Quando lo shabbat entra in gioco
Pur sconfitti in finale, gli atleti della Beren Academy si sono tolti una soddisfazione non da poco: finire sulle pagine dei giornali di mezzo mondo,tutelare il rispetto dell’identità ebraica. Zach Yoshor, uno dei giocatori di punta, autore di 24 punti nella semifinale contro i Dallas Covenent, dichiarava alle soglie della finale del campionato nazionale di pallacanestro delle scuole private e religiose, poi persa contro Abilene Christian: “È stranissimo, una sensazione pazzesca: credo che sia stata la settimana più ricca di emozioni di tutta la mia vita. Passare dalla delusione cocente di pochi giorni fa a questa gioia è incredibile”. La Beren Academy è una scuola ebraica ortodossa di Houston, Texas. Senza retorica, al di là dell’aspetto meramente agonistico, la grande vittoria era stata proprio quella di poterla giocare questa benedetta semifinale, notizia arrivata alla squadra e a tutti i suoi sostenitori solo 24 ore prima dell’incontro.Sul sito della Beran,fino ad alcuni giorni fa, era infatti possibile leggere una dichiarazione ufficiale che recitava: “Nonostante sia forte il desiderio di gareggiare, è per noi importante mantenere e difendere i nostri valori ebraici. Siamo fieri di quello che siamo e abbiamo il coraggio di comportarci di conseguenza.” E comportarsi di conseguenza significava per l’appunto rinunciare a giocare la semifinale, che era programmata per venerdì sera, dopo l’inizio di shabbat. L’allenatore, Chris Cole, aveva dichiarato alla CNN: “Capita di affrontare delle avversità nella vita, e il modo in cui ti comporti racconta molto del tuo carattere”. Le sue parole erano state riprese, tra gli altri, anche dal New York Times e dal Jerusalem Post. Non poca cosa per un gruppo di ragazzini che, pur bravi, non sarebbero arrivati a tale fama senza la miopia di una associazione, la TAPPS (Texas Association of Private and Parochial Schools), che non solo aveva programmato la partita di shabbat ma che, alla richiesta di spostare l’orario dell’incontro, aveva obiettato stolidamente: “Quando la Beren Academy si è iscritta, anni fa, li abbiamo avvertiti che durante le finali il rispetto dello shabbat avrebbe creato loro dei problemi. Se iniziamo a cambiare orari a richiesta diventa impossibile gestire l’associazione e rendiamo la vita difficile alle altre scuole. Se risolviamo un problema, ne creiamo degli altri”. In sostanza alla squadra non veniva data la possibilità di giocare, a causa della volontà di rispettare lo shabbat. Ma è interessante notare che la cosa non trova parallelismi nello statuto della TAPPS: nessun incontro è mai stato organizzato di domenica. Per il semplice fatto che è vietato, non è solo una consuetudine, e sta proprio scritto nel regolamento dell’associazione. Discriminazione, sulla base dell’osservanza religiosa. Nessun dubbio. E questo nonostante in passato altri incontri, programmati di shabbat, siano stati spostati a richiesta della Beren Academy senza che questo creasse alcun problema alle squadre avversarie, che avevano sempre accettato di cambiare orario alle partite senza scomporsi.Il ruolo della fede nello spazio pubblico è diventato anche argomento della campagna presidenziale, ma alcuni commentatori sostengono che nessuno abbia fatto tanto come la partita di basket incriminata, per portare avanti la causa della libertà religiosa in America. Oltre all’opinione pubblica (con migliaia di persone che hanno firmato una petizione online in favore dello spostamento della partita) si erano mossi il sindaco di Houston, alcuni senatori, l’Anti-Defamation League, e anche l’ex coach dei Rockets Jeff Van Gundy, tutti in difesa delle Stars, come vengono chiamati i ragazzi del basket team della Beren Academy. Nessuna pressione però aveva sortito effetto, e la TAPPS aveva mantenuto la sua posizione fino a quando un gruppo di tre genitori e tre giocatori non ha fatto depositare una denuncia per discriminazione religiosa. Che ha sortito l’effetto desiderato: con meno di 24 ore di preavviso le Stars hanno saputo che avrebbero avuto la possibilità di giocare, e la notizia si è sparsa per la scuola. Nonostante non sia stato facile a causa dei tempi ristrettissimi, un centinaio di tifosi è riuscito ad organizzarsi per seguire la squadra a Forth Worth. Poi la finale persa, ma quella è un’altra storia.Anche la scelta di rivolgersi agli avvocati non è stata facile, come ha dichiarato Mark Mirwis, uno dei genitori che hanno deciso di procedere: “Di sicuro è stata una scelta poco popolare, ma ne ho discusso con mio figlio, che gioca nella squadra, e con altri ragazzi e le loro famiglie e ci siamo detti che non si trattava solo di quella partita. Era necessario stabilire che non bastava la disponibilità mostrata dagli altri team in tutta la stagione: non abbiamo mai avuto problemi e tutte le volte che è stato necessario ci è stato permesso di cambiare l’orario delle partite. Bisognava che anche l’associazione che organizza il torneo si rendesse conto che le cose cambiano, e non ci si può più rinchiudere nel proprio piccolo mondo e fare finta che tutti abbiano le stesse necessità.”Sicuramente stranissimo deve essere stato anche, per tutta la squadra, avere le telecamere in attesa del loro arrivo, e i giornalisti, e un pubblico eccezionalmente numeroso. L’allenatore Cole ha ricordato, dopo il match, che “Nessuna lezione può insegnarti il giusto comportamento in un caso simile e i ragazzi sono stati fantastici: erano pronti a rinunciare alla partita, e nel momento in cui hanno avuto la possibilità di giocare ci hanno messo tutto quello che potevano. Abbiamo cercato di rimanere uniti attraverso le emozioni di questi giorni e credo che abbiamo dimostrato come sia fondamentale non arrendersi mai. E sentirsi parte di un gruppo, di una famiglia”.Negli Usa, in anni recenti, è capitato altre volte che la programmazione di eventi sportivi fosse complicata da situazioni simili: con il cambiamento demografico sono cose che succedono sempre più spesso e non solo negli Stati Uniti. Alcune associazioni americane stanno ragionando su chi sono i loro iscritti e man mano che il pluralismo avanza le cose si complicheranno sempre più, per cui la necessità di fare chiarezza, quella chiarezza richiesta dai genitori delle Stars, è sempre più pressante.Ada Treves http://moked.it/blog/
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