Un paio di settimane fa ho ascoltato dal vivo Rafik Abdessalem, ministro degli Esteri tunisino e astro nascente del partito islamista Ennhada. Il capo della diplomazia post Ben Ali ha sottolineato l’importanza del passaggio dalla dittatura alla libertà, la possibilità di coniugare Islam e democrazia, il ruolo che Europa e Italia possono giocare nel contesto africano e maghrebino.I paesi «rivoluzionati» nel corso del 2011 sono assai diversi l’uno dall’altro, ma è evidente che il caso della Tunisia è particolarmente significativo: un paese piccolo, storicamente laico, relativamente benestante, che alle prime elezioni libere sceglie il partito islamico, oppositore del passato regime. Se l’esperimento democratico dovesse fallire in Tunisia, dove appunto sembrerebbe più praticabile, dovremmo osservare gli altri scenari, in primis l’Egitto, con enorme preoccupazione. Un altro aspetto mi ha fortemente impressionato. Molti politici italiani presenti al convegno hanno parlato del conflitto israelo-palestinese. Con mio grande stupore Abdessalem non ha mai menzionato Israele e Palestina. Come se l’argomento non lo riguardasse. Ora, nel quadro del rivolgimento del mondo arabo-musulmano, è a mio parere molto difficile esprimere certezze. La sensazione è però che i governanti della «Fratellanza» intendano ignorare Israele più che attaccarlo.Il che può prestarsi a due letture opposte: si può pensare, con ottimismo, che i nuovi leader arabi siano preoccupati dai problemi interni, dalla tenuta economica, politica e religiosa, e non dal conflitto tra israeliani e palestinesi; dall’altro – e la prospettiva è spaventosa – si ha l’impressione che la nuova generazione non ritenga di dover affrontare il «problema israeliano», per la semplice ragione che tempo, demografia e contesto geopolitico lo risolveranno autonomamente.Insomma, occorre studiare, parlare e tenere gli occhi aperti.Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas http://www.moked.it
mercoledì 7 marzo 2012
Occhi aperti sulle Primavere
Un paio di settimane fa ho ascoltato dal vivo Rafik Abdessalem, ministro degli Esteri tunisino e astro nascente del partito islamista Ennhada. Il capo della diplomazia post Ben Ali ha sottolineato l’importanza del passaggio dalla dittatura alla libertà, la possibilità di coniugare Islam e democrazia, il ruolo che Europa e Italia possono giocare nel contesto africano e maghrebino.I paesi «rivoluzionati» nel corso del 2011 sono assai diversi l’uno dall’altro, ma è evidente che il caso della Tunisia è particolarmente significativo: un paese piccolo, storicamente laico, relativamente benestante, che alle prime elezioni libere sceglie il partito islamico, oppositore del passato regime. Se l’esperimento democratico dovesse fallire in Tunisia, dove appunto sembrerebbe più praticabile, dovremmo osservare gli altri scenari, in primis l’Egitto, con enorme preoccupazione. Un altro aspetto mi ha fortemente impressionato. Molti politici italiani presenti al convegno hanno parlato del conflitto israelo-palestinese. Con mio grande stupore Abdessalem non ha mai menzionato Israele e Palestina. Come se l’argomento non lo riguardasse. Ora, nel quadro del rivolgimento del mondo arabo-musulmano, è a mio parere molto difficile esprimere certezze. La sensazione è però che i governanti della «Fratellanza» intendano ignorare Israele più che attaccarlo.Il che può prestarsi a due letture opposte: si può pensare, con ottimismo, che i nuovi leader arabi siano preoccupati dai problemi interni, dalla tenuta economica, politica e religiosa, e non dal conflitto tra israeliani e palestinesi; dall’altro – e la prospettiva è spaventosa – si ha l’impressione che la nuova generazione non ritenga di dover affrontare il «problema israeliano», per la semplice ragione che tempo, demografia e contesto geopolitico lo risolveranno autonomamente.Insomma, occorre studiare, parlare e tenere gli occhi aperti.Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas http://www.moked.it
Un paio di settimane fa ho ascoltato dal vivo Rafik Abdessalem, ministro degli Esteri tunisino e astro nascente del partito islamista Ennhada. Il capo della diplomazia post Ben Ali ha sottolineato l’importanza del passaggio dalla dittatura alla libertà, la possibilità di coniugare Islam e democrazia, il ruolo che Europa e Italia possono giocare nel contesto africano e maghrebino.I paesi «rivoluzionati» nel corso del 2011 sono assai diversi l’uno dall’altro, ma è evidente che il caso della Tunisia è particolarmente significativo: un paese piccolo, storicamente laico, relativamente benestante, che alle prime elezioni libere sceglie il partito islamico, oppositore del passato regime. Se l’esperimento democratico dovesse fallire in Tunisia, dove appunto sembrerebbe più praticabile, dovremmo osservare gli altri scenari, in primis l’Egitto, con enorme preoccupazione. Un altro aspetto mi ha fortemente impressionato. Molti politici italiani presenti al convegno hanno parlato del conflitto israelo-palestinese. Con mio grande stupore Abdessalem non ha mai menzionato Israele e Palestina. Come se l’argomento non lo riguardasse. Ora, nel quadro del rivolgimento del mondo arabo-musulmano, è a mio parere molto difficile esprimere certezze. La sensazione è però che i governanti della «Fratellanza» intendano ignorare Israele più che attaccarlo.Il che può prestarsi a due letture opposte: si può pensare, con ottimismo, che i nuovi leader arabi siano preoccupati dai problemi interni, dalla tenuta economica, politica e religiosa, e non dal conflitto tra israeliani e palestinesi; dall’altro – e la prospettiva è spaventosa – si ha l’impressione che la nuova generazione non ritenga di dover affrontare il «problema israeliano», per la semplice ragione che tempo, demografia e contesto geopolitico lo risolveranno autonomamente.Insomma, occorre studiare, parlare e tenere gli occhi aperti.Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas http://www.moked.it
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