venerdì 11 giugno 2010
Jaffa From The North-West, 1860
Il nodo di Gaza - La crisi e la chiesa
Ancora alcune considerazioni sulla vicenda della Freedom Flottilla, e sull’atteggiamento assunto dalla Chiesa in questi giorni di tensione.1) Se è legittimo dare valutazioni diverse sul cruento incidente e sul comportamento della marina israeliana, proporre una commissione di inchiesta internazionale sul caso, rifiutando l’idea che a svolgerla sia lo stesso Israele, significa, inequivocabilmente, negare la solidità e la credibilità delle istituzioni democratiche dello Stato ebraico. Un Paese, ricordiamo, nel quale un Premier (Rabin) si è subito dimesso per un deposito di poche centinaia di dollari, dimenticato dalla moglie su un conto corrente estero, contro le leggi valutarie vigenti, un Presidente dello Stato (Katzav) lo ha fatto per delle discutibili accuse di molestie sessuali, il figlio di un Premier (Sharon) è andato in prigione, senza battere ciglio, per una faccenda di finanziamenti non dichiarati, così come senza battere ciglio è andato sotto processo un altro Premier (Olmert), per fatti analoghi. Quale altro Paese al mondo può dire lo stesso? Onore al governo italiano, che, alle Nazioni Unite, ha votato contro la proposta della Commissione d’inchiesta internazionale. Quanto alla sinistra, che ha criticato tale scelta, prendiamo atto del riemergere degli antichi riflessi condizionati. Speriamo di non riassistere alle bare depositate davanti al Tempio di Roma (corteo dei sindacati confederali del 25 giugno 1982), o agli amorevoli appelli agli elettori israeliani (l’Unità del 16 gennaio 2003) affinché votino in un certo modo.2) Non ci sembra essere stato sufficientemente commentato il fatto che tra i pacifisti della Marmara c’erano anche delle madri con bimbi, uno dei quali di un anno. Le madri normali guardano due volte a destra e due a sinistra prima di attraversare la strada col carrozzino, anche se sono sulle strisce pedonali e c’è il verde. Ma queste, si sa, sono paure piccolo-borghesi, una mamma guerrigliera ha ben altro coraggio, e non esita a portare il piccolo al fronte, con asce, molotov e biberon. Complimenti. Se il bimbo fosse stato colpito, poi, facile immaginare le reazioni del mondo.3) La totale trasformazione semantica che il termine ‘pacifista’ sta subendo, già da molti anni, pare avere ormai raggiunto il punto di non ritorno. Dato che, tra coloro che si definiscono in tal modo, sono certamente ancora presenti molte persone sinceramente amanti della pace, suggeriamo loro di scegliersi una nuova denominazione, perché quella parola è oramai diventata sinonimo di teppista, o peggio.4) Dopo l’omicidio di monsignor Padovese, vicario apostolico di Anatolia, la Santa Sede si è subito affrettata a escludere, “in modo assoluto”, che il movente del gesto potesse consistere nel fanatismo religioso (nonostante le stesse parole pronunciate dal responsabile - quantunque, forse, squilibrato – lasciassero, con tutta evidenza, pensare il contrario). Evidentemente, il desiderio di non turbare i rapporti con l’Islam e con la Turchia suggeriva di ridimensionare al massimo la portata dell’episodio. Peccato che, quando si tratta di Israele e di ebrei, il comportamento del Vaticano sembra essere sempre l’opposto: che sarebbe successo se un vescovo fosse stato assassinato in Israele, da un ebreo?5) I duri giudizi pronunciati dal papa a Cipro, secondo i quali Israele emergerebbe, nel quadro del Medio Oriente, come il principale ostacolo sulla strada della pace, del dialogo e della stabilità regionale, possono preoccupare, addolorare, indignare. Non, però, sorprendere. Non si tratta di mere valutazioni politiche, c’è un filo preciso che lega tali parole al pesante, sistematico arretramento impresso dalla Santa Sede, negli ultimi anni, al dialogo ebraico-cristiano. È una realtà triste e inquietante, ma è una realtà.Francesco Lucrezi, storico,http://www.moked.it/
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