venerdì 2 maggio 2008


MODULO PER INOLTRARE PROTESTA: http://www.tim.it/common/scrivia119.do

SPETT.TIM,

PROTESTO FORMALMENTE PER L'ERRORE DAL SAPORE POLITICO CHE PUO' METTERE IN SERIA DIFFICOLTA' LA TIM:
QUI DI SEGUITO ALLEGO LETTERA RICEVUTA CHE MI INFORMA CHE "VIVERE SENZA CONFINI" E' UN MOTTO CHE NON DEVE CEDERE AGLI ERRORI DI GEOGRAFIA!
SE VALICO IL CONFINE PASSO IN UNO STATO BEN PRECISO E SE ATTERRO IN ISRAELE VOGLIO IL "BENVENUTO IN ISRAELE" E NON IL "BENVENUTO IN PALESTINA",
PERCHE' QUANDO ATTERRO A ZURIGO RICEVO IL "BENVENUTO IN SVIZZERA" E NON "BENVENUTO IN GERMANIA!
PREGO VOGLIATE IMMEDIATAMENTE CORREGGERE L'ERRORE E FORNIRE SPIEGAZIONE. GRAZIE.

FEDERICO FALCONI NOCENTINI
PRESIDENTE ASSOCIAZIONE TREVIGIANA ITALIA-ISRAELE
http://www.italiaisraele.free.bm/
israeltreviso@yahoo.it

allego lettera ricevuta:
"Quest'oggi 30 aprile 2008, alle ore 4,18( ora Italiana) mi trovavo all'aereoporto Ben-Gurion di Tel AVIV, imbarcato sull'aereo con destinazione Milano, ho provveduto a cambiare la carta sim del cellulare, apponendo quella della tim.
Con mia grande sorpresa questo è lo "sms" che mi è stato recapitato: " Benvenuto in PALESTINA.Per chiamare dall'estero ricorda di aggiungere al numero da chiamare il pref internaz (per l'Italia +39). Buona permanenza da TIM- mittente :119"

giovedì 1 maggio 2008

Gerusalemme

Hilton: The Waldorf Astoria debutta in Israele Il debutto del The Palace Jerusalem è previsto nel 2010

Hilton Hotels Corporation e Ipc Jerusalem Ltd hanno annunciato congiuntamente la stipula di un accordo di gestione del primo hotel della Waldorf Astoria Collection in Israele. L’apertura della storica proprietà, denominata The Palace Jerusalem - The Waldorf Astoria Collection, è prevista entro la fine del 2010 e offrirà 220 tra camere e suite. Inoltre, sempre nello stesso sito, è previsto lo sviluppo di circa 30 appartamenti della Waldorf Astoria Collection. Wolfgang M. Neumann, presidente di Hilton Hotels Europe, ha affermato: "Israele sta vivendo un periodo di continua, rapida e intensa attività commerciale, che alimenta una notevole richiesta di marchi alberghieri di alta qualità. Hilton gestisce attualmente due hotel in Israele: l’Hilton Tel Aviv e l’Hilton Eilat Queen of Sheba. La nuova aggiunta al portfolio israeliano del Gruppo è situata in una delle location più centrali di Gerusalemme: all’intersezione tra le vie King David, Agron e Mamila, a pochi passi dalla Città Vecchia. Edificato nel 1929, questo edificio è attualmente sottoposto ad un intenso programma di rinnovamento. Tra le facilities dell'hotel tre ristoranti, una spa di 500mq e una sala fitness con piscina, oltre ad ampi spazi congressuali e ad un parcheggio interno. Situate nelle immediate vicinanze dell’hotel, le lussuose Residenze del The Palace Jerusalem - The Waldorf Astoria Collection godranno di vedute sulla Città Vecchia e offriranno tutti i servizi garantiti dall’hotel.
Guida viaggi.it 30/04/2008

Gattinoni, inno alla pace all'ambasciata di Israele


Gattinoni sfila per la pace nei saloni della residenza dell’ambasciatore di Israele in Italia Gideon Meir. Guillermo Mariotto, direttore creativo della storica maison romana, ha voluto rendere omaggio alle tre grandi religioni monoteiste del mondo (ebraismo, islamismo e cristianesimo) con tre abiti di seta bianca uniti da un unico drappeggio e indossati da modelle di tre diverse nazionalità e fedi. Le tre religioni si fondono attraverso tessuti e morbidi drappeggi diventando un’unica emozione da indossare che chiude il defilè. Interpreti del messaggio-couture tre top model di diverse nazionalità e culture: Leraz Drod, modella israeliana di religione ebraica, Shadine El Saidi, Italo/Siriana, di religione musulmana , Violetta Alfonsi di nazionalità italiana e religione cristiana. La principessa-designer Grazia Borghese, ha creato in esclusiva tre gioielli unici, per il defilè: La Stella di David, simbolo dell’ebraismo, la Mezzaluna simbolo dell’Islam e La Croce, simbolo del Cristianesimo, realizzati in oro rosa e pietre preziose e indossati dalle tre testimonial. Il defilè si è aperto con un caftano in organza grigia decorato con i simboli delle tre Grandi Religioni, che introduce la collezione haute-couture primavera-estate, presentata a Roma lo scorso gennaio, manifesto ideale in difesa della natura e dell’ambiente, a base di abiti con tessuti eco-compatibili, bio-etici e bio-degradabili.L’evento è stato organizzato nell’ambito delle celebrazioni del sessantesimo anniversario della fondazione dello Stato di Israele che a Roma sarà ufficialmente festeggiato il prossimo 8 maggio. Alla sfilata, presentata da Marta Flavi, hanno assistito tra gli altri l’on.Luca Barbareschi, che ha debutato oggi in Parlamento, Milly Carlucci, Massimo Giletti e Gianfranco Vissani.
La Stampa.it 30/4/2008

Gerusalemme

Sionismo e/o razzismo? Le controverse risoluzioni ONU e i Diritti Umani.

Giovanni Matteo Quer, Dottorando in studi internazionali , Università di Trento,24-4-2008.

Pubblico molto interessato ieri sera nella sala della comunità ebraica di Verona dove il dottor Quer ha tenuto la sua lezione sul tema “Sionismo e/ razzismo? Le controverse risoluzioni dell’ONU e i Diritti Umani” analizzando l’odio che ancora esiste da parte del mondo arabo-palestinese nei riguardi degli Ebrei. Egli ha dimostrato che la non accettazione della presenza ebraica in Medio Oriente è sempre presente, solo è cambiata la strategia di lotta. Se dagli anni 1917 al 1948 gli Arabi hanno attuato delle ostilità contro la presenza degli Ebrei in Palestina in quanto considerata un’emanazione della politica colonialista britannica, dal 1948 al 1973 hanno lottato contro lo Stato di Israele, divenuto il Nemico, auspicando la sua distruzione. Visto che ciò è risultato impossibile, dal 1973 hanno iniziato una lotta ideologica contro il sionismo. all’interno della guerra fredda lotta che vede il suo culmine nella risoluzione ONU del 1975 per il blocco compatto di Stati Arabi, URSS e paesi non allineati. Dagli anni ’90 in poi ostilità viene riformulata in termini di diritti umani. Ma di fondo si continua a sostenere che il sionismo è una pratica di razzismo per poter demonizzare lo Stato Ebraico. È seguito un vivace dibattito nel quale, pur con diverse opinioni, tutti i presenti hanno sottolineato la gravità della situazione odierna.

Sintesi della conferenza

Come si pone il Diritto Internazionale rispetto al Sionismo? Essendo il Sionismo un movimento di liberazione nazionale può sembrare strano che il Diritto Internazionale abbia qualcosa da dire, perònel 1975 l’ONU ha proclamato una risoluzione che equiparava il Sionismo al Razzismo. Tale risoluzione è stata revocata nel 1991 nel silenzio della comunità internazionale, ma ancora oggi si tende equiparare i due concetti specie nell’ambito dei diritti umani, per un processo storico e una strategia attuata dai paesi arabi per demonizzare Israele.I fase Se andiamo alle origini vediamo che il Sionismo è un movimento di liberazione nazionale nato nel XIX secolo quando, nonostante la Rivoluzione Francese già avesse proclamato l’uguaglianza di tutti gli uomini, agli Ebrei non veniva riconosciuta l’uguaglianza dei diritti: vi erano infatti forti correnti antisemite nei paesi occidentali e addirittura dei pogrom nei paesi dell’est. I movimenti ebraici pertanto sentivano la necessità di ridare uno spirito al popolo ebraico che non fosse quello assimilazionista, visto che il processo di assimilazione era sostanzialmente fallito. In questo contesto nasce il Sionismo come movimento di liberazione nazionale ed ha vari aspetti, spirituale, culturale, religioso, ma soprattutto quello politico che sostiene, con Herzl, la necessità di fondare uno stato per gli Ebrei in Palestina. Gli Ebrei iniziano quindi alla fine dell’’800 e soprattutto all’inizio del ‘900 a comperare terre dai Turchi Ottomani e fondano le prime comunità che non sono emissarie di una potenza occidentale, ma che si auto-organizzano, creando una rete di accademie, università, servizi sociali, sanitari, culturali, cioè una struttura parastatale che poi sfocerà nella costituzione dello stato di Israele. Già nella Palestina Ottomana la presenza ebraica non era tollerata in nome del nazionalismo arabo, ma tale sentimento antiebraico si accentua nella Palestina mandataria. La politica della Gran Bretagna era controversa: non voleva in realtà prendere posizione pro o contro gli Ebrei, ma di fatto finisce per favorire gli Arabi in più di un’occasione.Prima ancora del Mandato, nel 1917 la Gran Bretagna si impegna a costituire un focolare ebraico in Palestina con la Dichiarazione di Balfour che viene inglobata nella Palestina mandataria e che confluirà nella risoluzione ONU per la Costituzione dello Stato di Israele. Nel 1919 c’è un accordo Faisal - Weizman che propone la soluzione a due stati con mutua cooperazione e la creazione di una commissione di arabi e ebrei per dirimere le future controversie, visto che già erano sorti scontri e tensioni. La reazione all’accordo causa da parte degli Arabi attacchi contro gli Ebrei e un incremento della pubblicistica araba antiebraica (comunità ebraiche accusate di costituzioni fittizie del colonialismo inglese) e antisemita (di matrice politica islamica e religiosa occidentale cristiana). Gli scontri vengono sedati solo nel 1929, ma la difficile situazione spinge il governo inglese alla creazione della Commissione Peel che vede come unica soluzione la divisione della Palestina in due stati, uno ebraico e uno arabo. Ma la soluzione provoca la rivolta araba degli anni 1936-39: gli Arabi si oppongono sia agli Inglesi (che sono reggenti in Palestina) visti come colonizzatori, sia agli Ebrei, visti come emissari del regime coloniale inglese. Era facile dal punto di vista culturale associare gli Ebrei agli Inglesi, in quanto gli Ebrei presenti in Palestina erano quasi tutti europei, con mentalità e costumi occidentali, ma la politica britannica non li aveva mai favoriti. La rivolta viene domata in un bagno di sangue dal generale MacArthur. Poi gli Inglesi, per placare le richieste arabe, pubblicano un Libro Bianco in cui si diminuisce la possibile emigrazione ebraica in Palestina a poco più di 40.000 unità, proprio nel 1939 quando il nazismo raggiungeva il suo apice. Nel 36-39 però gli scontri oltre che contro gli Ebrei si sono verificati anche fra arabi di diverse correnti, fra cioè arabi nazionalisti, panarabi e arabi a favore di islam radicale: infatti gli scontri contro gli Inglesi e contro gli Ebrei erano stati l’occasione per uno scontro interno arabo relativo al problema se creare in Palestina uno stato arabo laico o uno stato islamico. L’associazione degli Ebrei come colonizzatori in quanto simili agli Inglesi diventa ancora più forte durante la II Guerra Mondiale. Infatti da una parte del conflitto gli Arabi si sono alleati con i Tedeschi (sia per politica antisemita ben gradita ad Husseini, Gran muftì di Gerusalemme, sia per atteggiamento antiinglese) e dall’altra gli Inglesi con gli Ebrei che riescono creare la Brigata ebraica che avrà un certo peso nella liberazione italiana. A questo punto per la propaganda araba è facile sostenere che gli Ebrei, che hanno combattuto con gli Inglesi, sono, come gli Inglesi, colonizzatori. La situazione si protrae fino al 29 novembre 1947 quando l’ONU con la Risoluzione 181 proclama la spartizione della Palestina in due stati, uno arabo, uno ebraico. Fino a questo momento storico gli scontri erano stati fra Arabi ed Ebrei e fra Arabi e Inglesi con l’associazione degli Ebrei come colonizzatori.
II fase (4 guerre)Ma nel 1948 nasce lo Stato di Israele e gli Inglesi si ritirano: gli scontri degli Arabi non sono più rivolti a singole comunità, ma mirano alla distruzione dello Stato ebraico con guerre.A) Guerra di liberazione (1948-49). ( Stati arabi contro neonato Stato israeliano). Termina con un “cessate il fuoco” (non trattato di pace): Israele continua ad esistere ma Egitto e Giordania occupano rispettivamente Gaza e Cisgiordania annettendole in ottica di politica panaraba. Questa situazione si protrae fino al 1956. Nel frattempo gli Inglesi lasciano truppe in medio oriente e in particolare in Egitto e soprattutto continuano a mantenere la gestione completa del Canale di Suez. Le reggenze arabe non riescono a gestire le spinte nazionaliste che vengono dal popolo tanto che vi è una serie di colpi di stato il più importante dei quali è quello del 1952, quando viene detronizzato Faruk e sale al potere Nasser, leader dei panarabisti. Egli porta il medio oriente ad una politica di equidistanza dalle due superpotenze, tanto che il blocco dei paesi della Lega Araba aderisce al movimento dei “non allineati” secondo quanto definito nella Conferenza di Bandung (1956). In realtà il movimento, che comprendeva stati neodecolonizzati, si avvicina sempre più all’URSS in quanto voleva combattere il colonialismo e il neoimperialismo identificato con i paesi americani e anglosassoni. Inoltre l’URSS appoggia l’Egitto per la cosiddetta autodeterminazione. Nel maggio del ‘56 Nasser emana leggi che escludono le navi israeliane dal passaggio dallo stretto di Suez e poco dopo nazionalizza lo stretto nel chiaro intento di isolare Israele e di estromettere l’Inghilterra dal medio oriente.. B)Si arriva così alla II Guerra arabo-israeliana che vede Francesi, Inglesi e Israeliani contro l’Egitto. La guerra si conclude nel dicembre sostanzialmente senza né vinti né vincitori, ma ancora una volta Israele continua a esistere e lo si vede alleato degli stati occidentali, agli stati cioè colonizzatori.C)
La situazione rimane stabile fino al giugno del 1967 quando abbiamo la III guerra, quella dei “6 giorni” che si conclude con una totale sconfitta dei paesi arabi (Siria, Giordania, Egitto. Marocco, Algeria e Iraq) e con Israele che conquista il Golan, Gaza, Sinai e Cisgiordania. Inizialmente Israele voleva tenersi le terre conquistate per una possibile negoziazione, ma nel Dicembre la Lega Araba nella conferenza di Khartum proclama “i tre no”, cioè no al riconoscimento di Israele, no alla pace con Israele, no a negoziati con Israele. Israele inizia allora la politica di costruzione degli insediamenti per i nuovi arrivati, soprattutto da quei paesi arabi da cui erano stati cacciati. Nel frattempo muore Nasser e gli succede Sadat che vorrebbe cambiare politica e sarebbe anche disposto a firmare la pace con Israele, ma ha bisogno di appoggio popolare per ottenere il quale ha bisogno di un momento di gloria.D) Siamo così nel 1973 quando Sadat muove guerra ad Israele ( la IV guerra detta del Kippur o del Ramadan) che si conclude con una grande semivittoria perché Israele continua ad esistere ma con una semisconfitta per le ingenti perdite di vite umane da entrambi le parti. La colpa della sconfitta araba viene attribuita a USA (colonialisti) e a URSS, che aveva cessato di dare armi ad Egitto. Sadat però, conquistata la fiducia popolare, comincia a cambiare politica, a parlare di pace, a spostare l’assetto delle alleanze verso gli Stati Uniti. Soprattutto, in vista anche di una ripresa del Sinai, inizia a sostenere che si deve riconoscere Israele. III fase Se dopo ben quattro guerre Israele continua ad esistere e esistono ancora gli Ebrei, il nemico da combattere non viene più identificato con lo Stato di Israele, che è ormai una realtà di fatto, ma con la base ideologica dello Stato di Israele, cioè con il Sionismo. Negli anni ’70 cioè assistiamo di nuovo ad un cambiamento di strategia della lotta contro Israele e si inizia da parte araba la lotta ideologica e diplomatica contro il Sionismo definito come colonialismo e una forma di razzismo.Nel Novembre del 1975 la Lega Araba (che faceva parte del blocco dei paesi non allineati che era vicino all’URSS) propone all’Assemblea Generale dell’ONU una mozione di condanna contro il Sionismo in quanto pratica razzista.
Il 10 Novembre la risoluzione viene approvata con 72 voti favorevoli , 32 contrari e 35 astenuti. Se si esaminano i motivi che hanno spinto i paesi a votare a favore si capisce perché la mozione è passata: hanno votato a favore i paesi della Lega Araba (perché la vedono una vittoria contro Israele), gli stati islamici ( perché nella pubblicistica Israele era definita creazione fittizia dei crociati (occidentali) per attaccare l’Islam), i paesi non allineati (che vedono nel Sionismo una forma di colonialismo e di razzismo quale prodotto più evidente del colonialismo che altro non è che la distruzione dell’identità culturale dei popoli colonizzati) e l’URSS con stati satelliti (sia perché, in clima di guerra fredda, si vuole opporre a Israele in quanto alleato degli Usa sia perché il Sionismo riscuote simpatie fra ebrei russi, che quindi si oppongono a livellamento dell’ideologia dei Soviet). Hanno votato contro gli stati occidentali, mentre si sono astenuti gli stati non allineati e qualche stato occidentale. La risoluzione rimane in vigore fino al 1991. Nel frattempo nel 1979 Israele firma la pace con l’Egitto (che per questo viene espulso dalla Lega Araba) e comincia ad intrattenere buoni rapporti con gli stati non allineati del centro –sud america per esempio con il Messico che si pente di voto di astensione. Stabilisce inoltre buone relazioni anche con l’URSS.Nel 1991 si ha caduta del muro di Berlino, il collasso dell’impero sovietico come potenza comunista, la fine della guerra fredda per cui il blocco che ha votato l’approvazione della risoluzione ONU non esiste più in modo compatto. Ancora a favore rimangono solo i paesi arabi. E finalmente dopo tante richieste il 16-12- 1991 la risoluzione viene revocata col voto favorevole degli stati non allineati, URSS e stati satelliti, democrazie occidentali. Contrario rimane il blocco dei paesi arabi e islamici, ad eccezione dell’Egitto che si astiene.IV faseSe nel ’91 viene revocata la risoluzione ONU, l’odio contro Israele permane. L’idea che il sionismo sia una forma di razzismo continua ad essere presente nella pubblicistica araba e anche nel Diritto Internazionale. Il 15 settembre 1994 nella conferenza del Cairo si ha la Carta araba dei Diritti Umani, la quale al § 5 recita: “Gli Stati Arabi rigettano ogni forma di razzismo e di sionismo in quanto costituiscono la violazione dei diritti umani e pongono una seria minaccia alla pace mondiale”. L’art. 1 recita: “il razzismo, il sionismo e l’occupazione straniera pongono una sfida alla dignità umana e costituiscono l’ostacolo fondamentale alla realizzazione dei diritti dei popoli.
Pertanto si condanna e si auspica l’eliminazione di queste pratiche”.Che cosa è cambiato negli anni ’90 che ha portato questo mutamento?Non c’è più la logica della guerra fredda: ciò che è rimasto della guerra fredda, cioè lo spirito terzomondista per l’autodeterminazione dei popoli e per la difesa dei decolonizzati, è passato al mondo dei diritti umani e proprio in questo ambito continua ad essere presente la retorica antisionista e la formulazione del sionismo come una forma di razzismo.La Lega araba, approvando la Carta dei Diritti Umani, in cui si auspica l’eliminazione di ogni forma di sionismo, cioè l’eliminazione dello Stato di Israele, e la formulazione del sionismo come una forma di razzismo, attua il primo tentativo di eliminazione dello Stato di Israele in termini di diritti umani. Il secondo tentativo si ha con la III Conferenza mondiale dell’ONU su “razzismo, discriminazione razziale, xenofobia e ogni intolleranza relativa” che si tiene a Durban nel 2001. Precedentemente c’era stata una conferenza preparatoria a Teheran l’anno prima dalla quale erano state escluse le Ong israeliane, ebraica di ogni nazionalità, curde e Bahai Alcuni stati hanno protestato contro questo atteggiamento delle autorità iraniane (Olanda, Nuova Zelanda e USA) e sono stati espulsi. Lo stesso trattamento è riservato a queste ONG a Durban; così quella che doveva essere una conferenza mondiale contro il razzismo si trasforma in una tragedia dell’intolleranza in quanto sono espulsi Ebrei, Americani e Israeliani ed inoltre si fanno circolare vignette fortemente antisemite. I documenti finali ripropongono il sionismo come forma di razzismo e auspicano la riadozione della risoluzione ONU del 1975. Siamo cioè di fronte ad una posizione che ripropone la teoria antisionista riformulata in termini di diritti umani, ma che di fondo continua a sostenere sionismo sinonimo di razzismo per delegittimare Israele in ambito dei diritti umani e ottenerne quindi la soppressione dello Stato.

lunedì 28 aprile 2008

Sinagoga italiana a Gerusalemme

Le comunita' ebraiche cantano l'Hatikva simutaneamente il 7 maggio - romperanno il Guiness dei Primati del Mondo

Le comunita' ebraiche di tutto il mondo romperanno il Guiness dei Primati del mondo cantando tutti insieme "Hatikva al Vivo", da tenersi il 7 maggio, 2008 che mira ad introdurre la lirica ed il significato dell'inno agli ebrei di tutto il mondo.

Tel Aviv, Israele - Alla vigilia dell'anniversario dei 60 anni dell'Indipendenza di Israele, il 7 maggio, 2008, le comunita' ebraiche di tutto il mondo si uniranno per cantare insieme l' Hatikva, l'inno nazionale israeliano per rompere il primato mondiale della maggior parte di persone che canteranno insieme un inno nazionale simultaneamente che avverrà alle 22.50 orario israeliano, 23.50 in Italia.
L'iniziativa lanciata da Galia Albin, una delle filantropiste e donne d'affari piu' all'avanguardia in Israele, e' uno sforzo originale per introdurre il significato, la storia ed il contenuto dell'inno agli ebrei di tutto il mondo.
Sinagoghe, scuole, gruppi giovanili. amici, famiglie e individui giovani e vecchi, sono invitati a presentare video originali dei loro canti. L'iniziativa diventerà una festa annuale da ripetersi per raggiungere numeri sempre piu' elevati di partecipanti.
Per poter essere inclusi nella partecipazione al Guiness l'inno deve essere cantato totalmente con due testimoni presenti. Una dichiarazione che confermi l'esatto numero finale dei partecipanti deve essere controfirmata dai testimoni.
"Hatikva, la speranza, e' la canzone del popolo ebraico. E' stata cantata da molti anni, anche prima della nascita dello Stato d'Israele, ed e' ancora ascoltata sotto varie forme e in diversi stili in tutte le comunita' ebraiche di tutto il mondo!" afferma Galia Albin, una imprenditrice locale, altamente attiva nella vita pubblica israeliana sia nelle organizzazione di benessere pubblico che nelle attivita' artistiche. L'Hatikva e' un inno che unisce il popolo ebraico e la missione di Live Hatikva (Hatikva Viva) e' di creare un ponte alle differenze di lingua e della distanza tra gli ebrei d tutto il mondo. Il mio fine e' di creare l'iniziativa di Live Hatikva collegando il popolo ebraico di tutto il mondo e aumentando il numero di comunita' ebraiche che ci partecipano. Questo e' un atto di soliarieta' del
From:
imra@netvision.net.il 15 Apr 2008 popolo ebraico per rinsaldare il nostro senso di appartenenza.
Il Live Hatikva sara' mandato in onda in tutti i programmi televisivi e radio israeliani e sui telefoni cellulari e su altre emittenti in tutto il mondo.Collegamento internet:
www.livehatikva.org

Gerusalemme

La pazienza della pietra

di Sara Shilo
Traduzione Shulim Vogelmann
Giuntina € 15

Accolto con successo in Israele e vincitore del prestigioso premio Sapir, il romanzo d’esordio di Sara Shilo, “La pazienza della pietra” è uscito in questi giorni in Italia per le edizioni Giuntina.
Il critico letterario Dror Burnstein lo ha definito un “capolavoro della letteratura israeliana” e altri critici considerano il romanzo “un’opera significativa, il cui linguaggio pone al centro della cultura le zone margine di Israele”.
La storia, attraverso il monologo intenso e sofferto dei quattro protagonisti, narra la vita di una famiglia che abita in una cittadina nel nord d’Israele sotto la costante minaccia degli attacchi con i razzi katiuscia.
L’autrice nell’arco di una giornata riprende come in un film, i protagonisti del romanzo, lasciando che ciascuno esprima, con voce propria, le emozioni, i desideri e i sentimenti di gioia, dolore, paura per l’ignoto con i quali la famiglia Dadon si trova a confrontarsi ogni giorno.
Il racconto di Simona Dadon, giovane madre di sei figli rimasta vedova di Massud, considerato il re del falafel, apre il romanzo con straordinaria intensità narrativa e ci conduce attraverso le difficoltà quotidiane di una donna rimasta sola, sospesa fra la struggente nostalgia del marito, le “faccende che non si fermano un attimo”, il lavoro all’asilo per mantenere i figli e il desiderio di lasciarsi andare e morire colpita da un missile: “Chi nel nostro paese riesce a morire per mano degli arabi riceve gli onori di un re”.
Attorno a Simona ruotano i suoi figli: Dudi, Itzik, Koby, Etti e i gemelli Oshri e Haim nati dopo la morte del marito, ai quali ha lasciato credere che Massud, giunto in Israele dal Marocco, sia il nonno e Koby il papà. Perché - dice Simona: “Che diamine di padre è che sta solo su una foto e che ogni anno si va sulla tomba a piangere?”
La complessa situazione politica, l’incertezza per il futuro e la dura realtà quotidiana segnata dalle molte ristrettezze economiche si mescolano alla percezione della morte di Massud che pesa come un macigno nel cuore dei ragazzi Dadon ma che viene vissuta e compresa in modo completamente diverso da ciascuno di loro.
Itzik, adolescente che ha abbandonato la scuola, trascorre il suo tempo insieme a Dudi, il fratello più piccolo. Grazie ad una forza di carattere non comune riesce a trasformare l’amarezza di essere nato diverso dagli altri nella consapevolezza che Dio lo ha creato così per un disegno misterioso e a riversare sul falco Dalila che ha adottato tutto l’amore e la dedizione dei quali si sente ingiustamente privato.
Nel piccolo Dudi emerge in maniera struggente la nostalgia per il padre. Quando al termine di un’impresa riuscita, Itzik gli pone una mano sulla spalla, quella gioia così intensa è subito lacerata dal ricordo del padre: “E’ la cosa più bella del mondo, la sua mano sulla mia spalla. Peccato che poi mi torna sempre in mente papà e mi viene una gran voglia di piangere”.
Koby, il primogenito, da un giorno all’altro si trova ad essere “padre” dei gemellini e capo famiglia”. Inizia a lavorare in una fabbrica nella quale è promosso a responsabile del magazzino e il suo sogno è costruirsi una casa a Rishon dove portare la madre e i piccoli Oshri e Haim: una vita amara e complessa nella quale il giovane Koby si sente solo e abbandonato e forse per trovare il calore e l’appoggio di una famiglia si recherà nel villaggio di Jamil, l’arabo che fa il ragioniere nella fabbrica dove lavora e al quale ha affidato tutti i suoi risparmi. L’iniziale diffidenza nei confronti di Jamil, che lo porta a reagire violentemente al suo rifiuto di restituirgli i soldi, si stempera in un pianto liberatorio quando si accorge che tutti i componenti della famiglia Churi lo accolgono con calore e affetto.
Il racconto di Etti, l’unica figlia della famiglia Dadon, è pervaso dall’ammirazione sconfinata che la bimba continua a provare per il padre della cui morte ancora oggi, dopo sei anni, non riesce a farsi una ragione. “Non era possibile capire come fosse arrivato l’angelo della morte a prendersi mio padre proprio in mezzo al lavoro”.
Attraverso gli occhi di Etti conosciamo Massud, un padre dolce e affettuoso, un lavoratore serio e instancabile che per la dedizione riservata ai suoi clienti si merita di essere ricordato come il re del falafel. (“…Lui non vende mai, ma proprio mai, delle polpette fredde e vecchie”). Ed infine è nell’amore profondo per i gemelli che Etti riesce a sublimare la solitudine trasformandola in un sentimento forte e fecondo.
Scritto con un linguaggio “stridente”, volutamente scorretto per meglio rispecchiare la vita di una cittadina del nord di Israele arretrata sia socialmente che economicamente, il romanzo di Sara Shilo è un intreccio di voci e piani diversi, una riflessione acuta e lacerante sulla sofferenza provocata dalla guerra che l’accurata traduzione di Shulim Vogelmann restituisce al lettore italiano con uno stile scorrevole e fluido.
La pazienza della pietra che sta per diventare la sceneggiatura di un film ad opera del regista Eyal Halfon, è stato molto apprezzato dallo scrittore David Grossman che, dopo aver letto il manoscritto, ha incoraggiato la Shilo a scrivere.
Colpita dal romanzo “Che tu sia per me il coltello” l’autrice, riferendosi al grande autore israeliano, afferma:
“ La sua scrittura mi ha aperto una porta. Ho capito che non potevo fare a meno di scrivere. Mi ha dato il coraggio di andare fino in fondo”.

Giorgia Greco