sabato 3 gennaio 2009


Come Stalin creò Israele

Un libro, frutto del lavoro sui documenti "declassificati" del Ministero degli Esteri russo porta elementi inediti nella ricostruzione della spartizione del 1948

Mi permetto una volta ogni tanto un off topic anch’io, giustificato dall’emergenza internazionale che vede coinvolti Medio Oriente, Europa, Stati Uniti e Russia nella crisi di Gaza. Lo faccio per parlare di un libro che mi è stato inviato, ho letto e ho trovato particolarmente interessante. L’autore è un giornalista russo; e nell’introduzione alla traduzione italiana Enrico Mentana scrive che “a volte il lavoro di un giornalista…riesce a colmare anche le lacune degli storici. Accade soprattutto quando gli studiosi anno per scontato o accantonano un dato evidente per il tempo in cui vivono. Succede poi che quell’evidenza si stemperi negli avvenimenti successivi, fino a scomparire dalla memoria comune e dai manuali”. E’ il caso del ruolo decisivo giocato dallo stato sovietico nella nascita dello stato ebraico. Un ruolo che dagli anni ’50 in poi nessuno aveva più interesse a ricordare; né Washington, sempre più legata a Israele, né Mosca, che era diventata il punto di riferimento per i paesi arabi opposti a Israele. Scrive ancora Mentana: “La gran parte dei nostri contemporanei crede che Israele sia nata sulla scia dell’emozione per la scoperta dell’Olocausto; ma così non è stato. Né per l’Occidente , che stava riposizionando ex nemici ed ex alleati, né per il Cremlino dove l’unico che decideva non era certo tipo da impressionarsi per gli stermini altrui. Il fatto che Auschwitz sia stato scoperto e liberato dai soldati a cavallo dell’Armata Rossa ci rimane ormai solo dalla testimonianza indelebile di Primo Levi. Nessuna propaganda lo ha mai più enfatizzato: una rimozione eloquente”. E’ una semplificazione dire che se non ci fosse stata l’Urss di Stalin, “Koba il Terribile”, con i suoi voti che fecero pendere a favore della nascita di due stati la votazione all’Onu, che altrimenti si sarebbe bloccata sulla parità, facendo fallire il progetto; ma è vero. Anche se poi quella luna di miele durò pochissimo, grazie anche alla politica antisemita del Cremlino, che impediva, fra l’altro, agli ebrei russi di emigrare. Nelle pagine di Leonid Mlecin si vede anche quale ruolo abbia avuto l’Urss nel permettere ai sionisti del 1948 di comprare dalla Cecoslovacchia le armi essenziali per combattere gli eserciti arabi . Così come si scopre dal libro un dato che ai giorni nostri certamente non è evidente, e cioè che negli Stati Uniti del XX secolo l’antisemitismo e la discriminazione verso gli ebrei erano pane quotidiano. Poi la storia con la sua ironia ha rovesciato molte carte. Dall’Urss, parsimonioso nel concedere visti agli ebrei verso Israele, la dissoluzione dell’impero “ha portato – scrive Mentana – nell’arco di un decennio quasi un milione di russi di discendenza ebraica a utilizzare la ‘legge del ritorno’ per stabilirsi in Israele. Un terzo di loro non è ebreo”. E anche questo è un dato interessante.2.1.09, http://www.lastampa.it/

venerdì 2 gennaio 2009

Cerimonia di inaugurazione del Master internazionale in didattica della Shoah. Roma Tre

Dipartimento di Scienze dell'educazione
Master internazionale di secondo livello in didattica della Shoah
(storia, memoria, ricordo, filosofia, letteratura, arte, religione, psicologia del profondo e scienze sociali)

Il direttore: e. mail meghnagi@educ.uniroma3.it; mastshoah@uniroma3.it

mercoledì 31 dicembre 2008

Il Consiglio di Sicurezza ONU deve capire che sta incoraggiando Hamas e gli altri estremisti
Ricevo dall'ADL (Anti-Defamation League) Pubblicato il 30/12/08
Negli ultimi giorni abbiamo dovuto lavorare duro per le critiche ingiuste e false contro Israele che sta lavorando per proteggere i suoi cittadini dal terrorismo di Hamas. Israele ha bisogno del tuo aiutoadesso:http://support.adl.org/site/PageServer?pagename=Gaza_Letter_to_UN_2008_2009 Firmate e diffondete questa petizione, soltanto i campi nome, cognome ed email sono obbligatori, gli altri sono facoltativi. Siamo particolarmente sconvolti dal fatto che il Consiglio di Sicurezza dell'ONU, in un atto di volgare ipocrisia, ha fatto un comunicato suggerendo "uguaglianza" tra il terrorismo di Hamas ed i tentativi di Israele di eliminarlo. Il comunicato ignora il diritto fondamentale di Israele a difendersi ed a proteggere il suo popolo. Abbiamo bisogno di migliaia di persone che firmino la nostra petizione http://support.adl.org/site/PageServer?pagename=Gaza_Letter_to_UN_2008_2009 Il Consiglio di Sicurezza deve capire che sta incoraggiando Hamas e gli altri estremisti la cui ideologia mira a colpire lo Stato di diritto ed a contrastare la democrazia. Il Consiglio di Sicurezza deve capire che questo è un momento critico nella lotta contro il terrorismo islamico. Il neo-Presidente Obama ha detto alcuni mesi fa: "Se qualcuno sparasse razzi nella mia casa mentre le mie due figlie dormono la notte, farei tutto quanto è in mio potere per impedirlo. E mi aspetto che gli israeliani facciano la stessa cosa". Ed il portavoce della Casa Bianca questo fine settimana ha detto: "Israele sta difendendo i suoi cittadini contro i terroristi come Hamas". La Comunità internazionale e tutti quelli che vogliono lo Stato di diritto, la moderazione e la democrazia devono stare con Israele, così come fanno gli Stati Uniti, in questo sforzo di vincere contro gli estremisti, che non minacciano soltanto Israele, ma tutto il Medio Oriente e l'intero mondo civilizzato. Il Consiglio di Sicurezza deve parlare forte e chiaro a sostegno del legittimo diritto di Israele di difendersi contro il terrorismo. Sinceramente, L'Anti-Defamation League Traduzione di In Difesa di Israele indifesadisraele@gmail.com

martedì 30 dicembre 2008


MORDECAI RICHLER: LE MERAVIGLIE DI ST. URBAIN STREET

di Ed. Adelphi S.p.A.
“Ma nella stessa edicola comprammo una pagina con su stampati quattro maiali. Piegando il foglio secondo le istruzioni, i deretani dei quattro maiali formavano la faccia odiosa di Hitler”.
Dopo il clamoroso successo de “La versione di Barney” (2000) la Casa editrice Adelphi sta pubblicando l’opera omnia di Mordecai Richler, il grande scrittore ebreo canadese, morto settantenne, nel 2001, all’apice della fama: uno scherzo del destino che sembra scappato dalle sue pagine. Nei mesi scorsi è uscito questo agile libretto, nato nel 1969 col titolo sintetico di “The Street”, per antonomasia. L’A. vi raccoglie, narrandole in forma confidenziale e con linguaggio immediato, le storie del quartiere di Montreal -in cui trascorse l’infanzia e la prima giovinezza- che, fino agli anni ’60 del Novecento, ospitava una vivacissima comunità ebraica. Quel luogo in cui “partire in vantaggio era tutto”, i rivali erano i franco-canadesi, ma i più temuti ed odiati erano i WASP. Ora purtroppo, avverte Richler nel Proemio, gustosissimo, se pur velato di malinconia, “The Street” non esiste più: quando egli vi ritornò, nel 1968, in compagnia della moglie, come “canadese a riposo” essa era divenuta una…riserva greca.
Ma, negli anni gloriosi, Saint Urbain era la “nostra strada”. Sant’Urbano. “Una delle cinque strade di un ghetto d’impronta proletaria tra la Main e Park Avenue. Cinque strade in apparenza intercambiabili, ma tra l’una e l’altra, a ben vedere, erano visibili le differenze di reddito. St. Urbain era la migliore; magari simile alle strade / ghetto di Chicago o NewYork, con la differenza, proclama Richler con orgoglio canadese, che noi avevamo un re!
Le vicende raccontate si intrecciano l’un l’altra nella massima libertà; cosicché, come è scritto anche nella quarta di copertina, si può aprire il libro a caso, senza pericolo di falsarne l’anima.
Con l’irresistibile spirito Yiddish è ritratta una variegata umanità come vista da un ragazzino dotato, fin dai primi anni, di un forte spirito polemico e di osservazione, alle cui battutacce nulla e nessuno sfuggono. I Nonni materni: lui studioso del Talmud, uomo giusto e pio (uno Zadik); lei, molto bella da giovane, che muore dopo lunga malattia, assistita dalla madre di Mordecai, con grave pregiudizio per la sua salute psico-fisica e nell’interzia degli altri parenti. Le diverse figure di commercianti, tra le quali spicca Tansky (titolare di un esercizio di bar tabacchi): idee progressiste, un comunista idealista, insomma, la cui clientela era costituita soprattutto da ambulanti ebrei. Di sua proprietà era la scassata cabina telefonica color marrone, una vera istituzione per il vicinato; infatti se ne servivano i numerosi che, allora, non avevano il telefono in casa. Detta cabina era istoriata da scarabocchi che “tendevano all’esuberanza pornografica e alla vanteria”.
A Tansky si contrapponeva certo Myerson, suo diretto concorrente; nel locale di costui tuttavia non andava mai nessuno perché egli era scorbutico, viperino. Di conseguenza sempre più invidioso man mano che il tempo passava. Figura carismatica per eccellenza, in quegli anni d’anteguerra, era il dottore, professione considerata, erroneamente (chiarisce ridacchiando lo scrittore), l’apogeo della cultura e della raffinatezza.
E poi gli amici, con i quali vengono compiute fantastiche scorribande, come quella di trasformare una spiaggia, già “riservata ai gentili”, come recita il cartello all’ingresso, a “spiaggia riservata ai lituani”, come avverte il medesimo cartello, corretto alla bisogna. Nell’allegra compagnia spicca un personaggio che ritroviamo nell’universo di Richler: Duddy Kravitz, il lazzaroncello ebreo, famoso per lo spiccato senso degli affari. Lo si può definire un autentico “tuttologo” nell’arte di arrangiarsi; a cominciare dalla sua esperienza nella cosiddetta arte del bacio, sulla quale scrive trattati (che poi vende agli amici per un dollaro), millantati come di sicura efficacia. Questi…consigli, pur lasciando il tempo che trovano, tuttavia non sono privi di un certo acume psicologico; ad esempio, va tenuta ben ferma la seguente regola d’oro: se ci si reca ad una festa, non si invita a ballare la ragazza più carina, da buon….salame. Si punta sulla “numero tre”, poiché le prime due creano affollamento e ciò non lascia possibilità ai diversi concorrenti. Non manca l’incontro, tra una bravata e l’altra, con i profughi tedeschi ed austriaci, provenienti dalle principali città austriache o tedesche, prigioniere dell’orrore nazista. Il giovanissimo protagonista ha modo di accorgersi che questi ospiti, contrariamente “ai nostri nonni originari dagli shtetlekh della Galizia”, erano persone assai raffinate, che conoscevano alla perfezione l’inglese, ma che tra loro conversavano in tedesco (!!!), disprezzavano il Canada, considerato nient’altro che una terra di passaggio¸ in attesa del visto per gli States. Il periodo della guerra in Europa porta in sé alcune curiose contraddizioni: esso infatti coincide con un momento di relativa prosperità per gli abitanti della “Street”; i quali, tra l’altro, assistono alla trasformazione delle miserelle “shul”, dove per tanto tempo si erano recati a pregare, nella grande sinagoga con vetrate colorate. La guerra stessa è, per così dire, vista in seconda battuta attraverso i racconti di chi ritorna, come l’amico Benny; le narrazioni sono per lo più sintetiche, a volte quasi un botta/e risposta: “Com’è stato, laggiù?” “ Educativo”.
Con il raffinato -unico- umorismo tipico degli ebrei che sanno ridere di se stessi senza cedere a soggezioni di sorta, sono descritti i personaggi che entrano in casa dell’Autore, a seguito del fatto che i genitori, come altre famiglie del quartiere, per arrotondare le finanze, decidono di affittare una stanza (e la madre coltiva il segreto sogno di trovare un marito per la “cugina Bessie, poverina”).
Il primo pigionante è certo Herr Babinger. Ometto esile, curvo, con cranio lucente di calvizie, di poche parole, con un caratteristico intercalare teutonico (“Ach so”), pare vivere nell’ansia per la sorte di moglie e figlio, lasciati in Europa, dei quali nulla più sa. Ansia che tuttavia non gl’impedisce di prendere di mira il povero Mordecai, stigmatizzandone ogni comportamento perché inadatto ad un ragazzino della sua età, al punto di esasperarlo e suscitarne giustificate reazioni. Quest’uomo, ritenuto dai genitori la quintessenza del povero perseguitato, in realtà si dimostra d’animo perfido, oltre che di freddi sentimenti.
Altra figura colorita di ospite pagante è un giovane goy, originario di Toronto, di nome Mervyn Kaplansky, aspirante scrittore. Questi, 23 anni, piccolo, grasso, dai capelli neri ricciuti, conquista subito, grazie al pathos che emana la sua figura, il favore del protagonista e della madre di lui. Il romanzo con cui egli vorrebbe passare alla storia si chiama “Gli sporchi ebrei”; tutto un programma! Ma si tratta di un titolo ironico, fa osservare la madre al padre stupefatto. Non è ben chiaro se ci troviamo di fronte ad un artista o a qualcuno ricco di aspirazioni, ma povero di talento; Richler riporta con il consueto humour le opinioni del vicinato su questo futuro collega di Maxim Gor’kij “….quello sì, era uno scrittore. Questo ragazzo….” osserva Tansky dubbioso. Ad un certo punto Mervyn, anziché un editore, incontra una ragazza di famiglia ebrea ortodossa, i Rosen, disposti ad accoglierlo nel loro grembo; ma sarà costretto a fuggire in fretta e furia a causa di una frottola inventata per coprire il proprio fallimento.
E poi l’attività nel gruppo aderente a Habonim (“I costruttori”), l’organizzazione mondiale della gioventù socialista sionista, gli entusiasmi, per Eretz Israel, anzi Erets Yisroel (nonché per le graziose fanciulle che frequentano l’ambiente), visto come la “soluzione” contro l’antisemitismo; la raccolta dei fondi destinati a rinverdire il deserto o a comprare armi per la Haganah -ricavandovi, ove possibile, una…cresta di pochi centesimi bastevoli per la “matinée al Rialto”- . La grande emozione vissuta la sera del 29 novembre 1947 e i contrasti con coloro che, pur ebrei e al di là di ciò che era successo in Europa (“in Germania”), restavano contrari allo costituzione di uno Stato ebraico…. Lo sciogliersi di tante amicizie, complici i fatti della vita, a cominciare dalla fine delle scuole superiori, la conclusione malinconica di sentirsi estranei, come nel quadretto finale del libro.Da consultare, leggendo le voci una ad una per la suggestione che emanano, l’immancabile (nelle opere di Richler edite in Italia) breve glossario dei principali termini yiddish ed ebraici, dove puoi immaginare che un “Boyele” (Ragazzino), che si è fatto una scorpacciata di “Latkes” (Frittelle di patate tipiche della festa di Hanukkah), sarà oggetto dei rimproveri di una “Yente” (Donna bisbetica e brontolona).
Mara Marantonio Bernardini, 28 dicembre 2008 http://www.mara.free.bm/

lunedì 29 dicembre 2008

Safed
Per vostra informazione vi inviamo le dichiarazioni del presidente Shimon Peres e alcune notizie in breve da www. Israele.net, dell’ultima ora. ASSOCIAZIONE VERONESE ITALIA-ISRAELE

29-12-2008 Peres: “Nessuna guerra più illogica di questa scatenata da Hamas”Domenica mattina il presidente d’Israele Shimon Peres ha parlato ai mass-media della controffensiva anti-Hamas israeliana in corso nella striscia di Gaza e dei continui lanci di missili e razzi palestinesi sulla popolazione civile israeliana nel sud del paese. “In tutta la storia d’Israele – ha detto Peres – non ricordo una guerra così stupida e illogica come questa scatenata da Hamas. È una guerra folle, scatenata da gente che non è nemmeno in grado di spiegare il motivo o lo scopo per cui ci spara addosso. Siamo di fronte alla guerra più irrazionale di tutte, scatenata dai combattenti più irrazionali. La vicenda è semplice. Israele se n’è andato completamente dalla striscia di Gaza [nel 2005], per propria libera volontà e a caro prezzo. A Gaza non c’è più un singolo civile né un singolo militare israeliano, tutti i nostri insediamenti sono stati sgomberati, il che ha comportato un costo molto alto: fu necessario mobilitare 45.000 agenti di sicurezza per portar via da là i nostri concittadini, e spendemmo 2,5 miliardi di dollari. I valichi di frontiera vennero aperti, e a Gaza vennero fatto affluire fiumi di denaro. Proponemmo aiuti di ogni tipo: economici, medici eccetera. Fummo molto attenti a non mettere in difficoltà la vita della gente di Gaza. A tutt’oggi non ho ancora sentito una sola persona in grado di spiegarci in modo ragionevole perché mai da Gaza continuano a sparare missili contro Israele. Cosa vogliono ottenere? Cosa si aspettano, che noi non rispondiamo? Devo dire che il fatto veramente eccezionale, riguardo a Israele, è l’autocontrollo del suo esercito e l’unità della sua popolazione. Le forze armate hanno pazientato e pazientato ancora. I palestinesi chiesero un cessate-il-fuoco e noi accettammo. Poi loro stessi lo hanno infranto, e di nuovo nessuno ha potuto capire perché. Finché si è arrivati a un punto in cui non avevamo più altra scelta se non reagire per cercare di porre fine a tutto questo. L’operazione è stata attentamente studiata e le forze armate si sono fedelmente attenute ai loro principi, vale a dire: essere precise nel mirare agli obiettivi militari e attente a non colpire i civili. Ma si trovano di fronte a un dilemma, perché molti arsenali di Hamas sono stoccati dentro case private. Abbiamo persino contattato i proprietari di quelle case, la gente che vi abita, per dire loro di disfarsi di quelle armi, di allontanarsi in tempo. Non è possibile vivere sotto i missili e le bombe: è nostro dovere preciso agire contro l’origine e la fonte di quei bombardamenti. Israele non ha mire su Gaza. Ce ne siamo andati per nostra libera scelta e non ci è mai venuto in mente di tornarci dentro: è storia passata. Ma non possiamo permettere che Gaza diventi una base di minaccia permanente per l’uccisione di bambini e di gente innocente in Israele, e per chissà quale motivo. Noi non proviamo alcun odio per la gente di Gaza. La loro sofferenza non ci dà nessuna soddisfazione. Al contrario, sappiamo che quanto migliore sarà la loro situazione, tanto migliori saranno i rapporti coi nostri vicini. Hamas invoca l’aiuto del mondo arabo, ma la verità è che il mondo arabo deve chiedere conto a Hamas: se Hamas la smetterà, non vi sarà alcun bisogno di aiuto. Tutto può tornare alla normalità: valichi aperti, libertà economica, nessuna interferenza israeliana nelle vicissitudini di Gaza. Come nazione, siamo uniti e diamo pieno sostegno alle nostre forze armate, al modo in cui stanno agendo, alla loro moderazione, al loro discernimento e senso di responsabilità. Il vero vincitore deve essere la ragionevolezza,e la ragionevolezza conduce alla pace. Siamo estremamente determinati. Molti nostri bambini sono di nuovo nei rifugi. Noi vogliamo che loro e i bambini di Gaza possano vivere di nuovo liberamente all’aria aperta. Nessuno di noi desidera la guerra, ma in cima alle nostre priorità c'è la sicurezza per i nostri figli. Così stanno le cose – ha concluso Peres – e tutti cloro che ci chiedono di smettere di sparare devono rivolgersi altrove. Che si rivolgano a Hamas e chiedano a Hamas di cessare il fuoco: solo così non vi saranno più scontri”. (Da: imra.org.il, 28.12.08)


Un’opera complessa e ricchissima, incentrata sulla figura del dottor Ettore Sachs, medico condotto di Gonars e di San Daniele del Friuli tra la fine dell’Ottocento e i primi anni del Novecento, amato e benvoluto dalle popolazioni e osteggiato, invece, solo perché ebreo, da alcuni cattolici “benpensanti” […] Valerio Marchi, con pazienza e passione, ci accompagna in questo viaggio per narrarci la storia “piccola e comune” di Ettore Sachs e della sua famiglia, portandoci
non solo a scoprire le molte presenze ebraiche in Friuli, i legami tra i nuclei di israeliti di Gonars e San Daniele del Friuli, ma anche l’antisemitismo del tempo, culminante poi nella Shoah, e ampliando, di fatto, la conoscenza del nostro passato recente.
(dalla presentazione di Ivan Cignola, Sindaco di Gonars, provincia di Udine)
“Dio in cielo, Sachs in terra”: era il proverbio, detto in lingua friulana, con cui gli abitanti prima di Gonars e poi di San Daniele del Friuli riconoscevano la competenza e la generosità professionali dimostrate dal loro medico condotto – il dottor Sachs – nell’arco dei dodici anni compresi fra la sua prima nomina, nel 1891, e la sua morte prematura, nel 1903 […]Questo libro – un saggio storico che per molti aspetti è un vero e proprio “libro di formazione” – è articolato idealmente in tre parti che da una microstoria centrale – la vicenda tardo-ottocentesca in Friuli del «medico ebreo» Ettore Sachs – si aprono a tre macrostorie di grande rilevanza, quali l’antigiudaismo storico, i rapporti tra ebraismo e medicina, la questione ebraica nei suoi riflessi attuali. Un libro, come si vede, di taglio anche propedeutico, atto ad arricchire la consapevolezza di temi e problemi che dal passato remoto giungono a interessare e assillare il nostro presente.
(dalla prefazione del Prof. Giorgio Cosmacini, Università Vita-Salute S. Raffaele, Milano)
Per informazioni: http://www.kappavu.it/ http://www.valeriomarchi.it/