giovedì 1 marzo 2012

Offese e reazioni

Molto si è detto, in questi giorni, riguardo alla vicenda delle copie del Corano bruciate da esponenti delle Forze Armate USA in Afghanistan – con conseguente ira di milioni di musulmani, disordini con decine di morti, scuse ufficiali del presidente Obama, ritiro del personale civile dalle Ambasciate occidentali ecc. ecc. Non è la prima volta che accade qualcosa del genere, e non è la prima volta che emerge, di fronte a tale inarrestabile reazione a catena, un sentimento di profonda costernazione. La costernazione di chi ha l’impressione di trovarsi in una vera e propria Babele di linguaggi, regole e comportamenti, nella quale comprendersi è pressoché impossibile. E sorprende, in tale contesto, come la maggioranza dei nostri opinionisti sembrino dare una lettura dei fatti decisamente fuorviante, quasi sempre volta a rimarcare l’offensività del gesto profanatore e la prevedibilità e inevitabilità delle violente reazioni dallo stesso generate. Non si può offendere il sentimento religioso in modo così evidente – sembrano pensare in molti – e non attendersi gravi conseguenze. Ci sono dei punti, però, che meritano di essere puntualizzati, o che richiedono dei chiarimenti:Offendere un libro sacro è un gesto stupido e incivile, sanzionato non solo in Afghanistan ma anche nel nostro ordinamento penale, ed è giusto che chi lo compie vada punto. Magari noi non chiederemo che sia lapidato o arso al rogo, ma è giusto che una punizione ci sia.I soldati americani impegnati sul territorio afgano sono decine di migliaia, i cittadini USA più di 300 milioni. Per quale motivo il Presidente degli Stati Uniti deve chiedere scusa, a nome del suo popolo, per il gesto di un suo solo soldato? In virtù di quale meccanismo logico un fatto, di qualsiasi gravità, compiuto da un singolo individuo deve ricadere su un’intera comunità? Vige per gli americani, o per tutti gli occidentali, il principio della “colpevolizzazione collettiva” (che gli ebrei ben conoscono)?Questa responsabilità collettiva, con conseguente dovere di chiedere scusa a nome di tutti, vale solo per gli americani (di Israele meglio non parlare proprio), o, per caso, anche per gli altri? E solo i musulmani hanno il diritto di offendersi? Un cittadino americano, per esempio, non potrebbe sentirsi offeso nel vedere bruciare nelle piazze la propria bandiera (un gesto ormai tanto comune da suscitare noia, anziché indignazione), o un pupazzo raffigurante il proprio Presidente? In questi casi nessuno deve chiedere scusa?Due consiglieri militari statunitensi (del tutto estranei all’accaduto) sono stati uccisi per vendetta, e quasi tutti i nostri commentatori hanno interpretato questo fatto come prova della profondità della rabbia popolare, e quindi della gravità dell’ingiuria arrecata col rogo dei libri sacri. Ma, pur nel quadro della suddetta “responsabilità collettiva”, si tratta forse di una reazione proporzionata? Cosa è più grave, bruciare un libro o uccidere? Fra qualche giorno, gli irosi manifestanti avranno dimenticato l’accaduto, e saranno tranquillamente tornati alle loro occupazioni, mentre due innocenti non faranno ritorno alle loro famiglie.Avendo preso atto, comunque della particolare sensibilità dei musulmani, e nell’intento di evitare di ferirla ancora in futuro, ci piacerebbe che qualcuno ci indicasse quali sono, esattamente, le cose che, col Corano, non si possono fare. Ci hanno spiegato che non lo si può bruciare. Grazie, già lo sapevamo. Ma ci sono altre cose che, invece, pare si possano fare tranquillamente, perché, quando qualcuno le fa, nessuno si offende, nessuno protesta. Per esempio, esibirne i versi alle spalle delle foto ritraenti gli attentatori suicidi, o farli scorrere in sovrimpressione nei video in cui, in diretta, si taglia la gola a ostaggi ebrei o americani. Questo, a quanto pare, si può fare. Non è un’offesa al libro sacro.Francesco Lucrezi, storico,http://moked.it/blog/

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