Picking Grapes (Rishon Le Zion), 1910
I motivi del rancore
Il rancore anti-israeliano esploso negli ultimi giorni non è solo astio, livore, risentimento. È molto di più. Il blitz fatale alla nave dei cosiddetti pacifisti ha fatto riemergere in Europa la questione dell’esistenza dello Stato di Israele. Una esistenza sopportata o addirittura mal tollerata, una spina nel fianco del Vecchio continente, sgradevole ripercussione dei suoi crimini recenti. Perché a che cosa potrebbero altrimenti appellarsi gli ebrei per un “ritorno” su quella terra?.Così, mentre Annette Groth, rappresentante della sinistra in Germania, dopo aver preso parte alla flottiglia, dichiara in un’intervista a “Haaretz” del 4 giugno di considerare un “proprio dovere chiedere a Israele di non violare più i diritti umani delle altre nazioni”, nello stesso giorno il quotidiano tedesco “Süddeutsche Zeitung”, di tendenze moderate e filogovernative, pubblica l’articolo “Gli avi dalla Giudea” dedicato alla nuove analisi genetiche sulla discendenza degli ebrei. Il sottotitolo recita: “Il mito della fondazione di Israele viene confermato in laboratorio”. Il riferimento è al risultato delle ricerche compiute dall’equipe di Harry Ostrer della New York University School of Medicine, secondo cui ebrei provenienti da ambiti geograficamente molto diversi mostrerebbero tratti genetici comuni.Dal “genoma” - insinua malignamente il giornalista tedesco Christian Weber - si potrebbe insomma leggere la storia. Sui rischi gravissimi di ridurre a un DNA biochimico l’identità del popolo ebraico, identità che si dispiega nella storia, occorrerebbe riflettere. Lo dovrebbe fare soprattutto chi esalta acriticamente la biologia e le neuroscienze - e dimentica la cultura e la storia. Ma l’articolo ha una mira precisa: dalla supposta “discendenza comune” gli ebrei deriverebbero “il diritto a fondare lo Stato di Israele nell’ambito di quel che fu la Terra Santa”. Nella sua ripugnanza il messaggio è chiaro: gli ebrei tentano un po’ ovunque, perfino nella genetica, territorio - è bene ricordarlo - dominato dagli scienziati tedeschi (con una continuità che va dal Max Planck Institut ad Auschwitz e oltre), di legittimare un diritto che non hanno, di difendere una appropriazione indebita, di giustificare l’ingiustificabile: l’esistenza di Israele.Dato che la questione che investe lo Stato di Israele (e si ripercuote sul popolo ebraico nella Diaspora) non è solo e non è tanto politica, ma è ontologica, perché ogni pretesto solleva la domanda sulla legittimità della sua esistenza, a Israele è richiesta una vigilanza più elevata. E più elevata non vuol dire solo più intensa. Vuol dire una vigilanza capace di sollevare lo sguardo oltre l’oggi immediato, a cui si ferma la politica degli stati-nazione, al fine di perseguire con consapevolezza il progetto per il domani.Donatella Di Cesare, filosofa
http://www.moked.it/
Nessun commento:
Posta un commento