’iscrizione di bambini sotto l’età di 15 anni tra le forze armate nazionali o il loro uso per la partecipazione attiva alle ostilità”.C'è chi si ostina a criminalizzare Israele quando si difende e ignora deliberatamente i veri crimini, quelli contro civili inermi e bambini addestrati alla guerra. A proposito, che fine hanno fatto Onu e Unicef? Tiziana Nulli