venerdì 15 marzo 2013

Israele – C’è la firma per il nuovo governo
Giovedì mattina sembrava che tutto fosse risolto. Che Likud-Beytenu, Yesh Atid e Habayit Hayehudi avessero trovato il compromesso per formare il governo e che la firma ufficiale dell’accordo di coalizione rappresentasse soltanto una formalità. E invece, poche ore dopo, un nuovo inciampo: la scelta di Benjamin Netanyahu di non assegnare a Yair Lapid e Naftali Bennett il titolo di vice primo ministro. Una carica onorifica senza alcun potere collegato, che secondo le indiscrezioni però la moglie del premier Sarah avrebbe convinto Bibi a non concedere all’odiato Bennett, già capo dello staff di Netanyahu dal 2006 al 2008, mandato via proprio a causa dei dissapori con lady Netanyahu. E così i negoziatori di Habayit Hayehudì hanno disertato i colloqui per tutto il pomeriggio, gettando nuovamente il paese nell’incertezza. Incertezza che oggi è stata dichiarata superata: Lapid e Bennett non saranno vice. In cambio Habayit Hayehudì riceverà la guida del gruppo sulla concentrazione della ricchezza e la concorrenza del mercato, e quella della commissione congiunta della Knesset incaricata di redigere la legge per l’arruolamento dei haredim.A poco più di 24 ore dalla scadenza dell’incarico dunque i nodi sembrano sciolti e si può scrivere la parola fine a quella che si è rivelata una vera e propria saga politica. Dalle elezioni sono trascorsi quasi due mesi. I 28 giorni concessi a Bibi per aggregare la maggioranza sono stati conformemente alla legge estesi di altri 14. Al termine dello Shabbat Netanyahu presenterà al presidente Shimon Peres il nuovo esecutivo, che dovrebbe insediarsi il prossimo lunedì, a due giorni dall’arrivo nello Stato ebraico di Barack Obamae. Il presidente degli Stati Uniti nelle scorse ore è apparso in un’intervista al canale israeliano Arutz 2, “Il mio obiettivo per questo viaggio è ascoltare” ha dichiarato in riferimento a una possibile ripresa del processo di pace, e riconoscendo la difficoltà della situazione. Un’intervista in cui Obama ha parlato anche di Iran, che secondo il presidente Usa arriverà all’arma atomica in un anno, e che gli Stati uniti fermeranno ad ogni costo, anche se dovessero fallire le vie diplomatiche, ha promesso.Rossella Tercatin(15 marzo 2013) http://moked.it/blog/

Voci a confronto
Ancora grandissimo spazio all’elezione del Pontefice sulle pagine dei giornali di oggi. L’Osservatore Romano, quotidiano della Santa Sede, riporta le parole del presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna e il suo messaggio di augurio. Nell’ambito dell’articolo, dedicato alle reazioni dei leader religiosi, gli interventi del rabbino capo emerito di Milano Giuseppe Laras, e del rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni, che ha ricevuto l’invito di Jorge Bergoglio a prendere parte alla cerimonia di insediamento prevista per martedì 19 marzo, in un messaggio in cui papa Francesco ha auspicato di contribuire “al progresso che le relazioni tra ebrei e cattolici hanno conosciuto dal Concilio Vaticano II” (breve sul Corriere della Sera, trafiletto sul Messaggero Cronaca di Roma). Una notizia che viene inserita nel quadro dei primi gesti del Pontefice commentati sulla prima pagina del Corriere Roma da Paolo Conti. A proposito del nuovo papa, c’è anche chi ricorda le voci circa una sua collaborazione con le giunte militari. Il Fatto quotidiano propone un’intervista al giornalista Horatio Vertibsky, che per primo accusò Bergoglio di essere stato protagonista di episodi di complicità con la dittatura e definisce la sua elezione una disgrazia. Il quotidiano della Conferenza episcopale Avvenire torna sulle vicende di Edith Stein, ebrea convertita al cattolicesimo e divenuta monaca, che morì nei campi di sterminio nazisti, con una testimonianza di sua nipote, l’ultranovantenne Susanne Batzdorff. Per quanto riguarda le notizie da Israele, pochi quotidiani dedicano spazio alla formazione del nuovo governo. Tra questi Roberta Zunini sul Fatto quotidiano racconta l’ennesimo stallo dei negoziati fra Likud-Beytenu e Yesh Atid/Habayit Hayehudì (nel frattempo superato), riportando però in modo errato il numero di seggi conquistato alla Knesset da ciascuna delle formazioni. Una maggiore precisione sarebbe forse auspicabile anche sul Corriere Sette, da Stefano Torelli nella sua rubrica Mediorienti, in cui riporta le polemiche suscitate dalla vicenda delle linee di autobus dedicate agli abitanti della Cisgiordania “La politica israeliana nei confronti della comunità palestinese è il fulcro dei dissidi mediorientali” l’attacco del pezzo.Maurizio Molinari sulla Stampa riferisce invece dell’intervista concessa da Barack Obama al canale televisivo israeliano Arutz 2. A pochi giorni dalla sua visita nello Stato ebraico il presidente USA avverte che l’Iran otterrà l’arma atomica entro un anno, e che gli Stati Uniti sono pronti a fare qualsiasi cosa occorra per fermarlo.(15 marzo 2013)http://moked.it/blog/


“A Gerusalemme, dove ogni passo è preghiera”  

L'incontro con un paese e con una cultura che l'hanno conquistata. Sull'ultimo numero di Gente, in edicola a partire da domani, Annalisa Minetti racconta il suo recente viaggio in Israele. “A Gerusalemme – afferma l'artista, medaglia di bronzo alle Paralimpiadi di Londra – ogni passo è stata una preghiera”.http://moked.it/


Una storia d'amore 

“Cos’è rimasto della storia d’amore russo-ebraica? Rispondiamo solo per parte nostra. È rimasto un enorme amore per questo paese. Per le sue persone. Per i suoi campi, boschi, villaggi, per le sue città. È rimasta una fortissima sensazione di solidarietà. Per la sua storia. Per la sua essenza. E poi le canzoni, che molte generazioni di israeliani cantano in ebraico, con l’assoluta certezza che siano canzoni autenticamente israeliane e che noi, quando abbiamo bevuto a dovere, cantiamo tutti insieme in russo” (Igor’ Guberman, Aleksandr Okun’, Guida nel Paese dei Savi di Sion).Laura Salmon, slavista,http://moked.it/

Vaticano – Il papa e gli ebrei

Antonella Castelnuovo, docente di comunicazione interculturale all'Università di Siena, cita il grande Amos Oz per spiegarci perché gli ebrei non hanno un papa.

In questi giorni di conclave il nostro paese è stato più che mai in attesa per capire o aspettare di sapere il successore di Benedetto XVI. È un clima di grande intensità in quanto colmare il vuoto di una sede pontificia vacante può sembrare quasi il segnale di svolta, come se i nuovo papa potesse in qualche modo risolvere i problemi del nostro travagliato paese. La guida di un solo uomo, per il modo cattolico, è unificante e rassicurante, forse perché oggi in Italia si contrappone alla frammentazione dei partiti politici e alle loro ideologie contrapposte. Il papa dunque è il simbolo vivente della globalizzazione delle idee, dell’universalità della comunicazione, dell’unificazione dei significati. La cultura ebraica in questo senso promuove altri modelli per raggiungere l’unità, che ha come riferimento il creatore divino. Leggendo il recentissimo libro che Amoz Oz ha scritto insieme alla figlia Fania (Jews and words, Yale University Press) di prossima pubblicazione in Italia, ho trovato una convincente spiegazione degli autori sul perché noi ebrei non abbiamo il papa:“Gli ebrei non hanno mai avuto un papa…Poiché supponendo che ne avessimo avuto uno, chiunque gli avrebbe dato delle pacche sulle spalle, dicendo che le loro nonne avevano conosciuto suo nonno a Plonsk o a Casablanca. Due gradi di separazione al massimo. Ilarità, intimità, contrarietà questi sono gli elementi di cui sono fatte le nostre comunità. Ogni rabbino ha un controrabbino, ognuno ha avuto una zia pazza e persino le luci che ci guidano sono un po’ comiche. Nessun leader come individuo può unire l’intero gregge sotto di sé, a una giusta mistica distanza. Qualcuno obietterà e dissentirà sempre: la fumata non sarà mai bianca”.Antonella Castelnuovo http://moked.it/blog/(15 marzo 2013)