La scelta delle parole non è casuale. E' la prima volta che una plenaria di questo organismo cita espressamente la "conclusione" dei negoziati. Sarebbe la luce in fondo al tunnel di trattative che vanno avanti dal 1993, anno in cui Santa Sede e Israele firmarono l'accordo fondamentale che definiva il quadro generale del regime concordatario tra Stato e Chiesa in quel paese che ora viene definito nei dettagli. Certo, la cautela è d'obbligo per i diplomatici. "Le conclusioni le intravediamo dall'inizio, il punto è arrivarci", precisa una fonte diplomatica. "I negoziati non si fanno per il piacere di riunirsi ma per concludere un accordo". "Siamo sulla buona strada", commenta l'ambasciatore israeliano presso la Santa Sede Mordechay Lewy. L'accordo verrà raggiunto alla prossima plenaria prefissata per il 6 dicembre? "Non siamo profeti", risponde con un sorriso. Di sicuro la prossima riunione di lavoro della commissione tecnica è fissata in termini ravvicinati, il prossimo 27 e 28 luglio.
Di sicuro, ancora, la Chiesa ha interesse a concludere l'accordo che regolamenterà l'esenzione fiscale dei beni immobili della Chiesa di Terra Santa o la sovranità ecclesiastica sul Cenacolo. La stampa israeliana riferisce che alla riunione odierna è stato deciso che la Chiesa non pagherà tasse sulle proprietà religiose (chiese, cimiteri e orfanatrofi) ma su tutti gli altri immobili di sua proprietà. La testata 'Arutz Sheva', in particolare, sostiene che Israele ha accettato di non espropriare mai, salvo necessità straordinaria, alcuni luoghi sacri alla Chiesa cattolica (il monte delle beatitudini, la Chiesa dell'annunciazione, il monte Tabor, il giardino del Getsemani, Tabha e Capenaum. Di certo, infine, nelle ultime settimane i rapporti politici tra Santa Sede e Stato ebraico non sono stati dei migliori. "Questi negoziati sono su un piano diverso dalla politica della regione", assicurano fonti ecclesiastiche. Sullo sfondo, però, tanto la Segreteria di Stato vaticana quanto il governo israeliano hanno presente un quadro complesso. Il rappresentante della Santa Sede all'Onu ha chiesto la fine dell'embargo a Gaza dopo il 'raid' sulla flottiglia turca indirizzata alla Striscia. "Può darsi che il governo voglia ridurre i motivi di frizione nel mondo a causa di quanto accaduto con la flottiglia, ma non credo che regali e gesti di questo tipo raggiungeranno lo scopo", accusa il professor Benny Kalmanson citato da Arutz Sheva. Alcuni rappresentanti del mondo ebraico temono, poi, che il sinodo sul Medio Oriente che si svolgerà in Vaticano ad autunno assuma una connotazione anti-israeliana. La preoccupazione della Chiesa, del resto, è che in paesi a maggioranza musulmana la minoranza cristiana venga perseguitata e ghettizzata dai fondamentalisti. E l'uccisione di monsignor Padovese in Turchia ha solo confermato questi timori.
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