venerdì 8 ottobre 2010


Ancora sulle barzellette

Forse era inevitabile che le istituzioni ebraiche italiane dessero più peso a dichiarazioni pronunciate in senato che a barzellette raccontate in contesti non ufficiali, però personalmente ho trovato più inquietanti queste ultime, soprattutto perché a raccontarle è il Presidente del Consiglio in persona. Il nostro premier è un esperto conoscitore dei mass media ed è molto attento all’immagine di sé che intende trasmettere, di persona schietta, concreta, anticonvenzionale, con cui l’italiano medio si possa identificare. Raccontare barzellette antisemite (mi sembra impossibile definirle diversamente) si inserisce in questa strategia? E’ un modo per apparire più vicino alla gente comune? Dobbiamo dunque supporre che l’italiano medio consideri gli ebrei come una “nazione” di ricchi avidi e profittatori, pronti a speculare persino sulla Shoah? (Almeno pare essere caduto il pregiudizio secondo cui gli ebrei si aiutano sempre tra di loro, ma in fondo era il più innocuo). Mi è capitato spesso di discutere con i miei allievi (sia nella scuola ebraica sia in quella pubblica) su quanto sia lecito e opportuno fare umorismo sulla Shoah. Abbiamo riflettuto su quello che scrive Charlie Chaplin nella sua autobiografia: “Se avessi saputo com'era spaventosa la realtà dei campi di concentramento, non avrei potuto fare Il dittatore; non avrei trovato niente da ridere nella follia omicida dei nazisti”. Abbiamo analizzato film come “La vita è bella “ o “Train de vie”. Sono venute fuori molte opinioni diverse, ma pareva comunque evidente a tutti che il tema richiedesse cautela, attenzione e sensibilità. Davanti a un esempio così illustre del contrario temo che rimarranno un po’ perplessi.Anna Segre, insegnante, http://www.moked.it/

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