mercoledì 16 gennaio 2013


Stamattina dalla mia finestra: le Apuane innevate
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Terrorismo, variabile indipendente - Alcuni commenti dalla stampa israeliana 
Scrive Amos Gilboa, su Ma'ariv: «C’è chi sostiene che il processo diplomatico influenza il terrorismo. Ma sbaglia: la storia dimostra il contrario. Lo stallo diplomatico non porta a una diminuzione del terrorismo (né a un suo aumento), così come la conduzione di negoziati non impedisce (né incrementa) il terrorismo. Il principale fattore che fa diminuire il terrorismo è l’efficacia dell’apparato difensivo di Israele. I processi diplomatici, sia approfonditi che superficiali, sono sempre una cosa buona e importante, ma non rappresentano necessariamente una ricetta utile contro il terrorismo».(Da: Ma’ariv, 14.1.13)
Scrive Boaz Bismout, su Yisrael Hayom: «Non soltanto in Israele il terrorismo è al centro dell’attenzione. Durante lo scorso fine-settimana un paese come la Francia ha aperto ben due fronti in Africa: una fallita operazione per la liberazione di un ostaggio in Somalia e un’operazione nel Mali che sembra destinata a durare dei mesi. Ma non si odono analisti e opinionisti sostenere che l’operazione nel Mali ha il solo scopo di distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica dal dibattito economico e sociale e dalle questioni interne; né si odono analisti e politici denunciare un uso sproporzionato della forza da parte delle forze francesi o il pericolo che esse possano causare vittime civili innocenti. Quando si tratta della guerra al terrorismo si applicano regole specifiche, ma questo evidentemente non vale per tutti i paesi».(Da: Yisrael Hayom, 14.1.13)
Dan Margalit, su Yisrael Hayom, contesta le recenti critiche mosse dall’ex primo ministro Ehud Olmert all’attuale governo israeliano. Circa l’accusa di Olmert che il governo Netanyahu avrebbe sprecato troppi miliardi di shekel per una ipotetica operazione militare contro il nucleare iraniano, l’editorialista nota che quei fondi sono stati investiti per rafforzare le Forze di Difesa israeliane, e aggiunge: «Senza quegli investimenti, nessuno al mondo avrebbe imposto severe sanzioni all'Iran». Circa le critiche di Olmert alla gestione dell’operazione anti-terrorismo “Colonna di nube difensiva”, Margalit scrive: «L’operazione è stata gestita in modo più prudente e accorto dell’operazione “Piombo fuso” del gennaio 2009, e ha portato agli stessi risultati con meno vittime e meno condanne internazionali». L’editoriale respinge anche categoricamente l’idea che Olmert sarebbe potuto arrivare a un accordo di pace con i palestinesi e ricorda ai lettori che fu Abu Mazen a lasciar cadere l’offerta di pace israeliana».(Da: Yisrael Hayom, 13.1.13) http://www.israele.net/

Israele: per Festival danza del ventre anche da paesi arabi
(ANSA) - TEL AVIV, 14 GEN - Dalla Turchia, dall'Egitto, dalla Giordania: la danza del ventre sembra non conoscere confini ne' conflitti. Almeno a giudicare dalla partecipazione che gli organizzatori del Festival internazionale di danza del ventre dicono di attendere per l'evento in programma dal 16 al 19 gennaio ad Eilat, sulla sponda israeliana del Mar Rosso.
Per la manifestazione - riporta il sito Ynet - dovrebbero arrivare 950 partecipanti provenienti sia da Israele sia da 30 altre nazioni di tutto il mondo. E, proprio per rimarcare che il ballo appare al di sopra dei contrasti, Orit Maftsir, una delle organizzatrici del Festival e danzatrice di livello mondiale, ha detto che non ci sono state cancellazioni da parte di artisti stranieri nonostante le recenti operazioni militari a Gaza.Clou dell'evento - spiega il sito - sara' l'arrivo di danzatrici del ventre e maestri dai ''paesi arabi che non hanno paura di venire in Israele e far vibrare i lori fianchi per la pace''. ''Oltre alle relazioni culturali che crea tra le nazioni della regione, il Festival - ha spiegato un altro degli organizzatori -aiuta anche a rafforzare le relazioni tra i popoli''.

 

Israele: striptease elettorale in onda 

Nel filmato elettorale del partito israeliano Calcala, ("economia"), mostrato alla tv,  appare una ragazza di nome Linn, la quale elenca le moltiplici imposte che i cittadini d'Israele devono pagare. Ad ogni imposta nominata Linn si toglie un capo del proprio abbigliamento. Alla fine rimane solo in biancheria intima. Nel momento in cui toglie il reggiseno appare la scritta “Il governo ci spoglia!”. Dopo questo i fondatori del partito, i fratelli Benny e Daniel Goldstein, la coprono e promettono agli elettori che il governo non li svestirà più.Il movimento contro il razzismo ha consegnato la petizione al comitato elettorale dove si dice che tale pubblicità mina lo status della donna e trasforma i filmati elettorali in una sciocchezza.http://italian.ruvr.ru/
Video: http://www.youtube.com/watch?has_verified=1&v=SoIudRgEc0M&feature=player_embedded&oref=http%3A%2F%2Fwww.youtube.com%2Fwatch%3Ffeature%3Dplayer_embedded%26v%3DSoIudRgEc0M%26oref%3Dhttp%253A%252F%252Fwww.youtube.com%252Fwatch%253Ffeature%253Dplayer_embedded%2526v%253DSoIudRgEc0M%26has_verified%3D1&has_verified=1

 

Israele: elezioni; Haaretz in arabo, 'arabi, votate'
(ANSAmed) - TEL AVIV, 15 GEN - Il quotidiano Haaretz pubblica oggi un insolito e appassionato editoriale in arabo (con la traduzione in ebraico) per incoraggiare la minoranza araba in Israele a partecipare in massa alle elezioni legislative della settimana prossima.Negli ultimi decenni la percentuale di voto fra gli arabi israeliani (che rappresentano il 20 per cento della popolazione) e' andata calando sistematicamente, dal 70 per cento degli anni Novanta al 53 per cento delle ultime politiche, nel 2009.''Gli appelli al boicottaggio del voto sono preoccupanti'', nota Haaretz, con un riferimento alla linea politica del Movimento islamico nel Nord di Israele. Il giornale sollecita il pubblico arabo a vincere i sentimenti di ''demoralizzazione'' diffusisi dopo quattro anni di governo della Destra, e a partecipare in massa al voto ''per il bene di quanti credono nella democrazia in Israele, ebrei ed arabi''. ''Votate dunque: per la pace, per l'eguaglianza, per la democrazia''.Nella Knesset uscente vi erano 15 deputati arabi e drusi su 120 parlamentari: dieci in partiti prevalentemente arabi e altri cinque in partiti prevalentemente ebraici.

 

Lo ska anti-partiti che sta facendo ballare Israele (e arrabbiare i politici)

I versi sono quelli scritte da Meir Ariel un mese prima di morire e poche settimane dopo la vittoria dell’allora laburista Ehud Barak alle elezioni del 1999. Per quattordici anni il “lamento contro i partiti israeliani” del cantautore che da queste parti considerano il loro Bob Dylan non ha trovato la musica per essere cantato. Adesso che altre elezioni si avvicinano (manca una settimana) il gruppo hip-hop Hadag Nahash ne ha fatto un inno dell’antipolitica: a ritmo ska e  microfono aperto"I partiti prostitute del potere che ricevono uno stipendioSe non fosse per i soldi non si preoccuperebbero che la nave colpisca un icebergNon vi sopporto più"
La musica ricorda (e sbeffeggia) quella dei jingle per la propaganda dei candidati che in questi giorni stanno passando su tutti i canali televisivi. Il 25 per cento degli israeliani è ancora indeciso, la protesta sociale (per il costo degli affitti e i tagli al welfare) di due anni fa con l’accampamento di tende sotto le jacarande di viale Rotschild a Tel Aviv non sembra aver trovato un partito di riferimento. La canzone di Hadag Nahash fa risuonare la rabbia di quei mesi.La band, formata a Gerusalemme negli anni Novanta, ha sempre scelto l’impegno. Nel 2004 ha chiesto allo scrittore David Grossman di comporre i testi per Shirat Hasticker (la canzone degli sticker): mette in sequenza gli slogan degli adesivi che tutti gli israeliani appiccicano sul paraurti delle auto, ogni parola consacra la “tribù” ideologica di appartenenza.Gli Hadag Nahash cantano anche in inglese, sono diventati popolari all’estero e vengono considerati ambasciatori della cultura israeliana. Una contraddizione per il gruppo che si considera anti-tutto e di certo anti-establishment. Così il leader Sha’anan Streett ha risposto alla rivista Forward: “I complimenti che posso fare ai potenti israeliani sono molto pochi. Ma il nostro Paese è una democrazia e possiamo cantare quello in cui crediamo. Per loro è un buon sistema per dimostrare che anche chi è contro può avere successo”. VIDEO: http://dispacci.corriere.it/2013/01/14/lo-ska-dellantipolitica-che-sta-facendo-ballare-israele/


Israele, tre nuove centrali fotovoltaiche nel deserto

(ANSA) - ROMA, 14 GEN - Tre nuove centrali fotovoltaiche verranno costruite nel deserto del Negev in Israele per una potenza complessiva di 18 megawatt. A realizzarli sara' l'EDF Energies Nouvelles Isral, societa' controllata dal gigante dell'energia EDF, leader mondiale dell'energia rinnovabile.Ben 75.000 pannelli solari verranno posizionati, entro sei mesi, tra i comuni di Gvulot, Nathal Oz e Lahav per un investimento di 55 milioni di euro.''Abbiamo preso questa decisione strategica a lungo termine - ha dichiarato Alain Vaniche, direttore di EDF Energies Nuovo Israele - per le enormi possibilita' che ha Israele nel campo dell'energia''.


Quel treno che arriva dall’inferno dell’Europa 
Giugno 1942. Un treno carico di militari dell’Armir, il corpo di spedizione italiano in Russia, partito da Bologna e diretto a Stalino, in Ucraina, incrocia alcuni convogli di civili che viaggiano in senso opposto. Il sottotenente genovese Enrico Chierici, della Sezione fotografi dell’Ottava Armata,  filma la scena con la sua cinepresa personale, formato 9,5. Il filmato, della durata di 20 minuti, restaurato da Home Movies, l’archivio nazionale del film di famiglia, con la collaborazione dell’Istituto Parri, è stato presentato nel capoluogo emiliano il 12 gennaio.Le immagini inedite arrivano dal cuore dell’Europa durante il secondo conflitto mondiale. A Bobruisk, in Bielorussia, il treno è piantonato da soldati tedeschi. Sui vagoni e sul marciapiede s’intravedono diverse famiglie: uomini, donne, ragazzi. Si tratta di ebrei? O di deportati civili? La mancanza della stella gialla sugli abiti e il fatto che i carri non siano piombati, ha dichiarato Marcello Pezzetti a Paolo Brogi sul “Corriere della Sera”, porterebbe ad escludere la prima ipotesi.Comunque sia, questo filmato che spunta dal lontano passato è l’occasione per aprire una questione storiografica interessante. Nei territori dell’ex Unione Sovietica i nostri militari vennero per la prima volta a contatto con il dramma della Shoah e con la violenza dei tedeschi nei confronti degli ebrei. E quando tornarono a casa, rivelarono ai familiari e ai commilitoni quello che avevano visto: fucilazioni, deportazioni, stragi.Le informative degli agenti dell’Ovra, gli spioni del regime, testimoniano abbondantemente le parole dei soldati italiani al loro rientro in patria. Anche attraverso questa fonte diretta (oltre che dalle relazioni di alcuni diplomatici), il regime di Mussolini conosceva la sorte degli ebrei che finivano nelle mani dei nazisti.E a quanto pare l’archivio del fotografo Chierici, scomparso nel 2001, contiene nuovo materiale ancora da esaminare. Altre storie da quegli anni terribili, altri volti, altre immagini dell’Europa funestata dalla guerra, dalla crudeltà e dall’antisemitismo.Mario Avagliano twitter @marioavagliano ,http://moked.it/


                                 Jeremy Gimpel
Israele al voto - Inglese, la nuova frontiera 

È dal 1984 che nel Parlamento israeliano non siede un deputato nato negli Stati Uniti; quasi trent’anni dopo, la Knesset potrebbe vedere di nuovo assegnare qualcuno dei suoi seggi a candidati di lingua madre inglese.  Si calcola che attualmente siano circa trecentomila gli israeliani che parlano l’inglese come lingua nativa. Sebbene campagne a essi mirate non siano una novità nello Stato ebraico, gli analisti notano che mai come quest’anno lo sforzo di raggiungere questo bacinoelettorale si sia fatto intenso e sofisticato. Il quotidiano online Times of Israel sottolinea come i candidati di origine statunitense proposti nelle liste di vari partiti (come Jeremy Gimpel di Habayit Hayehudì, Alon Tal di Hatnua e il rabbino Dov Lipman di Yesh Atid) organizzano eventi elettorali nei salotti degli americani d’Israele, mentre i loro leader tengono sempre più comizi in inglese.Nonostante siano portatori di visioni politiche diverse, Gimpel, Tal e Lipman concordano che in generale i cittadini israeliani di origine americana tengono a rafforzare i valori democratici dello Stato, e a risolvere il problema dell’eccessiva frammentazione delle sue istituzioni politiche. E mentre una parte di loro appartiene all’ebraismo modern orthodox e sostiene con entusiasmo il sionismo religioso più radicale e gli insediamenti (caratteristiche che rappresentano lo stereotipo dell’americano in Israele agli occhi di molti sabra), in tanti hanno idee differenti.Se è vero che l’Aliyah dagli Stati Uniti cresce sempre di più, qualcuno si domanda se arriverà il momento in cui gli americani seguiranno l’esempio degli immigrati dall’ex Unione Sovietica e fonderanno il proprio partito (nel caso russo si trattò di Yisrael Beytenu). Ma molti notano che, pur identificandosi in modo particolare con i candidati che condividono il loro stesso background, a stelle e strisce, questi nuovi cittadini tendono a inserirsi nella società israeliana generale molto più degli olyim russi.“C’è una certa attitudine degli immigrati americani a sforzarsi di essere più israeliani degli israeliani stessi – ha spiegato al Times of Israel Gil Troy, già professore di storia della McGill University, oggi docente al Jerusalem’s Shalom Hartman Institute – Poiché molti di loro provano frustrazione per l’inadeguatezza del proprio ebraico, vogliono cercare di compensare la situazione evitando di porsi come comunità separata”.Rossella Tercatin twitter @rtercatinmoked,http://moked.it/