*Niente paura, non durerà più di due puntate, come nelle miniserie Rai
martedì 26 marzo 2013
Tea for Two -
Laureande disperate (prima parte)
Un
anno fa aprivo pigramente il Corriere della Sera e leggevo un
esilarante articolo di Alessandro Piperno sull'Anonimo Triestino o
meglio, Giorgio Voghera, scrittore del caso letterario del 1961: Il
Segreto. Libro oramai praticamente introvabile. Qualche mese più tardi,
il direttore di questa testata mosso da quella che impropriamente
chiamo 'ciccitudine' (atto di bontà immotivato), mi regala Il Segreto.
Poche ore dopo assisto a una conferenza di Claudio Magris nella quale
cita distrattamente Giorgio Voghera. Il libro è nella mia borsa. Come
direbbe Dante: "Scolorocci". Mesi di errabonde visite all'università mi
conducono nello studio del relatore della mia tesi, un professore di
quelli che si incontrano poche volte nel proprio percorso formativo.
Dopo avergli proposto un argomento un tantino complesso (una strana
poltiglia che suonava come "Il conflitto tra identità italiana ed
ebraica in alcuni scrittori del Novecento") - me tapina -, mi propone
di dedicarmi a uno scrittore triestino poco conosciuto dal grande
pubblico: Giorgio Voghera. A quel punto mi arrendo al destino, Giorgio
Voghera sia. Seguono mesi che nei film monterebbero a rallentatore con
il sottofondo di Time after time, come nel dipanarsi di una storia
d’amore. Leggo Quaderno di Israele, il primo libro firmato senza
pseudonimo e ne sono totalmente stregata. Vorrei piangere perché parla
di ebraismo italiano e ne ha capito quasi tutto e non ha paura di
mostrarne vizi e virtù. Per quanto Montale lo definisca un egolatra,
Voghera non guarda il proprio ombelico; è libero e la sua libertà
libera anche me. Racconta della sua Trieste, dei suoi amici; gente come
Roberto Bazlen, Umberto Saba e Virgilio Giotti per intenderci. Uno che
alle volte è stato compagno di banco di Leo Castelli, prima che
diventasse il gallerista più cool di New York e dava ripetizioni a
Linuccia Saba tirandole le orecchie. Trasloco qualche giorno al Centro
di Cultura Ebraica e mi imbatto in un saggio di Alberto Cavaglion che
riassume in cinque pagine il lavoro letterario di Voghera ed apre mille
porte nelle quali mi vorrei fiondare. Sono completamente preda degli
eventi, una febbre d’amore da soap opera in fascia pomeridiana. Fare
delle ricerche è devastante e appagante allo stesso tempo. Divento
distratta, nervosa, adrenalinica e assonnata (il potere confortante
dell’allitterazione). Bevo succhi di frutta alla Biblioteca Nazionale e
litigo con i microfilm alla ricerca di articoli di giornale. Devo
essere seria, eppure delle volte vorrei semplicemente vedere serie tv
in pigiama e non pensare a lei, la Tesi. Che incombe. Ansia. Pecco di
Ybris e penso a Micol Finzi Contini che scrive la sua su Emily
Dickinson. Ma la patina di magia che ha ricoperto l’intero periodo è
destinata a colpire ancora.Rachel
Silvera, studentessa -http://www.moked.it
-To be continued…-
*Niente paura, non durerà più di due puntate, come nelle miniserie Rai
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