venerdì 7 dicembre 2012
Chanukah o hanukkah? Perché alcune persone dicono Chanukah, mentre
altre Hanukkah?
Rabbi Mark S. Diamond ci
spiega che
queste due parole sono frutto di due spelling inglesi differenti,
ma
nessuna delle due è corretta. La parola ebrea della "festa delle
luci", Hanukkah/Chanukah, è data da cinque lettere ebree che aprono la
consonante
het (chet). Questa lettera non è la stessa dell’ “h” inglese (di house per
esempio); come neanche della “ch” di “child”; è un suono gutturale ebreo
che non ha un preciso corrispondente nella lingua inglese.
Cosa significa Chanukah? Chanukah o Hanukkah è il termine ebreo della
“dedicazione”, che si riferisce alla riconsacrazione del Tempio di
Gerusalemme nel 161 a.C.
Quando inizia Chanukah? Chanukah, secondo il calendario ebreo, inizia il 25 del mese di
Kislev (corrisponde al periodo tra novembre e
dicembre). E’ celebrata per otto giorni in onore della vittoria ebrea e
del miracolo dell’olio rimasto acceso per molti giorni per la riconsacrazione del tempio.
Perché è celebrata Chanukah? Più di 2300 anni fa in una terra chiamata
Giudea (Israele) vivevano numerosi ebrei, o gente giudaica. I loro re greco Antioco Epifane, ordinò
a tutta la gente ebrea di rinunciare al loro Dio, alla loro religione e ai
loro costumi, onorando solamente gli dei greci. In base a queste
disposizioni, i templi giudaici furono distrutti, profanati o utilizzati
per
altre divinità greche. Tutte le persone che si rifiutavano di abbandonare
la loro religione, venivano severamente punite.Alcuni ebrei obbedirono ad Antioco, ma altri
si rifiutarono. Tra quest’ultimi vi era Giuda Maccabeo, il quale, insieme
ai suoi 4 compagni, formò un vero e proprio esercito. Il loro obiettivo
era difendersi da tutti coloro che li opprimevano non permettendogli di vivere
liberamente, professando la loro religione. Decisero di chiamarsi Maccabei,
che significa “martello”. Maccabei e Siriani combatterono per tre anni,
alla fine i primi riuscirono ad avere la meglio e riconsacrarono il Tempio
in Gerusalemme.La prima cosa da fare era purificare,
“ri-dedicare” il tempio al loro Dio; così rimossero da questo tutti i
simboli e gli idoli greci. Chanukah/Hanukkah indica proprio questa nuova
offerta del tempio a Dio. L’unico problema è che i giudei non trovarono
l' olio benedetto per poter accendere le lampade. Cercarono per molto
tempo e alla fine in una delle stanze del tempio scovarono un’ampolla
d’olio. I Maccabei sapevano che quel poco sarebbe bastato solo ad
illuminare il tempio per una sera, ma a quel punto avvenne il miracolo, Il piccolo
contenitore d’olio durò, non una, ma otto notti!Questo è il motivo per cui Il “Menorah”
(specie di candelabro che viene acceso durante la celebrazione di Chanukah)
ha otto candele. Ognuna rappresenta una notte che la piccola quantità
d’olio ha illuminato nel tempio.
Cos’è un Menorah? E’ un candelabro con nove candele: otto di
queste rappresentano le notti di Chanukah, l’ultima (la più alta) è
chiamata Shamash o “serva” perché è usata per illuminare le altre candele.Nella prima notte di Chanukah viene accesa una
candela che continuerà a bruciare per otto notti, fino a quando cioè tutte
le candele saranno accese. All’inizio veniva usato olio di oliva per i
chanukah menorhas, ma oggi sono stati sostituiti da candele colorate. In
Israele i chanukah menorhas vengono chiamati “Hanukiyah”, ce ne sono di
tutte le forme e le misure e rappresentano il menorah del tempio sacro.
Cos’è il Dreidel? Il “Dreidel” è una specie di trottola a
quattro lati con sopra una lettera ebrea. In America le lettere stanno per:
“ Lì è accaduto un grande miracolo” (A Great Miracle Happened There); in
Israele “Qui è accaduto un miracolo” (A Miracle Happened Here).Nel gioco del dreidel ogni giocatore fa
una puntata e fa girare la “trottola”, quando il dreidel si ferma si
guarda qual è la lettera uscita:Nun: nessuno vince o perde Gimmel: si vince tutto Heh: si vince la metà Peh: si perde tutto Il gioco continua fino a quando i
giocatori hanno perso tutto.Il gioco del dreidel è popolare da
quando regnava Antioco. http://spazioinwind.libero.it/
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Cultura

Le festività ebraiche, è ben
noto, diventano spesso occasione per esplorare, perpetrare, gustare
sapori e tradizioni culinarie che affondano le radici nei secoli.
Hanukkah non fa certo eccezione, e la conseguenza naturale della
centralità dell’olio nella celebrazione della festa è stata un fiorire
di leccornie rigorosamente fritte, in versione dolce e salata: ci sono
le levivot, succulente frittelle, le sufganyot, bomboloni ripieni di
crema, le latkes, imperdibili cerchi di patate grattugiate e speziate.
Sicuramente una buona notizia per il palato, meno buona per la
bilancia. Ma che dire dei suoi risvolti per il cervello? Può mai una
tradizione gustosa e calorica assurgere a cibo per la mente, oltre che
per il corpo? Ebbene, da 66 anni, la risposta è sì. Almeno nel mondo
anglosassone, e in particolare negli Stati Uniti.Era il 1946, quando, alla prestigiosa Università di Chicago, si celebrò
per la prima volta il dibattito Latkes v. Hamantash (i cappelli di
Haman, tipici biscotti triangolari che si consumano a Purim, più noti
in Italia come orecchie di Haman). Un dibattito oggi già diffuso in
decine di università in America, incluse Harvard, MIT e Princeton.Il dibattito è un’attività extrascolastica molto in voga nelle scuole
americane. Includere nel curriculum la partecipazione a un Debate Club
è un punto a favore per dimostrare la propria capacità oratoria,
l’attitudine alla leadership, la flessibilità mentale. Il Latkes v.
Hamantash Debate fu ideato dalla Hillel Foundation, e sponsorizzato da
rav Maurice Pekarsky in un’epoca in cui l’appartenenza all’ebraismo era
considerata qualcosa da non pubblicizzare, come spiega Ruth Fredman
Cernea, curatrice del libro The Great Latke-Hamantash Debate, che
raccoglie le perorazioni proferite nel corso dei decenni a favore di
frittelle di patate e biscotti “La vita accademica scoraggiava il
mettere in mostra pubblicamente l’identità ebraica. L’evento offriva ai
professori una rara occasione di rivelare la propria anima ebraica
nascosta e di iniettare un po’ di umorismo nella serietà della vita
universitaria”.Ma attenzione a ritenere il dibattito una presa in giro. Le orazioni
rispondono alle più importanti regole della logica, utilizzano un
linguaggio elevato, citano filosofi e autori.“Qui ci occupiamo della proposizione che non soltanto le latkes
esistono, ma cheesse debbano esistere, e che non potrebbero non essere
altro che latkes – spiegò per esempio nel 1976 Ted Cohen, oggi
professore di filosofia dell’Università di Chicago, nel paragrafo della
sua dissertazione intitolato La metafisica dell’essere: le latkes come
sostanza - Il nostro problema non è certo la prova di ciò.
Questa proposizione è incredibilmente semplice da provare. Tuttavia è
impossibile da affermare. Non esiste un modo di formulare la necessaria
esistenza delle latkes. Noi ci cimentiamo contro l’Idea della Ragione,
che non ha adeguata espressione verbale. Wittgenstein una volta
affrontò il problema e poi se ne allontanò, dicendo ‘Wovon man nicht
sprechen kann, daruber, muss man schweigen’. (Tractatus
Logico-Philosophicus, nel finale). Letteralmente ‘Se non c’è niente da
dire, siediti e gustati uno knish (uno snack ndr)”. Ma anche una
tradizione apprezzata e consolidata come il Latkes v. Hamantash non è
esente da suoi problemi: è di pochi giorni fa la notizia pubblicata dal
giornale Forward che il dibattito di Chicago, che si è sempre tenuto il
martedì prima del Giorno del Ringraziamento, è stato quest’anno
rimandato. All’origine della decisione dispute fra le associazioni
ebraiche nel campus per chi debba effettivamente organizzarlo.Rossella
Tercatin - http://www.moked.it/
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Cultura
Dicembre.
Anche in tempo di crisi, le città si riempiono di luminarie e decorazioni
natalizie. Accade in tutto il mondo, da New York a Parigi, da Londra a Berlino,
e naturalmente le città italiane non sono escluse. Anno dopo anno però una
nuova tradizione illumina le piazze nel primo mese di vero freddo, con forme,
musiche e profumi capaci perfino di distrarre i passanti dall’urgente shopping
di regali e cibarie: sono sempre più numerose e diffuse le accensioni in strada
di grandi candelabri a otto braccia. In altre parole, di Hanukkiot.Quest’anno (la festa inizia il 25 Kislev, cioè la sera di sabato 8 dicembre, e
si protrae per otto giorni), il panorama internazionale offre senza dubbio
eventi imponenti e suggestive: a Parigi si celebrerà con musiche ebraiche dal
vivo niente poco di meno che all’ombra (metaforica, visto che la hanukkiah si
accende di sera) della Tour Eiffel, a New York grande festa sulla pista di
pattinaggio di Central Park e poi accensione di un enorme candelabro scolpito
nel ghiaccio sulla Quinta Strada, a Berlino la celebrazione va in scena davanti
alla porta di Brandeburgo, a Londra a Trafalgar Square, a Washington DC si
esibirà la banda della Marina, nella suggestiva cornice dell’Elisse, a due
passi dalla Casa Bianca.Le Comunità ebraiche italiane non sono da meno: gli appuntamenti si
moltiplicano in tutto il paese. Da Roma a Milano, da Torino a Firenze, passando
tra le altre per Genova, Bologna, Casale, Trieste, Napoli, si offriranno canti
e succulente sufganyot, per condividere con la propria città un momento di
festa, e soprattutto, di luce.
Rossella Tercatin www.moked.it
Rossella Tercatin www.moked.it
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Moishe
Abramovitz, un arzillo settantacinquenne è all’Ospedale Ihilov di
Tel Aviv da qualche giorno per accertamenti, in un reparto dove la
capo infermiera è una arpia che non fa altro che rompere le scatole
con regole e ordini e lo ha preso di mira. Una mattina che a Moishe
danno il contenitore per fare l’analisi delle urine, lui ci versa
il succo di arancia che ricevuto per colazione e lo mette sul
comodino a fianco al letto. Arriva l’infermiera, guarda il
contenitore e ironica gli dice: “Ahi,ahi, Adon Abramoviz, mi sa che
questa mattina è un pò torbidina”Lui, le strappa di mano il
contenitore, lo stappa, beve tutto in una sorsata e le dice: “
vabbè, facciamogli fare un altro giro, magari viene fuori
meglio!”Lei sviene e lui, da buon saggio, anziano ebreo,
ridacchia!
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Shoshana, una Jewish Grey Panther, ovvero una sessantenne Yedish Chick ancora zitella, è stesa ad abbronzarsi sulla sua sdraio lungo il bordo della piscina del Club Ben Akivà di New York quando vede un bel uomo avanzare verso di lei avvolto in un elegante accappatoio.Uno sconosciuto veramente interessante che lei non aveva mia visto prima e quindi inizia a mangiarselo con gli occhi...L’uomo si toglie l’accappatopio e mostra un fisico scultoreo ed anche in costume risulta un vero Apollo. Lei lo mangia con gli occhi e lui, casualmente si viene a sedere proprio a fianco a lei, che ne approfitta per attaccare discorso:“Salve, non vi ho mai visto qui nel Club...siete nuovo di queste parti?” “Beh, direi proprio di no, in effetti sono iscritto da oltre venti anni, ma...sinceramente, non sono mai venuto perchè per tutti questi anni ero in prigione!”“Ohi va voy, e perchè mai?” “Beh, se le devo dire la verità, ho ucciso mia moglie Rifka, l’ho fatta a pezzettini e l’ho data da mangiare al nostro cane...”“Oh!” - commenta lei - “interessante!...quindi non siete sposato.....!” Sullam n. 102
Shoshana, una Jewish Grey Panther, ovvero una sessantenne Yedish Chick ancora zitella, è stesa ad abbronzarsi sulla sua sdraio lungo il bordo della piscina del Club Ben Akivà di New York quando vede un bel uomo avanzare verso di lei avvolto in un elegante accappatoio.Uno sconosciuto veramente interessante che lei non aveva mia visto prima e quindi inizia a mangiarselo con gli occhi...L’uomo si toglie l’accappatopio e mostra un fisico scultoreo ed anche in costume risulta un vero Apollo. Lei lo mangia con gli occhi e lui, casualmente si viene a sedere proprio a fianco a lei, che ne approfitta per attaccare discorso:“Salve, non vi ho mai visto qui nel Club...siete nuovo di queste parti?” “Beh, direi proprio di no, in effetti sono iscritto da oltre venti anni, ma...sinceramente, non sono mai venuto perchè per tutti questi anni ero in prigione!”“Ohi va voy, e perchè mai?” “Beh, se le devo dire la verità, ho ucciso mia moglie Rifka, l’ho fatta a pezzettini e l’ho data da mangiare al nostro cane...”“Oh!” - commenta lei - “interessante!...quindi non siete sposato.....!” Sullam n. 102
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Curiosità
A Hannukah è uso mangiare cibi cotti in prevalenza in olio ( diciamo pure fritti e strafitti) in onore del grande significato che l’olio ha nel racconto di questa festa.Il re Antiocus quando scelse di contaminarne quello che serviva ad accendere la Menorà del bet hamikdash sapeva di colpire un simbolo della devozione che il popolo ebraico ha nei confronti di D-o.Il candelabro infatti era composta di sette braccia sulle quali si trovava un contenitore per l’olio necessario all’accensione dei lumi.Il lume centrale, Ner Tamid, era costantemente ravvivato e non si spegneva mai, i sei lumi laterali, invece, erano accesi ogni giorno ed indirizzati verso quello centrale. I sei lumi della Menorà simboleggiavano la capacità dell’uomo di illuminare il mondo con il suo operato a patto che lui ponesse ogni sua azione al servizio di D-o, la cui eternità è simboleggiata appunto dal Ner Tamid.Quest’anno ho pensato fosse divertente preparare una ricetta che è si fritta piu’ che mai ma che non assomiglia a Levivot, Sufganiot e varie....
Ingredienti Tempura Giapponese :200 ml di acqua gassata ghiacciata 100 gr di farina 00
1 tuorlo Preparazione Tempura Giapponese :Prima di iniziare a preparare la tempura, disponete sul tavolo di lavoro tutti gli ingredienti.Vi consiglio di usare la ciotola di metallo, in modo che la temperatura dell’acqua rimanga il più possibile fredda.Sbattete per bene il tuorlo d’uovo con l’acqua. Poi inserite la farina. Mescolate velocemente con una forchetta in modo da non perdere le bollicine che si formeranno.Una volta amalgamato il composto, immergete le verdure. Friggete in abbondante olio fino a doratura.Sullam n. 102
Ingredienti Tempura Giapponese :200 ml di acqua gassata ghiacciata 100 gr di farina 00
1 tuorlo Preparazione Tempura Giapponese :Prima di iniziare a preparare la tempura, disponete sul tavolo di lavoro tutti gli ingredienti.Vi consiglio di usare la ciotola di metallo, in modo che la temperatura dell’acqua rimanga il più possibile fredda.Sbattete per bene il tuorlo d’uovo con l’acqua. Poi inserite la farina. Mescolate velocemente con una forchetta in modo da non perdere le bollicine che si formeranno.Una volta amalgamato il composto, immergete le verdure. Friggete in abbondante olio fino a doratura.Sullam n. 102
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cucina ebraico - israeliana
Netanyahu, Israele resta impegnata per soluzione a 2 Stati
(ASCA) - Roma, 5 dic - Israele resta impegnata nel trovare una ''soluzione negoziata'' con i palestinesi per il riconoscimento di due Stati e due popoli'' in grado di vivere ''in pace'' in Medio Oriente. Lo ha dichiarato il premier dello Stato ebraico Benjamin Netanyahu, secondo quanto scrive Ynet, ricordando tuttavia che una stabilita' della regione sara' possibile solo grazie alla ''smilitarizzazione dei Territori e al riconoscimento da parte loro dell'esistenza dello Stato d'Israele''.
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L’ONU manda le macchine blindate al confine siriano con Israele
Le Forze di pacificazione dell’ONU
che proteggono la zona dimilitata al confine siriano con Israele,
saranno fornite con i nuovi macchinari blindati, ha annunciato ai
giornalisti il Vice-Segretario generale dell’ONU per le operazioni di
pacificazione Herve Ladsous mercoledì a Parigi.Secondo
le parole sue, “alcuni paesi hanno espresso preoccupazione” per i loro
cittadini che portano avanti il loro servizio militare nelle Forze di
Pacificazione. “Noi garantiamo la sicurezza, innanzitutto, fornendo i
nuovi macchinari blindati”, - ha detto il vice-segretario. Ladsous ha
detto anche che l’ONU “intende di mandare più consiglieri politici per
analizzare la situazione sul posto”.http://italian.ruvr.ru/
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Editorialista saudita: Israele non è il nemico
Abdulateef Al-Mulhim, un ammiraglio a riposo della Reale Marina Saudita,
ha messo in discussione la tradizionale denigrazione di Israele nel
mondo arabo.In un editoriale pubblicato sulla testata multimediale saudita in lingua
inglese Arab News, Al-Mulhim fa riferimento alle violenze attualmente
in corso nel mondo arabo – la guerra civile in Siria dopo quella in
Libia, i disordini nello Yemen, la corruzione attorno al deposto
presidente tunisino – e si chiede se non sarebbe meglio che i paesi
arabi prendessero i soldi che spendono per combattere Israele e li
investissero in istruzione, sanità, infrastrutture.“Qual è il costo reale di queste guerre, per il mondo arabo e la sua
popolazione? – scrive Al-Mulhim – E poi, la domanda più difficile che
nessun paese arabo vuole porsi: qual è stato il costo reale del non
riconoscimento di Israele nel 1948?”.Al-Mulhim afferma che la condotta degli israeliani verso i palestinesi
non è stata di certo peggiore della violenza che gli stati arabi hanno
dispiegato contro i loro stessi popoli. “In passato – scrive – abbiamo
parlato tanto di come mai alcuni soldati israeliani attacchino e
maltrattino i palestinesi. E abbiamo visto aerei e carri israeliani
attaccare vari paesi arabi. Ma sono mai paragonabili, quegli attacchi,
alle atrocità che vengono commesse da alcuni stati arabi contro la loro
stessa gente? I profughi palestinesi sono ormai in seconda fila rispetto
ai milioni di profughi arabi costretti ad abbandonare i loro paesi
sconvolti dalla guerra. L’Iraq patisce una continua fuga di cervelli
verso l’occidente, il Sinai è in preda a disordini e la tragedia umana
più triste del mondo si sta scrivendo nello Yemen. Mentre molti paesi
arabi sono in questo modo allo sbando – continua l’editorialista saudita
– cosa è accaduto intanto in Israele, il nemico giurato degli arabi?
Israele oggi ha le più progredite strutture di ricerca, università
d’eccellenza, infrastrutture avanzate. Molti arabi non sanno che
l’aspettativa di vita dei palestinesi che vivono in Israele è di gran
lunga migliore di quella di molti paesi arabi, e che essi godono di
maggiore libertà politica e sociale di molti loro fratelli arabi.
Persino i palestinesi che vivono sotto occupazione israeliana in
Cisgiordania godono di maggiori diritti politici e sociali che in vari
luoghi del mondo arabo. Non è forse vero che uno dei giudici che ha
mandato in carcere l’ex presidente d’Israele era un
israelo-palestinese?”.Al-Mulhim conclude il suo editoriale dichiarando che è giunto il momento
di abbandonare il disprezzo per Israele e iniziare piuttosto a far
progredire il mondo arabo per il bene delle sue generazioni future.(Da: Israel HaYom, 27.11.12) http://www.israele.net/
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Gerusalemme, 6 dic. (LaPresse/AP) - L'ex ministro della Difesa
israeliano ed ex segretario del Partito laburista, Amir Peretz, è
entrato a far parte del nuovo partito di Tzipi Livni, Il movimento.
Peretz ha dato l'annuncio durante una conferenza stampa. Il partito,
fondanto in vista delle elezioni parlamentari del prossimo 22 gennaio,
ha tra gli obiettivi principali quello di tentare in modo deciso di
perseguire la pace con i palestinesi. Peretz aveva lasciato il Partito
laburista dopo che non era riuscito a convincere la leader Shelly
Yachimovich a dichiarare che non formerà una coalizione con il premier
Benjamin Netanyahu, dato per favorito nei sondaggi. Peretz era ministro
della Difesa durante la guerra tra Israele e Hezbollah nel 2006.
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giovedì 6 dicembre 2012
Basket, Maccabi sospende capitano per offesa nazista ad avversario
Gerusaleme (Israele), 4 dic. (LaPresse/AP) - Il Maccabi Tel Aviv, la
squadra di basket più importante di Israele, ha sospeso il suo capitano
perché ha dato del nazista ad un giocatore di un'altra squadra. Guy
Pnini si era giustificato dicendo che si era scagliato contro l'
avversario in quel mondo dopo che questi lo aveva a sua volta insultato e
aggredito fisicamente durante una partita. In un vodeomessaggio
pubblicato sul sito del Maccabi, un Pnina in lacrime ha ammesso che il
suo gesto ha offeso i parenti del suo avversario, la maggior parte dei
quali sono morti durante l'Olocausto. Il Maccabi ha annunciato che Pnina
non sarà più il capitano della squadra per il resto della stagione, è
stato inoltre sospeso a tempo indeterminato e multato di circa 26mila
dollari. amr 041531 Dic 2012 (LaPresse News)
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Se i garanti non garantiscono nulla
Alcuni commenti dalla stampa israeliana
l'articolo si può trovare a: http://www.israele.net/articolo,3607.htm
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Verso Silicon Wadi/ 1: storia di un successo tutto Israeliano
Grazie a Create Net, il Trentino sta orientandosi sempre più a «Silicon Wadi».Ma in cos'è? E in cosa consiste? Si tratta di un centro tecnologico collocato in Israele, su molti aspetti simile a quello californiano della Silicon Valley. Per
capire l’importanza della Silicon Valley israeliana basta solamente
ricordare che vi è una Start-up ogni 1844 cittadini e abbiamo un livello
di investimenti pari al doppio rispetto agli Stati Uniti e 30 volte
maggiore rispetto a quello medio europeo. Silicon Wadi oggi è capace
di assicurare posti di lavoro per ben 120 mila persone, il 4% della
forza lavoro nazionale, oltre che ad avere un giro di affari che è di
circa 12,6 miliardi di dollari, ovvero il 6,5% del Pil israeliano. L’industria
israeliana, anche grazie all’alta percentuale di laureati, in questi
anni si sta sempre più orientando verso l’internalizzazione pur
mantenendo la sua natura di industria orientata al capitale di rischio. Scelta,
a differenza di altri casi, sempre ben ripagata anche dalla creazione
di numero laboratori di ricerca quali quelli della Microsoft e della
Google. Vi sono ben due elementi fondamentali, oltre a tanti altri,
che determinano il successo delle Start-up in Israele: il primo è
sostanzialmente quello che vede questa porsi come un «Problem Solver»,
ovvero come una nazione orientata a risolvere i problemi con i mezzi a
disposizione; il secondo è la multiculturalità di Israele dovuta dalla
diversa provenienza dei sui abitanti.Ma anche la numerosa presenza di talenti ha permesso la circolazione e l’applicazione di idee.Come nasce il tutto?Il
tutto inizia a crearsi durante gli anni sessanta, con la fondazione di
tre aziende: ECI Telecom, Tadiran e Elron Electronic Industries.
La prima svolge la sua attività, ad oggi, soprattutto per quanto riguarda il campo delle ITC.
La
seconda invece per quanto riguarda il mercato dei IP anche se in
passato ha svolto importanti ricerche per quanto riguarda il settore
delle batterie a litio e infine la terza svolge svariate attività che
arrivano sino al comparto aerospaziale.La crescita di Silicon Wady è avvenuta molto lentamente sino ai primi anni novanta. L’alta
tecnologia israeliana aveva, durante gli anni settanta e ottanta,
concentrato le sue energie nei confronti della ricerca militare, nel
1967 il governo francese aveva imposto un embargo di armi nei loro
confronti, e in quella degli hardware. Per quanto riguarda la
ricerca in ambito militare, sviluppata al fine di essere almeno alla
pari nei confronti delle nazioni ostili confinanti, diede anche dei
ottimi risvolti anche dal punto di vista dell’industria civile.Basti
pensare a Elscint, apparecchio fondamentale per la radiodiagnostica
moderna o agli studi compiuti nel campo delle telecomunicazioni.Durante gli anni ottanta assistiamo comunque a una radicale trasformazione del mercato hitech israeliano. Basti
pensare che in questi anni nascono i primi sistemi che si basano su
software quali ad esempio Microsoft Windows e in Israele, a differenza
di altre nazioni, si capì l’esigenza di dover rinnovare il proprio
mercato. A riguardo è utile ricordare che l’industria informatica è
di gran lunga meno conveniente rispetto a quella dei software. La prima
si basa soprattutto sulla quantità di risorse materiali a disposizioni,
la seconda invece si basa sul capitale umano. La scelta risulta
vincente tanto che in pochi anni, esattamente tra il 1984 e il 1991, le
esportazioni aumentarono da 5 milioni di dollari a 110 milioni.Si
assistette alla nascita di nuove aziende quali: Amdocs (fondata nel 1982
come Informazioni Aurec), Cimatron (fondata nel 1982), Magic Software
Enterprises (fondata nel 1983), Comverse (fondata nel 1983 come Future
Efrat Technologies), Aladdin Knowledge Systems (fondata nel 1985), NICE
Systems (fondata nel 1986), Mercury Interactive (fondata nel 1989) e
Check Point Software Technologies (fondata nel 1993).Michele Soliani http://www.ladigetto.it
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Curiosità
Gas. L'Australia batte la Russia in Israele
Nella guerra del gas, Israele ha compiuto la sua scelta di campo: meglio
l'occidentale Australia che la Russia neo-imperiale. Nella giornata di
martedì, 4 dicembre, il colosso energetico australiano Woodstock si è
aggiudicato il 30% delle azioni per lo sfruttamento del giacimento
Leviathan, ubicato nel Mar Mediterraneo, in acque territoriali
israeliane. Il colosso australiano, a cui spetta il
compito di esportare il gas estratto dal Leviathan non solo in
Australia, ma anche in Europa, ha battuto la concorrenza del colosso
nazionale cinese CNOOC e del monopolista russo del gas, Gazprom.Per
mantenere la propria egemonia in campo energetico in Europa, la Russia è
stata da sempre interessata al controllo di un giacimento di oro blu di
fondamentale importanza per gli assetti geopolitici della regione e
dell'Unione Europea.Come riporta
“Gazeta Wyborcza”, il Leviathan contiene 481 Miliardi di metri cubi di
gas, tanto da coprire il fabbisogno di Israele per un decennio.La
crescente domanda di gas da parte dell'Unione Europea ha spinto
Israele, in partnership con Grecia e Cipro, a presentarsi a Bruxelles
come una possibile fonte di approvvigionamento alternativa al quasi
monopolio della Russia, le cui forniture coprono il 40% del fabbisogno
totale UE.Con la vendita del 30%
delle azioni del Leviathan al colosso australiano Woodstock, che gestirà
il giacimento in partnership con la compagnia USA Noble Energy, e con
le israeliane Delek Drilling, Avner Oil Exploration e Ratio Oil
Exploration, Israele ha risolto solo una delle tre contese energetiche a
cui è chiamato a fare fronte.Libano e Palestina ancora questioni irrisolteAncora
aperto resta infatti il contenzioso con il Libano, che, similmente ad
Israele, ha avviato un programma di trivellazione dei fondali delle
acque territoriali libanesi per la ricerca giacimenti di gas naturale.La
questione energetica ha riaperto la definizione dei confini tra le
acque territoriali libanesi e quelle israeliane, su cui un accordo
definivo non è ancora stato trovato.Come
riportato dal “Washington Post”, Cipro, presidente di turno dell'Unione
Europea, ha offerto la propria mediazione affinché le parti raggiungano
un accordo pacificamente.Un altro
punto caldo che Israele si trova ad affrontare è quello palestinese,
poiché Tel Aviv è intenzionato a ricercare giacimenti di gas anche al
largo della Striscia di Gaza.Come
riportato da “Natural Gas Asia”, all'inizio di ottobre il Primo
Ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, grazie alla mediazione
dell'Inviato Speciale ONU, Tony Blair, si era impegnato per il
riconoscimento alla Palestina di royalties sui giacimenti al largo di
Gaza.La recente escalation di violenze che ha contrassegnato i
rapporti israelo-palestinesi ha bloccato l'operazione, che, ad oggi,
resta congelata in attesa di una risoluzione ancor lontana dall'essere
concordata.http://www.legnostorto.com/
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Curiosità
Mo: insediamenti, Terzi convoca ambasciatore Israele Ma’aleh Adumim
(ANSAmed) - BRUXELLES, 5 DIC - "L'ambasciatore israeliano è
stato convocato oggi pomeriggio al ministero degli esteri" per
la questione delle nuove costruzioni annunciate a Gerusalemme
est e Cisgiordania. Lo ha riferito il ministro degli esteri
Giulio Terzi a Bruxelles.Terzi si è riservato di comunicare ad incontro avvenuto il
contenuto della comunicazione all'ambasciatore israeliano,
anticipando però che essa "sarà in linea con la posizione
espressa da Catherine Ashton". "La decisione di compiere passi
verso gli ambasciatori israeliani nelle capitali europee è stata
presa", ha riferito Terzi, dai ministri dei "Paesi che hanno
votato no o si sono astenuti dall'Assemblea delle Nazioni Unite,
ed è stata presa su impulso della Ashton".
"C'é la preoccupazione - ha detto Terzi - che costruire 3.000
nuove abitazioni nella zona E-1 di Gerusalemme est costituisca
una barriera insuperabile per la contiguità dello Stato
palestinese" (vai all'articolo:Il principale ostacolo alla pace? una cinquantina di palazzi in periferia!) . http://ansamed.ansa.it/
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Le due favole
Immaginiamo
che qualcuno ci racconti la seguente favola: C’è una cena di
parentado, in occasione della quale tutti i partecipanti decidono di
escludere dall’incontro un parente povero, ritenuto indesiderato in
ragione della sua indigenza. Il poveretto chiede di essere ammesso al
convivio, dicendosi anche disposto a cenare da solo in un angolino,
in cucina, senza dare fastidio a nessuno. E immaginiamo che, alla
fine della favola, ci si chieda: “tu lo faresti entrare?”.
Bisognerebbe essere davvero cattivi per dire di no.Ma
immaginiamo di ascoltare quest’altra favola.Un
giorno lontano, a una cena di parentado furono invitati due cugini.
Uno dei due (chiamiamolo “il bianco”) accettò l’invito, tutto
contento, ma l’altro (chiamiamolo “il nero”) disse: “no, se
viene quello io non ci vengo”. Dato, però, che il bianco fu
comunque invitato e ci andò, il nero sfogò la sua rabbia cercando
di uccidere, in tutti i modi possibili, il rivale, ingaggiando, a tal
scopo, i peggiori assassini disponibili a farlo. Tentativi reiterati
un’infinità di volte, per ben 65 anni di fila, durante i quali
l’odio per il cugino risulta essere sempre cresciuto, fino a
raggiungere livelli assolutamente parossistici. A un certo punto, il
nero chiede di essere invitato anche lui a una nuova cena parentale.
Il bianco, sommessamente, gli chiede: “scusa, cugino, ma allora hai
superato il vecchio pregiudizio verso la mia presenza? Possiamo
starci tutte e due? O, per caso, vieni per provare, ancora una volta,
a farmi la pelle?”. E il nero risponde, digrignando i denti: “zitto
tu, maledetto, e non ti permettere di rivolgermi mai la parola, per
nessun motivo!”. Alla fine della favola, la stessa domanda di
prima: “lo faresti entrare?”. Bisognerebbe essere davvero cattivi
per dire di sì.Morale.Chi
legge la vicenda del recente voto ONU come la prima favola (“c’è
un popolo povero e reietto, che desidererebbe essere ammesso anche
lui nella comunità delle nazioni, sia pure solo come semplice
osservatore: lo facciamo entrare?”), e si dichiara amante della
pace e del dialogo, fa bene a essere compiaciuto dell’esito.Chi
interpreta invece l’accaduto piuttosto nel senso della seconda
favola, e condivide l’idea che “il bianco” sia eliminato (o,
almeno, riceva qualche buona bastonatura), fa bene, anch’egli, a
essere soddisfatto.Ma
chi non crede alla prima favola, e, ciò nonostante, saluta con
soddisfazione la risoluzione ONU, ritenendola favorevole, in
prospettiva, agli interessi di entrambi i cugini, non si rende
pienamente conto, forse, di cosa sia realmente accaduto.Francesco
Lucrezi, storico http://www.moked.it/
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Il principale ostacolo alla pace? una cinquantina di palazzi in periferia!
Si discute molto in questi giorni della rivitalizzazione di un vecchio
progetto di espansione edilizia ad est di Gerusalemme, in un'area nota
come "E1". Trattasi di un vecchio piano esistente dai tempi di Yitzhak
Rabin, icona dei pacifisti di tutto il mondo e premio Nobel per la pace,
rilanciato in questi giorni dal premier israeliano, all'indomani della
decisione scellerata del leader dell'OLP Abu Mazen di recarsi all'ONU
per sbriciolare il Trattato di Pace firmato ad Oslo nel 1993. Questa
scelta ha avuto molteplici effetti collaterali
sgradevoli, come già discusso; uno dei quali appunto è l'accantonamento
della disponibilità di pervenire alla soluzione del Problema mediante
discussioni bilaterali. Il governo di Gerusalemme già acconsentì nel
2010 a sospendere l'attività edilizia nelle zone contese per dieci
lunghi mesi, ma tutto ciò che ottenne dall'altra parte fu un rumoroso
silenzio: Ramallah non si degnò mai di sedersi al famoso "tavolo delle
trattative", pretendendo una estensione del blocco dell'attività
edilizia a pochi giorni dalla moratoria di dieci mesi.Ora, nessuno davvero credeva che la pace sarebbe seguita ad una
risoluzione dell'assemblea generale dell'ONU, ottenuta peraltro con il
voto decisivo del blocco dei paesi "non allineati". E' commovente
l'ingenuità - o la malafede - di alcuni capi di stato e di governo, che
ingoiano il rospo di una demolizione degli Accordi di Oslo, e puntano il
dito accusatore contro la decisione di costruire una cinquantina di
abitazioni ad est di Gerusalemme. Come se questo fosse il reale motivo
per cui la pace si allontana anziché avvicinarsi; sorvolando
sull'ulteriore delegittimazione dell'ONU, che pretenderebbe con una
risoluzione dell'assemblea generale di rovesciare una precedente
risoluzione (la 242) del Consiglio di Sicurezza, che consentiva ad
Israele di trattenere parte dei territori acquisti dopo la guerra
difensiva del 1967.La zona E1 è strategica, dal punto di vista israeliano, perché connette
la cittadina di Ma'Aleh Adumin - che nessuno si sogna di abbandonare al
suo destino: tutti sono concordi nel ritenerla parte dello stato
israeliano, anche mediante scambi di territori con l'Autorità
Palestinese. Su questo concorda anche la sinistra israeliana,
solitamente poco tenera con il governo - con i quartieri orientali della
capitale. Si creerebbe in tal modo un tessuto connettivo, un cordone
sanitario che difenderebbe Gerusalemme da eventuali futuri attacchi. L'argomentazione di parte palestinese è che la decisione di edificare
nell'area E1 taglierebbe a metà il futuro stato palestinese. Ma ciò è
del tutto fuori discussione: una volta saldata Ma'Aleh Adumin a
Gerusalemme, l'area ad oriente sarebbe ampia una quindicina di
chilometri: un "corridoio" che collega il nord al sud del West Bank, e
che è di analoga ampiezza all'area che nel nord di Israele
separa il confine palestinese dal Mediterraneo. Eppure nessuno ha mai
denunciato che lo stato ebraico è diviso a metà per l'esiguità di questo
corridoio di terra.La polemica scoppiata in questi giorni, che consente di mettere in
secondo piano la persistente brutalità del regime siriano, responsabile
della morte di 43 mila persone, le proteste scoppiate al Cairo dopo
l'assunzione dei pieni poteri da parte del presidente Morsi, e la corsa
sempre più frenetica all'Atomica iraniana; appare sterile e pretestuosa.
Spesso, risulta alimentata proprio da chi, con il proprio voto alle
Nazioni Unite, ha avallato la decisione di cancellare la road map del
processo di pace delineata dagli Accordi di Oslo, che il presidente
dell'OLP ha cestinato pochi giorni fa.http://ilborghesino.blogspot.it/
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Peres a Benedetto XVI:
"Santità, parliamoci su Twitter"
Il primo messaggio non
poteva che essere con un cinguettio: “Sua Santità, benvenuto su
Twitter. Le nostre relazioni con il Vaticano sono nel loro momento
migliore e possono essere la base per custruire un futuro di pace per
tutto il mondo”. Il presidente israeliano Shimon Peres, assiduo
frequentatore dei social network e autore di alcuni post memorabili che
hanno fatto il giro della rete, ha commentato con queste parole
l'ingresso di papa Benedetto XVI nella community di Twitter. Una novità
seguita con grande attenzione dall'opinione pubblica internazionale e
che può rappresentare, parola di Peres, un ulteriore stimolo nel
dialogo tra i popoli. Il concetto è stato ribadito nel corso della
cerimonia di accoglimento delle lettere credenziali del nuovo nunzio
apostolico a Gerusalemme, monsignor Giuseppe Lazzarotto: "E' stato una
piacevole sorpresa vedere il papa su Twitter soprattutto oggi che i
rapporti tra Israele e Santa Sede sono al punto più alto di sempre.
Colgo l'occasione - ha sottolineato - per ribadire il nostro impegno a
fianco della comunità cristiana che vive in questo paese e dei suoi
luoghi di culto. Un patrimonio irrinunciabile di tutti". Nel rivolgere
a Peres i saluti del pontefice monsignor Lazzarotto ha affermato: "La
nostra forza deve essere l'unità dei cuori e un intenso lavoro comune
per la pace e la reciproca comprensione. Spero di poter dare il mio
contributo".http://www.moked.it/
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Curiosità
La Diocesi di Milano ha, quest’anno, deciso di
scrivere la tradizionale lettera di auguri natalizi in varie lingue,
tra cui l’arabo, per inviarla anche alle famiglie musulmane. Un gesto
che si propone come distensivo, ma, mi chiedo, quale sarebbe la mia
reazione se arrivasse, a me, in quanto ebreo, una simile lettera.
Probabilmente, avrei la stessa reazione di quando il prete suona il
campanello di casa mia per la benedizione annuale dei locali, oppure
quando mi citofonano i Testimoni di Genova: penso a modi con cui le
varie Chiese cercano di propagandare il proprio messaggio. E non mi
scordo una simile reazione, quest’estate, da parte della comunità
islamica milanese di fronte al tentativo delle Diocesi di “invadere”
uno spazio di dibattito interno alla loro comunità, inviando un
delegato a fare un discorso per l’occasione. La Chiesa milanese ha una
lunga esperienza diplomatica e il Cardinale Scola già a Venezia ha
strutturato un dialogo interreligioso seguendo la linea, “tutti uniti,
ma dentro il messaggio cristiano”. Sapendo, però, che il processo alle
intenzioni contrasta con l’etica ebraica, diamo per scontata la buona
fede della Diocesi. Forse, ha dimenticato che il diavolo si annida nei
dettagli.Davide Assael,ricercatore http://www.moked.it/
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Quest'oggi si chiudono le
liste elettorali in Israele in vista del rinnovo della Knesset il 22
gennaio. Lasciamo da parte per un momento lo spettacolo scoraggiante
dell'effetto branco nelle votazioni automatiche all'ONU (su mozioni che
nessuno può dire onestamente di aver letto nei dettagli), e lasciamo da
parte anche le reazioni pavloviane e giovanili del governo Netanyahu
(allora io con voi non gioco più). Le decisioni politiche che Israele
dovrà prendere nei prossimi anni sono d'importanza critica per la
sopravvivenza fisica e per l'identità ebraica e democratica dello
stato. Nonostante questo, Israele non riesce a darsi una configurazione
parlamentare matura, e vive un non risolto conflitto fra
rappresentatività e governabilità con una crescente frammentazione
delle liste. La mancanza di una ben consolidata proposta alternativa al
di fuori dell'attuale maggioranza riflette una rinuncia alla presa di
responsabilità e rammenta sia l'autodistruttiva politica dell'Aventino,
sia la parabola degli Oriazi e dei Curiazi. La formazione politica
congiunta di Netanyahu e Liberman – condivisibile o meno sul piano
delle idee – sul piano del metodo rappresenta un gesto di lungimiranza
che sarebbe opportuno imitare.Sergio Della Pergola, univ Gerusalemme, http://www.moked.it
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Voci a confronto
Medio Oriente ancora preponderante sulle pagine dei quotidiani italiani.
Tra i temi più toccati il colloquio svoltosi ieri alla Farnesina tra il
segretario generale Michele Valensise e l’ambasciatore d’Israele a Roma
Naor Gilon. A margine dell’incontro, seguito in teleconferenza da
Bruxelles, il ministro Giulio Terzi di Sant’Agata ha rilasciato
un’intervista alla Stampa
confermando il fortissimo legame d’amicizia tra i due paesi ma allo
stesso tempo esprimento i malumori del governo italiano in merito alla
costruzione di nuove abitazioni in Cisgiordania. Interessante anche
l’analisi di Libero sul blocco formato da Pdl, Lega e Radicali “contro la svolta a sinistra” del governo Monti sul fronte della politica estera.E
mentre la situazione in Egitto si fa sempre più tesa (Giordano Stabile sulla Stampa),
inviati di Assad sarebbero stati avvistati tra Cuba, Ecuador e
Venezuela per trattare l’asilo dittatore siriano in Sud America (ne
parla il Corriere, riprendendo uno scoop di Haaretz).Di grande impatto infine la storia di Hassen Chalgoumi, imam di Drancy,
che “predica” il dialogo, il rispetto delle donne e il ripudio della
violenza incontrando la Comunità ebraiche nelle sinagoghe di Francia. Ce
la racconta Famiglia Cristiana. http://moked.it/blog
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L'ambasciatore Naor
Gilon, convocato alla Farnesina:
“I rapporti diplomatici tra Italia e Israele restano eccellenti”
“I rapporti diplomatici tra Italia e Israele restano eccellenti”
“Siamo delusi per il sostegno
dato dall'Italia all'iniziativa palestinese all'Onu ma i rapporti tra i
nostri due paesi erano e restano eccellenti”. Ad affermarlo Naor Gilon,
ambasciatore d'Israele a Roma, a margine del colloquio con il
segretario generale della Farnesina Michele Valensise e, in
teleconferenza da Bruxelles, con il ministro degli Esteri Giulio Terzi
di Sant'Agata. Motivo della convocazione, come noto, la costruzione di
nuovi insediamenti a Gerusalemme est e in Cisgiordania dopo il voto di
riconoscimento dell'Autorità nazionale palestinese alle Nazioni Unite.
Un'iniziativa che non è stata gradita da alcuni governi occidentali
che hanno richiamato nelle proprie sedi, per un confronto, i
rappresentanti diplomatici dello Stato ebraico. Ai giornalisti
l'ambasciatore Gilon ha riferito di uno scambio di opinioni "come si fa
tra amici”.Il nesso indissolubile di vicinanza che lega Italia e Israele è stato
ribadito, tra gli altri, dallo stesso ministro Terzi di Sant'Agata in
una lunga intervista pubblicata oggi sul quotidiano torinese La Stampa.
Parole di amicizia (anche nel suo caso si parla di "rapporti
eccellenti") ma anche un richiamo alla moderazione “in entrambe
le parti”. A Israele così come fatto precedentemente dal presidente
Monti con Abu Mazen è stato chiesto, dice il ministro, “di evitare
quella che si definisce una 'intifada diplomatica', di non adire
insomma alla Corte penale internazionale”. Quali le garanzie ottenute,
chiede la giornalista? “L'ambasciatore – spiega Terzi – ha ovviamente
preso atto di questa nostra preoccupazione, che riferirà al suo
governo, e non ha fornito elementi conclusivi. Le diplomazie stanno
lavorando per portare avanti il processo di pace, un elemento questo
che mi pare ben compreso da entrambe le parti”. Svariati gli argomenti
toccati nell'intervista: dalle motivazioni che hanno spinto il governo
Monti ad appoggiare l'istanza palestinese all'Onu (“Il sì dell'Italia è
stato un sì all'Anp che assumeva iniziative legali, in sede
multilaterali, invece di ricorrere alle armi come fa Hamas”) all'attesa
per i risultati del voto in Israele del prossimo gennaio (“Occorrono
mutamenti nella politica interna israeliana come in quella
palestinese”). Si chiude con una riflessione su altri punti caldi del
Medio Oriente, in particolare la Siria. Terzi esclude un intervento
occidentale anche in virtù del progressivo avanzamento delle forze di
opposizione verso Damasco e annuncia nuovi stanziamenti in soccorso
alle popolazioni colpite. “Le principali vittime del conflitto sono i
bambini, ora anche per il freddo. Una situazione intollerabile –
commenta – alla quale destineremo ulteriori fondi”.Adam Smulevich
http://www.moked.it/
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Quell’estate del 1938 è stata
anche l’ultimo periodo passato insieme a divertirsi, senza preoccupazioni e con
il solo pensiero di quanto la vita abituale poneva loro davanti: la scuola, le
amicizie, le prime simpatie amorose. Proprio per questo se la ricordano così
bene. Da quel momento in poi, cambierà tutto: il mondo che conoscevano e su cui
avevano costruito i loro progetti di futuro si frantumò, d’improvviso”. È un
brano del bel libro Ci sarebbe bastato di Silvia Cuttin (Epika Edizioni, pp.
335), che sarà presentato a Torino il 6 dicembre alle ore 18, presso il Centro
Sociale della Comunità Ebraica.Questo volume racconta l'intreccio e la vita di tre cugini (Martino, Ladislao
detto Laci e Andreas detto Andi) e delle loro famiglie, i Lager e i Goldstein,
nella Fiume liberale e cosmopolita di oltre un secolo fa. Silvia Cuttin, il cui
nonno da parte materna è un Lager, è andata sulle tracce della storia dei tre
giovani e delle assurde traversie a cui sono stati costretti dopo l'abominio
delle leggi razziali del 1938, facendo i conti ogni giorno con la persecuzione,
la cattiveria della società e il forzato esilio, fisico o morale.Ne è venuto fuori un saggio con l’andamento narrativo di un romanzo, scritto in
prima persona, il cui pregio maggiore è la partecipazione del lettore a tutte
le fasi della ricerca e allo sviluppo delle vicende, con la diaspora delle due
famiglie, che si dividono tra Italia, Palestina, Svizzera e Stati Uniti
d’America.Un libro che è anche una lancinante riflessione sul destino individuale. Il
destino imposto a tre ragazzi che avevano l'unico torto di essere di origine
ebraica. Martino finirà ad Auschwitz, da cui miracolosamente tornerà. Laci si
rifugerà in Svizzera. Andi, trasferitosi in America, si arruolerà nella 10tg
Mountain Division e parteciperà alla campagna per la liberazione d’Italia,
morendo a Sassomolare, sull’Appennino, colpito da una granata, mentre
soccorreva dei commilitoni.L’ultima pagina del libro ritorna con commozione all’agosto del 1938, a Medea
(Medveja), una località marina vicino a Fiume. L’ultima estate di giochi, di
sogni e di serenità dei tre cugini, la cui vita di lì a poco sarebbe per sempre
cambiata.Mario Avagliano moked.it
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L'angolo della lettura
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