venerdì 3 dicembre 2010



L’alba ci colse come un tradimento

Era la sera del 30 novembre 1943 quando tutte le Prefetture d’Italia ricevettero dal ministero dell’Interno un ordine che i Prefetti impiegarono solo poche ore a diramare alle Questure. Si trattava delle circolari esecutive per la ricerca, il rintraccio, la cattura degli ebrei che di fatti iniziarono subito. La creazione del campo di concentramento per ebrei a Fossoli di Carpi fu l’immediata conseguenza dell’arresto generalizzato, destinato a tutti gli ebrei, che non si erano ancora ripresi dallo shock delle retate tedesche realizzate nelle principali città tra il 16 ottobre e la fine di novembre di quel terribile autunno del 1943. Ben duemila 845 ebrei passarono da quel campo di concentramento dopo essere stati arrestati ovunque nell’Italia centrosettentrionale dalle autorità di polizia italiane. E’ l’argomento del mio ultimo lavoro L’alba ci colse come un tradimento. Gli ebrei nel campo di Fossoli 1943-1944 (Mondadori, 294 pp.) che reca come frontespizio una lettera di partecipazione del presidente Napolitano. Se è vero che le deportazioni verso i lager furono attuate dagli occupanti, qui si tocca con mano che i primi mattoni della strada lastricata per Auschwitz furono posti dalle autorità italiane. A partire dal 30 novembre, le ricerche casa per casa degli ebrei, il loro arresto, il loro imprigionamento furono questione italiana; solo allora le autorità di occupazione poterono servirsi dei prigionieri di Fossoli, offerti loro su di un piatto d’argento, per organizzare i trasporti verso Auschwitz e altri lager. Le deportazioni iniziarono a partire dalla fine di gennaio del 1944 con una cadenza che dipendeva dal numero delle persone raccolte a Fossoli in quel dato momento, dalla capienza massima del campo, dalle condizioni di viabilità delle strade ferrate e, non ultima, dalla capacità assassina del momento delle attrezzature di Auschwitz. La situazione era talmente disperata che alcune madri si consegnarono spontaneamente con i loro figli alle autorità italiane, sperando in un barlume di umanità. Carabinieri, polizia, e guardie carcerarie non furono inumani ma eseguirono gli ordini. Non possiamo quindi definire tutte queste persone come “brava gente”, brava gente furono coloro che misero a repentaglio la loro sicurezza per soccorrere gli ebrei in pericolo. Non sono pochi ed è in corso un progetto di ricerca della Fondazione Cdec, da me diretta, per mettere in luce la loro generosità e il loro contributo alla crescita civile dell’Italia. Allo stesso modo, non si può ignorare il comportamento di quegli abitanti del circondario di Fossoli che videro aumentata la loro possibilità di scambi positivi di merci e vettovaglie alla vigilia delle partenze dei convogli. Per non parlare delle forniture di cibo e di trasporti da e per il campo richieste a ditte di commercio della zona. La domanda spontanea è: con il gran movimento che si creò intorno al campo, possibile che nessuno si sia chiesto mai chi fossero tutti quei civili portati là alla spicciolata con le loro famiglie, che cosa fossero quei vagoni fermi a Carpi con paglia per terra e un bidone, perché partissero con treni merci inchiavardati dall’esterno come animali, dove fossero diretti? La ricerca, condotta su nuova documentazione, offre un altro elemento di riflessione grazie alle fatture che registrano le razioni, distribuite prima delle deportazioni, di pane, di formaggio fuso e di marmellata. I conti erano presentati al Comune di Carpi e il Comune li girava alla Prefettura per il pagamento. Tutto regolare, come se si fosse trattato di forniture per una colonia marittima o qualsiasi altra comunità. Ma se una qualche sorpresa per ciò che stava accadendo avrebbero potuto provarla funzionari di basso livello, stessa sorpresa non provavano certo il Questore di Modena né tantomeno il Prefetto, al corrente che qualcosa di gravissimo si stava preparando per gli ebrei dopo l’ordine di arresto del 30 novembre. Benchè non si sia ritrovato il documento formale dell’accordo tra i vertici italiani e i vertici tedeschi, risulta evidente dall’analisi del meccanismo messo in atto che agli italiani toccavano le ricerche, gli arresti, il concentramento nel campo degli ebrei scovati, ai tedeschi la loro spedizione verso i lager. Un’ultima annotazione sul titolo: “l’alba ci colse come un tradimento” è il grido di dolore lanciato da Primo Levi alla fine del suo viaggio da Fossoli ad Auschwitz. Nulla di più pertinente si poteva trovare per intitolare questo libro.Liliana Picciotto, Pagine Ebraiche, dicembre 2010

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