venerdì 4 dicembre 2009


Mosca - la piazza rossa

La comunità russa in Israele

La comunità degli ebrei e immigrati russi in Israele conta circa un milione di persone su una popolazione di circa sei milioni di abitanti. Sono state due le principali ondate migratorie provenienti dai paesi dell’ex Unione Sovietica: la prima, durante gli anni Settanta sotto il regime di Brezhnev e che portò in Israele circa 130mila persone (famosa all’epoca la vicenda di Anatolij Sharanskij, un dissidente ebreo scambiato al Check Point Charlie di Berlino, o le vicende descritte nei libri di Chaim Potok), nella quasi totalità ebrei fortemente motivati e contrari al regime sovietico, la seconda, negli anni Novanta e ancora in atto, iniziata sotto Gorbaciov e con il crollo dell’Urss, con oltre 880mila persone che si sono riversate in Israele soprattutto per sfuggire alle difficili condizioni economiche nell’ex paese dei Soviet.Movimenti di ispirazione sionista agli inizi degli anni ‘90 hanno fondato scuole e centri culturali per la riscoperta delle radici ebraiche e se fino a quel tempo si cercava di camuffare questa origine (l’art.5 sul passaporto sovietico indicava come appartenente alla razza ebraica e precludeva un determinato numero di studi universitari ed era una forte discriminante negativa nella società sovietica) cambiando addirittura cognome, da allora essere ebrei diveniva un’opportunità in più, sopratutto per emigrare in paesi più fortunati. Logicamente la prima ondata sì è integrata nella nuova patria, la seconda ha portato con sè il proprio bagaglio culturale facendo così fiorire in Israele scuole, teatri, giornali e televisioni in lingua russa. Ed è interessante notare che le relazioni con il proprio paese d’origine non sono state tagliate, sia per lavoro che per mantenere gli affetti.Molti immigrati russi - circa un terzo - non sono ebrei agli occhi dell’establishment religioso ortodosso, che li discrimina. Sono emigrati in Israele grazie alla legge del ritorno che riconosce tale diritto al coniuge di un ebreo o di un’ebrea e ai suoi figli e a chi ha avuto almeno un nonno ebreo. Si calcola che circa il 20% degli immigrati provenienti dalla Russia non sia affatto ebreo, ma si sia procurato questa identità.
Riguardo al tormentato processo di pace tra israeliani e palestinesi, le opinioni degli ebrei russi sono in larga parte schierate su posizioni oltranziste. Infatti se i “padri fondatori” di Israele erano in massima parte russi, veri ashkenaziti, politicamente laici e intrisi dei valori socialisti e democratici europei, i nuovi immigrati dall’ex-URSS tendono a votare a destra e a mostrare poca inclinazione per la democrazia liberale. I partiti che li rappresentano sono Israel Bel-Aliya fondato da Sharansky e che sostiene Sharon. Mahar, un partito laico di centro, nato dalla scissione di Israel-Be-Aliya dopo le elezioni, Israel Beitenu, formazione nazionalista decisamente di destra, il cui leader è Avigdor Lieberman.L’impatto dell’immigrazione ebraica dalla Russia non deve essere sovrastimato riguardo l’identità dello stato israeliano, perchè i russi sono profondamente laici, quando non atei, e non hanno fretta di imparare l’ebraico. Essi formano un gruppo storicamente compatto perchè chi proviene dall’Europa dell’Est ha sempre dovuto combattere per la propria sopravvivenza: l’ ebreo orientale, infatti, dovendosi difendere dagli attacchi del regime zarista, dai pogrom e dall’antisemitismo diffuso, fu indotto a isolarsi territorialmente dagli altri abitanti del paese, costituendo così delle comunità, che seppero mantenere inalterati tradizioni e riti millenari, valori e abitudini completamente ignoti all’ebreo occidentale, che viveva in mezzo agli altri senza avvertire minimamente il peso della sua diversità.Con l’arrivo dei russi in Israele sono salite le statistiche relative a delitti e reati di mafia. Le certificazioni burocratiche, molto semplici, si sono complicate con le dichiarazioni di ebraismo dubbie di migliaia di russi con mamme ebree finte. Un altro problema che hanno creato i russi e’ l’esame obbligatorio per cambiare la patente straniera con quella israeliana. Prima era una cosa automatica, poi si sono accorti che gli incidenti aumentavano pericolosamente e, da un’inchiesta, e’ risultato che i russi immigrati avevano quasi tutti patenti acquistate prima dell’Aliah (il mitico arrivo in Israele, e cioè l’ascesa metaforica al sacro monte di Sion, dove sorge Gerusalemme) in Russia o negli altri paesi dell’Est Europeo per alcune centinaia di rubli, e non sapevano guidare (un giretto per Mosca o Pietroburgo è un’esperienza che dà una ragionevole dose di brividi).
Di sicuro la presenza russo-ebraica ha notevolmente migliorato i rapporti tra l’ex-URSS e Israele. Quasi tutti i russi hanno parenti e amici in Israele: questo nuovo lato della medaglia ha suscitato un ri-apprezzamento dell’identità e della cultura ebraica in un paese tradizionalmente antisemita quale la Russia. E la Russia può giocare un ruolo importante, anche grazie ai tradizionali buoni rapporti con i palestinesi (molti di loro hanno studiato nelle università russe, e ancora oggi le comunità mediorientali sono cospicue a Mosca e Pietroburgo), nel processo di pace.

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