lunedì 7 giugno 2010


Un albero per Gino - Il figlio Andrea: "La notizia prende corpo"

“Mio padre ha avuto una grande sfortuna nella vita, quella di essere fiorentino”. Andrea Bartali, figlio del Gino nazionale campione della bicicletta e salvatore di ebrei negli anni del nazifascismo, pronuncia parole spiazzanti. Il primogenito della leggenda sui pedali di Ponte a Ema spiega la sua affermazione: “Intendevo dire che se fosse nato in una città anonima, le istituzioni e chi conta lo terrebbero in maggiore considerazione”. Ma Firenze non è un posto qualsiasi: “Qua rischia di essere solo uno dei tanti uomini che ne hanno fatto la storia e perciò, come spesso succede in situazioni analoghe, di finire nel dimenticatoio”. Eppure, da quella città dalla memoria tiepida (all'ombra del cupolone del Brunelleschi esiste un solo museo dedicato a Ginettaccio, gestito da una cooperativa chiamata in causa dalla famiglia Bartali per alcune scorrettezze) è stato lanciato un appello dai notevoli risvolti simbolici: piantiamo un albero in suo onore nel Giardino dei Giusti dello Yad Vashem, il memoriale delle vittime della Shoah. Perché Gino pedalò anche per loro, corriere e latore di documenti falsi di una rete clandestina che aiutava centinaia di ebrei nascosti negli istituti religiosi e nelle abitazioni di coraggiosi uomini e donne del Centro Italia. Il sogno di vedergli conferito il massimo riconoscimento dello Stato di Israele sta diventando sempre più una realtà: negli scorsi giorni è arrivata la prima testimonianza utile. Giulia Donati, 88enne fiorentina residente a Tel Aviv dal 1974, dopo aver saputo che c’è chi intende onorare Bartali con un albero in quel luogo straordinariamente denso di significati, ha scritto una lettera ai funzionari dello Yad Vashem citando il nome di Gino tra quello dei suoi salvatori. La svolta tanto attesa è arrivata. “Grazie al grande impegno di Sara Funaro e al supporto mediatico di Pagine Ebraiche (la prima testata a formulare l’appello su scala nazionale), è stato possibile far ripartire una battaglia che era stata intrapresa anni fa su iniziativa della professoressa Magnotta e di tanti altri, tra cui il rabbino capo di Firenze Joseph Levi e Piero Nissim”. Gino Bartali, eroe silenzioso e uomo dalla dignità immensa, in pubblico non parlava mai dei suoi meriti extrasportivi. “In vita non voleva riconoscimenti, anche se sperava che la sua storia facesse da esempio per le nuove generazioni che negli sportivi vedono dei modelli di riferimento”. Così una volta disse al figlio: “Un giorno capirai da solo, quando verrà il momento di parlare”. Quel momento è arrivato qualche anno fa. Insieme alla madre e ad alcuni personaggi molto noti del panorama ciclistico toscano (incluso Franco Ballerini), Andrea ha deciso di dare vita alla Fondazione Gino Bartali onlus, fondazione che si prodiga per trasmettere i grandi valori che furono propri di suo padre, "un uomo che vedeva lo sport anche come una forma di solidarietà". In tempi di sportivi campioni di individualismo, la domanda viene spontanea: quanti sono realmente a conoscenza del silenzioso eroismo di tuo padre? "A Firenze in molti, via via che ci si allontana dalla Toscana sempre meno”. Anche se negli ultimi tempi qualcosa è cambiato: “Una settimana fa ero a Verona per seguire l’ultima tappa del Giro di Italia. A un certo punto si avvicina il direttore dell’Arena e, senza che gli avessi detto niente, mi sommerge di complimenti e applausi per l’iniziativa dello Yad Vashem”. È un ottimo segnale, il commento di Andrea, “perché vuol dire che la notizia sta circolando”. Adam Smulevich http://www.moked.it/

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