mercoledì 15 dicembre 2010


La determinazione di Netanyahu sembra quella del vecchio Sharon

Washington. E se Netanyahu facesse sul serio? Se l’uomo che in campagna elettorale dichiarava di non vedere differenze tra l’insediamento ebraico di Beit Ariel e Gerusalemme subisse un metamorfosi ? Se i coloni che lo hanno votato in massa fossero presto costretti a maledirlo, come accadde con Ariel Sharon?E’ un interrogativo che deve frullare nella mente di Danny Dayan. Non a caso il presidente dello Yesha Council, dove Yesha sta per Giudea, Samaria e Gaza, ha “accompagnato” Benyanin Netanyahu nel suo viaggio statunitense. Si è accampato al Mayflowers di Washington, l’hotel del premier e della sua delegazione, ha rilasciato una raffica di interviste battendo sempre lo stesso tasto: “Inopportuno per Netanyahu partecipare a carnevalate di pace alla Casa Bianca mentre i terroristi uccidono civili innocenti in Israele”.Netanyahu non si è scomposto e ha tirato dritto per la sua strada. Il premier anzi ha lanciato segnali che sembrano preannunciare un divorzio, o almeno una marcia di allontanamento, dalla sua ideologia.. Nei briefing con i suoi più stretti collaboratori, ha detto che dopo due ore di faccia a faccia con Abu Mazen, senza la presenza di testimoni, ha concordato col presidente palestinese incontri “frequenti e possibilmente discreti”, perché “non c’è modo migliore che parlarsi a quattr’occhi per accorciare le distanze”. Ha stupito alcuni dei suoi interlocutori mostrandosi sinceramente convito che è possibile trovare una soluzione ad un conflitto storico.E’ vero, ha concesso, che lo scetticismo si nutre di quasi 20 anni di insuccessi, ma la realtà è dinamica, nei Territori palestinesi, la pace economica sta producendo frutti, l’ora dell’accordo potrebbe essere scoccata. Ha posto l’accento sui due pilastri che a suo avviso dovrebbero sorreggere una pace “che duri generazioni”. Il primo: accordi di sicurezza draconiani, più stringenti di quelli sottoscritti dal suo predecessore Olmert con Abu Mazen. La realtà è cambiata, ha sottolineato il premier. L’Iran ha trasformato in basi terroristiche Gaza e il sud del Libano. Bisogna scongiurare il rischio che anche la futura Palestina subisca la stessa sorte. Il secondo pilastro è costituito dal riconoscimento della natura ebraica dello Stato di Israele. In altre parole, Abu Mazen deve compiere “scelte coraggiose e molto difficili”: spiegando al suo popolo che i rifugiati potranno tornare in territorio palestinese, non inondare Israele. Chi ha ascoltato Netanyahu, ne ha ricavato l’impressore di una determinazione senza precedenti ad esplorare la possibilità di un accordo. L’ottimismo sarebbe fuori luogo. Di certo non lo coltivano né alla Csa Bianca né al Dipartimento di Stato. Le difficoltà di arrivare ad un compromesso sono portentose. Con la pistola iraniana di Hamas puntata alla tempia, i margini di manovra di Abu Mazen sono estremamente limitati. E Netanyahu ha partner di governo pronti ad abbandonarlo se lo status quo venisse messo seriamente in discussione.La strada è in salita e la controversia sul congelamento degli insediamenti è un reale scoglio. Abu Mazen, che ne aveva fatto una precondizione per accedere ai negoziati, è stato costretto ad un imbarazzante passo indietro quando il presidente Obama, che inizialmente aveva sposato la richiesta palestinese, l’ha derubricata a questione che andava affrontata nel negoziato, non prima. Ora però che il caldo opprimente dell’estate di Washington lascia il posto all’uragano fuori stagione di Herl, il nodo degli insediamenti rischia di strangolare ben prima di un anno il fragile processo di pace. I membri della delegazione palestienese, prima di lasciare la capitale americana, hanno confermato che Abu Mazen abbandonerà il negoziato se alla scadenza della moratoria israliana, il 26 settembre, le costruzioni riprenderanno, come Netanyahu ha sempre detto.Una bomba ad orologeria che gli Usa intendono disinnescare. Se esplodesse, Obama ne pagherebbe immediate conseguenze, a poche settimane delle elezioni di mid term che già si annunciano un disastro. Hillary Clinton e George Mithcell lavorano ad una ipotesi. Un’intesa rapida sul meno controverso dei nodi, i confini, con via libera palestinese alle costruzioni nei grandi insediamenti che Israele intende annettere in cambio di equivalenti porzioni di territorio.


Nessun caso Yehoshua al “Premio Tarquinia Cardarelli”

L’assessorato alla Cultura del Comune di Tarquinia informa che il costo del biglietto aereo del romanziere Abraham Yehoshua è stato rimborsato tramite bonifico bancario, come concordato con lo stesso Yehoshua. Questo assessorato comunica poi che la mancata partecipazione alla cena da parte dello scrittore era già prevista, in virtù della partenza assai mattiniera per Israele, così come era previsto l’alloggio a Roma a spese dell’Amministrazione, dove il romanziere è sempre stato, anche perché invitato a rappresentare il “Premio Tarquinia Cardarelli” alla trasmissione televisiva di Serena Dandini Parla con Me: momento importante per la pubblicizzazione del concorso letterario e della città. Un problema effettivamente c’è stato e va raccontato con un sorriso: dovuto al fatto che uno scrittore israeliano, abituato all’efficienza normativa del suo Paese, non aveva previsto di dover fare i conti con normative (lo si sottolinea energicamente) nazionali, che costringono le Amministrazioni Comunali a procedure obbligatorie che, certo, per un cittadino straniero possono sembrare bizzarre. Come sul momento è accaduto. Questo assessorato assicura infine che Yehoshua è tornato in Israele contentissimo e disposto a ritornare presto per conoscere meglio Tarquinia e il suo museo etrusco, della cui vista rimasto incantato. Non si poteva certo immaginare che una non notizia potesse andare in prima pagina. Grazie comunque per l’attenzione che è sempre cosa gradita. 14 dicembre 2010, http://www.civitanews.it/


ISRAELE: MONETA DEDICATA A NOBEL PACE BEGIN

(AGI)14 DIC 2010 La Banca israeliana ha emesso una moneta dedicata all'ex primo ministro Menachem Begin nell'ambito di una serie dedicata ai premi Nobel di origine ebraica. La prima emissione ha reso omaggio a Shmuel Yosef Agnon, vincitore del premio per la letteratura nel 1966. Con questo secondo conio, Israele ricorda la storico incontro a Camp David avvenuto tra il presidente egiziano Anwar Sadat e Menachem Begin, entrambi insigniti del Nobel per la Pace. .


Delegazione della Uil incontra il Comites di Israele

Ieri, 13 dicembre, il presidente del Comites di Israele Beniamin Lazar ed il vice presidente della Associazione degli Ebrei Italiani di Gerusalemme, Vito Anav, hanno incontrato una delegazione della Uil guidata dal Segretario Confederale Paolo Pirani
GERUSALEMME - Ieri, 13 dicembre, il presidente del Comites di Israele Beniamin Lazar ed il vice presidente della Associazione degli Ebrei Italiani di Gerusalemme, Vito Anav, hanno incontrato una delegazione della Uil guidata dal Segretario Confederale Paolo Pirani. L’incontro è avvenuto nella sala delle riunioni del Museo Ebraico Italiano di Gerusalemme alla presenza di alcuni consiglieri del Comites e di rappresentanti di altre istituzioni italiane in Israele. In questa occasione, Vito Anav ha illustrato agli ospiti le origini della comunità italiana in Israele e la sua storia, mentre Lazar si è soffermato sulla composizione della popolazione italiana in Israele, ricordando il suo pluriennale impegno presso le autorità italiane per il conseguimento di un accordo riguardante la reciprocità dei diritti pensionistici tra Italia e Israele. Accordo che, firmato alcuni mesi fa, in occasione della visita del Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, è ora in attesa della ratifica del governo italiano. Il presidente Lazar si è dichiarato «molto soddisfatto» della visita della Uil, il primo sindacato italiano a istituire una sede di patronato in Israele, l’Ital, il cui lavoro coordinato da Lello Dell’Ariccia, è, per il presidente del Comites, «senz’altro di massima utilità per quei pensionati che non vivendo in Italia avrebbero difficoltà a reperire i documenti e a presentare le domande di pensione». Lazar ha pure sottolineato come «in poco tempo il patronato sia già diventato un punto di riferimento per molti connazionali presenti sul territorio». La Voce d´Italia



Dubai

Mondiali di nuoto a Dubai, vasca blindata per gli israeliani

Campionati blindati per i cinque israeliani impegnati ai Mondiali di nuoto in vasca corta di Dubai. Arrivata negli Emirati Arabi Uniti con un giorno di ritardo per questioni legate alla sicurezza, la delegazione israeliana ha rotto il ghiaccio nelle batterie con Gal Nevo, eliminato dai 200 stile libero con il trentasettesimo posto su 78 atleti...................



Acco
L’intelligenza di Sgarbi

Buona parte dell’intervista rilasciata da Vittorio Sgarbi, pubblicata sull’ultimo numero di HaTikwa, è dedicata all’episodio – già a suo tempo ampiamente pubblicizzato – del presunto atteggiamento eccessivo e scortese che nei confronti del critico d’arte avrebbero assunto, tempo fa, gli addetti alla sicurezza dell’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv: un comportamento giudicato dall’interessato tanto molesto e inopportuno da indurlo ad affermare che non avrebbe più messo piede in Israele, scelta che appare confermata nella suddetta intervista. Alla base del risentimento, spiega Sgarbi, c’è soprattutto il fatto che lui era andato in Israele essendo stato invitato, e ciò lo avrebbe dovuto esentare dai necessari controlli di routine: “ero ospite di Israele, sapevano perfettamente chi ero… Se uno va in Israele spontaneamente è giusto che facciano i controlli che vogliono. Se uno invece va come ospite deve essere rispettato, non c’è nessuna ragione perché sia temuto come un nemico… Se un ebreo viene a casa mia non faccio nessun controllo”.Essendo Sgarbi notoriamente considerato persona di intelligenza fuori dal comune, tali considerazioni meritano qualche commento:1) Gli addetti alla sicurezza del Ben Gurion non mancano mai a nessuno di rispetto, che sia invitato o no, e non trattano nessuno “da nemico”, ma tutti come persone che possono essere usate, anche a loro insaputa, da possibili nemici. Sgarbi pensa forse che i “nemici” si presentino con un ghigno sadico e un pugnale tra i denti?Siamo sicuri che Sgarbi non fa nessun controllo su chi va a casa sua, ebreo o no, per il semplice motivo che non c’è nessuno che minacci di farlo saltare in aria con qualche bomba. Il massimo che ha rischiato, in vita sua, è qualche fischio. Forse per Israele il discorso è un poco diverso. Ma, nonostante l’aeroporto Ben Gurion sia il target n. 1 dei terroristi di mezzo mondo, esso resta tuttavia l’aeroporto più sicuro del pianeta, grazie proprio alla pignoleria di quei solerti addetti alla sicurezza che tanto hanno infastidito Sgarbi. Strano che una persona della sua intelligenza mostri di non capirlo, e apprezzarlo.Sgarbi non dice da chi è stato invitato in Israele, se dal governo, da un’Università, un’istituzione culturale o altro. Ma la cosa, in ogni caso, non ha alcuna importanza, così come non ha alcuna importanza, ai fini della sicurezza, se uno va in Israele invitato da qualcuno o no. Se anche Sgarbi fosse stato invitato, per esempio, dal Presidente dello Stato in persona, neanche il Presidente stesso avrebbe potuto influire sui meccanismi di sicurezza, che sono necessariamente inderogabili e, per definizione, non ammettono eccezioni. Certo, secondo un ragionamento “all’italiana”, secondo cui “gli amici degli amici” o i “Lei non sa chi sono io” devono avere un trattamento diverso, Sgarbi non avrebbe “fatto la fila”, come ogni comune mortale. Ma questo Israele non se lo può permettere, nell’interesse dei suoi milioni di visitatori. Strano, ancora una volta, che un’intelligenza così raffinata non arrivi a comprenderlo.Le numerose volte che sono andato in Israele (molto spesso, da invitato, come Sgarbi), sono sempre stato sottoposto, ovviamente, ai controlli di scurezza, e ho sempre provato gratitudine per quei ragazzi impegnati in un lavoro ingrato, duro e stressante, nel quale anche una piccola distrazione potrebbe rivelarsi fatale. Quasi sempre sono stato trattato con grande cortesia e affabilità, e qualche volta anche, come è umano con accada, in modo un po’ sbrigativo. Può anche darsi (anche se non me ne ricordo) che talvolta io abbia un po’ bofonchiato per la rigidità di un addetto particolarmente zelante. Ma se avessi trasformato il mio malumore verso un responsabile della security un po’ brusco in una generale insofferenza verso lo Stato ebraico, nel suo insieme, avrei dimostrato lo stesso livello di intelligenza di Sgarbi. Che però, per fortuna, è irraggiungibile. Francesco Lucrezi, storico,http://www.moked.it/


An injured Jew in Jerusalem. June 1948


I giornalisti hanno un diritto da rivendicare: la libertà di lavorare sereni. Ma anche un dovere da osservare: l'umiltà di non confondere il proprio lavoro di osservatori con la pretesa di improvvisarsi protagonisti e portabandiera. Una difesa efficace dei propri diritti non lascia spazio alle crisi d'identità. Guido Vitale,giornalista, http://www.moked.it/


MOUSSE DI AVOCADO

INGREDIENTI: 5 avocado, 3 fogli di gelatina, il succo di 2 limoni e mezzo, 2 cucchiai di panna fresca, 1 falda di peperone, 2 vasetti di yoghurt intero,olio, erba cipollina, foglie di cerfoglio, sale e pepe.PREPARAZIONE: ammollare la gelatina in acqua fredda, strizzatela e scioglietela in 2,5 dl di acqua bollente. Sbucciate 4 avocado e mezzo, frulla teli con succo di limone, panna e sale. Mettere in uno stampo e in frigo per 4 ore. Sformate la mousse e decora tela con fettine di avocado rimasto e il peperone. Mescolate yogurt, succo di limone ed erbe aromatiche tritate,da servire per accompagnamento.Sullam n.62


INVOLTINI DI RISO E CARNE

INGREDIENTI: 150 g di riso, 1 verza, 300 g di carne tritata, 3 porri, un cucchiaio di vino bianco, olio, sale e pepe PREPARAZIONE: lessare il riso e lasciarlo al dente. Scottate le foglie più grandi della verza per 3 minuti. Tritare i porri e soffriggerli appena in po’ d’olio, unire la carne e farla rosolare, aggiungere il vino. Salate e pepate la carne. Aggiungere il riso mescolando bene. In ogni foglia mettere 2 cucchiai di ripieno, avvolgete e chiudete con uno spago. Rosolate i fagottini in olio, aggiungete acqua, coprite la pentola e fate cuocere per un quarto d’ora a fuoco moderato.Sullam n.62


Tempesta di sabbia in Israele ed Egitto

In tutta Israele c'è un clima tempestoso. La forza del vento varia tra i 55-110 km/h, e il vento ha letteralmente estirpato gli alberi e danneggiato le linee elettriche a Gerusalemme, Acri, Kiryat Shmona, Bnei Brak ed Eilat.Velocità del vento: a Tel Aviv 100 km/h, Haifa 110, vicino all'aeroporto internazionale di Ben Gurion 70, Eilat 90.Nel Negev, secondo IDF, Una "tempesta di sabbia infuria con invisibile forza."http://blog.libero.it/wpsmeteo/9619490.html 12.12.2010


Sicilia: Bagno di purificazione

Nel cuore del centro storico di Siracusa (Isola di Ortigia) il Residence Hotel "Alla Giudecca" (Via Alagona, 52), in un antico edificio patrizio, nasconde nei suoi sotterranei il più importante e suggestivo miqwè (bagno di purificazione rituale ebraico) d'Europa, di epoca bizantina. Tale sito, centro della vita spirituale giudaica, testimonia l’esistenza di una comunità ebraica siracusana tra le più antiche di tutto il Mediterraneo. Il miqwé, bagno di purificazione rituale, situato a 18 metri sotto il livello pedonale ed alimentato da acqua pura sorgiva, è fra gli unici bagni rituali in Europa che conservi a tutt’oggi la sua integrità e il suo fascino. La Sicilia, dopo Israele, è il luogo dove sono più ricchi i giacimenti culturali della tradizione ebraica, risalenti alle comunità che per 1500 anni hanno convissuto ed interagito con la nostra civiltà. La presenza ebraica a Siracusa risale al I sec. d.C. e nel 1431 fu concesso loro di abitare un intero quartiere nel cuore di Ortigia, la Giudecca. Sotto il regno di Ferdinando il Cattolico, nel 1492, fu emanato un editto di espulsione degli Ebrei, poi mitigato, ma tutto ciò impose la costruzione celata dei Bagni, luogo in cui si svolgeva un importante rito di purificazione voluto dalla religione ebraica. Nel culto cristiano, l'idea della purificazione per immersione è diventata una delle fasi fondamentali della redenzione e, conseguentemente, una parte fondamentale del rito: il battesimo nel Giordano, ripetuto simbolicamente, oltre a rappresentare l'ingresso nella comunità cristiana è un prestito diretto dall'ebraismo. Anticamente, infatti, ed in particolare a Roma, non era difficile incontrare Ebrei praticanti battezzati secondo la simbolica del Galileo e si deve pensare che costoro venissero "battezzati" in quegli stessi bagni che servivano per la regolare purificazione rituale ebraica. Questa unione tra cristianesimo ed ebraismo svanirà, poco tempo dopo, quando il cristianesimo diverrà la religione imperiale, ma è significativa di una determinata situazione storico culturale. Che il bagno citato sia un bagno rituale ebraico è da ritenersi certo sia per la struttura sia per alcuni parametri cui risponde appieno: il Berakhot (Trattato delle Benedizioni) del Talmud Babli, ultimato nel 501 d.C. circa, scrive: "Il bagno rituale deve contenere 240 qab d'acqua" e la sua efficacia "è legata al fatto che si tratta di acqua sorgiva, acqua viva e questa non può essere scaldata". Il bagno della Giudecca non solo presenta tutte queste caratteristiche ed altre, ma la sua struttura e la tecnica di costruzione ne fanno un esemplare antichissimo - simile a quelli descritti nel Talmud - poiché è scritto: "Se uno è sceso a fare il bagno d'immersione…" questo significa che il mikvè scavato in profondità, come è quello della Giudecca, è uno degli esempi più antichi, una preziosa testimonianza delle remote origini della comunità ebraica siracusana, le cui tecniche di costruzione, alla data di realizzazione del bagno, erano ancora quelle utilizzate in Palestina fino al V sec. d. C. e singolarmente condivise con la struttura di alcune fonti greche del 1200 a. C., ma questo è ben altro discorso. http://www.costierabarocca.it/


Il bagno rituale di Spira
Archeologia, scoperte a Gerusalemme le terme della legione che distrusse il tempio

La grande piscina trovata nel quartiere ebraicodella Città Vecchia dimostra che la coloniaromana costruita sulle ceneri della capitaledegli ebrei era molto più grande di quantosi credesseUna piscina costruita 1.800 anni fa è stata scoperta nel quartiere ebraico di Gerusalemme vecchia, durante gli scavi archeologici condotti in vista della costruzione di un mikve (bagno rituale ebraico). Ne ha dato notizia la Israel Antiquities Authority, secondo quanto riferisce il sito Israele.net citando il «Jerusalem Post». La Israel Antiquities Authority, che ha condotto gli scavi su iniziativa della Municipalità di Gerusalemme e della Moriah Company for the Development of Jerusalem, ha spiegato che la piscina faceva parte di una struttura termale usata dalla X Legione romana, la stessa che nel 70 dopo Cristo conquistò Gerusalemme e distrusse il Secondo Tempio ebraico. La scoperta getta nuova luce su Aelia Capitolina, la città che venne eretta sulle rovine del Tempio e della Gerusalemme del I secolo ridisegnando l'aspetto dell'antica città. «Siamo rimasti sorpresi nello scoprire un'antica struttura termale proprio sotto al punto in cui sarà costruito un mikve», ha detto Ofer Sion, direttore degli scavi per conto della Israel Antiquities Authority. «Le mattonelle della struttura termale, su cui sono incisi i simboli della X Legio Fretensis, (Leg X Fr), sono state rinvenute in situ e sembra che fossero usate per coprire un canale idrico scavato nella roccia, posto sul fondo della piscina. Le centinaia di tegole in terracotta del tetto che sono state trovate sul pavimento della piscina indicano che si trattava di una struttura coperta». «A quanto pare - ha continuato Sion - la piscina veniva usata dai soldati che erano di guarnigione nella città dopo aver soffocato la rivolta ebraica di Bar Kochba nel 135 dopo Cristo, quando appunto fu fondata la città romana di Aelia Capitolina. Sappiamo che l'accampamento della X Legione era situato entro i limiti di quella che è oggi la Città Vecchia, probabilmente nella zona dell'attuale quartiere armeno. Questa ipotesi è avvalorata dalla scoperta della piscina nell'adiacente quartiere ebraico, il che dimostra che una gran quantità di soldati si sparpagliava ed era attiva anche al di fuori dell'accampamento, in altre parti della Città Vecchia».«Un'altra interessante scoperta che ha suscitato emozione durante gli scavi - ha raccontato Sion - è l'impronta della zampa di un cane che probabilmente apparteneva a uno dei soldati. L'impronta della zampa è impressa sul simbolo della Legione su una delle tegole: la cosa potrebbe essere accaduta accidentalmente o essere stata fatta per scherzo».Yuval Baruch, l'archeologo della Israel Antiquities Authority per il distretto di Gerusalemme, ha sottolineato l'importanza della scoperta che contribuirà in modo significativo allo studio della città di Gerusalemme dopo la distruzione ad opera dei Romani. «Nonostante gli estesi scavi archeologici compiuti nel quartiere ebraico -ha detto Baruch- finora non era stato scoperto nemmeno un edificio direttamente riconducibile alla legione romana. L'assenza di un tale reperto aveva portato alla conclusione che Aelia Capitolina, la città romana costituita dopo la distruzione di Gerusalemme, fosse piccola e di superficie limitata. Questa nuova scoperta, insieme ad altre degli anni recenti, dimostra che la città era considerevolmente più grande di quanto si pensasse».«Le informazioni su Aelia Capitolina sono preziose -ha continuato Baruch- e possono dare un grande contributo alla ricerca su Gerusalemme, perché fu quella la città destinata a determinare il carattere e l'aspetto generale dell'antica Gerusalemme e della Città Vecchia come la conosciamo oggi. La conformazione di quella città ha successivamente determinato il profilo delle sue mura e l'ubicazione delle porte usate ancora fino ad oggi». La Israel Antiquities Authority ha annunciato che integrerà i resti dell'antico bagno termale nel progetto per il nuovo bagno rituale (mikve). 12 dicembre 2010, http://www.ilgiornale.it/


Tel Aviv
Evasioni unilaterali dalla realtà
Un’epidemia di clamorosi abbagli collettivi sembra aver colpito l’America Latina. Lo scorso 1 dicembre, con uno dei suoi ultimi atti da presidente del Brasile prima del termine del mandato alla fine dell’anno, Luiz Inacio Lula da Silva ha pensato bene di riconoscere la “Palestina” come uno stato sovrano, includendo verosimilmente anche Gerusalemme est e la striscia di Gaza sotto il controllo di Hamas. In una lettera al presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen), Lula de Silva ha scritto: “Considerando la richiesta avanzata da Sua Eccellenza giusta e coerente con i principi patrocinati dal Brasile circa la questione palestinese, per mezzo di questa lettera il Brasile riconosce uno stato palestinese sui confini del 1967”. L’Argentina ha seguito l’esempio del Brasile, quando domenica 5 la presidente Cristina Fernandez de Kirchner con una telefonata ad Abu Mazen ha confermato che anche il suo paese accoglieva la richiesta e riconosceva una Palestina indipendente “nei confini del 1967”. Stando a quanto riportato, la Kirchner aggiungeva che il riconoscimento non era “solo un gesto politico, bensì una posizione morale”. Lunedì 6 era la volta dell’Uruguay che – dichiarava il vice ministro degli esteri Roberto Conde – nel 2011 “seguirà sicuramente la stessa strada dell’Argentina”. “Stiamo lavorando – aggiungeva Conde – per l’apertura di una nostra rappresentanza diplomatica in Palestina, molto probabilmente a Ramallah”.Questo genere di “riconoscimenti” non sono una novità. Il Brasile è stato in realtà l’ultimo del gruppo BRIC (Brasile, Russia, India, Cina) a fare tale mossa. Esiste una “dichiarazione di indipendenza” palestinese del 1988 che ha finora ottenuto il riconoscimento di più di cento paesi del mondo, molti dei quali mantengono ambasciate e uffici di rappresentanza nel territorio dell’Autorità Palestinese (nata nel 1994 grazie a un accordo con Israele), benché l’Onu stessa abbia evitato di elevare lo status di “osservatore” originariamente riconosciuto nel 1975 alla delegazione Olp presso le Nazioni Unite.Gli esperti hanno sempre messo in dubbio la legalità di questo riconoscimento internazionale dal momento che ai palestinesi mancano perlomeno alcuni dei criteri di base necessari, secondo il diritto internazionale, per la creazione di uno stato indipendente e sovrano, a cominciare da un territorio definito e da un governo effettivo. Hamas controlla la striscia di Gaza, che è parte integrante di qualsiasi futura nazione palestinese e dove vivono un milione e mezzo di palestinesi. Di conseguenza non c’è una Autorità Palestinese unita che possa pretendere di costituire un valido governo indipendente, capace di governare sull’intera popolazione palestinese. Per quanto riguarda poi una Cisgiordania senza striscia di Gaza, i suoi confini non sono mai stati definiti – infatti non sono mai esistiti dei “confini del 1967”, checché possano credere i leader latinoamericani, ma solo delle “linee di armistizio del 1949” – e lo status di Gerusalemme est e dei blocchi di insediamenti (al di là delle ex linee armistiziali) non è mai stato risolto stabilito. Non basta. Il diritto dei palestinesi alla Cisgiordania, ad esempio per come è indicato dalla risoluzione 242 del Consiglio di Sicurezza, è subordinato al raggiungimento di un accordo negoziato con Israele.Rincorrendo il riconoscimento internazionale – una linea che diversi capi palestinesi minacciano si perseguire sempre più intensamente, ora che gli Stati Uniti hanno preso atto dell’impossibilità di ottenere da Israele un prolungamento della moratoria delle costruzioni ebraiche in Cisgiordania alle condizioni imposte dai palestinesi, e un irrealistico risultato-lampo dei colloqui in soli tre mesi – l’Autorità Palestinese mostra di trascurare con disprezzo questi e altri criteri internazionalmente riconosciuti per la creazione di uno stato.Acconsentendo a questa pretesa dell’Autorità Palestinese, coloro che prematuramente riconoscono la “Palestina” incoraggiano la dirigenza palestinese a continuare a sottrarsi agli sforzi sostanziali che sarebbero invece necessari per risolvere i nodi cruciali del contenzioso con Israele. Così facendo, essi in realtà non fanno che allontanare il giorno in cui potrà essere costituita, sul terreno e non nel mondo degli scambi di lettere diplomatiche, un’autentica Palestina in pace e in accordo con Israele, dopo aver fatto lo sforzo di arrivare a dei compromessi rispetto alle rivendicazioni massimaliste e intransigenti dell’attuale dirigenza palestinese. In effetti, meramente riconoscendo uno stato palestinese in questa fase, Brasile, Argentina e Uruguay non fanno che minare proprio quel processo di pace che dicono di voler promuovere far avanzare: la promozione di un pace fra israeliani e palestinesi attraverso negoziati diretti.Questo infatti è sempre stato uno dei punti centrali di tutte le risoluzioni e iniziative di pace dell’Onu sin dal 1967. È il concetto che fece da fondamento alla Dichiarazione di Principi per un Autogoverno Provvisorio del 1993, meglio nota come Accordi di Oslo, della Road Map per il Medio Oriente del 2002 e dei più recenti tentativi degli Stati Uniti di ridare impulso alle trattative.Un paradigma perfettamente logico. Alle parti viene chiesto di adoperarsi per una soluzione a due stati. Non semplicemente alla creazione di due stati, ma di due stati che siano la soluzione, dunque due stati il cui conflitto sia terminato: non che venga meramente creata una Palestina indipendente, ma che venga creata una Palestina nel contesto di una definitiva pacificazione con Israele. I continui tentativi di Abu Mazen di ottenere il riconoscimento della Palestina senza passare attraverso un sostanziale processo di riconciliazione con Israele è un modo per sfuggire alla realtà. Significa ignorare la necessità che la società palestinese maturi un processo interno che porti a capire e accettare la legittimità di uno stato ebraico, entro confini sicuri, che viva a fianco di un pacifico stato palestinese.(Da: Jerusalem Post, 8.12.10) http://www.israele.net/


Mo ondata maltempo, naufragio as Ashdod

Allagamenti a Tel Aviv e a Haifa,tempeste sabbia nel Neghev
(ANSA) - TEL AVIV, 12 DIC - Dopo lunghe settimane di siccita', la stagione invernale ha investito Israele. Oggi la tempesta sta raggiungendo il suo apice, una violenta mareggiata ha provocato ad Ashdod (a sud di Tel Aviv) il naufragio di una nave della Moldova. Gli undici membri dell'equipaggio, tutti ucraini, sono stati tratti in salvo. Sulle alture del Golan sono iniziate le prime nevicate. Allagamenti sono segnalati a Tel Aviv e a Haifa, sulla costa, mentre il Neghev e' da ieri esposto a violente tempeste di sabbia.


Libri: Sellerio pubblica il caso editoriale 'Ognuno muore solo' di Fallada

Palermo, 12 dic.- (Adnkronos) - Per mesi e' stato in testa alle classifiche in Israele, adesso Sellerio lo pubblica anche in Italia dove sta gia' riscuotendo molto successo. Arriva nelle librerie 'Ognuno muore solo' (Sellerio editore Palermo, 740 pagg., 16 euro) di Hans Fallada, pseudonimo di Wilhelm Friedrich Ditzen, uscito per la prima volta nel 1947 ma che soltanto adesso e' stato tradotto in ebraico da una piccola casa editrice israeliana.Primo Levi lo ha definito il ''libro piu' importante che sia mai stato scritto sulla resistenza tedesca al nazismo''. E non ha tutti i torti. ''Ognuno muore solo'' e' basato su una storia vera, rielaborazione letteraria dell'inchiesta della Gestapo che porto' alla decapitazione due coniugi berlinesi di mezz'eta'. (segue)


Religioni a scuola

In queste convulse giornate parlamentari Giovanna Melandri, deputato Pd, ha presentato un disegno di legge che prevede l’istituzione di un’«Introduzione alle religioni» nella scuola superiore. La proposta è stata sottoscritta da una ventina di parlamentari di entrambi gli schieramenti. Il nuovo insegnamento analizzerebbe le caratteristiche delle principali confessioni religiose, i testi sacri anche in relazione alla loro influenza sulla tradizione culturale, le vicende storiche delle tre religioni monoteiste (con particolare attenzione al cristianesimo!), il fenomeno religioso in sé. Questa ora di «Introduzione alle religioni» andrebbe ad affiancare l’ora di religione cattolica, comporterebbe la nascita di una nuova classe di insegnamento e, ovviamente, un piccolo aggravio per i conti pubblici. Parecchi osservatori hanno lamentato lo «scarso coraggio» di questa idea, che non espelle la religione cattolica e che anzi mira ad aumentare la confessionalità nella scuola pubblica e laica.Proviamo a fare chiarezza. L’idea che il fenomeno religioso, o la storia delle religioni, sia privo di interesse per chi non è credente appare po’ superficiale. Qualunque persona di cultura farebbe bene a conoscere princìpi e cardini dei vari culti, tanto più nel momento in cui questi sono sempre più professati da nostri vicini di casa o colleghi. E quindi ben venga questa nuova materia, purché i programmi siano elaborati seriamente dall’apposita commissione ministeriale.Certo, la Melandri non prende di petto la questione dell’ora di religione cattolica – per convizione o per realismo - che rimane un vulnus rispetto alla laicità dello stato. Ma il dibattito pubblico italiano è maturo per una riflessione di questo tipo? Ricordiamoci che a due anni dalla morte di Eluana Englaro non è stata ancora riaperta la discussione sul fine-vita. E poiché in politica l’ottimo è spesso nemico del buono, teniamoci la proposta-Melandri, sperando che possa essere approvata da un parlamento, quale che sia.Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas http://www.moked.it/


Gerusalemme - Yad Vashem
A Padre Cubbe la medaglia di "Giusto fra le Nazioni"
È stata consegnata nelle mani del nipote da S.E Mordechay Lewy ambasciatore d’Israele presso la Santa Sede la Medaglia di “Giusto fra le Nazioni” attribuita dall’Istituto Yad Vashem alla memoria di Padre Raffaele De Ghantuz Cubbe S.J. Alla cerimonia che si è svolta presso la residenza del Gesù in centro all’interno della zona rossa in una Roma blindata per la manifestazione studentesca, hanno preso parte Riccardo Pacifici, presidente della Comunità di Roma, Livia Link consigliere per gli Affari Pubblici e Politici dell’Ambasciata d’Israele a Roma oltre alle famiglie Sonnino e Pavoncello la cui testimonianza ha permesso l’assegnazione della medaglia. Dopo il 16 ottobre infatti Marco Pavoncello insieme a Graziano Sonnino e suo fratello Mario z’l dopo aver trovato rifugio nella campagna romana riuscirono a mettersi in salvo nel Nobile Collegio di Mondragone presso Frascati dove furono ospitati fin dopo la guerra. Fu qui che grazie all’aiuto eroico e disinteressato di Padre Cubbe, allora rettore del Collegio, trascorsero gli anni della guerra. Padre Cubbe che apparteneva all’ordine dei gesuiti non soltanto li nascose ma si dimostrò sempre rispettoso della loro identità ebraica consentendo loro di rispettare le proprie regole alimentari. È grazie ai suoi meriti che, dopo un percorso durato circa 6 anni, la Commissione per la designazione dei Giusti di Yad Vashem gli ha conferito oggi la Medaglia di “Giusto fra le Nazioni” con la seguente motivazione : “per l’aiuto reso ai cittadini ebrei durante il periodo dell’Olocausto rischiando la sua stessa vita”. E il suo nome è stato iscritto sul muro dell’onore ai Giusti a Yad Vashem.Intervenendo alla cerimonia Marco Pavoncello, evidentemente commosso ha detto: “ Ricordare la figura di Padre Cubbe mi rende felice ed emozionato.L’emozione scaturisce dal ricordo di un momento terribile per noi ebrei, la persecuzione nazi-fascista, la felicità deriva dal poter finalmente ringraziare un uomo cui io e la mia famiglia siamo infinitamente riconoscenti”. Dopo di lui il Consigliere Link ha dichiarato: “Sono onorata ed emozionata per rappresentare qui oggi lo Stato d’Israele onorando la memoria di chi nel momento più buoi della storia ha saputo riportare la luce mostrando umanità nella forma più nobile, tendendo la mano, superando l’indifferenza e mostrando la possibilità di fare compiere una scelta per il bene “. S.E Mordechay Lewy prima di consegnare la medaglia ha sottolineato che “onorando la memoria di Padre Cubbe va ricordato il coraggio di molti religiosi coinvolti nel salvataggio di famiglie ebraiche durante la Seconda Guerra Mondiale”.Daniele Ascarelli,http://www.moked.it/


Charles Joseph de Ligne

Il principe Charles Joseph de Ligne (Bruxelles 1735-Vienna 1814), consigliere e amico del Sacro Romano Imperatore Giuseppe II e dell’Imperatrice di Russia Caterina II, pubblicò 34 volumi di Mélanges militaires, littéraires et sentimentaires (Dresda 1795-1811). Il vol. XXI (1801) contiene un Mémoire pour les Juifs, nel quale de Ligne rivolge un appello al Sultano perché affidi agli Ebrei le terre che avevano lasciato dopo i massacri del 132-135 (Seconda guerra giudaica). Quasi un secolo prima di Herzl, questo sionista cristiano si faceva promotore di un’iniziativa che, scriveva, sarebbe stata benefica per tutti: per gli Ebrei, per i Turchi e per i Cristiani. Il testo è stato ripubblicato dall’editore Gilson di Bruxelles in anni recenti.MarcoMorselli,docente, http://www.moked.it/


L’Ordine dei giornalisti si arruola contro Israele

Il Giornale, 14 dicembre 2010,Fiamma Nirenstein
E così l’Ordine dei giornalisti ha coronato le bizzarre attività della sua più recente incarnazione, quella in cui ha messo il bavaglio a Vittorio Feltri con atto così proditorio da risultare un’evidente effrazione della libertà di opinione, e adesso ha indetto in nome della libertà di opinione una manifestazione davvero indecente. Ieri infatti proprio presso la sede dell’Ordine e dietro la foglia di fico della presentazione di un libro si è svolto il lancio di una nuova flottiglia per Gaza, e una flottiglia di nuovo gestita dalla stessa organizzazione, l’IHH, che ha portato al disastro del convoglio infausto del maggio scorso, quando 9 persone hanno perso la vita nello scontro con l’esercito israeliano causato dalla provocazione jihadista davanti alle acque di Gaza, dopo che i militanti parapacifisti avevano rifiutato ogni controllo di eventuali armi o finanziamenti diretti a Hamas.Ha un bel dire, con attivismo improprio e insistito, il presidente dell’Ordine Enzo Iacopino, che la sua IHH è diversa da quella sulla lista nera della Germania e presto anche su quella degli Usa. Questi Stati nostri alleati spiegano questa decisione valutando l'IHH un’organizzazione islamista dedita alla jihad e che definisce la sua attività più che nelle attività caritative, nella distruzione dello Stato d’Israele. Come si fa a dire che siano cose diverse? Che casualità... Si chiamano allo stesso modo e propagandano gli stessi fini, e così lasciano intravedere la vicinanza a Hamas, senza il quale a Gaza non si muove paglia, non si ricevono né si gestiscono doni di chicchessia.L’Ordine dei giornalisti sa benissimo che proprio sui giornali e alla tv sono apparsi, dopo una prima levata di scudi anti-israeliana, una quantità di analisi e di testimonianze che dimostravano che la prima versione della storia, quella su cui si erano gettati i consueti pescecani, era una gran bugia: la storiella dei pacifisti aggrediti dai perfidi soldati israeliani che volevano impedire ai poveri di Gaza di ricevere i doni della solidarietà internazionale si è infranta sulle testimonianze di giornalisti, da quelli israeliani a quelli turchi, che hanno raccontato l’operazione «freedom flotilla» nella sua realtà. Una grande operazione di provocazione in cui sono purtroppo morte nove persone quando gli israeliani, impreparati senz’altro su quello che avrebbero trovato sulla nave, hanno tentato di fermare la Mavi Marmara, gestita appunto da uomini dell’IHH, quelli che intervistati si dicevano orgogliosi, alla vigilia del viaggio, di andare alla ricerca della shahada, il martirio, per Allah contro Israele.Il presidente Iacopino però, benché presidente di qualcosa che ha a che fare con le notizie, l’equidistanza, una sorta di anglosassone senso di sé legato al delicato compito di un’organizzazione a cui tutti i giornalisti per obbligo, e non per scelta, sono iscritti, ha agito non solo come se la visione propagandista dei suoi ospiti fosse data per acquisita, ma come se addirittura fosse lecito lanciare dalle sue stanze una nuova pericolosa iniziativa condita di tutti i peggiori luoghi comuni anti-israeliani, quelli più ripugnanti, dello stato di apartheid, della crudele oppressione dei palestinesi, del diritto a fregarsene della sicurezza degli israeliani, ovviamente messa in discussione dalle navi - ben venti! -, annunciate ieri con tutto l’apparato di parole malate del caso e tutto il gruppone degli organizzatori: IHH (era presente il suo vicepresidente Huseyn Oruc, uno dei principali impresari della prima flottiglia), Free Gaza, Infopal... Se qualcuno ha voglia di andare a vedere i loro siti vedrà quale giornalistico fair play caratterizza le loro posizioni, invitate a esprimersi presso l’Ordine dei giornalisti.Enzo Iacopino ha un’origine nella profonda destra, oggi scrive la prefazione del libro dell’attivista di estrema sinistra Angela Lano, che dopo la conclusione della vicenda della Flotilla l’ha trovata così esaltante da raccontarla e adesso cercare di ripeterla. La signora, come ha scoperto il giornalista Dimitri Buffa, ha firmato una petizione in favore dell’Iran promossa dal negazionista Claudio Moffa in cui parla del «cosiddetto Olocausto». All’incontro c’era anche Mohammad Hannun che con la sua associazione è sempre stato vicino a Hamas. Insomma l’Ordine dei giornalisti, dopo il suo happening sulla libertà di informazione perpetrato ai danni di Vittorio Feltri, adesso ne fa uno che dimostra che il suo declino è legato a una vertiginosa discesa ideologica nel baratro dell’estremismo radicale, in cui si incontrano islamisti jihadisti, comunisti antisemiti, vecchi fascisti non appagati.Che vogliamo farne, dell’Ordine, dopo questo exploit? Non vedo molte alternative: si potrebbe mummificarlo, seppellirlo, ma insomma agire in modo deciso, direi radicale. Ho diritto di dirlo, dopo che nelle sue sale ieri in tutta quella manifestazione sono stata additata per avere protestato come nemico pubblico numero uno in quanto «colona» israeliana... È un’accusa demenziale che però dal 2001 mi ha causato, insieme ad altri assalti legati al fatto di essere una giornalista ebrea, una scorta di sicurezza che non mi lascia mai. Forse non era proprio l’Ordine, ovvero Iacopino, che, nella sua sede, avrebbe dovuto fermare l’aggressione verbale a un’altra giornalista?

martedì 14 dicembre 2010


La spiaggia di Tel Aviv: tra le 10 più belle del mondo

Secondo quanto stabilito dal prestigioso mensile National Geografic
La prestigiosa rivista internazionale National Geografic ha scelto la spiaggia di Tel Aviv come una delle 10 più belle del mondo.Questa scelta arriva dopo altre segnalazioni di prestigio, come quella che considera Tel Aviv la capitale della vita notturna di tutto il mediterraneo classificandola come “la Città che non dorme mai”.Il prestigioso mensile National Geografic ha poi definito Tel Aviv come la “Miami del Medioriente” e “la controparte dionisiaca della religiosa Gerusalemme”.Commentando il fatto che i locali ed i ristoranti della città restano aperti fino all’alba, National Geografic commenta come “di giorno la vita si concentri sui 13 km di costa a davvero due passi dalla città. Spiaggia ampia e sabbiosa, dove sarà possibile sedersi sul lungomare in un caffè o fare un tuffo nelle piscine di acqua di mare”.Le spiagge di Barcellona, Città del Capo ed Honolulu sono state, tra le altre, inserite in questa lista: Tel Aviv è la sola ed unica città del Vicino Oriente che ha meritato una menzione !!Molti i riconoscimenti riservati negli ultimi mesi a Tel Aviv: il prestigioso Travel + Leisure Magazine di New York l’ha classificata come la terza miglior città dell’Africa e del Medio Oriente, mentre il Forbes Magazine e la prestigiosa guida Lonely Planet l’hanno classificata come una delle migliori “Città Party” del mondo.Tel Aviv è stata inclusa anche nella Louis Vuitton European Cities Guide 2010.Tel Aviv: ancora una volta vi saprà sorprendere!! http://www.goisrael.com/



NON SMETTEREMO MAI DI DANZARE!!!! Tel Aviv beach in Israel ...



da Edna

lunedì 13 dicembre 2010


Haifa
Negoziati - Benjamin Netanyahu: “Dobbiamo affrontare le questioni cardinali”

“Dopo aver messo da parte questioni ’sterili’, israeliani e palestinesi devono concentrarsi ora sulla soluzione dei problemi ‘cardinali’ del conflitto” - queste le affermazioni del premier israeliano Benjamin Netanyahu, che nel corso di una conferenza economica a Tel Aviv si è espresso sul futuro dei negoziati con i palestinesi. Fra i problemi cardinali cui ha fatto riferimento Netanyahu ci sono: il riconoscimento del carattere ebraico di Israele, i provvedimenti di sicurezza e la questione dei profughi palestinesi. In conclusione del suo intervento il premier riferendosi alla nuova spola diplomatica fra Gerusalemme e Ramallah, che da oggi sarà intrapresa dall’emissario statunitense George Mitchell, ha espresso la fiducia che essa servirà ad avvicinare la posizioni fra israeliani e palestinesi “in modo di trovarci in grado - ha aggiunto - di affrontare trattative dirette sull’accordo quadro. Quello che noi facciamo adesso - ha precisato - è una condizione essenziale per un dibattito concreto sui problemi cardinali, al fine di puntare alla pace”13 dicembre 2010, http://moked.it/


Sul tempo

Non c’è nulla di più prezioso del tempo e nulla che venga apprezzato meno. Il nostro rapporto con il tempo è conflittuale: per un verso il tempo ci incalza, per l’altro ci sfugge. E ci sembra di non averlo. La forma di vita ebraica aiuta a scandire il tempo, a valutarlo, apprezzarlo e, anzi, nello Shabbat, a festeggiare il tempo.Donatella Di Cesare, filosofa, http://www.moked.it/


Ordine dei giornalisti all'arrembaggio

Se voleva gettare acqua sul fuoco Enzo Iacopino presidente dell’Ordine dei giornalisti nazionale non c’è riuscito. Non soltanto ha ospitato nella sede dell’Ordine uno spot per la seconda spedizione “umanitaria” freedom flotilla ma l’ha condita con un attacco pesante all’onorevole e collega Fiamma Nirenstein che lo aveva criticato aspramente per l’ iniziativa intrapresa. L’ha apostrofata dicendo:“ L’onerevole Nirenstein non chiede, intima, vuole lei indicare il momento opportuno. Non c’era bisogno di intimare. Siamo disposti ad ospitare chi lo desidera”. Iacopino che è parso nervoso e sulla difensiva ha stigmatizzato coloro che a suo dire si sono “permessi” di demonizzare l’Ordine dei giornalisti definendo “immondizia” i commenti letti su internet ed ha invitato i critici ad informarsi ed ascoltare. Noi siamo andati per l’appunto ad ascoltare. E Iacopino ha rincarato la dose dicendo di condividere: “ lo spirito di questa seconda Freedom Flotilla”. Poi ha auspicato che l’onorevole Walter Veltroni, chissà se nella veste di parlamentare o di scrittore, vada a ispezionare personalmente il carico di queste navi. Ha difeso Angela Lano, la giornalista presente sulla prima spedizione, definendola vittima di un crimine che è stata una grave violazione dei diritti umanitari ed è stato contraccambiato con complimenti e ringraziamenti. Poi una volta terminata la presentazione del libro si è allontanato, forse per sottolineare una distanza ideale, lasciando spazio a una serie di imprecisate associazioni, fra cui alcune(l’IHH rappresentato dal suo vicepresidente) definite terroriste da Israele e la sede dell’Ordine dei giornalisti è diventata il “porto” da cui simbolicamente è partita la seconda flotilla. Daniele Ascarelli http://www.moked.it/


Yehoshua e il mestiere dello scrittore:«Narrare è misurarsi con l'etica»

di Renato Minore, http://www.ilmessaggero.it/ (11 dicembre) - Quand'era piccolo, il padre gli leggeva ampi brani del Cuore e lui si abbandonava al pianto, sopraffatto dalla commozione. C’è, in questo tenerissimo ricordo di Abrahm B. Yehoshua, il nocciolo duro della sua concezione letteraria. Riguarda, insieme, la figura di scrittore e quella di critico, legata alla prima per la stessa curiosità antropologica, l’ossessione conoscitiva, l’interrogazione morale, come spiega il giudizio del “Tarquinia-Cardarelli” che gli viene assegnato oggi insieme con Giulio Ferroni e Salvatore Silvano Nigro. Un’opera letteraria deve aprire nuovi orizzonti, per far capire il valore della propria identità nel confronto con i personaggi. Il lettore non deve confondere i personaggi con l’identità dello scrittore. Così capita al lettore de Il signor Mani, che racconta in modo straordinario la storia del suo popolo, dal periodo della diaspora fino alla nascita del movimento sionista. O a quello di Fuoco amico che analizza le ragioni del conflitto arabo-israeliano, destinato (pare) a non avere fine secondo un «grande maieuta delle emozioni dell’uomo contemporaneo, un lettore appassionato degli uomini e del mondo».Yehoshua: lo scrittore è uno psicoanalista della comunità? Porta alla luce l’inconscio della gente per estrarne verità nascoste? «Lo psicoanalista fa analisi individuali, lo scrittore le fa al popolo che per questo non paga. I pazienti sono spesso arrabbiati con l’interpretazione. Come un vero minatore, si va a toccare la parte nascosta, fino a una zona profonda, grazie all’elemento più intimo, il linguaggio».Qual è il peso del giudizio etico per uno scrittore? «Una ventina di anni fa pensavamo alla fine della storia. Tutto andava bene, senza conflitti, trionfavano il capitalismo, la globalizzazione, con grandi aspettative si viveva la fine del millennio. Ora ci siamo trovati con il terrorismo, il fondamentalismo e tutto il resto. La letteratura deve proiettarsi fuori dal proprio ambito psicologico, misurarsi sulla questione etica. Affrontare la complessità in cui viviamo».“Il responsabile delle risorse umane”, il film molto premiato di Eran Riklis, candidato all’Oscar, analizza un paese in cui i kamikaze sono terribile quotidianità. Com’è la situazione, oggi? «Le autorità palestinesi in Cisgiordania controllano totalmente il terrorismo, con l’aiuto del nostro esercito. E avanzano economicamente. Sono pronti, e lo meritano, a creare lo stato palestinese, un processo che va realizzato. Bisogna spingere Israele a un serio negoziato. È l’atto morale che dobbiamo ai palestinesi».La letteratura può avere qualche peso nel creare aperture tra persone di diversa religione? «È come le gocce di olio sulle ruote della realtà. Non credo possa cambiare la gente. Ma quando viene offerto, il pensiero degli scrittori può aiutare a conoscere la realtà nel profondo. L’amante, con un ragazzo arabo di 15 anni che lavora in un garage, è diventato un testo adottato a scuola. Lo hanno letto, lo hanno studiato. Se ho aiutato a cercare di capire e identificarsi con il ragazzino arabo, ciò ha reso tutti più aperti verso il popolo arabo»...........


Hugh Sykes
Medio Oriente, ebrei e arabi a scuola insieme: i bambini insegnano la pace

pubblicato il 11 dicembre 2010 http://www.giornalettismo.com/
Nel villaggio Nevé Shalom, a Gesulamemme Est, giovani allievi occupano gli stessi banchi. Pace in Medio Oriente? Si potrebbe cominciare a costruirla dai bambini. E’ questo il messaggio lanciato da una scuola frequentata sia da giovanissimi allievi ebrei che arabi palestinesi e da un libro per bambini britannici che racconta della storia di piccoli amici, di religione diversa, che crescono insieme sui territori martoriati dal conflitto. Ne parla Hugh Sykes su Bbc News.VILLAGGIO DI PACE - A Gerusalemme Est può accadere che ad una manifestazione contro gli sfratti di alcuni palestinesi ci siano soprattutto ebrei a cantare e alzare striscioni, e che ci siano scritte in ebraico e in inglese. Un cambiamento radicale. Che lascia ben sperare. Qualche anno fa era diverso, dice Sykes. Alle manifestazioni anti-occupazione gli slogan erano scritti in ebraico e c’era bisogno di chiedere aiuto per tradurle. Ci sono molti più contatti tra ebrei e arabi, ora. “Siamo una azienda di successo”, dice Raida, una insegnante palestinese di storia in una scuola in cui bambini arabi ed ebrei giocano insieme. E aggiunge: “E’ per questo che il governo non ci piace”. L’istituto si trova a Wahdat al Salaam/Neve Shalom (Oasi di pace), un villaggio dove arabi ed ebrei. vivono volentieri insieme. Dal 1970. Si divertono insieme, sono vicini di casa, vanno al cinema insieme. Preparano gli insieme gli aquiloni quando c’è da accogliere tra i banchi un ospite speciale come Michael Morpungo, autore di libri per ragazzi.GLI AQUILONI – La sua ultima opera narra una storia di bambini nelle terre del conflitto arabo-israeliano. E’ la storia di un ragazzo palestinese che fa volare aquiloni con la scritta “salaam” al di là di un muro di cemento che circonda un insediamento israeliano. Quando cambia il vento gli aquiloni tornano indietro con su la scritta “shalom”. Morpungo è convinto che la pace può realizzarsi partendo dai giovani ebrei ed arabi che vivono insieme. Imparando da loro. In realtà all’interno di Israele sono molte le realtà in cui arabi ed ebrei convivono pacificamente. Io stesso a Jaffa ho visto i bimbi arabi ed ebrei giocare assieme nel cortile di una scuola.Questo avviene anche in molte realtà lavorative. Certo ci sono anche problemi soprattutto nei rapporti con gli arabi fuori da Israele, ma qui arrivano solo ed esclusivamente le notizie negative. Questo articolo è un’eccezione in tal senso.


Gerusalemme di sabato
Tra gli alleati di Hamas spunta l'Ordine dei Giornalisti di Roma

L'ordine dei giornalisti di Roma, nella persona del suo presidente Enzo Iacopino, lunedì prossimo ospiterà e presenterà il volume "Verso Gaza", di Angela Lano, un'italiana imbarcata sulla Freedom Flottilla, la spedizione "umanitaria" guidata dai "pacifisti" del gruppo islamista Ihh, una organizzazione collegata ad Hamas e altri gruppi nelle liste nere americane ed europee del terrorismo.I militanti turchi si erano detti disposti al martirio già prima della partenza per Gaza, ed in effetti così è andata dopo il raid dei commando israeliani sulla nave Marmara. Ieri, un nuovo missile di Hamas è stato lanciato dalla Striscia su Israele, facendo un ferito. Il lancio dei missili fu la principale causa della Guerra di Gaza, un evento che insieme all'abbordaggio della Marmara è costato caro allo stato ebraico, ma che, al tempo stesso, non potevano essere evitati.
La presentazione del volume del libro, nella sede dell'Ordine, coincide con il lancio della seconda missione della Flottilla, con partenza prevista per il prossimo marzo. Tra gli ospiti, pacifisti italiani, rappresentanti delle associazioni e dei comitati pro-palestinesi in Italia, ma anche attivisti, cineasti e giornalisti, tutto l'arcipelago dei sostenitori senza se e senza ma della "causa" in Italia, in un esercizio di puro "antisionismo", come lo chiamano loro.Conosciamo le origini degli "Ordini" italiani, il loro indirizzo corporativo e spesso ideologicamente univoco. Ma il fatto che Iacopino presieda e sostenga un'iniziativa utile alla propaganda di Hamas e del suo alleato iraniano, in un momento in cui WikiLeaks ci mostra quali sono i veri sentimenti del mondo arabo verso Teheran, è una notizia "oltraggiosa", come ha scritto sul suo blog Claudio Pagliara, che vogliamo stigmatizzare con tutte le forze.http://www.loccidentale.it/ di Bernardino Ferrero 11 Dicembre 2010


Ashdod

ISRAELE: AFFONDA CARGO MOLDAVO PER MALTEMPO, TUTTI SALVI

(AGI 12 dic) Gerusalemme - Una nave da carico e' affondata per il maltempo al largo delle coste israeliane. Tutti salvi gli 11 uomini dell'equipaggio, che sono saliti su zattere di salvataggio e poi sono stati prelevati da un altro peschereccio. Secondo la stampa israeliana, il cargo conteneva 3.000 tonnellate di ferro e aveva lanciato una richiesta d'aiuto, a 10 miglia (16 chilometri) dal porto di Ashdod .


INCIDENTI MONTAGNA: TROVATO MORTO ISRAELIANO DISPERSO

(ANSA) - AOSTA, 11 DIC - Era semisepolto dalla neve, con il viso rivolto verso il basso, e completamente ghiacciato: cosi' e' stato trovato questa mattina, verso le 11, il corpo di Oded Kiblitski, manager israeliano di 34 anni, scomparso da una settimana. Un primo esame medico-legale sul cadavere si svolgera' nei prossimi giorni quando la salma avra' raggiunto la temperatura idonea. A trovarlo a 3.000 metri di quota sono state le guide del Soccorso alpino valdostano e della guardia di finanza durante l'ennesima perlustrazione sopra Cervinia. Secondo una prima ricostruzione dei fatti, la vittima e' scesa lungo la pista Bontadini ed e' uscita fuoripista dove, dopo un salto di roccia, ha perso il controllo dello snowboard ed e' finito contro alcune rocce. La tavola non e' stata ritrovata ed e' probabile sia finita piu' a valle. Le indagini sono affidate ai carabinieri. L'esame post-mortem dovra' accertare le cause del decesso, in particolare se il manager israeliano e' morto per trauma o per assideramento. Oltre a carabinieri, polizia, guardia di finanza e soccorso alpino, alle operazioni ha partecipato anche una squadra specializzata nella ricerca di persone proveniente da Israele e incaricata dalla famiglia della vittima.


Siamo pronti al compromesso storico. Ma dove sono i politici?

Parla Amos OzLa parola agli scrittori, da sempre coscienza critica di Israele. In questa intervista Amos Oz lancia un appello. La gente d’Israele e di Palestina sarebbe pronta al compromesso e a scegliere davvero la pace. Perché la società civile è sempre più avanti dei propri governanti. Una pace che sarà anche dolorosa ma che è comunque preferibile all’attuale, snervante, situazione di stallo."Sono tutti indietro di cottura. Parlo dei nostri politici e governanti. È drammatico - e per me molto amaro - oggi renderci conto e capire quanto la società civile, quella israeliana e quella palestinese, sia chilometri più avanti, più matura ed evoluta di chi la governa. La verità? La gente di Israele e la gente di Palestina è pronta al compromesso storico. Ovvero a venire a patti con una coabitazione difficile ma necessaria”. A parlare così, con toni accorati e meno istituzionali del solito è Amos Oz, nella duplice veste di testimonial-ambasciatore di pace e di scrittore, oggi di passaggio in Italia per ritirare due premi Letterari, quello della Fiera del libro di Torino e quello del Festival Internazionale di Cultura Ebraica OyOyOy!, e per presentare agli italiani il Centro Peres per la Pace - e promuoverne il fund-raising. A 71 anni l’autore di Storia d’amore e di tenebra e dell’ultimo romanzo Scene dalla vita di un villaggio (Feltrinelli entrambi) non nasconde la tristezza e un senso di urgenza, qualcosa di irrimandabile che deve accadere a tutti i costi. Abbiamo incontrato Oz -e la straordinaria Nilly, sua moglie -, nel foyer del Teatro Franco Parenti. Ecco l’intervista.Oz, per la propria esperienza lei costituisce una specie di ponte fra passato e presente, una sorta di coscienza critica del Paese. Quale contributo possono dare oggi gli scrittori alla situazione?Non posso parlare a nome di un gruppo ma solo per me stesso. Sono uno scrittore e un insegnante, e quello che posso dare sono essenzialmente due cose: le mie storie e i miei saggi. Chi vuole prendere, prenda pure, chi non vuole non è obbligato. Ma non ho un messaggio da dare al mondo. Semplicemente credo fortemente nella pace e nella riconciliazione e sono un grande, appassionato fautore dei compromessi.Sono ormai quarant’anni che parlo delle necessità di una riconciliazione fra israeliani e palestinesi, e della soluzione di due popoli in due Stati. Questa idea oggi è sempre più accettata e condivisa dalla società civile e si può stabilire con relativa sicurezza che la maggioranza dei due popoli sia matura finalmente per un compromesso. Certo, non ne sono felici, ma sono pronti. Il problema è che invece sono i leader politici a non essere all’altezza. Una metafora efficace? Il paziente israeliano e quello palestinese sono entrambi pronti all’intervento chirurgico, peccato che i dottori siano tutti codardi e non ce ne sia uno solo disposto a operare.E allora come fare pressione? Nessuno, neanche il Peres Centre, può obbligare i governi a fare quello che non vogliono. Quello che però è fondamentale è lavorare affinché i popoli, le persone comuni, la gente, tutti insomma alzino la propria voce e parlino forte e chiaro. E soprattutto, credere fermamente che se ci facciamo sentire, alla fine i leader politici ci ascolteranno. L’obiettivo del Peres Centre è di fare incontrare israeliani e palestinesi su un piano personale e umano. In questo senso si slavora molto sul fronte dell’educazione alla pace e nella costruzione di ponti culturali fra i due. Come uscire dallo stallo in cui versano i negoziati di pace? Beh, innanzitutto Israele dovrebbe bloccare la costruzione di colonie nei territori occupati. Poi si deve riprendere a parlare, cercando di arrivare al punto cruciale: la nascita di due Stati. Perché tutti lo sanno: alla fine l’unica vera soluzione sarà l’esistenza di uno Stato israeliano accanto a uno palestinese, con due capitali, entrambe a Gerusalemme.C’è chi dice che se i palestinesi pongono così tanta enfasi sulla questione delle colonie è perché hanno dalla propria parte la sinistra israeliana, che non ha mai nascosto la sua contrarietà a questa politica. Qual è la sua opinione? Penso che sia molto stupido pensare che la sinistra israeliana stia insegnando ai palestinesi che cosa dire e come comportarsi. Da quarant’anni sono fermamente convinto che la costruzione di colonie nei territori sia profondamente sbagliata, e che Israele non avrebbe mai dovuto edificarne, non una sola. Ora i palestinesi chiedono a Israele di bloccare questo processo, e hanno ragione. Dal canto suo, di recente, il governo Netanyahu ha fermato ulteriori costruzioni per un mese intero, ma anche in quel caso il governo palestinese non ha accettato di sedersi al tavolo dei negoziati. La responsabilità è dei leader politici, miopi, piccoli e cavillosi. Qual è il ruolo dei giovani e dell’educazione nel processo di pace? Non è un mistero che fra i palestinesi vengano impartiti insegnamenti dichiaratamente antisionisti e antisemiti. Quando c’è un conflitto esistono sempre terribili stereotipi sull’altro, demonizzazioni da entrambe le parti. In questo senso, il Centro Peres per la Pace sta facendo un lavoro eccellente per rimuovere questi clichè, spesso molto forti e radicati.Cosa pensa della recente e discussa legge che chiede a tutti i non-ebrei che ricevono la cittadinanza israeliana di giurare fedeltà allo Stato ebraico (vedi Bollettino di novembre, ndr)?È una legge che non mi piace. Un cittadino israeliano dovrebbe giurare fedeltà alla dichiarazione di indipendenza, e questo è sufficiente. Il problema degli arabi israeliani? La loro condizione è sicuramente drammatica. Un giorno un uomo mi ha detto: “dovete capire che il mio Paese è in guerra con il mio popolo. E questa situazione si risolverà soltanto nel momento in cui ci sarà pace fra israeliani e palestinesi, perché verrà meno qualsiasi questione di lealtà”.Quale dovrebbe essere l’atteggiamento della comunità internazionale per uscire dall’impasse di oggi?Questo è il momento di estendere la solidarietà e tendere la mano ai due popoli, senza distinzione. Israeliani e palestinesi stanno affrontando un’operazione dolorosa perché la soluzione dei due Stati significa un’amputazione, sia per Israele che per la Palestina. Gli europei, dal canto loro, dovrebbero smettere di svegliarsi al mattino e pensare a chi dare la colpa, quale petizioni firmare o a quali manifestazioni di piazza partecipare: dovrebbero invece semplicemente chiedersi come possono aiutare le due parti. E quando parlo di aiuto, intendo un sostegno concreto. Qualche esempio? Una volta che verrà costituito uno Stato palestinese ci sarà un serio problema con centinaia di migliaia di profughi palestinesi. In quel caso, ci sarà un bisogno disperato di fondi, di volontari e di aiuti diversi. E poi, certamente ci sarà la questione delle colonie nei territori, che Israele dovrà necessariamente smantellare: questo comporterà l’evacuazione di migliaia di persone, e sarà anche questa un’operazione che richiederà molta assistenza, cooperazione, solidarietà. Ilaria Myr http://www.mosaico-cem.it/


Israele, finalmente la pioggia

Le prime piogge della stagione sono arrivate in queste ore in Israele e in altre aree del Medio Oriente. Precipitazioni si segnalano un po’ ovunque e dovrebbero proseguire fino a lunedì. Il momentaneo risveglio dell’autunno, avvertono gli esperti, non basta per ora a compensare i danni della siccità prolungata degli ultimi mesi. Un fenomeno non insolito nella regione, ma che quest’anno ha toccato punte record.12 dicembre 2010, http://www.moked.it/


Mar Morto
Google, lo Zeitgeist e i pregiudizi

La rete è una straordinaria miniera di notizie, anche perché di ogni azione che vi si compie resta traccia da qualche parte. Ogni anno, in questo periodo, Google - che come molti sanno è il principale "motore di ricerca" del web - rende pubbliche le chiavi di ricerche più popolari che gli sono state sottoposte durante i dodici mesi precedenti, e anche quelle che sono cresciute o diminuite di più. In maniera ironicamente corretta questa indagine viene chiamata "Zeitgeist", cioè "spirito del tempo": il termine coniato da Herder per indicare il modo in cui si manifesta in un certo momento storico lo "spirito oggettivo" di hegeliana memoria.In realtà quello che testimonia la ricerca di Google mode, più o meno velocemente contagiose, più o meno permanenti, negli interessi e nelle curiosità del pubblico. Mi è stato fatto notare che nella ricerca riguardante l'Italia, nella categoria delle "Ricerche associate alla parola “significato” di crescente popolarità" cioè quando le persone usano la rete come dizionario, nei dieci termini più ricercati, accanto a "bunga bunga", "waka waka", "probiviri", "bischero" e "sarcasmo" compaiono due termini che ci riguardano: al secondo posto "kippà" e al decimo "Shoà". Controllando per gli altri paesi, non ho trovato domande analoghe, e il Medio Oriente e la difficile partita che vi si gioca non sembra appassionare affatto il pubblico della rete, che appare piuttosto interessato a Lady Gaga e alla "chatroulette" (il termine la cui popolarità cresce di più in Italia e in tutto il mondo, corrispondente a un sito che mette in contatto e fa chiacchierare gente che non si conosce).Resta il fatto che i significati di kippà e Shoà incuriosiscono gli italiani. La cosa dovrebbe indurci a qualche riflessione: evidentemente una buona parte della popolazione anche più evoluta, quella che possiede un computer, ha un collegamento internet e li usa per ottenere informazioni, dell'ebraismo non sa nulla, né dei suoi costumi rituali e tradizionali ("kippà"), né della sua storia ("Shoà"). Qualunque ebreo consapevole si sia trovato a discutere di politica e religione avrà notato un'analoga distanza. Io ricordo una simpatica cena in cui illustri intellettuali mi dissero con convinzione che lo stato di Israele era una teocrazia... perché non aveva una costituzione. Vi è naturalmente anche il rovescio della medaglia, cioè che l'ebraismo incuriosisce, suggerisce alla gente di informarsi e di capire.Non si tratta solo di un problema ebraico. Tullio De Mauro ha mostrato, in una serie di fondamentali ricerche, che in generale il lessico dei giornali, della politica e della burocrazia è incomprensibile a buona parte della popolazione italiana. Ma per l'ebraismo il caso è più grave, perché la difficoltà linguistica si sovrappone a un pregiudizio millenario. Credo che questi risultati dovrebbero farci meditare. Molti di noi per esempio tendono a considerare con distacco e perfino fastidio circostanze "rituali" e "formali" come le giornate della cultura ebraica e della memoria, o i viaggi ad Auschwitz; molti non capiscono la funzione dei musei ebraici, che, come quello di Casale, ricostruiscono in piccoli ambienti un seder, una sukkà o perfino un pasto sabbatico. Lo Zeitgeist di Google ci conferma che queste cose sono ignote ai più, probabilmente sospette ai più per i nomi stranieri, filtrate certamente da antichi pregiudizi teologici e razziali e da nuovi stereotipi diffusi dai media. Quanti sanno le cose basilari sullo stato di Israele, quando è stato fondato, che cosa c'era prima, le guerre che ha subito, la sua struttura geografica e politica? Quanti conoscono il numero esiguo degli ebrei italiani? Quanti conoscono la differenza fra ebreo e israeliano? La lezione è che non bisogna stancarsi di spiegare, di mostrare, di discutere, di contrastare i pregiudizi; che non bisogna dare per scontato quel che ci appare più che banale dell'ebraismo, che non bisogna aver paura di ripeterci e di aprirci, perché ce n'è un grande, urgente bisogno.Ugo Volli , http://www.moked.it/


MILANO - CANDELABRO EBRAICO PER CHANUCCA ( HANUKKAH ) IN PIAZZA SAN CARLO
Una luce per Gilad Shalit

Hanukkah, è terminata da poco, ma il grande candelabro a otto braccia che ogni anno gli ebrei milanesi accendono durante la festa delle luci in piazza San Carlo, a due passi dal Duomo, aveva ancora un compito da svolgere prima di essere smontato. Il presidente della Comunità ebraica di Milano Roberto Jarach, il vicepresidente Daniele Nahum e Dounia Ettaib dell’Associazione donne arabe d’Italia, hanno acceso una delle sue luci per chiedere la liberazione di Gilad Shalit, il giovane dell’esercito israeliano da quattro anni nelle mani di Hamas. La cerimonia è stata organizzata da Comunità ebraica, Adei-Wizo e International Association of Jewish Lawyers and Jurist, in occasione della Giornata mondiale dei diritti dell’uomo. “Il fatto che Gilad Shalit non sia mai stato visitato nemmeno dal personale della Croce rossa internazionale è un fatto di gravità estrema - ha sottolineato Jarach. Per sensibilizzare la Croce rossa sul tema è si è svolto in Comune una conferenza stampa con Alberto Bruno, presidente provinciale della Croce rossa italiana, “perché la prossima volta che accenderemo questo candelabro Gilad Shalit possa essere con noi” ha messo in evidenza Nahum. Nel corso dell’incontro il rappresentante della JAJLJ Maurizio Ruben, il presidente della Comunità ebraica Jarach e il vicepresidente Nahum hanno consegnato al dottor Bruno un “Appello alla Coscienza”, chiedendo un intervento della Croce rossa internazionale a favore di Shalit e l’immediata cessazione delle violazioni delle Convenzioni internazionali da parte di Hamas. Bruno ha dichiarato di condividere il contenuto dell’appello e ha assicurato che lo trasmetterà alla sede centrale di Ginevra.http://www.moked.it/