In generale questa politica si applica ad ogni attività o preparativo ostile, con l’obiettivo di eliminare le minacce il più lontano possibile, preferibilmente quando sono ancora in fase di preparazione. Il rischio è che l’azione, in uno stato nemico, possa andare storta. E poi c’è il rischio di irritare paesi amici, mettendo in questo modo a repentaglio gli interessi nazionali. Questa politica funziona finché rimane sotto copertura, ed è qui che si trova il suo principale punto debole: non appena l’operazione viene alla luce, o se si vedono le “impronte digitali” degli autori, si induce l’altra parte a reagire. Ed è qui che potrebbe scoppiare una guerra: proprio quella guerra che si voleva prevenire, e il cui prezzo potrebbe non essere giustificato.Durante l’ultimo anno, il presidente siriano Bashar Assad, man mano che perdeva terreno di fronte alle forze ribelli, ha trasferito grandi quantità di armamenti strategici – come i vari missili Scud e gli agenti per armi chimiche – in aree su cui aveva un controllo migliore. Questi movimenti sono stati motivo di grande preoccupazione fra i servizi di intelligence occidentali, nel timore che tali armi siano sul punto di approdare in Libano. Ma la tensione nell’intelligence e fra i militari ha conosciuto continui alti e bassi, mentre il regime alawita si va a poco a poco sgretolando.Sempre stando alle notizie di stampa, in passato Israele avrebbe attaccato in Sudan dei convogli e un deposito di armi, e avrebbe distrutto missili a lungo raggio. Ogni tanto vengono colpiti dei convogli di armi in partenza dalla Libia; nel Mar Rosso sono affondate delle navi di contrabbandieri; in Libano sono saltati per aria diversi magazzini di munizioni. Ma finora Israele ha evitato di attaccare direttamente in Libano, sebbene sia a conoscenza del fatto che Hezbollah ha ricevuto partite di missili Scud, missili M-600 a lungo raggio e praticamente ogni altro tipo di missili e razzi in possesso dell’esercito siriano.Come ogni paese, Israele deve stabilire quando può prendersi il rischio calcolato, contando di non ritrovarsi coinvolto in una vera e propria guerra, e quando è invece meglio tirarsi indietro perché non si vuole correre il rischio di arrivare a un conflitto militare aperto.Benché Israele non sia interessato a un ampio scontro sul fronte libanese, da almeno un anno, e in particolare negli ultimi mesi, le Forze di Difesa si stanno preparando all'eventualità di un tale conflitto.(Da: YnetNews, 31.1.13)
ALTRI COMMENTI DALLA STAMPA ISRAELIANA
Secondo un editorialista di Yediot Aharonot, il raid è stato uno “schiaffo” al presidente siriano Bashar al-Assad. L’editoriale ricorda che nel settembre 2007 un bombardamento distrusse nel deserto siriano quello che era con ogni probabilità un impianto nucleare segreto. Bashar al-Assad non l’ha mai ammesso, e Israele non ha mai rivendicato. Oggi la Siria è in pieno caos, e ciò che Israele teme soprattutto è un trasferimento di armi, anche chimiche, agli Hezbollah libanesi.Su Ha’aretz, un esperto di questioni militari descrive con precisione i “paletti” posti da Israele in questo campo: è fuori discussione permettere il passaggio di missili terra-aria, né missili che potrebbe colpire navi israeliane o missili terra-terra a lunga gittata. Quanto a un trasferimento di armi chimiche, l'editoriale ritiene si tratti di un “tabù” assoluto che Assad non infrangerà tanto facilmente.Ma’ariv ricorda che "gli attacchi in Siria non sono una novità” e ipotizza che, qualunque cosa sia accaduta questa volta, “non porterà immediatamente a un round di combattimenti nel nord" perché, fra l'altro, "l'arsenale di armi di Hezbollah è stato costruito, in primo luogo, in vista del giorno in cui vi dovesse essere uno scontro tra Israele e l'Iran, e non come risposta ad un attacco a un convoglio di armi, per quanto importante possa essere”.Secondo il quotidiano Israel HaYom, “la palla è ora nell’altro campo”. Cioè: Damasco e Beirut devono decidere cosa fare. Da un lato, Assad può essere tentato di reagire perché, nella sua attuale situazione, ciò migliorerebbe la sua immagine: uno scontro con Israele è una ricetta sicura per accrescere la propria popolarità in tutto il mondo musulmano. Assad avrebbe bisogno di un grande exploit per far dimenticare i 60.000 siriani morti e i 700.000 siriani profughi che ha causato. D’altra parte, l’intero esercito siriano è occupato a combattere i ribelli. E poi, una reazione militare siriana porterebbe a un’ulteriore risposta israeliana, e questa è l’ultima cosa di cui il regime siriano ha bisogno in questo momento.(Da: Yediot Aharonot, Ha’aretz, Ma'ariv, Israel HaYom, 31.1.13)
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