Ehud Netzer
Grandezza e genio di Erode, il re crudele che amava il
bello
Gerusalemme.
David Mevorach, archeologo insigne, è ancora incredulo, seduto su
una panca del Museo d’Israele, prima ancora che mettiamo piede nel
percorso che ha costruito, si aggiusta la sciarpa, si leva gli
occhiali, deglutisce: “Aveva appena trovato la tomba di Erode sul
fianco dell’Herodion, il grande castello con teatro, fortezza,
magazzini, terme, piscine, altri palazzi, che sembra una montagna
fatta a cono vicina a Gerusalemme sud-est, dalla parte di Betlemme.
Ci aveva lavorato per 35 anni sicuro che avrebbe trovato la tomba di
Erode, che,fra tante scoperte di fortezze e teatri, non usciva fuori.
Finalmente è apparsa, nel modo più inopinato! . Il re pazzo e
grandioso aveva distrutto, lui stesso, tutte le sue costruzioni sul
fianco del monte per farne solo una piattaforma per il suo monumento
funebre, cui si accedeva dalla immensa scala che ancora si vede.Con
lui, col professor Netzer, il maestro, ci dedicammo a segnare le
pietre che avrebbero dovuto essere trasportate al Museo per la
mostra. La voleva subito, immediatamente. Era fatto così Ehud
Netzer: una pazienza e poi una fretta infinite. E gli dicemmo, io e
Silvia Rozemberg, come me incaricata dal Museo: va bene, professore,
abbia pazienza, ci vorrà qualche mese. Dopo aver scelto pietre e
stucchi, lui tracciò alcuni bei disegni di ricostruzione del
mausoleo, enorme e imponente, per Erode il monumento che avrebbe
firmato per sempre il deserto della Giudea presso Gerusalemme. Il
professore si appoggiò al muretto più alto del teatro, che crollò,
Precipitò sotto i nostri occhi.Dopo tre giorni di cure, morì. La
mostra è dedicata a lui”.L! a mostra, al museo di Israele,
visitabile fino al 5 ottobre, è intitolata: Erode
il Grande, il viaggio finale del Re.
E si scopre un mondo, quello del nesso fra Impero Romano e vitalità
della Giudea, racchiuso in un uomo pazzo e grandissimo, Erode. Un re
geniale e terribile, che nella fine tragica di Netzer, il padre di
ogni scoperta su questa figura dell’era di Augusto in Medio
Oriente, risulta ancora più circondato dalla luce nera della
nemesi. La mostra, che ha richiesto due anni di preparazione e
il rafforzamento delle fondamenta della parte del museo dove poggia
il peso delle ricostruzioni, consta di 250 reperti che raccontano la
storia di un personaggio narrato per filo e per segno soprattutto da
Flavio Giuseppe, che di lui però ricorda soprattutto l’astuzia e
la violenza, un tiranno che uccise l’amata moglie Mariamma e i due
primi figli, che usava il pugnale e lo strangolamento per ogni
sospetto di a! mbire al suo potere, che combatté per il proprio
potere sotto l’aquila romana, prima amico di Marco Antonio, poi,
dopo la sua sconfitta, il migliore amico di Augusto e di Agrippa, il
suo generale. Poco prima di morire chiese a sua sorella Salomé di
uccidere tutti i suoi fedeli di corte a Jerico, perché la
successione al trono, che aveva accuratamente predisposta, non fosse
affollata. Oggi, grazie alle sue pessime public
relations,
quando si dice Erode, dunque, si dice “crudele” e anche “pazzo”
anche perché lo si confonde con quello della “strage degli
innocenti”, il figlio. Ma la storia è tutta diversa: Erode il
grande dominò la Giudea dal 37 al 4 avanti Cristo, e i suoi 33
floridi anni di regno sono punteggiati innanzitutto dalla sua
determinazione a costruire fantastici, sontuosi, sofisticati edifici
pubblici e dimore che ancora oggi punteggiano Is! raele nelle
locazioni più strane. Lo fece con i materiali migliori, gli
architetti più alla moda: le sue case, e se ne trova traccia,
mostrano una predilezione per i bei dipinti e le vasche da bagno fra
cui una magnifica, di marmo, che gli donò Ottaviano. Le sue cucine
fornite di vini della Campania e mele di Cuma (conservati in giare
etichettate con la data, come anche il profumo di balsamo di Gerico,
forse destinato a Cleopatra ai tempi di Marco Antonio) e la sua
tavola sempre bandita per Agrippa, Augusto e i loro amici mandavano
un messaggio: “Io sono uno di voi, accomodatevi”. Se
si guarda alle costruzioni di Erode, però, si capisce che il re
aveva in mente la bellezza del suo paesaggio, la Giudea. Voleva
l’amore dei suoi compatrioti ebrei: costruì il Secondo Tempio, la
cui unicità vive ancora nel Muro del Pianto, fu lui a erigere Masada
sul Mar Morto, lui a costruire tre castelli a Gerico. Gerusalemme al
su! o tempo era una metropoli fiorente, ornata da alte torri, gioiosa
nei suoi teatri, nelle terme e nel suo grande ippodromo. Cesarea fu
una sua gloriosa invenzione, costruì un immenso palazzo dentro
l’acqua, e anche là ippodromi, teatri… una città mediterranea
con ambizioni internazionali. L’opus
sectilis e
l'opus reticolato li
ha importati lui, i bagni venivano costruiti col materiale duro delle
stalattiti e delle stalagmiti, il marmo non gli interessava, usava
enormi blocchi di pietra, tutti firmati con una cornice. E poi venne
l’Herodion.Nel deserto a pochi chilometri da Gerusalemme, nel
40 a.C. un evento nella vita tumultuosa di Erode lo segnò per
sempre: sua madre, l’adorata Cyprus, durante una fuga dai Parti che
avevano occupato Gerusalemme! , fu quasi uccisa da un incidente di
carrozza. Erode ne fu travolto e quasi si suicidò, per poi subito
riprendersi e decidere che ripreso il potere vi avrebbe costruito la
dimora col suo nome, avrebbe fatto fiorire il deserto e controllato
Gerusalemme, avrebbe deliziato i suoi ospiti. Ne uscì un capolavoro,
di nuovo fornito di tutte le strutture pubbliche e private più alla
moda del tempo. Ma giunto vicino alla morte, ormai alla tarda età di
65 anni, malato e solo, decise di farne un mausoleo monumentale.
Organizzò un corteo funebre di 40 chilometri dal castello di Gerico
all’Herodion. Fece distruggere tutti i suoi palazzi costruiti sul
fianco della montagna, e vi giustappose tanta terra che le rovine
presero la forma della nuda montagna che si vede oggi. E, in mezzo,
la scalinata e il mausoleo che oggi, con ammirazione, vediamo
ricostruito dentro il Museo d’Israele.Quando Netzer trovò
il monumento e i tre sarcofagi oggi pazientemente ricostruiti, fra
cui que! llo regale di pietra rossastra, senza nome, le sue rose, i
suoi stucchi, tutto era ridotto a pezzi da feroci colpi di piccone.
Gli ebrei odiarono il giogo romano, odiarono Erode. Ma pochi anni più
tardi, nel 70 d.C., la mancanza di un leader che come lui sapesse
tenere alta la testa della Giudea e avere inevitabilmente a che fare
con Roma, causò la distruzione del Secondo Tempio, la fine di
Gerusalemme. Strano che Obama, nella sua recente visita, non ci abbia
voluto dare un’occhiata. Il
Giornale, 28
marzo 2013 F.Nirenstein
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