sabato 16 febbraio 2013

La spia di Hitler che Israele vuole tra i Giusti

Uno dei più alti ufficiali dell' esercito nazista fra i Giusti delle Nazioni? Secondo il movimento ultraortodosso Chabad che fa capo al Rabbi di Lubavitch, vale a dire una delle correnti hassidiche più numerose ed influenti al mondo, l' ammiraglio Wilhelm Canaris, il capo del controspionaggio militare del Terzo Reich, impiccato su ordine di Hitler per il suo coinvolgimento nel fallito attentato al Fuhrer, merita di essere annoverato tra i gentili che, con sprezzo del pericolo e senza alcun interesse materiale, si distinsero nel salvare gli ebrei dallo sterminio. Secondo la ricerca condotta dallo storico israeliano Danny Orbach, Canaris fu decisivo nel salvare la vita di Yosef Yitzhak Schneerson, sesto "admor" della dinastia dei lubavitcher e suocero dell' ultimo capo spirituale del momento ultaortodosso, Menachem Mendel Schneerson, detto anche il Messia di Brooklyn, morto qualche anno fa in America senza che il suo ambitissimo ruolo sia stato più ricoperto da altri. Ora, sostengono gli Chabad, se Canaris nel 1940 non si fosse assunto il rischio di far fuggire Yosef Yitzhak Schneerson, e lo avesse invece abbandonato al suo destino di morte, l' intero movimento non sarebbe potuto sopravvivere. Per la verità, questo aspetto della biografia di Canaris non è nuovo. Il movimento Chabad da anni insiste nel chiedere che l' ammiraglio tedesco riceva il giusto riconoscimento per esseri adoperato a favore degli ebrei. Ma finora lo Yad Vashem, l' istituzione che si occupa di approfondire e conservare la memoria dell' Olocausto, ha rifiutato di concedere il titolo di Giusto delle Nazioni ad un esponente dell' apparato militare nazista, così alto nel grado e rilevante nelle funzioni da non poter essere esente dalla "colpa collettiva". Adesso, però, nuovi elementi sono emersi dalla ricerca condotta da Orbach. Si tratta di testimonianze di altri sopravvissuti che non soltanto confermano il ruolo insostituibile svolto dal capo del controspionaggio tedesco nel mettere in salvo Scheenerson, ma attesterebbero anche che si adoperò per salvare altre centinaia di ebrei. Si sa che il capo dei Lubavicher venne letteralmente scovato dagli agenti di Canaris nel suo nascondiglio a Varsavia. Rassicurato sulle intenzioni dei militari che lo cercavano venne portato a Berlino, da qui a Riga e infine negli Stati Uniti, da dove a quanto pare era partita la richiesta a Canaris di salvare il religioso. L' ammiraglio decise di accogliere la sollecitazione del Dipartimento di Stato anche nella speranza di indurre gli Stati Uniti a mediare tra la Germania e la Gran Bretagna per mettere fine alla guerra. Ma, sostiene Orbach, Canaris si spese anche a favore dei civili polacchi e di altri ebrei che vennero fatti passare per spie, forniti di falsi documenti e caricati su treni diretti in Spagna e in Portogallo. Perché Canaris fece tutto questo? Perché, scrive Orbach nel libro Operazione Valkiria, tratto dalla sua ricerca, era un patriota tedesco spinto da sentimenti religiosi e morali. E, avendo saputo dai suoi canali privilegiati di quello che i nazisti stavano facendo agli ebrei, sentì un moto di rivolta che non si fermò alla sfera interiore. In realtà, pur avendo raggiunto i livelli più alti dell' apparato militare tedesco, Wilhelm Canaris non fu mai nazista, non si iscrisse neanche al partito. La sua ascesa nel controspionaggio cominciò già durante la prima guerra mondiale, grazie al fatto che conosceva molte lingue straniere. E' vero che all' inizio dell' era nazista sostenne Hitler ma poi ne prese le distanze, indignato. D' altro canto, il suo coraggio nell' opporsi a Hitler è attestato dalla sua fine. Coinvolto nella tentativo di uccidere il Fuhrer messo in atto da Van Stauffenberg, in quanto elemento della congiura l' ammiraglio fu arrestato, rinchiuso nel campo di concentramento di Flossemburg, torturato e impiccato*, due settimane prima della fine della guerra.
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE ALBERTO STABILE GERUSALEMME http://ricerca.repubblica.it/
(*Le SS lo impiccarono molto lentamente per farlo soffrire. Ci impiegarono 30 minuti per farlo morire!!! n.r.)

venerdì 15 febbraio 2013

Incantevole Israele con le sue città e i paesaggi mozzafiato

Alcuni nostri fortunati lettori ricorderanno con nostalgia il viaggio fatto, alcuni anni fa, in Israele, con il Giornale. Una visita contrassegnata dal fascino e dall'incanto di una terra che, da sempre, oltre a rappresentare una meta di pellegrinaggio per i credenti, regala cartoline di paesaggi incantevoli, itinerari per gli amanti della storia, iniziative culturali, svago. Un bagaglio di storia e tradizione premiato dai turisti di ogni latitudine e longitudine.
Il 2012, per Israele, è stato un anno da record: 3,5 milioni di visitatori (dei quali quasi 610mila di italiani) sono stati attratti dalle bellezze del Paese, portando un indotto di circa 36 milioni di Nis, la valuta locale (1 euro equivale a poco meno di 5 Nis). Quale è stata la carta vincente di un Paese unico per Dna? Certamente, la versatilità delle sue città. A cominciare da Gerusalemme che per tanti motivi gioca un ruolo fondamentale dal punto di vista turistico. Città Santa per Ebraismo e Cristianesimo, di grande importanza religiosa anche per l'Islam, basta girare per le sue vie per respirare il coacervo di tutte queste professioni di fede, un fatto unico unito al profumo di antico, di sacro, e di storico che trasuda dalle sue pietre. Una città pulsante di energia, animata da una gioventù che ama ritrovarsi nei locali di Nahalat Shiva o della galleria Mamila. Profumi e sapori che si possono cogliere anche nel mercato, a esempio, di Mahane Yehuda, dove, grazie ad iniziative come «Assaggi al mercato!» potrete gustare cibo fresco e verdure gustose che rendono omaggio a una terra piena di risorse.Non potrete rinunciare al pane arabo o al tradizionale baigele a forma di anello con semi di sesamo: sono da assaporare unitamente alla pasticceria tradizionale, ai bourekas o alla varietà di formaggi; senza trascurare i sottaceti artigianali e le spezie locali.Il Museo d'Israele è una delle numerose attrattive turistiche di Gerusalemme che, posto di fronte al Museo della Terra della Bibbia, è raggiungibile grazie al tram leggero che accompagna le persone nei punti più importanti della città, come il Museo della Carta Bruciata situato nella Città Vecchia.Israele non è solo Gerusalemme e il suo carico di storia. C'è Tel Aviv, a esempio, che quest'anno propone, tra le tante iniziative culturali, la splendida mostra multimediale «Van Gogh Alive» che fino al 3 marzo porta il visitatore a tuffarsi, in maniera particolare, nelle opere del grande maestro. Ricchezza culturale sì ma anche uno suggestivo ambiente naturale dominato dalla bellezza della sue spiagge, affollatissime d'estate, ma frequentate anche d'inverno. Non a caso, il sito della prestigiosa guida Lonely Planet le ha premiate con il settimo posto assoluto tra le spiagge più belle e luminose del mondo. E, sempre in tema di riconoscimenti, Lonely Planet ha collocato il deserto di Negev al secondo posto nella graduatoriadelle regioni più interessanti al mondo (dopo la Corsica).Modernità ma anche attività sportiva. Tel Aviv ospiterà, il prossimo 15 marzo, ben 35mila podisti che si sfideranno nella suggestiva maratona (ma sono sette le distanze a disposizione degli atleti) che si svilupperà all'interno della città. E se avete gambe buone non potrete perdere la marcia dei Monti Gilboa. che si terrà il 15 e 16 marzo sul monte nella Valle di Izreel (Nord di Israele).http://www.ilgiornale.it

Noa: “Io canto Napoli perché somiglia a Israele”

È Noa di scena domenica h21 al Parco della Musica. La cantante, nata in Israele da genitori yemeniti, vissuta fino a 17 anni negli Usa e poi trasferitasi a Tel Aviv, torna a esibirsi in Italia con Noapolis-Noa Sings Napoli, omaggio alla tradizione napoletana, tra i suoi riferimenti artistici. «Israele e Napoli – afferma – tante persone in una piccola area, popoli migranti che trovi ovunque nel mondo, salpati per mare sui bastimenti per scampare alle guerre, ai saccheggi, ma col pensiero comunque sempre rivolto alla propria casa». Un'attitudine che avvicina due culture apparentemente piuttosto lontane.«Zion o Napoli – continua Noa – c'è sempre questa voglia 'e turnà! C'è poi il fortissimo senso dell'ironia che è diretta conseguenza della sofferenza. Prendi una canzone come Tammurriata Nera, dramma umano di una donna intrappolata: tutti ridono del bambino nero ma lei vive una tragedia. Esattamente come una storia yemenita che mi raccontava mia madre». Con Noa sul palco Gil Dor & Solis String Quartet.http://www.metronews.it/

ISRAELE POTENZIA LE LINEE ELETTRICE PER GAZA

 Le linee elettriche sotterranee "Gerizim" che forniscono elettricità da Israele alla regione settentrionale di Gaza sono state rinnovate e potenziate la settimana scorsa.Queste linee forniscono 12,5 MW di elettricità, che costituiscono il 10% del totale di elettricità fornita da Israele a Gaza ogni giorno. Israele fornisce la maggior parte dell’elettricità utilizzata dai residenti della Striscia di Gaza.Il recente intervento ha incrementato in maniera significativa la capacità delle line elettriche, offrendo pertanto una più stabile fonte di elettricità ai residenti del nord di Gaza. La regione settentrionale di Gaza ospita due grandi centri abitati, Beit Hanoun e Beit Lahia, dove vivono circa 70.000 residenti.Le linee elettriche “Gerizim” sono state sostituite o riparate in alcune sezioni, per fronteggiare alcune instabilità riscontrate ultimamente. Il lavoro è stato realizzato da una squadra di 15 ingegneri elettrici della Israeli Electric Corporation, in coordinamento con il personale dell’IDF, per la tutela della loro incolumità.Il governo ha mantenuto e persino esteso la propria politica di assistenza e aiuto alla popolazione civile palestinese residente a Gaza.

MARATONA INTERNAZIONALE DI GERUSALEMME 2013 

VIDEO:  http://embassies.gov.il/rome/NewsAndEvents/Pages/maratona_gerusalemme_2013.aspx


Prima Ayaan, ora Fiamma
Riguardo il cambiamento nutre sentimenti contrastanti. “Da giornalista, ti leggono. Ma in qualità di onorevole tutto ciò che devi dire è che sei adirata su una questione, e i giornalisti lo scriveranno. E hai la possibilità di scrivere una legge, farne parlare, acquisire consenso e farla varare. “Per molti versi, Fiamma è come l’ex parlamentare olandese Ayaan Hirsi Ali, non solo perché entrambe hanno utilizzato la loro posizione politica per discutere l’Islam con vigore e proteggerne le vittime, ma anche perché entrambe alla fine vanno dappertutto con la scorta armata e anche perché Fiamma, come Ayaan prima di lei, è un eroina europea di primo piano che ha stabilito che la migliore scelta è lasciare l’Europa. Camminando per le strade italiane, i passanti la salutano appellandola “onorevole”. “Tra qualche giorno, mi confidava la parlamentare Italiana Fiamma Nirenstein nel corso di una lunga, vivace e franca conversazione telefonica da Roma, “non sarò più onorevole”. La Nirenstein, deputata di spicco del Parlamento Italiano ha deciso di non ricandidarsi. Non solo, ha scelto di andare in Israele. E’ ebrea, fa l’aliyah. E lascia anche la politica per ritornare al giornalismo.Fiamma si è fatta avanti per gli ebrei, per gli omosessuali e i cristiani in medio oriente, per mettere Hezbollah nella lista delle organizzazioni terroriste. Tutto ciò esula dall’essere semplicemente un giornalista. Ma il giornalismo comunque la chiama. “Un giornalista resta sempre un giornalista, e devi tornare a farlo”.Ricorda la volta in cui ha incontrato una senatrice per strada che le ha presentato la figlia, dicendole “Lei è Fiamma, ci ha fatto l’onore di difendere Israele in Parlamento”. Effettivamente ha impiegato proficuamente il suo tempo in politica. La incontrai la prima volta nel 2007 durante una conferenza a Roma organizzata da lei sulle donne nel mondo islamico. Ci siamo rivisti due anni dopo, nella stessa città, per un’altra conferenza sulle donne. Più di recente, ha messo insieme un piccolo esercito di donne arabe per far saltare la copertura, una volta e per tutte, delle presunte aspirazioni di libertà della così detta Primavera Araba. Inoltre, per tre anni, ha diretto la commissione sull’antisemitismo in Italia, la cui relazione esplosiva è qui esposta.Ha sicuramente avuto dei dubbi. “Dovevo compiere una decisione: restare o andare? Se fossi potuta restare oltre, l’avrei fatto.” Ma ad un certo punto, ha voluto compiere l’aliyah. Che è un’altra questione: quando siedi in Parlamento, non vuoi dare adito ad accuse di doppia lealtà” – di avere a cuore maggiormente gli interessi di Israele rispetto a quelli italiani. Per lei non c’è nessun conflitto di interessi. Rimane devotamente legata all’Italia, che rappresenta la sua cultura, le sue radici. Ma capisce, a differenza di alcuni italiani, che venendo meno alla difesa di Israele, l’Italia è finita: “Finita, morta. Distrutta. Così vedo anche l’Europa.”Ammette però: “non ho sentito molto il sostegno della comunità italiana in tutte queste attività. Intendo dell’élite ebraica” si affretta ad aggiungere. Perchè quando ha annunciato di voler fare l’aliyah, “un’infinità di persone mi hanno scritto chiedendomi di restare. Ma l'élite non ha proferito parola. Francamente, penso che preferiscano che l’ebrea lasci la scena proprio come allora chi deteneva le fila della politica olandese è stato sollevato dall’uscita di scena di Ayaan. L’assenza di Fiamma, molto semplicemente, semplificherà le cose. Di sicuro non è stata una passeggiata per lei, gli attacchi personali sono aumentati. “Ricevo quotidianamente minacce.” Gli ebrei europei, sottolinea, devono capire che “vivono in un continente antisemita. Sta ritornando.” Tutto ciò la spinge a trasferirsi in Israele. Non per scappare – ma per combattere. Sì, “voglio essere psicologicamente e fisicamente protetta” da Israele. Ma vuole anche ad! operarsi nell’altro senso: “Voglio anch’io proteggere Israele. Voglio essere lì a difenderlo.” Ride per l’apparente assurdità, ossia che una “sessantenne” voglia difendere una paese. Ma d’altro canto sottolinea: “Ho ancora forze. Voglio contribuire. Israele è minacciato dall’Iran e da tutti i mussulmani estremi nel Medio Oriente. Ci sono molte ragioni per essere in Israele ora rispetto a qualche anno fa’. Israele è indubbiamente più direttamente e imminentemente minacciato rispetto all’Italia.E invece, per un portentoso e istruttivo paradosso, la vita è migliore per un ebreo in Israele che in Italia. “E’ un posto dove c’è una bellissima sensazione di comunità, patriottismo, felicità, e la vita vissuta in questa sicurezza è così bella. Vado ovviamente incontro ad una miriade di problemi trasferendomi.” Ma la “ricompensa”, dice, fa in modo che ne valga la pena. Il problema è che in Italia “mi sento sola. Ed è la cosa peggiore che possa accadere alla vita di una persona. Lì invece [in Israele], non sei mai sola. C'è un qualcosa che non esiste più in Europa, ne' in nessun altro posto – c'è un popolo che si batte per sopravvivere. Cerca di resistere. E ha una democrazia, un' economia, una scienza, una cultura incredibilmente vivaci.”Allo stesso tempo “Tutto ciò è molto misterioso. Il senso della vita, la democrazia, la modernità, la guerra. E' qualcosa su cui ho sempre riflettuto. L'aspetto principale è l'identità. Nessuno sa bene, al giorno d'oggi, chi è. Cos'è l'Europa oggi? Giorno per giorno si vedono scontri tra Germania e Francia, Italia e Germania – il disperato tentativo di creare un senso di comunità. Ma non funziona. In Israele alla domanda chi sei, hai la risposta. Sei qualcuno che cerca di sopravvivere portandosi sulle spalle l'enorme responsabilità di salvare una cultura millenaria che ha fondato tutti i propri valori di modernità, dai Dieci Comandamenti fino all'invenzione della democrazia. E tutto ciò è caricato sulle spalle di uno staterello, che se non ce la facesse a sopravvivere, tutto andrebbe perso.” Questa è la morale della favola. Fino a poco tempo fa', “non c'erano alberi, non c'erano coltivazioni, non c'erano edifici in cui si inventa l'alta tecnologia, non ! c'erano start-up. E ora c'è tutto questo.” Sì, è vero, gli israeliani lottano duramente tra loro. “Ma allo stesso tempo sono così vicini l'un l'altro, così aperti al prossimo,” che l'intera società diventa “un esercizio di democrazia.” L'attuale panorama politico, sicuramente, sembra esserne l'antitesi – ma, sostiene, non in verità. I partiti contrapposti e i candidati “hanno molto in comune. Sono vivi, moderni, gente arguta che pensa. Io vorrei vederli nello stesso governo. Vorrei vedere cosa sono capaci di fare insieme questi pazzi, così diversi ma allo stesso tempo così vicini l'un l'altro.”Ricordo la mia prima visita a Roma, quando cenavo con Fiamma ed un gruppo di suoi sostenitori ebrei, uno dei quali mi spiegava che lei era la fiamma della loro comunità. Cosa ne sarà di loro? Dovrebbero, chiedo, andare anche loro per direttissima in Israele? “Capisco quanto sia importante che la comunità ebraica resti in Europa,” dice. “Per vincere questa tremenda competizione con la storia. Ne convengo. Ciò su cui dissento è che loro non capiscano che la loro principale salvezza sia rappresentata da Israele. Senza Israele, saranno distrutti dalla storia.” Gli ebrei italiani, aggiunge, “sono meravigliosi,” ma devono imparare ad “essere di nuovo forti. Non siete soltanto la comunità degli ebrei italiani. Siete la comunità più antica in Europa. Fatevi avanti e dite chi siete.”A dire la verità, ci sono cose degli ebrei italiani che la fanno proprio arrabbiare. In questo momento, per esempio, i mezzi di comunicazione ebraici stanno attaccando violentemente un giovane politico, una fantastica donna, che osa appartenere al Popolo delle Libertà di centro destra, la quale, nonostante il suo strenuo sostegno a Israele viene da loro tacciata di non “rappresentare i veri valori ebraici”. (Ahimè, è ordinaria amministrazione di questi tempi per le comunità ebraiche in Europa, che vivono nel delirio che solo svendendo Israele saranno lasciati stare.) Fiamma è lapalissiana sulla sua ira sull'argomento. Troppi ebrei europei, ammette, sono pronti a denigrare Israele nell'illusione che ciò possa salvarli. E lei riconosce quest'illusione per quello che è. Se cade Israele, la prossima sarà l'Europa. Poi l'America del Nord.“La mia idea di andare in Israele, quindi, non è così originale,” dice. “In fin dei conti devi fare ciò che ritieni. Io sono sionista. Devi essere quello che sei.” Parecchie volte il Consiglio d'Europa ha rifiutato di fornirle copia di certe relazioni delicate per nessun altra ragione, sospetta, se non che è ebrea. “Molte cose simili mi infastidiscono. Non ho più voglia di continuare così. Mi infastidiscono profondamente.” Ammette che non si è mai “sentita integrata nella comunità ebraica italiana”: l'ha trovata così carica di ignoranza anche sui paesi arabi – i loro omicidi di tutti dai cristiani alle “bambine che vanno a scuola.” Per lei, ciò che differenzia Israele è l'essere un paese sincero. Quando deve far guerra, fa la guerra – e tale la definisce.” Non vuole vivere in un tipo di paese alla Obama, dominato dall'idea del politicamente corretto e dal principio “voglio essere brava, voglio persino superare le altrui aspettative.”! Quindi andrà in Israele. E scriverà. “In primis continuerò a scrivere. E il mio sogno è riuscire ad impiegare la mia esperienza e le mie forze, fin quando le avrò, perché inizio ad invecchiare – a servizio del paese che amo.” E per traslato, a servizio di noi tutti nel Occidente Libero. Come le avevo già augurato all'inizio della nostra conversazione: “Buona fortuna” e mazel tov.
Di Bruce Bawer, 13 febbraio 2013 – apparso sulla copertina del Daily Mailer

Tel Aviv, coppia gay nel cartoon del Comune. L’attacco degli ultrareligiosi: è un abominio 
I due protagonisti gay all'interno del video promozionale del comune di Tel Aviv
I due protagonisti gay all’interno del video promozionale del comune di Tel Aviv
La scena dura pochissimi secondi in un video di quasi due minuti. Ci sono un lui e un altro lui che scendono da un pullmino. Si guardano. Si tengono per mano. Poi camminano. È soltanto una delle tante situazioni della vita a Tel Aviv – la città gay-friendly per eccellenza – in un filmato che vuole presentare il nuovo sistema di mappatura della città.Due uomini – anzi, due cartoni animati – omosessuali come immagine della città più grande d’Israele? Apriti cielo. Quelli di Shas, il partito ultrareligioso, hanno tirato su un putiferio. E chiesto di rimuovere quella scena che – parole loro – «è abominevole».Il più polemico di tutti – come racconta il sito Ynet – è stato Benny Babayof. L’esponente della formazione haredi ha inviato una piccata lettera a Ron Huldai, sindaco di Tel Aviv, in cui contesta la coppia omosex nel filmato che da giorni gira sui siti e sui social network. «Sono rimasto allibito quando ho visto nel video i personaggi “Dan e Danny” mentre si tengono per mano, si abbracciano e si accarezzano», scrive Babayof. «La coppia maschile con quell’orientamento sessuale è inadeguata e non dovrebbe essere rappresentativa della città di Tel Aviv-Jaffa. Il Comune deve promuovere i valori della famiglia scritti nella Torah e non messaggi abominevoli. Per questo vi chiedo di rimuovere il video immediatamente».«Lo so che sono in minoranza, c’è molta gente in città che è contrario alle mie opinioni», ha ammesso Babayof a Ynet. «Ma sono le stesse persone che vogliono trasformare Tel Aviv in una città per gay. Cosa priva di fondamento». «La nostra città è e sarà sempre la casa per la comunità omosessuale, nonostante gli sforzi delle forze oscure rappresentate da Babayof», gli ha replicato Yaniv Weizman, consigliere del sindaco per le questioni Lgbt. Che ha poi concluso: «Assicuro a ogni ragazzo, a ogni ragazza, a ogni abitante di questa città che le dichiarazioni di questi consiglieri non rappresentano lo spirito di Tel Aviv»La questione dei gay e del rispetto dei loro diritti a Tel Aviv è materia molto sensibile. Soltanto tre anni e mezzo fa, un estremista di destra fece irruzione nella sede di Agudah – l’associazione israeliana per i diritti Lgbt – sparando all’impazzata uccidendo tre giovani e ferendone altri dieci.http://falafelcafe.wordpress.com/

Metti, una sera, a cena con Obama...

La visita di Obama in Israele e’ prevista per il 20 marzo ma i preparativi sono gia’ cominciati e proseguono febbrilmente. Oltre al cerimoniale ed al protocollo da seguire durante gli incontri ufficiali e i temi da affrontare, e’ tradizione visitare durante il soggiorno siti di valore simbolico quali la tomba di Herzl ed il Memoriale della Shoah, Yad Vashem. In aggiunta a queste tappe tradizionali e consolidate il Ministero degli Esteri propone agli americani una lista di siti piu’ o meno famosi dalla quale scegliere una o due localita’ da visitare per conoscere altre sfaccettature del caledoscopio israeliano. Nella lista pubblicata dal quotidiano Yedioth haAhronot, a fianco di localita’ conosciute quali il Muro del Pianto, il museo di Gerusalemme, la fortezza di Mezada spiccano dei veri e propri outsider come la cittadina di Sderot, una batteria antimissile Iron Dome ed il Kibbuz Sasa, situato ad un paio di chilometri dalla frontiera libanese. Sasa e’ proprietario della fabbrica Plasan, specializzata nella produzione di sistemi di sopravvivenza per autocarri e mezzi logistici. La tecnologia di Plasan e’ stata impiantata su migliaia di mezzi sia dell’esercito israeliano che di quello americano ed ha contributo ha salvare le vite di centinaia di soldati statunitensi di servizio sia in Iraq che in Afganistan. I haverim di Sasa, dopo una prima reazione di sorpresa mista a orgoglio, ritengono poco probabile che Obama si scomodi cosi tanto. Chi invece ha cominciato a farci piu’ di un pensierino e’ Cesare, il mitico chef italiano del Kibbuz, che ha gia’ abbozzato un probabile menu’. Un altro haver ha commentato cosi la notizia: “Obama vieni a prendere un caffe’ da noi, avrai cosi l’occasione di toccare con mano cosa e’ capace di produrre il socialismo se bene organizzato”. http://www.mosaico-cem.it/


giovedì 14 febbraio 2013

VISTO DA ISRAELE/ A Benedetto XVI il rispetto dei "fratelli maggiori" e l'amore del "piccolo gregge" 

"Otto anni di amicizia". Le primissime reazioni della stampa israeliana all’annuncio di Benedetto XVI insistono sui tanti passi avanti del Pontefice nelle relazioni con il mondo ebraico. Anche in Israele, le parole con cui il Papa ha comunicato la scelta di lasciare il ministero petrino sono diventate in pochi minuti la notizia d’apertura delle versioni online delle testate più lette. Ynetnews, Haaretz, il Jerusalem Post, titolano citando Yona Metzger, rabbino capo dello stato ebraico, la sua lode alle iniziative del Santo Padre per il dialogo tra Cristianesimo, Ebraismo e Islam e la constatazione di come le relazioni tra Israele e Vaticano non fossero mai state migliori.La citazione delle voci ebraiche continua con le parole di apprezzamento e gli auguri del rabbino capo britannico, Jonathan Sacks e la dichiarazione di Ronald S. Lauder, presidente del World Jewish Congress: "Il papato di Benedetto XVI ha elevato le relazioni tra cattolici ed ebrei a un livello mai raggiunto prima. Non solo ha mantenuto ciò che era stato raggiunto dal suo predecessore e dato a queste relazioni una solida base teologica ma, cosa più importante, ha riempito tutto questo di significato e di vita". "La sua decisione – aggiunge Lauder – merita il nostro più grande rispetto".Haaretz approfondisce ripercorrendo la storia delle relazioni diplomatiche ufficiali tra Israele e la Santa Sede, iniziate in tempi relativamente recenti - nel 1993 - con Giovanni Paolo II e ricordando le questioni più delicate – legate soprattutto al periodo della Shoah - che per molto tempo hanno ferito il rapporto tra ebrei e cattolici. È un elogio al "papa del dialogo", che Israele ricorda soprattutto per la sua preghiera al Muro del Pianto e per la visita e il discorso al memoriale dello Yad Vashem, il museo che fa memoria dell’Olocausto, a Gerusalemme. Un Pontefice che ha fatto tanto per rinsaldare il legame incrinato con i "fratelli maggiori" ebrei, ma che non ha esitato a prendere ferme posizioni sui temi del conflitto senza fine tra Israele e Palestina, come non manca di ricordare ancora Haaretz. Serena Picariello http://www.ilsussidiario.net



Zeruya Shalev alla rassegna "Libri Come" per presentare il suo nuovo romanzo Quel che resta della vita, Feltrinelli editore
Auditorium Parco della  Musica di RomaTeatro Studio16 marzo 2013, ore 21.00
Sinossi
Tutto parte da un'anziana in un letto d'ospedale di Gerusalemme. Hemda Horowitz giace inerte nel suo letto, circondata dai due figli a cui ha dato un amore diseguale. Ripercorre i ricordi della propria vita: il severo padre pioniere, la sua infanzia vissuta in kibbutz e un difficile matrimonio con un marito sopravvissuto alla Shoah. Ma è il rapporto dell'anziana madre con i due figli il vero cuore del romanzo e si delinea fin dalle prime pagine: se con la figlia Dina ha un legame faticoso e conflittuale, per il figlio Avner prova una sorta di adorazione. Avner è un avvocato che combatte per i diritti delle minoranze, un uomo pesante e angosciato, frustrato sul lavoro, tormentato dalla propria inettitudine sentimentale. Dina cerca di essere una madre opposta a quella che ha avuto. È sposata con un fotografo schivo e di poche parole e ha messo da parte la propria vita professionale per trasmettere tutto quell'amore materno, che a sua volta non ha ricevuto, alla figlia adolescente Nizan. Ma quando vede quest'ultima allontanarsi, Dina entra in crisi e viene progressivamente posseduta da un imperioso desiderio di adottare un bambino abbandonato, desiderio che incontra la netta opposizione della famiglia e la costringe in un vicolo cieco che minaccia di distruggere tutto ciò che in realtà desidera salvare, la sua famiglia. Zeruya Shalev esplora la vecchiaia e le complesse dinamiche del rapporto tra genitori e figli.Ufficio culturale – Ambasciata di Israele