sabato 20 marzo 2010


Sulla maglietta si legge "Hamas, Hamas, Jews to the gas"

L’opinione della piazza araba

di Emmanuel Sivan (Da: Ha’aretz, 12.3.10)
Cosa pensa la piazza araba (e musulmana)? Chi detesta e chi, invece, ammira? Sono domande che risuonano tra noi dai giorni di Gamal Abdel Nasser fino all’oggi di Hassan Nasrallah. Ma chi parla a nome della “piazza” araba?A causa della totale mancanza di affidabili votazioni e sondaggi dell’opinione pubblica, dei regimi autoritari e di mass-media ben ammaestrati su ciò che devono dire, non sorprende che le opinioni dell’uomo della strada siano così poco comprensibili e basate meramente su impressioni viscerali.È su questo arido sfondo che il Global Attitudes Project del Pew Research Center ha pubblicato la scorsa settimana una ricerca condotta nei paesi musulmani. L’istituto, che ha sede a Washington, ha investito grandi sforzi in questa sua analisi delle questioni islamiche, la seconda che abbia finora condotto, prendendo in esame nazioni e popolazioni arabe in Egitto, Libano, Autorità Palestinese e arabi d’Israele, nonché in paesi musulmani non arabi come Turchia, Nigeria, Pakistan e Indonesia. In ogni paese sono state intervistate fra 1.000 e 1.200 persone, uomini e donne sopra i 18 anni, secondo una campionatura selezionata con criteri scientifici. Le interviste sono state effettuate, nella lingua madre degli intervistati, fra maggio e luglio dello scorso anno.Ciò che colpisce innanzitutto il lettore israeliano sono i risultati circa l’atteggiamento negativo verso gli ebrei. In Egitto, Libano e Autorità Palestinese tra il 95 e il 98% degli intervistati ha opinioni negative di questo genere. Ci troviamo dunque di fronte ad una evidenza significativa delle dimensioni dell’antisemitismo arabo. Tali sentimenti di ostilità anti-ebraica risultano prevalenti anche nei paesi musulmani non arabi: riguarda tre quarti dei cittadini in Turchia, Pakistan e Indonesia, e il 60% dei musulmani in Nigeria.Ma ciò che preoccupa di più gli intervistati è la spaccatura fra musulmani sunniti e musulmani sciiti: una frattura che, per quanto li riguarda, esiste dappertutto. La pensano così il 95% circa dei musulmani in Libano, tre quarti dei palestinesi, pressappoco il 60% di quelli in Egitto e Giordania, circa metà dei turchi e persino il 42 % degli arabi d’Israele.A questo riguardo, il paese più diviso, oltre all’Iraq, risulta il Libano. E la frattura risulta sempre più profonda se confrontata son la ricerca condotta dal Pew Research Center due anni fa. Hezbollah gode del supporto di tutti gli sciiti e del 2% (!) dei sunniti (contro il 95% di loro che gli è ostile). Fra i cristiani, un quarto lo appoggia e gli altri lo osteggiano.Naturalmente questo fenomeno è collegato al drammatico cambiamento nelle alleanze politiche. Se prima della guerra civile libanese (1975-1990) i sunniti erano ostili ai cristiani e tendevano a favorire l’idea di una Grande Siria, vent’anni più tardi essi sono diventati patrioti libanesi ostili alla Siria, soprattutto dopo l’assassinio nel 2005 dell’ex primo ministro Rafik Hariri. E sono sospettosi verso Hezbollah, alleato di Damasco.Un’altra importante frattura, sebbene minore, si registra in Egitto. Nonostante il mito ufficiale dell’antica unità della nazione, metà dei musulmani egiziani guardano negativamente e con sospetto ai cristiani copti.Ovviamente l’importanza dell’opinione pubblica nei regimi non democratici è limitata. Al massimo, delinea i confini di “ciò che è ragionevole” e come tale esercita una pressione indiretta sui governanti. Ma sulla questione di cosa i governanti considerino materia di supremo interesse, l’opinione pubblica è totalmente insignificante. Così, ad esempio, più della metà degli intervistati in Egitto e Giordania esprimono un atteggiamento positivo verso Hamas, ma questo non ha impedito al presidente Hosni Mubarak di erigere un “muro di acciaio” fra Egitto e striscia di Gaza. Né lui né re Abdullah di Giordania hanno accettato di troncare i rapporti diplomatici con Israele durante l’operazione anti-Hamas a Gaza del gennaio 2009. Ciò nondimeno questa generalizzata ostilità comporta infauste conseguenze per le possibilità d’Israele di integrarsi nella regione, perlomeno con i suoi vicini più prossimi, anche dopo l’eventuale firma di un accordo di pace con Siria e Autorità Palestinese.In conclusione, alla luce della crisi nei rapporti fra Israele e Turchia, è interessante notare che il 60% dei turchi considera negativamente il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad e il suo regime. Il che può essere connesso al fatto che la maggior parte dei turchi è sunnita. Ma come si può spiegare il fatto che il 70% di loro risulta ostile a Hamas e solo il 5% lo appoggia? Quello che emerge è che l’opinione pubblica araba e musulmana è divisa dal punto di vista etnico, ma unita nel suo antisemitismo. http://www.israele.net/

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