martedì 26 marzo 2013
L'edicola di
Varsavia. E la nostra
Un’immagine,
scattata dal grande fotografo Roman Vishniac, forse più di ogni altra
simboleggia la condizione degli ebrei di Varsavia alla vigilia della
Shoah. Con i nazisti sulla soglia e il ghetto che serrava le sue porte
mortali, una festosa edicola sbandiera tutti i 27 giornali quotidiani
che gli ebrei di quella città continuavano imperterriti a mandare in
stampa. Ventisette quotidiani. Per non contare i periodici. Una
straordinaria dimostrazione di creatività, una bella prova di
pluralismo.Qualche volta provo a contarli, come fossero pecorelle, subito prima di
prendere sonno. Ci sarà stato quello religioso e quello laico, ci sarà
stato quello colto e quello popolare, ci sarà stato quello sionista e
quello antisionista, quello in polacco e quello in yiddish. Ma c’è
sempre qualcosa che sfugge, non riesco ad arrivare a ventisette e il
sonno mi coglie prima di ultimare la conta. Da allora molte cose sono
accadute, anche se gli ebrei non hanno perso il gusto di polemizzare,
talvolta a sproposito, talvolta un tantino sopra le righe, di
dividersi. Ma dopo la Shoah, la nascita dello Stato di Israele e la
conquista dei pieni diritti, della piena dignità in seno alle società
democratiche, qualche lezione l’abbiamo imparata.Oggi possiamo dire che nel mondo progredito non esiste luogo dove non
ci si sia dotati di un giornale ebraico professionalmente credibile,
leggibile per la società esterna che guarda con interesse ai temi
ebraici, scritto dai suoi redattori, bilanciato fra contenuti
informativi di conoscenza e approfondimento e libera espressione di
opinioni qualificate. Un giornale ebraico che sia la casa di tutti e
dove le stesse regolare valgano per tutti. Che guardi oltre il modello
dei fogli parrocchiali. Che sappia rendere la gioia della propria
identità e non solo un cupo senso di pessimismo e di oppressione.
Esiste, ovviamente in grandi comunità come quella britannica. Ma anche
in Germania, in Argentina, in Olanda, in Svizzera, in Austria, in
Croazia. Anche l’Italia, dove spesso, anche nell’epoca della
globalizzazione, si parla dei problemi schivando il confronto con la
realtà esterna, si è infine faticosamente adeguata in tempi recenti. E
non solo con la nascita di mezzi di informazione nati proprio attorno a
questa volontà di apertura e di crescita. Ma anche per l’evoluzione dei
mezzi comunitari, che sono molto cambiati, da quando esiste Pagine
Ebraiche.Il progresso è sotto gli occhi di tutti, la crescita professionale
innegabile. E per di più voci un tempo rigorosamente condannate al
silenzio si vedono offrire un piedistallo per esprimersi senza freni a
ruota libera. Un passo avanti importante, che come tutti i progressi
porta con sé qualche prezzo da sopportare. Come l’entusiasmo dei
neofiti del pluralismo, convinti che l’Italia ebraica, più che di uno
spazio per ragionare, senta il bisogno di pifferai magici.g.v,http://www.moked.it/
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La storia questa sconosciuta
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