sabato 1 dicembre 2012
The legal borders of Israel under International law
VIDEO: http://atlasshrugs2000.typepad.com/atlas_shrugs/2011/05/the-legal-borders-of-israel-under-international-law.html
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venerdì 30 novembre 2012
29 novembre 1947, cronaca di un giorno speciale
65 anni dopo l'approvazione della risoluzione 181 dell'ONU che sanciva la spartizione della ex Palestina mandataria in due Stati, ebraico ed arabo; 65 anni dopo il grande rifiuto arabo di quella soluzione, la Palestina attende un nuovo, storico, voto: quello per la sua ammissione alle Nazioni Unite come Stato osservatore.
Il 29 novembre 1947 è stata una data storica del ’900: in quel
giorno l’assemblea generale dell’Onu votò per la terza e ultima volta la
risoluzione 181 sulla spartizione della ex Palestina mandataria
britannica. In quel freddo pomeriggio di novembre fuori dal palazzo
grigio di Flushing Meadow, nel Queens, New York, una folla di persone
era radunata ad attendere il risultato del voto; nel resto del mondo,
migliaia di persone erano incollate alla radio a seguire la cronaca in
diretta dei lavori.E così tutti a contare, uno dopo l’altro, i “si”, “no”, “astenuto”…
Per essere approvata infatti la risoluzione doveva ottenere due terzi
dei voti a favore – e per ben due volte, a settembre, non li aveva
ottenuti. Perciò quell’ennesima conta parve interminabile. A presiedere
l’assemblea il brasiliano Oswaldo Aranha, accanto a lui il segretario
generale dell’Assemblea, il norvegese Trygve Lie.Quando fu il turno della Francia, i nervi erano a fior di pelle: il suo
voto era il più atteso ed incerto. Tutti si aspettavano un’ennesima
astensione. Così quando giunse il suo “si”, i sionisti seduti nella
galleria della sala, esplosero in un grandioso applauso di sollievo e
gioia. Il presidente richiamò l’ordine, ricorda David Horowitz, delegato
sionista all’assemblea, e allora “l’emozione divenne quasi un dolore
fisico”. Era il momento del verdetto finale: 33 si, 10 no, 9 astenuti.
La mozione era passata. In quel momento ricorda ancora Horowitz
“sentimmo battere le ali della storia su di noi”. La gioia esplose
dentro la sala, per le strade di New York e per quelle di mezzo mondo. A
Gerusalemme Golda Meir si rivolse alla folla dal balcone del palazzo
dell’Agenzia ebraica e disse: ”Per duemila anni abbiamo aspettato la
nostra liberazione. Ora che è qui è così grande e meravigliosa che va
oltre le parole umane. Ebrei, gridò, Mazel tov! ”I rappresentanti degli stati arabi furono scioccati da quel
risultato: i delegati di Siria, Libano, Iraq, Arabia Saudita, Yemen ed
Egitto, scrisse poi il segretario generale TrygveLie, ”si alzarono e
uscirono dalla sala dell’Assemblea.”L’alto Comitato Arabo trasmise subito al segretario generale Lie un
comunicato con cui informava che gli arabi di Palestina “non
accetteranno mai alcuna potenza che li costringa a rispettare la
spartizione”. L’unico modo per dare corso alla spartizione, si leggeva,
sarebbe stato quello di cancellare tutti quanti loro – uomini, donne e
bambini.I chierici del seminario islamico Al-Azhar del Cairo invocarono a loro
volta un “jihad mondiale in difesa della Palestina araba”, scrive ancora
Horowitz,La mattina dopo in Palestina esplosero i primi colpi in quella che
sarebbe poi stata la Guerra di Indipendenza di Israele o, per il mondo
arabo, “Nakba” – la catastrofe.Oggi, 29 novembre, a 65 anni da quella storica data, la Palestina si
trova ad attendere dalle Nazioni Unite un nuovo voto, quello che
dovrebbe sancire il suo ingresso all’ONU come Stato non membro
osservatore.La portata del voto di oggi è senza dubbio minore di quella di 65 anni
fa, non solo per lo status che i palestinesi acquisterebbero, ma anche
per le dimensioni dello Stato che verrebbe loro riconosciuto – inferiore
a quello rifiutato nel 1947.Lo stesso Abu Mazen ha ammesso l’anno scorso in un’intervista alla TV israeliana, che il rifiuto del 1947 fu “un errore”.La Francia, il cui voto nel 1947 fu determinante per Israele, oggi,
lo ha già annunciato, voterà a favore della Palestina. Lo stesso faranno
Russia, Danimarca e Norvegia. La Germania è schierata sul fronte del
no, mentre sul voto italiano, come su quello inglese, regna ancora
l’incertezza. Ciò che è evidente e certo è che l’Europa unita di oggi si
presenterà a questo appuntamento ancora una volta priva di una idea di
politica estera e quindi di un voto comune.http://www.mosaico-cem.it/
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Anp: Monti a Netanyahu, resta forte amicizia Italia-Israele
(AGI) - Roma, 29 nov. - Nella sua telefonata con Netanyahu, il presidente del Consiglio - si legge nella nota di Palazzo Chigi sul sostegno italiano alla Risoluzione che attribuisce alla Palestina lo status di Stato non membro Osservatore Permanente all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite - nel ribadire che questa decisione non implica nessun allontanamento dalla forte e tradizionale amicizia nei confronti di Israele, ha garantito il fermo impegno italiano ad evitare qualsiasi strumentalizzazione che possa portare indebitamente Israele, che ha diritto a garantire la propria sicurezza, di fronte alla Corte Penale Internazionale .
Terzi: Italia ugualmente vicina a Israele e Palestina
Milano, (TMNews) - L'Italia, come altri paesi
importanti "è ugualmente amica e vicina ai palestinesi e agli israeliani
nella volontà del rilancio del processo di pace". E' quanto dichiarato
dal ministro degli Esteri Giulio Terzi a margine di un convegno
sull'internazionalizzazione delle imprese lombarde. Il ministro ha poi
affrontato il tema del voto di oggi all'assemblea generale dell'Onu per
consentire alla Palestina di diventare paese osservatore ma non membro
auspicando che la svolta di oggi "sia un impulso per il rilancio del
processo di pace. C'è la possibilità concreta e un'alta probabilità che
il voto di oggi si traduca in un rilancio del ruolo europeo più che in
un suo arretramento".VIDEO: http://www.bresciaoggi.it/videos/619_videonews/34965/
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Cicchitto, netto dissenso su decisione italiana
Roma, 30 nov. (Adnkronos) - "Ancor di piu' alla luce delle rivelazioni su come si e' arrivati alla decisione italiana sul voto all'Onu per la Palestina confermiamo il nostro netto dissenso. Europeismo non puo' voler dire distacco da Israele. C'e' un pizzico di irresponsabilita' in questa decisione, che piu' che dall'europeismo discende dall'influenza delle tradizionali posizioni del Pci sui nostri meccanismi di politica estera. Ma se l'Italia contribuisce a dare il senso di un isolamento di Israele, i rischi di conflitto e non di pace aumentano e non diminuiscono. Assai significativa e' la delusione degli Usa. Ancor piu' delusi siamo noi''. Lo dichiara Fabrizio Cicchitto, presidente dei senatori Pdl.
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Gli israeliani: Roma, che delusione
«Dai migliori amici fa più male»
«NON SOLO non migliorerà la situazione sul terreno. Rischia di creare le
premesse per nuova violenza e di allontanare le prospettive di pace. E
quindi, ci spiace che l’Italia abbia scelto di sostenere l’iniziativa
unilaterale palestinese. È qualcosa che non ti aspetti dai tuoi migliori
amici e alleati». Palazzo Chigi l’ha appena informato della posizione
del nostro Paese e l’ambasciatore israeliano Naor Gilon non nasconde la
sua delusione. Ambasciatore, perché questo passo dovrebbe far crescere la tensione?«Perché
aumenterà le aspettative in Cisgiordania. E quando i palestinesi
vedranno che lo status non cambierà in nulla la loro condizione, che la
loro vita e le loro prospettive non muteranno, perché il processo di
pace non avanzerà, ciò creerà delusione. E, temo, instabilità». Ma l’avanzamento del processo di pace dipende anche da Israele....
«Ogni
premier israeliano dagli accordi Oslo in poi, incluso Netanyahu, ha
sempre detto che noi siamo pronti a due stati per due popoli. Ma i
palestinesi si rifiutano da quattro anni di sedersi al tavolo negoziale.
Se pensano di forzare il processo di pace attraverso la comunità
internazionale fanno male i calcoli». Concedere il ruolo di
osservatori potrebbe anche essere positivo se i palestinesi, come hanno
promesso, accettassero davvero di sedere al tavolo negoziale senza
precondizioni...«Lei crede che accadrà? Personalmente
sono molto scettico. I palestinesi hanno sinora detto che non siederanno
al tavolo della pace senza precondizioni e temo che non cambieranno
posizione. Stanno solo cercando un modo per convincere il maggior numero
di paesi possibile a supportarli». Cosa aiuterebbe davvero la ripresa dei negoziati?«Molto
semplice. Europa e Stati Uniti sono i maggiori finanziatori
dell’autorità palestinese. Gli danno un sacco di soldi ogni anno. Se gli
europei si unissero agli americani nel dire ai palestinesi ‘non
possiamo continuare a finanziarvi se non tornate al tavoloo di
trattativa senza precondizioni’, io credo che l’autorità palestinese non
potrebbe non accogliere l’invito. Ma purtroppo l’Europa non sembra
pronta a fare pressioni su Abu Mazen e quindi lui non ha urgenza di
trattare, e può scegliere di tentare di usare la comunità internazionale
per cercare di forzare la mano a Israele. Le assicuro che non
funzionerà». http://qn.quotidiano.net/
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Il "sì" italiano che delude Israele
“La Palestina viene oggi all’Assemblea Generale perché crede nella pace e perché la sua gente ne ha un disperato bisogno. È arrivato il momento per il mondo di dire chiaramente: Basta con l’aggressione, gli insediamenti e l’occupazione”. Con queste parole il presidente dell’ANP, Abu Mazen, ha salutato l’assemblea dell’ONU che, con 138 voti a favore su 193, ha sancito l’ingresso della Palestina all’ONU come Stato non membro osservatore. Un risultato storico a detta di molti, che di fatto riconosce per la prima volta l’esistenza della Palestina come entità statale.Un voto che “pone nuovi ostacoli sulla via della pace” ha dichiarato invece il segretario di Stato americano Hillary Clinton; “controproducente” ai fini del raggiungimento della soluzione “Due popoli, due Stati” ha aggiunto l’ambasciatrice americana all’ONU, Susan Rice.Per il premier israeliano Benjamin Netanyahu si tratta di una risoluzione che nei fatti ”non cambierà alcunché”. “Esso non avvicinerà la costituzione di uno Stato palestinese, ma anzi la allontanerà”. Ciò non toglie, ha aggiunto, che “la mano di Israele resti tesa verso la pace”.L’ Ambasciatore israeliano alle Nazioni Unite, Ron Prosor, ha risposto al discorso di Abbas dicendo che la pace può essere raggiunta solo attraverso negoziati, non attraverso la via delle Nazioni Unite. ”Fino a quando il Presidente Abbas preferirà il simbolismo alla realtà, ogni speranza di pace sarà fuori portata. Nessuna decisione dall’ONU può rompere il legame che da 4000 anni unisce il popolo di Israele alla terra di Israele”, ha detto Prosor.Coloro che hanno votato a favore, stanno minando la pace”, ha aggiunto Prosor. “Le Nazioni Unite sono state fondate per promuovere la causa della pace. Oggi i palestinesi stanno voltando le spalle alla pace. Non lasciamo che la storia registri che oggi le Nazioni Unite li ha aiutati nel loro lunga marcia di follia.”Se fra i 9 stati che hanno votato contro l’ingresso della Palestina all’ONU come Stato non membro si contano gli USA, il Canada e la Cecoslovacchia; se fra gli astenuti ci sono la Germania e la Gran Bretagna, fra coloro invece che hanno votato “sì” ci sono la gran parte degli Stati europei, fra cui, inattesa – soprattutto a Gerusalemme – l’Italia.Poche ore prima del voto Palazzo Chigi ha fatto sapere che all’Assemblea generale avrebbe votato sì. Una scelta che ha lasciato spiazzati un po’ tutti negli ambienti israeliani che hanno sempre guardato all’Italia come ad uno dei paesi più vicini ed amici in Europa. ”Quando si è molto vicini a qualcuno, quando lo si considera un grande amico, la delusione è più forte” ha osservato l’ambasciatore israeliano a Roma, Naor Gilon.Nella telefonata con Netanyahu che ha preceduto il voto, il premier Mario Monti ha fatto sapere che la decisione di votare a favore, non compromette la “forte e tradizionale amicizia” dell’Italia nei confronti di Israele. Monti ha garantito inoltre il fermo impegno dell’Italia ad evitare qualsiasi strumentalizzazione del voto ovvero che Israele, che ha diritto a garantire la propria sicurezza, possa essere portato indebitamente di fronte alla Corte Penale Internazionale.A questo proposito Mattia Ferraresi, su “Il Foglio” di oggi, spiega:“Sul voto italiano pesa la logica della coalizione e l’indebolimento di Abu Ma-zen, ma si fanno anche calcoli sulla più grande paura israeliana: che i palestinesi possano trascinare il governo di Gerusalemme davanti alla Corte penale internazionale. Gli esperti legali dell’Onu consultati dal Foglio dicono però che si tratta di un’opzione puramente teorica. Prima di avere accesso alla Corte dell’Aia lo stato palestinese deve aderire al Trattato di Roma, il quale concede diritti e implica doveri, ad esempio dotarsi di un sistema legale nazionale che rispetti certi standard. Cosa che la Palestina non ha. Quando il rappresentante palestinese all’Onu dice che “non andremo subito alla Corte penale” non fa una dichiarazione politica, ma ammette uno stato di fatto. Nessun automatismo garantisce alla Palestina potenziata dal voto di denunciare Israele al Tribunale internazionale, e nulla dice che gli eventuali reati siano perseguibili retroattivamente. Quello della Palestina è un piccolo passo nella strada che porta all’Aia, non l’attivazione di un meccanismo inesorabile. Per questo Netnayahu dice che il voto dell’Onu “non cambia nulla”.http://www.mosaico-cem.it/
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E’ istituzionalmente sconvolgente la scelta di Palazzo Chigi di
rovesciare con una mossa nient’affatto tecnica, ma tutta politica, le scelte di
un parlamento che da vari anni a questa parte ha fatto suo onore e vanto di
essere il migliore amico europeo di Israele, la cui delegazione all’ONU solo
nel luglio del 2011 di fronte a una risoluzione identica ha risposto in modo
opposto a quello attuale, che si è sempre proposto come mediatore di una pace
trattata dalle due parti a un tavolo civile e rispettoso, e a non esporre la
questione della pace a un consesso pieno d’odio contro Israele come è
l’assemblea dell’ONU. Il comunicato di Palazzo Chigi che ieri ha annunciato che
l’Italia in nome della prospettiva di “due Stati per due popoli” e per seguire
una linea europea avre! bbe votato a favore di uno Stato Palestinese
unilateralmente proclamato dall’Assemblea Generale, sembra scritto da un
bambino che ignora l’abc della politica mediorientale, e soprattutto che
scavalca senza remore, nonostante il suo sia un governo tecnico, le scelte
politiche di fondo del Parlamento italiano, che non è mai stato minimamente
consultato.Eppure si sa bene cosa pensa questo Parlamento: esso ha fatto speciali gesti di
amicizia verso Israele pur restando un riferimento per i moderati palestinesi,
e per questo ha conservato una qualità di mediatore che adesso ha perso di
colpo in cambio di niente. Infatti “due Stati per due popoli” non c’entra
niente con questa risoluzione, Israele è fuori, la Palestina avrebbe bisogno
non di doni miliardari come fino ad oggi, ma di un senso di responsabilità
verso i suoi e di un’accettazione di Israele che è proprio il contrario di
quello che succede col regalo di questa risoluzione. Essa non è propalestines!
e, è solo contro Israele. Il nostro Parlamento ha votato rivoluzioni spesso
contrarie all’atteggiamento facilone e colpevolizzante di parte d’Europa: il
Parlamento ha bocciato sia la partecipazione alla Conferenza detta “Durban 2”,
sia la risoluzione del giudice Goldstoine dopo la prima guerra di Gaza, che poi
lui stesso si è rimangiata. Il Parlamento ha un’associazione Italia-Israele di
200 membri, or ora in visita con una delegazione fino sotto le bombe di Hamas.
I rapporti commerciali, culturali, scientifici sono straordinari; durante
l’ultima guerra di fronte alla Camera si è tenuta una manifestazione pro
Israele in cui sono intervenute tutte le parti politiche. Questo ha posto
l’Italia in un ruolo di elite accanto ai paesi più importanti e indipendenti
d’Europa, come la Germania, affrancandola da un atteggiamento gregario verso il
mondo arabo, e molto dubbio verso il mondo ebraico che hanno altri Paesi, come
la Francia e la Spagna. Con loro oggi andiam! o a braccetto incamerati nella
maggioranza automatica islamica, con Ahmadinejad alla testa e con Chavez e
altri eroi terzomondisti a fianco.L’incredibile scelta di Palazzo Chigi, pura prepotenza politica e certo non
tecnica, distrugge le nostre possibilità, fino ad oggi molto buone, di fungere
da mallevadore di una pace vera, di quelle che si fanno fra nemici, seduti a un
tavolo, di quelle che decidono confini sicuri, da cui non si possa sparare
sull’aeroporto Ben Gurion, che obbligano i palestinesi a rinunciare
all’incitamento antisemita e filoterrorista (basta guardare su internet
Palestinian Media Watch),che i giornali e le tv di Abu Mazen dedicano agli
ebrei. Adesso avremo nuovi amici, ne siamo contenti? Siamo lieti della spaccatura con
gli USA, con l’Australia, col Canada, con altri pochi coraggiosi che sanno dire
no alla retorica e che puntano a una vera pace? Qui non ci sarà nessuno Stato,
ma un’entità il cui sogno è solo quello di trascina! re Israele, forte del suo
nuovo ruolo, come annunciato, al Tribunale Internazionale per farne uno stato
canaglia da distruggere. Non ci sarà uno stato anche perché Hamas regna su Gaza
e ha anche vinto le elezioni in tutte le città importanti dell’Autorità
Palestinese: la new entry all’ONU può presto cadere nelle mani di
un’organizzazione terrorista. Monti doveva forse farsi guidare dai suoi
sentimenti democratici di cui non dubito, ma in lui non ha vinto l’ideale. C’è
da capire ancora che cosa l’abbia trascinato verso il fronte anti istituzionale
e ideologico. Chi, che cosa? Bersani con la sua campagna elettorale di sinistra
che non ammette obiezioni da parte di questo governo non eletto? Il Qatar,
appena visitato, che può spargere oro anche sulla nostra boccheggiante
economia? L’Europa? che, quando ci allineiamo, ecco dove ci porta: al peggiore
conformismo, alla rottura delle regole democratiche, all’abbandono dei nostri
alleati, alla spaccatura con gli! Stati Uniti. Il Giornale, 30 novembre 2012 Fiamma Nirenstein
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