sabato 24 gennaio 2009

Gerusalemme

La lettera dell'ambasciatore israeliano a Petruccioli su "Anno Zero"di Gideon Meir Roma, 16 gennaio 2009

Gent.mo Presidente,Le scrivo in via eccezionale per esprimere il mio sconcerto e la mia protesta per la trasmissione televisiva "Annozero", andata in onda ieri sera, 15 gennaio, su Rai 2, e apparentemente dedicata alla situazione nella Striscia di Gaza.Devo premettere che io mi occupo di Mass Media da molti anni ormai, e che prima del mio incarico qui in Italia ho ricoperto per sei anni la carica di direttore generale per l'informazione e i Mass Media presso il ministero degli Esteri a Gerusalemme. Questo mi ha permesso, in tutti questi anni,di prendere parte a centinaia di trasmissioni e di vedere migliaia di programmi di attualità dedicati al conflitto arabo-israeliano. Devo dire che non ho mai visto sui Mass Media internazionali occidentali una trasmissione così poco accurata dal punto di vista professionale.Non soltanto nella trasmissione di ieri sera non vi è stato alcun tentativo di spiegare agli spettatori che cosa stia accadendo nella Striscia di Gaza, ma anzi, i pochi e isolati tentativi di qualche partecipante in tal senso sono stati messi a tacere dal conduttore senza esitazione, con la motivazione che si trattasse di argomentazioni troppo complesse per quella trasmissione e che ciò che si voleva fare lì era solo "occuparsi di ciò che sta accadendo a Gaza in questo momento".E che cosa sta accadendo in questo momento? Da spettatore attento ho compreso che secondo la opinione del conduttore ciò che sta succedendo è che Israele sta deliberatamente compiendo un eccidio di civili palestinesi. Ed era palese che secondo il conduttore lo stiamo facendo già da molti anni. Con una scelta selettiva e manipolatrice il conduttore ha mostrato parti del film israeliano contro la guerra "Valzer con Bashir", dalle quali ciò che si lasciava intendere è che anche in Libano l'intenzione era quella di uccidere, sempre senza alcuna apparente ragione, bambini palestinesi.Il titolo della trasmissione di ieri era "La guerra dei bambini", ma sciaguratamente il conduttore non ha ritenuto opportuno parlare, neanche per un attimo, delle centinaia di bambini israeliani trucidati negli attentati terroristici o dai lanci di missili di Hamas sulle città israeliane. Centinaia di bambini israeliani non meritano, a quanto pare, di essere menzionati.Inoltre la trasmissione ha assolutamente ignorato la tattica tanto esecrabile quanto dichiarata e deliberata di fare uso, da parte di Hamas, della popolazione civile come scudi umani, tattica che senza ombra di dubbio ha provocato perdite umane enormi tra la popolazione civile palestinese. E sarò lieto di fornirLe testimonianze scritte e visive di tutto ciò.Sono rimasto esterrefatto dalla scelta, compiuta dal conduttore, di ignorare totalmente anche tutti i bambini palestinesi uccisi dal fuoco di Hamas,per esempio, proprio un giorno prima dell'inizio dell'operazione militare, quando un missile lanciato da Hamas contro Israele è invece caduto su territorio palestinese, uccidendo due bimbe palestinesi a Beit Lahiya. E purtroppo quello non è stato il primo e unico caso di palestinesi uccisi dal fuoco di Hamas. Il conduttore è forse pronto a giurare che parte dei bambini uccisi in quest'ultimo conflitto non siano uccisi dal fuoco di Hamas, come quelle due povere bimbe.Il tentativo di presentare Israele come uno stato assetato di sangue, che intenzionalmente e deliberatamente uccide bambini palestinesi, a quanto pare per "punire Hamas", senza però fornire la minima spiegazione sulle guerre imposte a Israele negli ultimi 60 anni e sulle migliaia di attacchi terroristici palestinesi e sui lanci di 10.000 missili contro Israele, attacchi che in tutti questi anni sono sì invece stati deliberatamente mirati contro la popolazione civile e che sono costati la vita a migliaia di civili e di bambini, testimonia a mio umile parere non soltanto la mancanza di professionalità inappropriata e inadatta alla televisione pubblica italiana, ma anche la divulgazione di pregiudizi e preconcetti del peggior tipo sullo stato ebraico, mediante la deformazione della realtà e la manipolazione dei fatti, cosa inaccettabile, anche sotto le vesti di critica che sarebbe di per sé legittima alle azioni israeliane in difesa dei suoi cittadini.L'uso di un doppio standard, la demonizzazione dello Stato d'Israele e la conseguente delegittimazione delle azioni israeliane in difesa dei propri cittadini hanno fatto sì che la trasmissione in questione non rispettasse nessuno standard professionale.Siamo certi che Lei saprà adottare le necessarie misure per far sì che un simile spettacolo vergognoso non si ripeta più, e che possiate trovare la maniera adeguata per spiegare che si è trattato di una trasmissione che ha esulato da qualsiasi standard di etica giornalista basilare.Cordialmente,Gideon MeirAmbasciatore d'Israele in Italia

Gerusalemme
http://it.youtube.com/watch?v=7_OGhj43GAE Questo video, girato dai palestinesi, riprende uomini di Hamas che irrompono armati durante una festa di matrimonio perchè gli invitati cantano.

HAMAS TORTURA AFFILIATI DI FATAH A GAZA

Un ufficiale di Fatah a Ramallah ha raccontato al Jerusalem Post che almeno 100 dei suoi uomini sono stati uccisi o feriti, alcuni di loro brutalmente torturati, in seguito alla massiccia missione punitiva degli uomini appartenenti al braccio armato di Hamas, Izaddin Kassam e al Movimento Interno delle Forze di Sicurezza.Secondo l'ufficiale, almeno tre dei detenuti sono stati privati della vista durante gli interrogatori perché accusati di fornire informazioni militari ad Israele sulle posizioni di miliziani e ufficiali di Hamas. Negli ultimi giorni portavoci e leaders di Hamas hanno dichiarato che sono stati spiati i movimenti di affiliati di Hamas nella Striscia di Gaza e le informazioni passate a Israele. Due ufficiali di Hamas, Salah Bardaweel e Fawzi Barhoum, hanno accusato il Presidente dell'AP Mahmoud Abbas e le sue "spie" nella Striscia di Gaza di avvisare gli israeliani dei movimenti del ministro degli interni di Hamas Said Siam, ucciso la scorsa settimana nel corso di un'incursione aerea che ha colpito la casa del fratello nella città di Gaza. L'ufficiale di Fatah a Ramallah ha riferito che le accuse - a parte fossero infondate - avevano lo scopo di preparare il terreno per un attacco spietato nei confronti degli attivisti di Fatah nella Striscia di Gaza. "Avevano paura di affrontare l'esercito israeliano e molti miliziani di Hamas sono perfino fuggiti durante i combattimenti" - ha detto - " Adesso Hamas sta sfogando la propria rabbia e frustrazione contro i membri di Fatah".Testimoni oculari riferiscono che i miliziani di Hamas hanno trasformato alcuni ospedali e scuole in carceri temporanee dove dozzine di affiliati e sostenitori di Fatah vengono trattenuti con il sospetto di aiutare Israele durante la guerra. C'è di più, un ospedale pediatrico e un centro psichiatrico a Gaza City così come edifici scolastici a Khan Yunis e Rafah sono tra quei luoghi che Hamas ha trasformato in "centri di tortura". Un attivista di Fatah della città di Gaza ha denunciato che a 80 appartenenti alla sua fazione è stato sparato alle gambe o alle mani per aver violato gli arresti domiciliari imposti da Hamas.
"Quello che sta accadendo nella Striscia di Gaza è un nuovo massacro perpetrato da Hamas contro Fatah" - ha detto - "Dove erano i vigliacchi [Hamas] quando c'era l'esercito israeliano?"
L'attivista continua raccontando che le forze di sicurezza di Hamas confiscano cellulari e computer che appartengono a migliaia di affiliati e sostenitori Fatah .I parenti di Abed al-Gharabli, ex ufficiale della sicurezza di Fatah che ha passato 12 anni nelle carceri israeliane, riferiscono che è stato rapito da un gruppo di miliziani di Hamas, gambizzato e torturato brutalmente.E' stato inoltre riferito che Ziad Abu Hayeh, uno dei comandanti del braccio armato di Fatah, le Brigate dei Martiri Aksa, ha perso la vista dopo che guerriglieri di Hamas gli hanno rimosso gli occhi.
Gli uomini di Fatah raccontano che - tra l'altro - i miliziani di Hamas hanno rapito attivisti di Fatah mentre partecipavano ai funerali di persone uccise in guerra. In altri casi, gli attivisti venivano arrestati e gambizzati dopo che avevano fatto cenno di un sorriso in pubblico - gesto che Hamas interpreta espressione di gioia per l'offensiva militare israeliana. Un giornalista ha raccontato al Post che sabato sera tre fratelli della famiglia Subuh sono stati sequestrati dai miliziani di Hamas e portati a Khan Yunis nella moschea Abdel Aziz Rantisi e gambizzati.
In un recente incidente i guerriglieri di Hamas hanno ucciso con colpi d'arma da fuoco un ottantenne, Hisham Tawfik Najjar, dopo aver messo a soqquadro la casa e picchiato i suoi 4 figli - tutti attivisti di Fatah. Fahmi Za'areer, portavoce di Fatah in Cisgiordania, ha rivelato che almeno 16 attivisti di Fatah sono stati giustiziati da Hamas negli ultimi giorni. E ha severamente condannato la pressione su Fatah ammonendo di un bagno di sangue nella Striscia di Gaza.
Un volantino distribuito in varie parti della Striscia di Gaza dalle Brigate dei Martiri Aksa richiama Hamas a "rispettare il sangue dei martiri palestinesi" e interrompere la persecuzione degli affiliati di Fatah. Il volantino dice che Hamas ha piazzato centinaia di uomini di Fatah agli arresti domiciliari nelle ultime 48 ore avvertendo che chiunque non obbedisca agli ordini sarà ucciso. di KHALED ABU TOAMEH 19/01/09 (http://www.jpost.com/)

Presentata interrogazione su recenti atti antisemiti


NIRENSTEIN, CALDERISI, DELLA VEDOVA, PIANETTA, BERNINI BOVICELLI e BOCCHINO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che: dall'inizio delle operazioni israeliane nella Striscia di Gaza in risposta alla rottura unilaterale della tregua da parte di Hamas, si sono andati moltiplicando in Italia episodi di natura antisemita di intimidazione e violenza, nonché atti vandalici, a danno delle organizzazioni di amicizia italo-israeliana, degli organi di informazione, dei rappresentanti delle comunità ebraiche e di luoghi di culto ebraici; in particolare: 20 gennaio, Firenze: sono state imbrattate delle mura in cui una stella di Davide era equiparata a una svastica; 17 gennaio, Firenze: un ordigno esplosivo artigianale è depositato nei pressi della sinagoga di Firenze; 17 gennaio, Torino: alcuni individui incappucciati imbrattano nella notte l'entrata della casa della madre del vice presidente dell'Associazione Italia Israele di Torino, Emanuel Segre Amar, con la scritta: «sionista assassino», e lasciano circa trenta volantini intimidatori («sionisti non siete intoccabili»), con minacce alla sua incolumità personale; 13 gennaio, Pisa: ignoti imbrattano la facciata principale della sinagoga di Pisa, lanciando uova piene di vernice rossa; 13 gennaio, Roma: un volantino con insulti antisemiti ed esplicite minacce ai giornalisti è consegnato alle redazioni dell'agenzia di stampa Ansa e di altri organi di informazione. Il volantino, sul quale campeggia la foto di Adolf Hitler, riporta un testo farneticante che rivolge insulti razzisti e minacce anche contro alcuni ministri e rappresentanti della comunità ebraica; 12 gennaio, Roma: sono rinvenute scritte antisemite nei pressi di via Gaeta; 12 gennaio, Torino: una ricercatrice della Fondazione Camis de Fonseca (presso cui si svolgono gli eventi dell'Associazione di Amicizia Italia-Israele), mentre sta uscendo dalla sede è bersagliata da uova piene di vernice rossa, al volto e al corpo; 12 gennaio, Milano: si verificano incidenti tra manifestanti e polizia nel corso di una manifestazione pro-Palestina organizzata di fronte al Teatro Strehler, dove era in corso un evento dal titolo «Il diritto di Israele a esistere e difendersi», promosso dalla Comunità ebraica di Milano; 10 gennaio, Torino: tutta la facciata dello stabile che ospita la Fondazione Camis de Fonseca è riempita di vernice rossa lanciata con le uova, che colpiscono e imbrattano anche i carabinieri posti a difesa dinanzi all'edificio; manifestanti bruciano una bandiera israeliana; 10 gennaio, Roma: scritte antisemite e inneggianti a Hamas sono rinvenute in via Catania e corso Trieste, al monumento dei partigiani di Centocelle e sulle saracinesche di alcuni esercizi commerciali in piazza Bologna. Sono presi di mira anche il sindaco Alemanno e il presidente della Comunità ebraica di Roma Riccardo Pacifici, con striscioni a ponte Lanciani; 9 gennaio, Mestre: almeno cinque incappucciati compiono un blitz contro la sede della compagnia marittima israeliana «Zim Line». I cinque rompono la telecamera interna, rovesciano armadi e scaffali e imbrattano i muri di vernice rossa con le scritte «Israele boia» e «Palestina libera»; 8 gennaio, Roma: il sindacato autonomo del commercio Flaica-Uniti-Cub invita a boicottare i negozi degli ebrei; 5 gennaio, Roma: una svastica viene disegnata sul portone di ingresso della casa del presidente della Comunità ebraica di Roma Riccardo Pacifici; 3 gennaio, Torino: la sede della Fondazione Camis de Fonseca è imbrattata con vernice rossa; 3 gennaio, Milano: bandiere israeliane sono bruciate durante una manifestazione pro-Palestina; nelle ultime settimane vi è stato inoltre un enorme incremento di messaggi violenti ed offensivi alla mail del sito «Informazione Corretta», con volgari insulti antisemiti («finirete tutti nei forni») -: - se sia noto a quali esiti abbiano condotto le indagini sino ad oggi effettuate sui casi esposti in premessa; - quanti altri episodi della stessa natura - e di quale gravità - siano stati denunciati alle forze dell'ordine dall'inizio delle operazioni israeliane nella Striscia di Gaza; - se il Governo ritenga che si tratti di episodi ispirati a matrici politico-ideologiche estremiste e minoritarie, o invece siano da ricondurre a un più diffuso sentimento dell'opinione pubblica italiana; - quali iniziative il Governo abbia assunto e intenda ulteriormente assumere per contrastare e reprimere i ricorrenti episodi di propaganda e violenza antisemita, nonché per garantire la sicurezza a quanti, per queste ragioni, sono stati -, o rischiano di divenire - bersaglio di intimidazioni, minacce e aggressioni. Interrogazione a risposta orale 3-00328 presentata da FIAMMA NIRENSTEIN mercoledì 21 gennaio 2009, seduta n.118

venerdì 23 gennaio 2009


Vietato in Libano il cartoon israeliano "Valzer con Bashir"

Nel Paese vige boicottaggio prodotti israeliani
Beirut, 22 gen. (Apcom) - Il cartone animato israeliano sui massacri di Sabra e Shatila, "Valzer con Bashir", candidato oggi all'Oscar come miglior film straniero, non uscirà nelle sale libanesi a causa della politica di boicottaggio che vige sui prodotti israeliani. Lo ha reso noto il ministro dell'Informazione. Alla domanda se il film di Ari Folman, che l'11 gennaio ha ottenuto anche un Golden Globe come miglior film straniero, sarebbe uscito in Libano, il ministro Tarek Mitri ha detto alla stampa che "secondo la legge in vigore, è illegale importare o vedere film israeliani". "Dobbiamo abolire la censura per vedere dei film come questi", ha detto ancora. Il ministro, anche lui contrario alla censura, ha definito il divieto del film "assurdo poichè può essere scaricato via Internet". Il cartoon di Folman, ex soldato dell'esercito israeliano schierato in Libano, descrive la prima guerra in Libano in un documentario autobiografico. Distrutto dal ricordo dei massacri dei campi palestinesi di Sabra e Shatila perpetrati nel 1982 dalle falangi cristiane libanesi sotto gli occhi dei soldati israeliani, l'eroe, Ari, parte alla ricerca di un passato di cui non ricorda nulla. Il film è stato tuttavia visto in una proiezione privata dalla direttrice di una Ong libanese, Umama, che svolge delle attività centrare sulla memoria collettiva libanese e in particolare sulla guerra civile libanese. "Abbiamo invitato una trentina di amici sabato, ma dal momento che il film aveva ottenuto il Golden Globe, ci siamo ritrovati con 90 persone", ha spiegato all'Afp Monica Borgmann. "Ricevo molte telefonate di persone che vorrebbero vedere il film", ha sottolineato. "E' un peccato che film piuttosto critico verso Israele non passi in Libano, soprattuto perché tratta di un periodo cruciale della storia dei libanesi, dei palestinesi e degli israeliani".


LIZZIE DORON: C’ERA UNA VOLTA UNA FAMIGLIA

Trad. Shulim Vogelmann, Ed. Giuntina, Gennaio 2009 pp. 136
“….Mia madre non ha mai raccontato” aggiunsi. [Nili] cercò con lo sguardo il dottore…e gli sussurrò: ‘..abbiamo un caso di seconda generazione’ “
Quando, in occasione del Festival della Letteratura Israeliana (“Sotto la Stella di Davide”) svoltosi a Bologna nel luglio scorso, l’abbiamo incontrata, Lizzie Doron -scrittrice per caso, come lei stessa ha confessato- ci ha condotto per mano nel mondo emozionante e tragico del suo “Perché non sei venuta prima della guerra?” dove lei, voce narrante, racconta l’esperienza di sua madre Helena. Helena, cresciuta nel milieu austroungarico, lettrice di Heine, ha vissuto l’indicibile tragedia della “Shoah”, è sopravvissuta, è approdata in Israele. E’ giunta dal Paese “di là”, quello che non si nomina, al Paese “di qua”, quello della rinascita. Ma può rinascere chi è….sopravvissuto? Ella ci prova; vive l’esistenza quotidiana secondo regole tutte sue, al di fuori di condizionamenti esterni e senza scendere a patti con la comune realtà. Tutta la vita fa i conti con quel sentimento, contro il quale pure sua figlia confessa di aver combattuto (creandosi una propria identità, una biografia diversa, come lei afferma, a prescindere da quella materna), che è la “vergogna” di chi è uscito dall’inferno: la vergogna che, per ironia della vita, non colpisce i carnefici, bensì le vittime. Tuttavia è solo dopo la sua morte che la figlia, maturando e ripensando agli anni trascorsi insieme, loro due sole (il padre era morto prematuramente di TBC), ne comprende la grandezza, la capacità di averla, sia pure alla sua maniera, amata profondamente ed educata a valori forti e positivi. Helena non le ha mai parlato in modo diretto della Shoah, né della sua vita “prima”; e ciò ha creato in Lizzie uno iato doloroso, un vuoto che cerca di colmare attraverso la scrittura. Questa nuova testimonianza è un libretto, come il precedente, lungo poco più di 100 pagine, scritto in un linguaggio semplicissimo, familiare -immagino la gioia di Shulim Vogelmann il traduttore-, ma denso di significati, di presenze vive, di ironia e di tanto altro. Nell’autunno 1990, dopo la celebrazione del funerale della madre (“morta per la seconda volta”), Lizzie torna nella casa di lei, vuota da circa un anno. Ella onora la settimana di lutto secondo la tradizione ebraica (shivà) soggiornando in quel luogo tutto il tempo per scoprire e riordinare oggetti, fogli, lettere, libri alla ricerca di Helena, figura in qualche modo per lei ancora misteriosa, per consentire a coloro che l’avevano conosciuta ed amata di renderle omaggio e, nello stesso tempo, passo imprescindibile, di salutare lei, la figlia, per riannodare il legame tra le generazioni e far tornare di nuovo in vita un universo di persone che, giunte da lontano con un carico di sofferenze indicibili, erano riuscite a dar vita ad una nuova creazione, nel Paese che li aveva accolti, Israele. Entriamo nel mondo dell’infanzia e della prima giovinezza della scrittrice, che, per lei, è stato (ed è) famiglia e patria. “Un luogo così familiare e talmente estraneo…..nella fiacchezza si ricreò per una seconda volta un mondo antico scomparso”. Davanti ai nostri occhi si materializzano figure -in primo piano Sonia, la grassa, e Genia, la minuta, due specialiste della shivà, delle yentes, o impiccione, ma ricche di calore umano- che paiono uscite dai quadri di Chagall, intagliate nel sarcasmo e nella tragedia, che arricchiscono l’ebraico quotidiano con frasi ed espressioni in yiddish, la lingua della Shoah. E la Shoah è sempre presente, sbuca quando meno te lo aspetti, emerge nelle immagini di chi l’ha vissuta non in modo diretto, ma in una sorta di visione capovolta. “I bambini debbono andare a letto presto per crescere” afferma un personaggio, cercando di essere, alla sua maniera, divertente “e i genitori debbono andare a letto presto per dimenticare”. Ma sappiamo che dimenticare è impossibile. “Ossigeno! Aiuto, ossigeno!” grida Helena in ospedale; ma non è l’ossigeno per respirare che ella invoca nei suoi incubi. Le sofferenze patite fanno sì che i componenti della “famiglia”, che hanno per lo più in orrore i risarcimenti offerti dai tedeschi a Israele dopo la guerra, vadano elaborando nei confronti dei loro figli, la Seconda Generazione, un sentimento di protezione a volte perfino ossessivo. “Non lascerò mai che mio figlio muoia”: è un motivo che emerge spesso nel libro. Siamo riusciti a vincere su chi ci voleva sterminare tutti, questa è la riflessione, perché “qua” abbiamo messo al mondo i nostri figli, ma se questi muoiono, ecco che finiremo per perdere anche la guerra nel Paese “di là”. E’ riportato un testo, sotto forma di giustificazione scolastica per la mancata partecipazione della piccola Lizzie ad una gita di classe alla tomba dell’eroe sionista Yosef Trumpeldor, che giustamente Chaiele, coetanea della scrittrice, definisce il testamento di Melena; testo che bene esprime, al di là di alcune espressioni paradossali, il comune sentire del popolo di Israele nei confronti della guerra, e del rapporto di questa, la guerra, con la vita e la morte. Merita di essere letto con attenzione, soprattutto da parte di coloro che, da sempre, esprimono giudizi unilaterali nei confronti di tale Paese senza conoscerne affatto l’anima.
Amore per la Vita, fiducia nel Futuro, nonostante la tragedia: questo è il legame profondo, sia pur sofferto e spesso contraddittorio, tra Madre e Figlia. Come quando la prima compatisce come “poveracce senza futuro” due amiche, anch’esse “sopravvissute” proprio perché “…..non hanno una bambina come te”. E la seconda prova un’intensa emozione, a quelle parole. “Si chiama felicità, pensai allora quando avevo sei anni, e mi riempì di gioia”.
Mara Marantonio Bernardini, 22 gennaio 2008 http://www.personaedanno.it/

ANNA MITGUTSCH

La voce del deserto

di Anna Mitgutsch Giuntina Euro 15,00
Critica letteraria e scrittrice austriaca Anna Mitgutsch è l’autrice del bel romanzo che la casa editrice Giuntina pubblica nella nuova Collana Diaspora dal titolo “La voce del deserto”.
Dopo gli studi di anglistica e germanistica all’Università di Salisburgo ottiene incarichi di insegnamento in università sia austriache che straniere ma è solo dal 1985, anno in cui si impone agli occhi del pubblico e della critica con il romanzo “Tua madre era come te” – in Italia edito da Feltrinelli – che si dedica esclusivamente all’attività letteraria. Si converte all’ebraismo dopo il matrimonio con un uomo di fede ebraica.Filo conduttore del romanzo di Anna Mitgutsch è la ricerca delle proprie radici, la riscoperta dell’identità ebraica, un sottile legame mai estinto che porterà Dvora, voce narrante del romanzo, a tornare periodicamente in Israele. L’infanzia di Dvora (il cui nome sul passaporto è Hildegard) trascorre accanto a una madre fredda ed “estranea” che non accetta la parte ebraica di sé e a un padre che seppur non appartenente al partito nazista combatte nelle fila della Werhmacht.E’ dunque la nonna Rivka la figura determinante nella vita della piccola Dvrora, quella nonna che pur avendo vissuto come cristiana non rinnega le proprie radici e in punto di morte chiede che le venga recitato il kaddish.
“…Quando rievoco i primi, fuggevoli ricordi di sicurezza affettiva li identifico con il suo viso….con le sue mani morbide, a lungo risparmiate dall’età…se la nonna Beatrice-Rivka non fosse stata la persona più importante della mia infanzia, forse oggi sarei in tutt’altro luogo..”
In Israele Dvora arriva anche per cercare la zia Martha, cugina della nonna, scomparsa durante le persecuzioni naziste lasciando nel cuore dei suoi familiari la speranza che fosse riuscita a salvarsi e a emigrare in Palestina.E’ da Channa, amica della nonna Rivka, che Dvora si reca nella speranza di trovare una traccia che possa condurla a Martha, una zia mai conosciuta alla quale assomiglia in modo particolare.Channa che si definisce “sionista” è ormai una donna anziana, dolce e generosa; sfuggita all’orrore dei campi di sterminio, vive ora a Gerusalemme nel quartiere di Kiryat Yovel e con una sensibilità fuori dal comune ascolta i turbamenti che agitano l’animo di Dvora, offrendole consigli che nascono dall’esperienza e condividendo ricordi dolorosi della sua gioventù; da queste memorie a lungo taciute emerge con forza sia l’indicibile sofferenza per la perdita dei genitori, sia l’amara consapevolezza che nessuna pace sarà mai possibile con gli arabi.In questo percorso di ricerca, irrequieto e conflittuale al contempo, Dvora incontra una galleria di personaggi simpatici, generosi, affascinanti, misteriosi e intriganti. Ad alcuni si legherà con un rapporto sentimentale, come a Gilbert incontrato nel suo primo viaggio in Israele e con il quale ha vissuto per qualche tempo nel kibbutz di Ashkelon, oppure ad Alwin, un amico d’infanzia che sposerà ma dal quale si separerà dopo solo un anno di convivenza non appena arrivati in Israele, sconcertata dalle sue tesi antisemite ed infine a Sivan, giovane inquietante, a volte galante a volte aggressivo, che spacciandosi per armeno coinvolge Dvora in una rete di progetti spionistici, le cui trame si riveleranno al lettore solo al termine del romanzo.
Intensi sono i rapporti di amicizia che la giovane donna instaura con Nurit di origini iraniane in procinto di partire per l’India, con Eli, un tempo studente di medicina dal carattere franco e onesto, che ora vive con la moglie e i figli a Gerusalemme est e con la franchezza che lo caratterizza esprime il suo giudizio impietoso sugli arabi: “…ci sono cresciuto assieme, non li odio, ma di loro non ci si può fidare…”
Un tema che pervade tutta la narrazione è una sorta di sfiducia, di inquietudine e diffidenza che, sempre latente nella quotidianità fra arabi ed ebrei, può esplodere per una frase, un gesto male interpretato compromettendo inesorabilmente i già difficili rapporti fra i due popoli. I personaggi mirabilmente tratteggiati e la trama delineata con maestria e arricchita dalla suspense di una spy story hanno una cornice d’eccezione, Gerusalemme, città dai mille volti e dalle mille identità che appare agli occhi del lettore nel fascino degli “stretti vicoli senza finestre”, nelle case di pietra bianca, nelle “acacie e cespugli di ginestra che bordano la strada”.Gerusalemme è anche il luogo dove “tutti agganciano le loro speranze inespresse…e solo davanti al suo panorama le loro storie e i loro piccoli passati iniziano a risplendere e ad acquistare un senso”.Il ruolo dell’artista – scrive Tolstoj – è trasmettere al lettore un’esperienza umana, una sensazione, un sentimento, in modo che il lettore possa riconoscerlo come proprio.Un compito che l’autrice di “La voce del deserto” è riuscita a realizzare in modo perfetto, regalandoci una storia a tratti provocatoria ma narrata con misurata, discreta, spesso poetica dolcezza. Giorgia Greco

giovedì 22 gennaio 2009

Tel Aviv

Ciao Chicca, nessuno dovrebbe rinunciare alla splendida opportunità di un viaggio in Israele perchè:1. in Israele la vita "normale" continua comunque e sempre, anche in stato di guerra, perchè questo popolo ha imparato sua malgrado a convivere con le più dure prove dell'esistenza, oserei dire senza mai farle pesare agli altri;2. nei viaggi da te organizzati io non mi sono mai sentita la classica turista da "villaggio", più o meno indifferente a tutto e a tutti pur di far vacanza, anzi! Se c'è un modo di condividere più profondamente la bellezza di questa terra e la forza straordinaria di questo popolo è proprio con gli amici italiani di Israele.Con voi ho imparato ad amare ancora più profondamente questo popolo e ogni volta che torno a casa, mi sento più forte nel difenderlo agli occhi di tutti.E questo non penso proprio che spiaccia ai nostri amici d'Israele!Un abbraccio Cinzia

Tel Aviv - parco sul fiume Yarkon

IL VIAGGIO
Erano più di vent’anni che non partecipavo a un viaggio organizzato, ed ero un po’ intimorita da tutta quella serie di cose che sono intrinseche a un viaggio di questo genere e alle quali non ero più abituata: orari prestabiliti, levatacce mattutine, programmi intensissimi ai quali non ero sicura di poter reggere e, non ultime, le condizioni non ancora perfette delle mie zampe. Invece è andato tutto bene. Ho avuto momenti di emozione e commozione intensissime. La registrazione della proclamazione dello stato di Israele da parte di Ben Gurion, che infinite volte avevo già sentito – e ogni volta mi aveva scossa fino al midollo – ma risentirla là dove era stata pronunciata, il trovarmi là dove la Storia era avvenuta, è stato qualcosa di sostanzialmente diverso.E Yad Vashem. Non ce l’avevo fatta, l’altra volta, ad entrarci, e anche questa volta temevo di non riuscirci; poi ho provato, sono andata avanti, ad ogni passo mi dicevo basta, non ce la faccio, adesso torno indietro, poi facevo ancora un passo, e ancora uno, alla fine sono riuscita a farlo tutto. Anche il padiglione dei bambini. Sono contenta di averlo fatto, ma è stata una sofferenza davvero indicibile. E sempre, dietro al pensiero di ciò che stavo vedendo e vivendo, dietro alle impressioni ed emozioni del momento, una sorta di retropensiero: vengono qua, si commuovono da matti per gli ebrei morti, ma ogni volta che gli ebrei vivi si difendono per restare vivi cominciano a latrare come cani rabbiosi, ogni volta che gli ebrei vivi tengono fede al “mai più come pecore al macello” si indignano come vergini violate. E il tunnel, quello che corre all’esterno del muro occidentale, detto muro del pianto e che i palestinesi hanno propagandato come “il tunnel che passa sotto le moschee e rischia di far crollare tutta la spianata” - propaganda prontamente raccolta dai generosi amanti della pace nostrani. Risultato di questa menzogna: almeno un centinaio di morti israeliani, travolti dalla “rabbia popolare” dei poveri palestinesi, indignati per l’affronto. Lungo il tunnel, di tanto in tanto, alcune nicchie, dove alcune donne si recano a pregare nel luogo più vicino a quello del Tempio originario; così profondamente immerse nella loro preghiera che probabilmente neppure si accorgono delle centinaia di visitatori che passano a pochi centimetri da loro. E le due notti passate nel kibbuz di Kfar Giladi, al confine con il Libano, chiedendoci se i missili avrebbero cominciato a piovere subito o avrebbero cortesemente aspettato la nostra partenza. Hanno aspettato, ma va detto che quasi nessuno di noi era davvero preoccupato. Lì abbiamo anche incontrato un colonnello che ci ha informati sulla situazione. Ha spiegato che questa operazione è stata preparata durante molto tempo, studiando accuratamente la guerra del Libano di due anni e mezzo fa, analizzandone dettagliatamente tutti gli errori. Uno degli errori è stato quello di condurre l’operazione quasi esclusivamente con azioni condotte dall’aria, e questo errore, ha detto, non sarebbe stato ripetuto. Quando è stato dato spazio alle domande ho chiesto se oltre che della lezione del Libano sull’errore del condurre solo azioni dall’aria, è stato tenuto conto anche della lezione di Jenin sui rischi, per i nostri soldati, connessi alle operazioni di terra. Ha risposto: «Un esercito che, trovandosi nella situazione in cui noi ci troviamo, non è disposto a mettere in gioco la vita dei suoi soldati, non merita di vincere»: una risposta davvero degna di un soldato israeliano. E la meravigliosa Angela – un’autentica forza della natura - che ci ha guidati, infaticabile e indistruttibile, per tutto il viaggio, con la sua competenza, con la sua dedizione, con la sua passione.E poi ancora visi e paesaggi e incontri e racconti e storie ed emozioni ed esperienze e le discese ardite e le risalite su nel cielo aperto e poi giù il deserto e poi sì, è andata a finire ci siamo anche persi, nel deserto. Ma questa è un’altra storia – e comunque il record dei quarant’anni non lo abbiamo battuto. Barbara

mercoledì 21 gennaio 2009

Tel Aviv

Cara Chicca, sono una delle partecipanti al viaggio, da te organizzato, in Israele dello scorso dicembre.Ecco le mie impressioni: Ci siamo trovati immersi nella storia; per tutti è stato coinvolgente. Per tutti ha funzionato da molla per capire meglio e di più. Angela Polacco, la nostra guida, ha risposto alle nostre domande. Eravamo al sicuro con lei perché Angela sa cosa si deve fare e ciò che non si deve fare; sa dove bisogna e dove non bisogna essere.Essere nelle cose non è mai come vederle da lontano col cannocchiale. Da lontano si vede in modo deformato. La realtà è sì complessa ma viverla è tutto sommato semplice. Lo facciamo tutti i giorni: momento dopo momento, scelta dopo scelta. Non si è mai immersi in una situazione generalizzabile: guerra ovunque, mafia ovunque, stupri ovunque, .... E' un po' come dire che i calabresi di Calabria sono tutti mafiosi, non andare a Napoli perché il giorno prima c'è stata una sparatoria, non permettere ai figli di andare in discoteca perché sono tutti drogati o perché poi ci saranno incidenti al ritorno. Esistono luoghi sicuri e non sicuri in tutto il mondo, Emilia compresa, regione da dove io ti scrivo.Inoltre: dare ascolto alla paura vuol dire incrementarla e il futuro nostro e dei nostri figli non può essere fatto di paura.Dare ascolto alla paura vuol dire fare il gioco di chi vuole questo. La paura è una delle nostre emozioni e sulle emozioni ben "guidate o gestite" da parte di pochi si è purtroppo scritta tanta storia nel nostro recente passato.Infine, ed è ciò che sottolineo: io non sono partita da turista e non parto mai da turista, ma da viaggiatore. Il viaggiatore ha bisogno di un tempo lungo: prima del viaggio e sopratutto dopo il viaggio. Il turista, invece, sceglie le cose e non gli uomini; preferisce paesaggi, monumenti e rovine. Il turista è un visitatore frettoloso perché la visita fa parte delle vacanze e non della sua vita identitaria, morale, di crescita; egli privilegia le cose inanimate alle animate: senza incontri, tutto è più riposante. E' meno pericoloso osservare cammelli che uomini!!NOI, invece, abbiamo incontrato uomini e parlato con persone, incontrato luoghi e abitanti con le loro storie. Abbiamo fatto domande, ci hanno risposto e ci siamo messi in gioco. Abbiamo cercato di capire e ora a casa continuiamo a srotolare questa intrigata matassa. La conoscenza dei costumi umani, diceva Chateaubriand, richiede tempo.Per me questo viaggio NON E' STATA UNA VACANZA. Tornerò e ritornerò in Israele: come VIAGGIATORE . Tante belle cose con amicizia Gabriella B.

Tel Aviv

Cara Chicca,ho partecipato al viaggio in Israele di dicembre, fatto proprio nel momento piu' cruciale e critico dell'inizio della guerra (siamo partiti il 28 dicembre per tornare il 6 gennaio). Vorrei riportare le mie impressioni.Io ero gia' stata lo scorso anno nel mese di febbraio, e quanto ho visto , non solo dal punto di vista strettamente naturalistico e storico, ma anche i rapporti intrecciati , mi hanno spinto a partecipare a quello di dicembre. Siamo partiti nel momento piu' difficile della guerra,ed abbiamo seguito passo passo tutti gli eventi, grazie alle puntuali informazioni che Angela, la nostra guida,nostro punto fermo da tutti i punti di vista, organizzativo, emozionale e ch piu' ne ha piu' ne metta.., ci dava quotidianamente dato il suo osservatorio privilegiato di cittadina israeliana. Quindi il primo punto di forza di questo viaggio è che non abbiamo fatto i "turisti" nel senso letterale della parola: certo, abbiamo visitato posti splendidi e ricchi di emozioni e di storia, , ma anzi rispetto a chi vive lontano da quei luoghi così belli e martoriati , abbiamo potuto raccogliere le idee direttamente parlando con chi vive quella quotidianità e soffre per questa terribile ed ingiusta guerra che tante lacrime fa versare ad innocenti, di quì e di là dal muro e dai confini.Anche l'opportunità di poter condividere i propri sentimenti , le proprie ansie, anche le proprie perplessità con le famiglie della comunità ebraica italiana di Gerusalemme che così generosamente ci ha ospitato la sera di shabbat è stata un'opportunità che non a tutti è concessa.Così durante queste giornate abbiamo messo insieme gioie, emozioni, dolori, tristezze e scambi di opinioni, ma soprattutto abbiamo condiviso con chi vive quella realtà gli stessi sentimenti, ( per quanto possibile) la stessa fatica .Inoltre posso garantire che direttamente non abbiamo vissuto nessun problema ( nonostante che il 31 dicembre eravamo a 3 km dal Libano!). IO sono contenta di non aver avuto la tentazione di rinunciare, perche' grazie a quanto ho visto, sentito, discusso , ( anche a quanto non ho condiviso, visto che non sempre ho concordato con le posizioni espresse...), ho potuto direttamente, senza mediazioni mediatiche a senso unico ( in entrambi i sensi), riflettere ed avere spunti , una volta tornata a casa, di approfondimenti personali che mi sono costati fatica e confronti molto intimi con me stessa e con chi non ha avuto questa opportunità. Insomma , alla luce anche di questo viaggio, proprio perchè fatto in un momento così difficile, non riesco piu' a tollerare le prese di posizione antitetiche: il giusto, lo sbagliato, il vero ed il falso, le ragioni ed i torti mi si sono rivelati mescolati ed impastati insieme dal sangue e dalle lacrime di chi ama i popoli che soffrono, a qualunque colore e religione e nazionalità appartengano. Sinceramente Silvana Caronna

Tel Aviv

Carissima Chicca,il nostro gruppo si è trovato a viaggiare nel bel mezzo della crisi.Tutti noi eravamo tristi e non certo con l'aria di turisti vacanzieri.Solo grazie ad Angela alla sua assistenza ed alle sue rassicurazioni, abbiamo potuto conoscere queste famiglie che vivono da anni in situazione precaria.Con la nostra presenza abbiamo contribuito a portare un sostegno.Spero molto nella pace, ma penso anche che il miglior aiuto per la pace sia il rispetto, l'onore verso la patria, l'educazione e l'applicazione delle regole.Trovo che queste caratteristiche siano le fondamenta per costruire una vera società e noi le abbiamo trovate andando a conoscere un popolo meraviglioso come quello ebreo.Portando loro la nostra presenza riusciamo nel nostro piccolo ad aiutarli sostenendoli con la nostra amicizia :così si chiama la tua associazione "Amici di Israele".Il viaggio in Isreale è un viaggio nella cultura,nel passato e nel presente di un popolo che ha sofferto e soffre,ma che per fortuna non vuole morire. Tanti cari saluti Mara e Fabio

Yaffo - al ristorante

Cara Chicca,
vorrei sinteticamente farti presente alcune impressioni del viaggio di dicembre 2008.Prima di tutto è stato tranquillissimo, non è accaduto nulla pur trovandoci nel mezzo di eventi bellici; inoltre aggiungo che tutte le persone con cui siamo stati in contatto (dal portiere dell'albergo, al cameriere, all'addetto delle biglietterie dei musei, al ristorante, etc...) non hanno mai mostrato nervosismo o apprensione, anzi l'unica rimostranza era dovuta al calo del numero dei turisti, questo era ancor più evidente a occhio "nudo"a Gerusalemme e soprattutto nei quartieri attorno alla Chiesa del Sepolcro. L'unica annotazione riguarda le misure di sicurezza aumentate a Gerusalemme (in termini di vigilanza) ma nel resto del paese non vi era nulla di diverso dall'anno scorso.Il programma delle località visitate è stato molto interessante e variegato (bel tempo permettendo per quanto riguarda alcuni luoghi all'aperto); non ho da segnalare alcun disguido organizzativo.Ritengo di poter dare un giudizio più che positivo dell'esperienza. A presto, saluti Silvio Brienza e Carla Crippa
p.s.: per chi a Gerusalemme volesse andare in un buon ristorante italiano con un simpatico proprietario (Jonathan) segnalo La Mela e la Pera, nella piazza del Municipio.

lunedì 19 gennaio 2009

Tel Aviv

Comunicato Stampa: nasce Sardos pro Israele Cagliari 16 Gennaio 2009

Da qualche giorno su Facebook, il fenomeno mediatico che va conquistando tantissimi italiani, è presente un nuovo gruppo. Si tratta di Sardos Pro Israele, gruppo che fin dal nome (i sardi per Israele) chiama i tanti sardi amici dello Stato Ebraico ad una riflessione su quanto va accadendo in Medio Oriente. Ma lo scopo del gruppo, un'associazione libera, indipendente, sarda, viene meglio definito nella descrizione di Sardos Pro Israele (così si chiama su FB lo scopo che ogni gruppo mette in evidenza sulla propria home page) scritto di pugno dal fondatore di SpI, Mario Carboni: Israele gherrat contra Hamas che cheret destruere s'Istadu de Israele e est peus de sos nazistas. Hamas no cheret s'Istadu palestinese , ma ghettare a mare sos ebreos. Sos palestinese sun sequestrados dae hamas e dae sos funtamentalistas e terroristas islamicos. Ebbia un istadu palestinesu laicu e democraticu podet cunbivere cun Israele riconoschende su dirittu soi a s'esistenzie e a sa paghe. (Israele combatte contro Hamas che vuole distruggere lo Stato d'Israele ed è peggio dei nazisti. Hamas non vuole uno Stato palestinese ma vuole buttare in mare gli ebrei. I palestinesi sono sequestrati da Hamas e dai fondamentalisti e terroristi islamici. Solo uno stato palestinese laico e democratico può convivere con Israele riconoscendone il diritto a l'esistenza a alla pace.)
Oltre a Mario Carboni, fanno parte del comitato organizzativo Tore Pirino, e Alessandro Matta. Ma in pochi giorni, si sono iscritti a Sardos Pro Israele decine e decine di sardi e di sarde. E non sono mancate le adesioni amichevoli di cittadini che vivono ben oltre i confini della nostra Isola.
Così che a tutt'oggi (16 gennaio) si sono iscritti a SpI oltre 177 amici. Insomma, l'iniziativa di pochi amici, si va tramutando in un autentico successo. A Sardos Pro Israele ci si può iscrivere in due modi: su Face Book, cliccando sulla pagina dedicata. Oppure inviando una mail con la propria adesione a sardosproisraele@gmail.com Responsabile del Gruppo: Mario Carboni sardosproisraele@gmail.com Ufficio Stampa: Tore Pirino (torepirino@ymail.com)

Tel Aviv - artisti di strada


Da un'amica di Rehovot (Israele):

E' iniziata in Israele una catena umanitaria per mandare aiuti alla popolazione palestinese.
Nei centri di raccolta di SDEROT e dintorni i cittadini di Israele, anche quelli colpiti dai missili, tra essi c'e' una donna che ha avuto il fratello morto e molti rimasti senza casa, portano coperte, latte in polvere per i bambini e vari generi alimentari a lunga conservazione, poi l'IDF li porta al di la' del confine e li distribuisce alla gente.Oggi l'IDF ha avvisato di non portare piu' giocattoli e vestiti perche' ne sono pieni.

Akko - mercato

Lettera del viaggio di dicembre 2008

Carissima Chicca, shalom!!…………………..Comunque tutto è stato ripagato abbondantemente dal viaggio fattoRingrazio ancora il D-o che mi ha riservato un posto in questo viaggio!!Sono già fermamente convinta di ripeterlo il prossimo anno, sempre durante le vacanze natalizie, unico mio periodo possibile.Il viaggio mi ha chiarito tante cose, ma mi ha aperto tante finestre che ora devo approfondire e che dovranno trovare nel prossimo viaggio altre risposteNe sto parlando abbondantemente con i miei colleghi e probabilmente alcuni di loro porterò con me. Anche con i miei studenti di IV e V il lavoro è cominciato. Chissà se potrò mai portarne alcuni con me. Sarà un lavoro molto lungo, soprattutto nei confronti delle famiglie, sempre molto iperprotettive... Molto più facile per i mie figli. Comunque vedremo. Il tempo giocherà senz'altro in mio favore. Sono positiva e vivo positivamente!La nostra guida, ma più una tutor, è stata eccezionale. Angela è indispensabile anche per il prossimo viaggio.La sua carica positiva, la sua disponibilità, le sue conoscenze, il suo mettersi in gioco sempre, sono state per me (ma penso per tutti) la carta vincente -travolgente- del viaggio. Sono sicura che tutti avremmo continuato, anche se gli avvenimenti politici fossero peggiorati.Abbiamo dato a lei i nostri suggerimenti ma qualunque sarà il taglio del prossimo viaggio andrà bene.Con Silvana, Laura e Daria, riorganizzeremo gli appunti presi e le registrazioni e ne faremo una piccola pubblicazione con allegato dvd di foto di tutti. Angela ci correggerà. Ne abbiamo già parlato a tutti prima della partenza. Sarà un modo per rivederci, indicativamente prima dell'estate. Ti terremo aggiornata grazie ancora Gabriella


La Rassegna Mensile di Israel LXXIII - 2 (La Giuntina ed.)

Rivista letta e conosciuta in Europa, Israele e Stati Uniti, "La Rassegna Mensile di Israel" è divenuta da tempo uno strumento indispensabile allo studioso della storia, del pensiero, della letteratura degli ebrei in Italia. "La Rassegna Mensile di Israel" nasce nel 1925 e da allora, salvo per una interruzione dal 1939 al 1948 causata dalle leggi raziali prima, dagli eventi bellici poi, ha continuato la sua pubblicazione con lo scopo di rendere accessibili ai suoi lettori le problematiche religiose, politiche, sociali e storico-culturali dell'ebraismo, dando loro modo di conoscere anche i risultati delle nuove ricerche in ambito archeologico, letterario, artistico e scientifico. Diretta a lungo da Dante Lattes (che fu anche uno dei suoi fondatori), negli oltre settanta volumi sinora pubblicati ha raccolto articoli di personalità eminenti, sia italiane che straniere. Questo numero monografico esce nel settantesimo del varo della legislazione antiebraica da parte del regime fascista nel 1938.Contiente alcuni studi di inquadramento e contestualizzazione, alcuni dei queli dedicati agli ebrei italiani, alla loro vita prima della discriminazione e alle loro reazioni immediate. A queste rimanda la stessa copertina. Altri contributi concernono gli eventi maggiormente rilevanti di quell'anno di persecuzione, e mettono volta per volta in rilievo le caratteristiche del singolo provvedimento, la sua attenta preparazione, i suoi effetti, la sua specifica collocazione all'interno di tutte le misure prese nella loro globalità. Particolare rilievo viene ad assumere in questo contesto il "calendario" delle misure discriminatorie varate in quell'anno.Ciascuno studio ha una propria autonoma caratterizzazione. Nel suo insieme, il fascicolo innova i risultati della recente storiografia, presenta novità documentarie, consente l'affinamento di ipotesi interpretative e di ulteriori percorsi di ricerca.
Gli autori sono tra i maggiori specialisti degli ambiti indagati. Il volume contiene saggi di Michele Sarfatti, Enzo Collotti, Tullia Catalan, Giorgio Fabre, Giorgio Israel, Francesca Cavarocchi, Annalisa Capristo, Alessandra Minerbi, Ilaria Pavan, Marco Mondini, Valerio Di Porto, Bruno Di Porto. http://www.giuntina.it/

domenica 18 gennaio 2009

tel Aviv - Ramat Gan

Lettera da Israele

Cara amica, Sì, siamo molto preoccupati, sebbene qui, come in tutto il centro-nord, si viva come se fossimo in pace.Data la sincerità della nostra antica amicizia, mi permetto di andare giù "duro" e butto là qualche dato e riflessione. 1. la guerra non l'ha voluta Israele, ma Hamas; 2. Israele si è ritirato unilateralmente da Gaza nel 2005, quindi: a. non può essere responsabile di quel che lì è avvenuto fino a adesso;b. se i gazani avessero voluto, avrebbero potuto darsi un'autonomia e, perché no?, anche un piccolo inizio di Stato;c. invece ci sono state elezioni, in cui hanno votato grande maggioranza per Hamas;3. Hamas è ritenuto da tutto il mondo occidentale, inclusa UE e Italia, un movimento terroristico; 4. dal 2000 sono piovuti sulle cittadine israeliane decine di migliaia di missili; 5. da ultimo i missili cadevano su un raggio di 40 km, inclusa Beer Sheva, costringendo più di 1 milione di abitanti di questo piccolo Paese (7 mil.) a vivere nei rifugi, causando morti, feriti e danni materiali, oltre ai disagi nell'andare a scuola, al lavoro, ecc.; forse che il sangue dei bambini palestinesi è più rosso di quello dei bambini israeliani? 6. era stata stipulata una tregua, che peraltro Hamas non ha mai rispettato de facto; la tregua scadeva in dicembre; Hamas ha dichiarato di non volerla rinnovare; 7. cosa credi che fareste voi, se per 8 anni Milano, Torino, Trieste, Firenze venissero ogni giorno bombardate da centinaia di missili (fatta 1 a 10 la proporzione tra i 2 Stati)? 8. anche nel diritto internazionale è sancito il diritto di difesa; 9. è ben noto che Hamas si fa scudo dei civili, questo sì vietato dalla convenzione di Ginevra; 10. l'esercito israeliano invece fa ogni sforzo per evitare obiettivi civili (anche questo secondo la convenzione di Ginevra: se avessi tempo, ti spiegherei che cosa significa "proporzione" in guerra); anche il fatto che il numero dei civili palestinesi caduti sia finora meno di 1/4 rispetto ai terroristi di Hamas ne costituisce prova; 11. non c'è nessuna crisi umanitaria a Gaza: tutti i gg Israele fa transitare centinaia di camion di aiuti umanitari; per non parlare del fatto che continua a fornire elettricità, acqua e combustibile (pur sapendo che con ciò fornisce ossigeno al nemico); se non ricevi documentari in proposito, dimmelo: te li manderò: si trova tutto in rete; certo, bisogna volere e sapere informarsi, non è facile, inondati come siete/siamo da media perlopiù orientati, politicamente o ideologicamente, e spesso poco oggettivi (eufemismo mio); 12. p. es. non ho visto in risalto la notizia che, il giorno stesso dell'inizio della guerra, Hamas ha proclamato la legge della Sharìa a Gaza: immagino tu sappia di che cosa si tratti; 13. questa guerra non è contro i palestinesi, ma contro i terroristi di Hamas; 14. hai letto la carta di Hamas? se non l'hai fatto, dovresti: è molto istruttiva; tra l'altro non solo non riconosce nemmeno il diritto all'esistenza dello Stato di Israele, ma dichiara di volerci buttare a mare (come proclamavano i leaders degli Stati arabi nel '48, Nasser nel '67, ecc.); tu hai qualche proposta di mediazione da fare? Va detto che anche la carta fondamentale dell'OLP, tuttora non emendata, come avrebbe dovuto in séguito al processo di Oslo, contiene articoli dello stesso contenuto, nonostante vi siano state elezioni anche su questo; ora Al-Fatah (i cui membri sono stati fatti a pezzi da Hamas, nell'ipocrita indifferenza del mondo) passa pe essere moderato; tu che ne dici: saresti disposta a trattare con chi non riconosce il tuo diritto all'esistenza e si pone come obiettivo la tua eliminazione? 15. lo sai che quasi tutti gli Stati islamici presenti all'ONU non hanno ratificato la Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomoé lo sai perché? ti posso mandare il confronto tra il testo e quello che loro chiedono in alternativa (leggi: una Dichiarazione islamica dei diritti dell'Uomo); 16. c'era un tempo, fino all'inizio della 1a intifada fine anni '80, in cui palestinesi e israeliani convivevano pacificamente a Gaza, andavano al mercato, al caffè, lavoravano insieme, ecc.; conosaco delle persone che hanno vissuto questa esperienza, che non si vuole appartenga alla storia. 17. sono sicuro che tu non credi che gli israeliani odino i palestinesi, né che Zahal (l’esercito) sia composto da criminali assetati del sangue di donne e bambini. 18. certo che, spero converrai, leggere le parole del Cardinal Martino, che definisce Gaza un grande campo di concentramento, fa un po' impressione, no? anche perché, come sempre, non lo si è avuto il piacere di sentirlo, quando le vittime erano ebrei o israeliani; parole che ricordano: ora gli ebrei fanno agli arabi peggio di quel che i nazisti facevano a loro; nei lager si veniva nullificati nei forni e nei ghetti si moriva di fame e di stenti; a Gaza non è certo un hotel a 5 stelle, ma non si muore di fame; 19. se i palestinesi avessero fatto un uso normale delle masse di aiuti da tutto il mondo nei decenni, miliardi di usd e euri, invece di armarsi per annientare l'entità sionista, costruire bunker, tunnel per il traffico di armi e droga dal confine di Raf'ah (che è egiziano), costruendo ospedali, scuole, infrastrutture, porto e aeroporto (sì, c'era un porto a Gaza, prima del 2000, e c'erano alberghi per i turisti sulle sue splendide spiagge!), forse oggi non dovrebbero essere curati negli ospedali israeliani, già oberati dai feriti israeliani; 20. se Gaza è chiusa lungo il confine con Israele, è solo a causa del terrorismo e dei continui tentativi di infiltrazione: come la barriera difensiva (che per inciso non è un muro, bensì una griglia controllata elettronicamente con sterrto di perlustrazione; solo circa 15 km che attraversano centri urbani sono muro di cemento, su una lunghezza di circa 500 km), barriera che gli israeliani non hanno voluto, ma che ha azzerato i terroristi kamikaze che facevano saltare gli autobus e i mercati durante la 2a intifada detta El Aksa; un tempo non c'erano tutte queste restrizioni; 21. il confine di Gaza a Rafìah non è con Israele, ma con l'Egitto: a me sembra un po' doppiopesistico appioppare tutta questa presupposta volontà di isolare Gaza solo agli israeliani; e gli egiziani no? 22. lo sai che agli israeliani è vietato andare a Betlemme (tra l'altro per me, che faccio la guida turistica, è una penalizzazione non da poco? Però tutti i palestinesi, superati i posti di blocco, possono circolare liberamente per il Paese, lavorare, studiare all'università, curarsi negli ospedali israeliani, ecc. ecc. ecc.; quelli muniti di carta d'identità israeliana ricevono tutti i benefici economici, assistenziali e simili come gli israeliani; può capitare che fermi un taxi (che non è riconoscibile se arabo o israeliano) e il tassista arabo ti porta dove vuoi, però, se è ebreo, può darsi che non ti voglia portare in zone a rischio di prendersi delle sassate: tu che ne dici? ti sembra normale? è giusto? ma fa parte del fardello pesantissimo di cui gli israeliani sono abituati a farsi carico, nella speranza infinita di compromesso per arrivare a una pace.
Cara amica, se sono stato eccessivo, mi scuso. Per me è importante che il nostro rapporto rimanga onesto e integro.
Ciò detto, permettimi di accennare alle emozioni e ai nostri timori in maniera separata, e lo farò molto brevemente: nostro genero , padre di due bambine piccole, è stato richiamato sabato sera e anche nostro figlio (che non vuole che si sappia), è stato richiamato, neanche 2 mesi dopo aver fatto 3 anni di servizio militare. Sta' bene. Scialòm! Davide


Max Brenner - una delizia israeliana

A La7 TV:

Tante chiacchiere, ripetute alla noia.
Sono pochi i giornalisti che presentano i fatti e abbandonano un approccio a senso unico quando affrontano la questione del Medio Oriente.D'altra parte, con esclusione di Giordania ed Egitto con cui Israele ha siglato successivamente un trattato di pace, la ris. Onu n. 181 del '47, che sancisce la fondazione dello stato d'Israele, non viene riconosciuta nel mondo arabo e islamico.Il terrorismo è il braccio armato di quella politica, le cui esternazioni non sono mistero per nessuno.
Su Hamas c'è o molto o poco da dire. Dipende dalle informazioni e conoscenza che se ne hanno.
Riconosciuta come organizzazione terroristica anche dall'UE, finanziata sappiamo da chi, non fa mistero dei metodi che usa, addestra bambini alla guerra contro Israele, incoraggia uomini donne e bambini a farsi esplodere in Israele, usa civili palestinesi come bersagli e scudi umani. I terroristi si camuffano, addirittura da medici, e si confondono tra i malati a Gaza.
Oggi, con la documentazione presente in Internet non si può dire di non sapere! L'ignoranza non è accettabile.
Se poi vogliamo a tutti i costi mettere Israele sul banco degli imputati, verificate prima tutte le notizie. Es: si è scritto e detto che mancava cibo a Gaza; con un articolo del suo inviato Il Corriere della Sera ha smentito. Si parla di utilizzo di bombe al fosforo; la Croce Rossa ha rilaciato questa dichiarazione:"La Croce Rossa martedì ha fatto sapere che Israele, nella sua offensiva a Gaza, non ha fatto uso improprio o illegale di ordigni al fosforo, utilizzati per creare una cortina fumogena capace di proteggere l'avanzata delle truppe. (Jerusalem Post il 14 gennaio e ripreso da Associated Press) Nel filmato dell'attacco della scuola a Gaza ripreso dagli aerei israeliani, si vede inequivocabilmente che dall'area antistante la scuola vengono sparati colpi di mortaio. Di chi è la responsabilità? Di chi spara da una scuola o chi risponde al fuoco?Finalmente Israele, dopo le balle su Jenin che secondo fonti palestinesi sarebbero state centinaia e una commissione internazionale stabilì il numero di 46, dopo la balla di Al Durra che, dopo accertamenti si scoprì non venne ucciso dagli israeliani ma da fuoco amico (cecchino terrorista) ha deciso di filmare le operazioni! Era ora!
Le smentite e le scuse della stampa non si sono mai sentite. Tuttavia quando l'amore per la verità è debole, nemmeno l'evidenza basta. Tiziana Nulli