sabato 4 dicembre 2010



Mark Ivanir
'Il responsabile delle risorse umane', lezione di cinema da Israele

Il regista Eran Riklis riprende l'omonimo romanzo di Abraham Yehoshua
Un film fatto bene si riconosce dalle prime battute. E’ questo il caso de "Il responsabile delle risorse umane", del regista Eran Riklis, che riprendendo l'omonimo romanzo del celebre scrittore israeliano Abraham Yehoshua da vita a un intreccio di personaggi, luoghi e situazioni coinvolgenti e mai banali. Stranezze, idiozia, egoismi e generosità degli uomini vengono messi in luce attraverso le azioni, passando attraverso ai sentimenti e scavando bene, senza lasciare niente in sospeso.Una donna perde la vita in un attentato terroristico nel cuore di Gerusalemme. Julia, straniera, sulla quarantina. Queste le sole informazioni su di lei. Insieme a una busta paga dell’azienda per la quale lavora, un panificio, trovata nei suoi effetti personali. La stessa azienda che a distanza di una settimana non si é nemmeno accorta della sua scomparsa. Chi ha la colpa di questa "crudele" mancanza di umanità? Chi deve pagarne le conseguenze e fare in modo che il polverone scatenato si plachi? La stampa locale, maligna e in cerca di qualcuno da attaccare, si scatena contro il responsabile delle risorse umane. Un uomo onesto, dedicato, una persona per bene. Non conoscendo la donna, il RRU si documenta sul suo conto, per scoprire che in realtà da qualche mese non lavorava neanche piu’ per il panificio. La situazione scotta e tocca a lui risolverla. La bara della donna deve essere riportata a casa, altrimenti i guai saranno tanti. La buonafede – superata l’iniziale riluttanza – del RRU si scontra non solo con le malelingue dei giornalisti, ma anche e soprattutto con la poca fiducia della ex-moglie, che lo rimprovera di non essere mai abbastanza presente. Ma il RRU ha l’obbligo morale di portare a termine la missione. Cosa puo’ comportare d’altronde? Solo due giorni, un viaggio andata e ritorno poco impegnativo, giusto in tempo per mettere a posto le cose e accompagnare al ritorno, come promesso, l’amata figlioletta in gita, senza deluderla.Naturalmente le cose andranno diversamente, e gli incidenti di percorso saranno tanti. Un viaggio improbabile, tra furgoni tutti rotti guidati da vice-consoli raccomandati e senza patente, bigotti e ignoranti abitanti di paesini sperduti della fredda Russia, ragazzini - il figlio adolescente di Julia - selvaggi e difficili da approcciare.L’attore Mark Ivanir dà una grande prova di talento, protagonista assoluto si fa carico di tutte le sue responsabilità e ci fa credere nel suo personaggio dall’inizio alla fine. Un uomo onesto, carismatico, professionale sul lavoro, affettuoso e presente nonostante gli ostacoli con le donne della sua vita. Un uomo determinato, che decide di portare a termine qualcosa e che riesce a dare prova alla fine di quell’immensa umanità che era stata pericolosamente messa in dubbio.Sorprendente nella fluidità e semplicità con cui avviene é il progressivo aumento della carica emotiva del film. La forzata convivenza tra i personaggi diventa uno scambio, un modo per conoscersi e superare gli ostacoli dati dalle differenti età, culture, attitudini di ognuno. Si sviluppa pian piano, in particolare, un profondo legame d’affetto tra il RRU e il difficile figlio della donna, risultato di un lungo processo di conquista della fiducia reciproca e di riconoscimento della bellezza interiore dell’uno e dell’altro.I personaggi sono ben strutturati, studiati, limpidi dall’inizio, ognuno nel suo, personalissimo modo. C’è il giornalista indisponente e onnipresente con la sua macchina fotografica, la signora console truffaldina e furba nel curare solo il proprio interesse. C’è Julia, nella sua bara, unico personaggio di cui si conosce il nome, e l’unico di cui non si sa niente allo stesso tempo. Nulla è fuori posto né di troppo. A fare da cornice una moltitudine di location che sembrano quasi improvvisate nella loro unicità, e soprattutto una sceneggiatura intrigante, completa, ricca di dialoghi arguti, che rende giustizia al romanzo da cui è tratta.Una riflessione sugli uomini, la loro umanità e la loro malafede. Un delizioso contributo di Israele al cinema. Da vedere, e gustare.2/12/2010 http://www.voceditalia.it/

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