sabato 27 ottobre 2012


Ku Klux Klan incubo d'America. Fa paura, ma è quasi estinto


Perché mai la giovane Sharmeka Moffitt abbia deciso di inscenare un attacco del Ku Klux Klan, questo è nella mente degli dei e della ragazza che speriamo guarisca bene e presto dalle orribili bruciature che si è autoinferta. Certo ha segnalato all'America e al mondo due temi: nonostante i decenni di leggi di parità e un presidente nero, la popolazione afroamericana soffre il trauma della violenza razzista, e la rappresenta drammaticamente. In secondo luogo, il nome del Ku Klux Klan è tale da far saltare su tutta l'informazione, il suo fantasma è tuttora gigantesco, come quando alla fine degli anni '80 la cronista si mise le gambe in spalla per visitare in Louisiana il capo della famigerata organizzazione razzista, assassina abitudinaria di neri innocenti. Si chiamava David Duke,! così si chiama ancora mentre inopinatamente viene fotografato durante alcune manifestazioni con Occupy Wall Street, un movimento di sinistra. Sorprendente? Non più di tanto, se si prende in considerazione che Duke dal folto pubblico dichiara che ama quella gente che condanna le banche ebraiche internazionali che tengono l'America prigioniera, i banchieri sionisti come Bernanke che hanno fatto perdere agli americani il 50 per cento dei loro soldi mentre Israele guadagna tanti shekel. Il Ku Klux Klan, comunque si travesta, nel razzismo non è cambiato. È enormemente cambiato invece, nel numero e anche nel tono, il suo iniziale patrimonio di una decina di milioni di segregazionisti negli anni venti, la sua forza omicida che costringeva i neri a rinchiudersi in casa quando il buio invece invitava a uscire gli incappucciati con le croci in fiamme, le pistole, i coltelli si è via via ristretto fino a farci valutare che gli iscritti alle varie associazioni del Kkk siano ! fra i 3000 e i 5000. La loro leadership è impallidita, le fusioni fra vari «Cavalieri tradizionali» e il «Kkk per la nazione Ariana», oltre, che so, al «Vero invisibile impero dei Cavalieri» di questa o quella località dell'America meridionale hanno fatto diminuire i loro gruppi da 221 a 152. Tuttavia sotto questo evidente declino legato alla disgustosa ferocia omicida dei loro attacchi, un nocciolo duro cerca continuamene di costruire un fronte terrorista duro. Sembra che si curi di più di avere domani la possibilità di un vero, grande attacco terrorista che vendichi la delusione della integrazione americana ormai molto avanzata, quasi perfetta, che di costruire come fanno tutti i gruppi e gruppetti una forma di comunicazione web che gli garantisca la sopravvivenza almeno fa i pazzi anti neri e antisemiti.Di certo, quando incontrai Duke, era in corso un'operazione di restauro legata al declino ormai in corso. Anche lui lo trovai già tutto rifatto rispetto alle immagini note: aveva naso piccolo, mascella volitiva, capelli lisci e biondi, insomma un ariano perfetto, in una casa ariana col prato verde e due bambine bionde che, come è mai possibile, diceva Duke, devono condividere la mattina lo school bus con delle ragazzine nere di ambiente diverso, diversa educazione. Ma un ariano moderato, candidato alle elezioni, più volte impicciato in vicende politiche svariate per cercare di stare a galla, macchiato da storie di soldi. Duke fece la parte del mostro moderato, spiegò che il Klan non era anti nero, ma pro bianco, e soprattutto pro cristiano. Era un altro Ku Klux Klan, nel senso che cercava di mascherare l'odio dietro una maschera di decenza che non mi bevvi nemm! eno per un minuto, tanto che alla fine dell'incontro gli dissi guardandolo negli occhi, con voce melliflua, calpestando la sua erbolina rasata, che ero niente meno che ebrea. Non battè ciglio, ma gli occhi gli si velarono, balbettò che era un'altra cultura, che se ne doveva star tranquilla a casa sua come gli afro americani, che poi alla fine era il sionismo il nemico perché era antiamericano.Più tardi, corrispondente in Israele, per fortuna ho avuto un altro contatto con il Klan stavolta per interposta persona. Un incontro meraviglioso con Marwin Kessler nel kibbutz di Shilo nei Territori. Marwin, ormai Moshe, settantenne, ormai grande coltivatore diretto, era l'avvocato dei diritti civili che nel film Mississipi Burning è interpretato da Gene Hackmann... Mi raccontò dal vero come nel '64 fermò il Kkk indagando come un santo pazzo nella morte di tre uomini, un prete e un ragazzo neri ambedue, e un ebreo. Li aveva uccisi il Ku Klux Klan, coadiuvato da una squallida piccola borghesia di paese. Moshe battè il Kkk, oggi forse anche grazie a quella vittoria eroica non ce n'è stato bisogno. Il Giornale, 25 ottobre 2012, Fiamma Nirenstein
 

venerdì 26 ottobre 2012

Ricevo da un amico israeliano questa grafica da dedicare ai passeggeri dell'Estelle!

80 razzi in 24 ore contro Israele, 5 civili feriti

Almeno 80 fra razzi e colpi di mortaio palestinesi sono stati lanciati fra martedì notte e mercoledì sera (60 nella sola mattinata di mercoledì) dalla striscia di Gaza contro il sud di Israele. Cinque lavoratori civili sono rimasti feriti, due dei quali versano in condizioni critiche. I feriti gravi sono due tailandesi sui vent'anni che stavano lavorando in un allevamento di polli della regione di Eshkol centrato in pieno da un Qassam.Il sistema difensivo anti-missile israeliano “Cupola di ferro” (programmato per colpire in volo i razzi diretti su luoghi densamente abitati) ha intercettato almeno otto razzi Grad prima che si abbattessero su alcuni grossi agglomerati nella zona di Ashkelon. Ciò nondimeno almeno sette abitazioni in centri minori sono state direttamente colpite e gravemente danneggiate.In quattro distretti (Eshkol, Shaar HaNeguev, Hof Ashkelon e Sdot Neguev) sono state chiude le scuole e ai cittadini è stata data istruzione di restare nei rifugi. Chiuso anche il college accademico Sapir, di Shaar HaNeguev.Mercoledì a metà giornata i lanci di razzi palestinesi non erano ancora cessati, ma sono andati diradandosi nel corso del pomeriggio. In serata a Hof Ashkelon è stata annunciata la riapertura delle scuole per giovedì.L’aviazione israeliana ha reagito all'escalation colpendo alcune postazioni di lancio di razzi nel nord della striscia di Gaza con l'uccisione di quattro terroristi.Il portavoce delle Forze di Difesa israeliane, Yoav Mordechai, ha dichiarato che Israele reputa Hamas (che dal 2007 ha il pieno controllo della striscia di Gaza) responsabile dell’escalation di fuoco palestinese sui civili israeliani. D'altra parte, sia Hamas che i Comitati di Resistenza Popolare hanno rivendicato il lancio di razzi. Entrambe le organizzazioni terroristiche hanno anche rivendicato l’attentato di martedì vicino a Kissufim in cui è rimasto gravemente ferito un ufficiale israeliano.L’ondata di lanci era iniziata sin da martedì sera con una decina di razzi sparati appena terminata la visita a Gaza dell'emiro del Qatar, Hamad bin Khalifa al-Thani.Sempre martedì, un ufficiale israeliano era rimasto gravemente ferito dall'esplosione di un ordigno che lo aveva investito mentre era in normale servizio di pattuglia sul versante israeliano della barriera difensiva che separa Israele dalla striscia di Gaza. Ziv Shilon, 24 anni, è attualmente ricoverato presso il reparto di terapia intensiva del Soroka Medical Center di Beersheba dove i medici cercano di salvargli la mano destra dopo che hanno dovuto ricorrere all'amputazione della sinistra.Nella notte di martedì, l’aviazione israeliana aveva colpito con successo una cellula di terroristi che si apprestava a lanciare razzi dalla striscia di Gaza contro Israele.“Continuano senza sosta gli attacchi terroristici che minacciano tutti noi – aveva dichiarato martedì il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu – Oggi siamo di nuovo impegnati contro l'aggressione terroristica al nostro confine meridionale, ma in realtà si tratta di un attacco che proviene dall'Iran e da un’intera rete terroristica che appoggia e sostiene queste aggressioni”.Mercoledì pomeriggio Netanyahu, durante una visita a una batteria del sistema antimissile “Cupola di ferro” nei pressi di Ashkelon, ha lanciato un avvertimento a Hamas: “Noi non abbiamo né scelto né avviato questa escalation – ha detto – ma se continuerà, siamo pronti per un’azione molto più ampia e profonda. In ogni caso, continueremo con le operazioni preventive contro il terrorismo: chiunque intenda attaccare cittadini israeliani sappia che se ne assume le conseguenze”.“La situazione nel sud è insopportabile – ha dichiarato mercoledì il ministro degli esteri, Avigdor Lieberman, ricevendo a Gerusalemme la rappresentante della politica estera dell’Unione Europea, Catherine Ashton”. Ed ha aggiunto: “Nessun paese europeo tollererebbe una tale realtà sul proprio territorio, e noi non possiamo continuare a dar prova di moderazione”.“Qui non siamo in Scandinavia – ha detto il ministro della difesa Ehoud Barak – e noi dovremo continuare a batterci”. Purtroppo, ha spiegato Barak, un dialogo con Hamas è impossibile per la sua viscerale ostilità verso lo stato ebraico.“Sta ai palestinesi di Gaza decidere del loro destino: è impossibile che loro continuino a sparare contro di noi e noi a rimanere con le mani in mano”. Lo ha detto mercoledì il presidente d’Israele Shimon Peres, che ha aggiunto: “Noi saremmo felici di vedere Gaza ricostruirsi e fiorire con il lavoro, ma è impensabile che l'emiro del Qatar venga a donare milioni di dollari e loro si dedichino al lancio di razzi contro le nostre città. È impensabile da qualunque parte, a Londra come a New York, che da una parte si raccolgano fondi per la ricostruzione e poi si sparino razzi invece di comprare materiali da costruzione. Gaza deve decidere se vuole ricostruirsi e svilupparsi, o rimanere una base terroristica”. Ricevendo mercoledì pomeriggio Catherine Ashton, Peres ha sottolineato: “Mentre noi qui ci incontriamo, vi sono madri e bambini che si trovano in rifugi”. E ha ribadito: “I fondi donati dal Qatar dovevano servire per costruire case, e invece sostengono il terrorismo. Noi diamo prova di autocontrollo, ma non durerà all'infinito”.(Da: MFA, Israel HaYom, YnetNews, 24.10.12)  http://www.israele.net/

Farnesina: al via Fondazione Italia-Israele per Arti e Cultura a Roma

(ASCA) - Roma, 24 ott - E' stata costituita a Roma la Fondazione ''Italia-Israele per la Cultura e le Arti''. La Fondazione, riferisce la Farnesina in una nota, si iscrive in pieno in quella strategia del ministero degli Esteri per la crescita, fortemente voluta dal ministro Giulio Terzi, che vede la cultura al primo posto fra gli strumenti di promozione e valorizzazione delle eccellenze italiane all'estero, in particolare verso un Paese con il quale i legami, anche tra le due comunita', sono strettissimi.La nascita della Fondazione, che avviene alla vigilia del terzo vertice intergovernativo fra Italia e Israele che si terra' domani a Gerusalemme, consentira' di realizzare progetti selezionati nei campi della cultura e dell'arte, che rispondano a criteri di eccellenza, innovazione e impatto duraturo, dando origine ad un beneficio inequivocabile per il patrimonio culturale dei due Paesi.Con la Fondazione, prosegue la nota, si viene a creare un nuovo e flessibile strumento, in grado di raccogliere le forze attive, sia pubbliche che private, per potenziare le sinergie gia' esistenti e sollecitarne di nuove. Fra i suoi obiettivi, vi e' la ricerca, in Italia ed all'estero, di contributi, donazioni e sponsorizzazioni per il finanziamento delle manifestazioni che verranno organizzate, la selezione dei progetti piu' meritori da finanziare nel campo della cultura e delle arti, lo svolgimento di iniziative promozionali e di immagine volte a promuovere la piu' ampia diffusione e valorizzazione della sua attivita' e dei due Sistemi Paese.La Fondazione, conclude la nota, e' stata costituita alla presenza del direttore generale per la Promozione del sistema paese del Mae, l'ambasciatore Maurizio Melanim, dell'ambasciatore israeliano Naor Gilon, del presidente della Fondazione, Piergaetano Marchetti, del presidente dell'associazione di Amicizia culturale fra Italia e Israele, Anita Friedman, del Consigliere culturale dell'ambasciata d'Italia a Tel Aviv, Simonetta Della Seta e dell'addetta culturale dell'ambasciata di Israele a Roma, Ofra Farhi.

GOVERNO ISRAELE RACCOMANDA DUE SITI PER TERMINALE GAS

(AGI) - Tel Aviv, 24 ott. - Il ministero dell'Energia israeliano ha suggerito, a seguito di uno studio, due siti dove poter costruire un terminale di gas nel nord del Paese: la cava di Ein Ayala a Dor Beach e l'impianto di trattamento degli scarichi fognari nella Hefer Valley. L'indagine sara' trasmessa al National Planning and Building Council che decidera' nelle prossime settimane se approvare o meno la costruzione del terminale. Quest'ultimo viene considerato un'infrastruttura strategica che ricevera' il gas proveniente dal giacimento Leviathan e da eventuali campi di prossima scoperta. Senza un terminale situato nelle coste del nord, tutto il gas israeliano confluirebbe all'interno di un singolo gasdotto, con conseguente rischio di sovraccarico.

Tregua Israele-Gaza mediata da Egitto

(ANSA) - GERUSALEMME, 25 OTT - Un tregua informale mediata dall'Egitto sembra essere in corso da mercoledi' sera fra Gaza e Israele, dopo due giorni di continui lanci di razzi da parte dei palestinesi e di raid aerei da parte di Israele. Nella notte non ci sono stati scambi di colpi. Un ufficiale israeliano, Amos Gilad, ha detto alla radio militare che non c'e' stato un accordo formale di tregua, ma che gli egiziani sono riusciti a convincere Hamas a non attaccare.


 Quel silenzio dei bambini che salvò il piccolo ebreo

TRADATE (Varese) - «Nessuno di voi conosce un bambino ebreo?» domanda la maestra. E fu allora che in classe tutti tacquero. Era una mattina del 1944, erano gli anni bui della guerra, dei nazisti che occupavano l'Italia, delle leggi razziali che avevano aperto la strada dell'Olocausto. Quel silenzio, quel piccolo grande gesto di eroismo dei bambini di Tradate ha salvato dalla morte un piccolo ebreo che era in mezzo a loro, sotto mentite spoglie. Quasi settanta anni dopo Joel Diena, il bambino israelita divenuto nel frattempo medico a Ottawa, in Canada, ha riabbracciato i suoi salvatori: Peppino Pellegatta, che oggi ha 80 anni e che a Joel insegnò a giocare a carte, ma soprattutto Pietro Lomazzi, settantaquattrenne, che per quattro anni divise la sua casa con la famiglia di Joel.Lo Stato di Israele ha conferito il titolo di «Giusti tra le nazioni» a Erminio e Ada Lomazzi, i genitori di Pietro, titolari di una locanda nella frazione di Abbiate Guazzone che fu il nascondiglio della famiglia Diena. Martedì la cerimonia di consegna dell'onorificenza è avvenuta simbolicamente al liceo «Curie» di Tradate, presenti Dan Haezrachy, dirigente dell'ambasciata d'Israele in Italia e il capo della comunità ebraica milanese Pietro Laras. Erminio e Ada Lomazzi non ci sono più e il riconoscimento è stato ritirato dal figlio Pietro, che per l'occasione ha riabbracciato il vecchio amico Joel, a settant'anni da quei giorni tristissimi e fatali.«Ero piccolo, non ricordo come i miei genitori decisero di dare protezione ai signori Diena - racconta Pietro -. Ricordo però che per noi bambini era una cosa normale: Joel veniva a scuola, giocava a pallone con tutti, "era" uno di noi, anche se tutti sapevano del pericolo a cui era esposto. Soltanto a distanza di tanti anni mi rendo conto del rischio che ha corso anche la mia famiglia. Perché lo hanno fatto? Perché i miei genitori erano persone buone, punto e basta».Finita la guerra, scampato il pericolo della deportazione, Joel e la famiglia si sono trasferiti prima a Milano (i genitori avevano un laboratorio di pellicceria) e poi in Canada. Lomazzi ha fatto il calciatore (cinque campionati in serie B con il Novara) per poi diventare impiegato comunale. «Nella mia vita ho avuto cinque figli e 25 nipoti - ha detto Joel Diena nell'aula magna del liceo di Tradate - ma io e tutti loro dobbiamo la vita a Carlo e alla sua famiglia». Il «salvato» rievoca poi la drammatica mattina in cui rischiò di essere scoperto: «La maestra chiese se qualcuno per caso conosceva degli ebrei. Ma nessuno in aula fiatò. Poi ci fece fare un tema proprio sulla razza. Ricordo che corresse alcune frasi del compito del mio amico Peppino perché erano troppo buone e perché non aveva usato termini come "usurai" e "strozzini"».Dopo la cerimonia Joel e Pietro sono usciti dalla scuola, hanno camminato per Tradate in cerca della vecchia locanda. «Ma non c'è più - ha detto il figlio di Ada ed Erminio -, al suo posto hanno costruito un palazzone. I ricordi e l'amicizia, invece, quelli non scompariranno mai».Claudio Del Frate, http://milano.corriere.it/

 

Ue-Israele: Pe, ok accordo commerciale farmaci certificati

(ANSAmed) - STRASBURGO, 24 OTT - Via libera del Parlamento europeo all'intesa commerciale che consente ai farmaci certificati da Israele di essere esportati nell'Ue e viceversa, senza necessita' di ulteriori certificazioni nel Paese importatore. Il provvedimento, da due anni al centro di un duro scontro politico all'Europarlamento, e' stato approvato dall'Assemblea di Strasburgo con 379 voti a favore, 230 contrari e 41 astensioni.''Non possiamo condannare Israele quando occupa i territori palestinesi e poi dare il consenso sulle questioni commerciali'' ha spiegato Vital Moreira, il socialista portoghese presidente della commissione sul commercio internazionale. La misura approvata ''non e' politicamente neutrale e di fatto costituisce un successo per l'attuale governo israeliano'' secondo Niccolo' Rinaldi (Idv). Fiorello Provera (Lega Nord) invece difende la natura tecnica dell'accordo, ''con cui l'Italia risparmiera' un miliardo di euro l'anno tramite l'accesso a medicinali di ottima qualita' e a basso costo''. Rimuovere queste barriere al commercio permette infatti un taglio dei prezzi per i consumatori europei, che hanno cosi' accesso ad un'ampia gamma di farmaci generici. Il protocollo passa ora al Consiglio Ue per il completamento delle procedure e la pubblicazione finale. L'Ue, che un anno fa ha concluso un accordo di liberalizzazione del commercio con l'Anp, ora sta cercando di negoziare accordi simili con altri Paesi del Mediterraneo, inclusi Egitto, Algeria, Giordania, Libano, Marocco e Tunisia.

Voci a confronto

Molto grave la notizia, presente sia sull’edizione romana del Corriere della Sera che della Repubblica , di nuovi blitz neofascisti in tre licei dopo quelli di lunedì mattina. Sul Corriere Rinaldo Frignani riporta anche la fermezza con cui risponde il presidente della Cer Pacifici: “Non abbiamo paura.” Sulla Repubblica invece, oltre all’articolo di Viola Giannoli e Sara Grattoggi che racconta i fatti, è presente, a firma di Corrado Zunino, un’analisi e una vera e propria mappatura della presenza neofascista nelle scuole superiori della capitale.Sempre parlando di Roma, sull’edizione locale de il Tempo si trovano notizie del Viaggio della Memoria 2012 organizzato da Roma Capitale, iniziato a Cracovia con un omaggio a Shlomo Venezia, recentemente scomparso. E il Secolo XIX dà notizia della morte di Wilhelm Brasse che, tra i primi deportati ad Auschwitz, per quasi cinque anni fu il fotografo del campo.In ambito internazionale la notizia più evidente è la visita a Gaza dell’emiro del Qatar, il primo capo di Stato arabo a entrare nella Striscia di Gaza, come riporta il Sole 24 ore, a firma Ugo Tramballi, e come raccontano altre testate, che citano anche la cospicua donazione a Hamas fatta dall’emiro, di 400 milioni di dollari per Libero , di soli 250 milioni per il Sole. Per restare in ambito internazionale è interessante l’analisi fatta sul Wall Street Journal dei commenti mediorientali all’ultimo dibattito presidenziale americano, con particolare riferimento alla percezione israeliana.Donne e cultura, invece nelle pagine dell’International Herald Tribune , con una interessante analisi di Debra Kamin che racconta come dopo Fill the Void, il film di Rama Burshtein presentato al festival del cinema di Venezia, il modo ultra ortodosso prosegue la sua scoperta della cinematografia, con numerose produzioni ogni anno. Sul Manifesto La memoria odora di Kugel, titolo di un’intervista di Manuela De Leonardis all’artista israeliana Maya Zack, che è alla sua prima personale in Italia.http://moked.it/blog/

La testimone Elsa Morante 

Non mi pare che sia stata adeguatamente celebrata, quest’anno, la ricorrenza del centenario della nascita di Elsa Morante: scrittrice, a mio avviso, tra le più grandi di tutti i tempi, straordinaria testimone letteraria della tragedia della guerra e delle sofferenze del popolo ebraico (a cui apparteneva per parte materna, in quanto figlia naturale della maestra ebrea Irma Poggibonsi), una tra le pochissime voci a essere riuscita a coniugare mirabilmente il magistero della creazione narrativa con la responsabilità dell’insegnamento etico. Insegnamento duro, di pietra, privo di sbocchi (come quello, per esempio, di Elie Wiesel) sul piano della fede, quantunque ferita e lacerata, o (come per Primo Levi) sul terreno della missione educativa e pedagogica, della fiducia, nonostante tutto, nell’umana ragione. Un insegnamento chiuso, sigillato, la cui moralità pare risiedere in null’altro all’infuori della pura rappresentazione del dolore. Il dolore degli ultimi, degli sconfitti, dei diseredati, di tutti coloro che la Storia, nel suo flusso crudele, schiaccia e travolge, senza lasciare traccia, segno, memoria. Un dolore che non sarà mai consolato, riscattato, vendicato e, forse, non chiede neanche di essere ricordato. Tanto, a che serve? Solo l’oblio cancellerà il dolore, per lasciare posto a nuovo dolore.Vale la pena, credo, a distanza di 38 anni dalla pubblicazione del capolavoro della scrittrice, il romanzo La Storia, interrogarsi sulla feroce accoglienza che ad esso riservò buona parte del mondo intellettuale dell’epoca, dedicando al libro – pur accolto da un gradissimo successo di pubblico: anzi, forse proprio in ragione di tale successo – un’impressionante serie di stroncature, volte a demolirlo non solo sul piano narrativo (sdolcinato, sentimentale, retorico…) ma anche, e soprattutto, politico (borghese, reazionario, “antiresistenziale”…: all’epoca non si parlava ancora di ‘revisionismo’, ma il senso era quello). Senza addentraci su un terreno che non ci compete, osserviamo solo, sul primo punto, che le critiche appaiono ingiustificate, ma ben comprensibili, dal momento che la rappresentazione che la Morante fa del dolore è talmente vera, talmente cruda, che il lettore – e soprattutto il critico – si vede costretto parteciparvi emotivamente, o a vergognarsi – inconsciamente – per il proprio rifiuto a farlo. E questo, naturalmente, può mettere in imbarazzo. Quanto al secondo punto (ossia le censure ‘politiche’), credo che il carattere scandaloso del libro sia consistito semplicemente nella scelta dell’ambientazione cronologica del racconto, che va, com’è noto, dal gennaio 1941 al giugno 1947, attraversando l’ultimo periodo della guerra, la cacciata degli invasori, i primi mesi di libertà. Ma in questo breve lasso di tempo, che in tutti i libri di storia del mondo è segnato da una frattura radicale, da un assoluto spartiacque tra un ‘prima’ e un ‘dopo’, mentre la grande Storia dei libri registra la Grande Svolta, la piccola storia dei protagonisti del romanzo, uomini e animali (nessuno, come la Morante, ha dato alle bestie un’anima, una ‘personalità’) continua a consumarsi nel segno della sconfitta, dell’irrimediabile solitudine delle creature viventi. Poteva, tale visione, non essere vista come un attentato al mito della Resistenza, della Liberazione, del Nuovo Inizio? Eppure, nessuno come la Morante ha capito, e descritto, l’orrore del nazifascismo. Ma la sua conoscenza dell’animo umano le ha fatto capire come il dolore attraversi la vittoria come la sconfitta, e come il destino dei viventi non possa essere espresso attraverso alcun sentimento, se non quello della pietà. E la sua conoscenza della storia le ha fatto esprimere una dura verità, che sarebbe poi stata ripetuta anche da Primo Levi: “la guerra è sempre”. Non conosce fine, ma, a volte, soltanto una “tregua”.Francesco Lucrezi, storico,http://www.moked.it/

I grilli di Mom 

Sui treni regionali, d’estate, quando fa, come quest’anno, molto caldo, mettendo fuori dalle testa dal finestrino si capiscono molte cose del “patriottismo” ebraico-italiano. Fra Bologna e Ferrara l’odore del fieno, che dà il titolo a un libro di Giorgio Bassani; fra Milano e Torino il pensiero corre naturalmente alle “montagne brune” di Levi nel capitolo su Ulisse. In viaggio con me quest’estate mi sono portato il decimo Contributo di Arnaldo Momigliano, uscito postumo dalle consuete Edizioni di Storia e Letteratura. A un certo punto si legge: “Per me che porto dal mio villaggio piemontese un bisogno insaziabile di colli e di alberi e di grilli”. Lo speciale patriottismo ebraico-italiano è tutto qui. E’ l’attaccamento al paesaggio, prima che alla nazione. Non la lontananza da dove, ma la vicinanza a qualcosa, anche un bisogno insaziabile del canto dei grilli.Il Ticketless di questa settimana è dedicato dunque alla cara memoria di Mom. Alberto Cavaglion,http://www.moked.it

Qui Roma - Amarcord fra sport e amicizia

Splendida serata di amarcord, ieri, in un ristorante kasher di Roma.Per volere di personaggi che hanno fatto la storia dello sport ebraico romano, una quarantina di ex giovani atleti, si sono rivisti ieri sera, per parlare di episodi che si perdono nella notte dei tempi, davanti ad un fritto o a delle fettuccine fumanti.Lo spunto, lo straordinario e storico pareggio strappato alla Nazionale israeliana di calcio a una Maccabiade, con gli stessi protagonisti di allora. Maccabi, Zim, Haganà, El Al, la Stella Azzurra,tutte ben rappresentate. Mario Papà, Nicchio, Franco e Sergio Birbillone, l'ossatura dello storico Maccabi di metà anni '60, a cena, al tavolo insieme con i "nemici" della Zim, Gianni Ascoli, Sergio Marino, Benigno.I vincitori di mille battaglie in Coppa dell'Amicizia, Pacifichetto o Gabriellino, Vittoriuccio Sonnino, sommessamente il sottoscritto, due mostri sacri come Burone e Leo Barone.Smaltino, Bibione, Rebi, Robertino, Leonello, il Gemello di Zio Ninone, Omo Piccolo e il Condor. II grande Cesare Di Veroli, giocatore prima e magico Mister dei primi Maccabi giovanili. Chiedo scusa se dimentico qualcuno, ognuno di loro importante e imprescindibile.Certo la malinconia montava forte, ieri sera, il tempo passa inesorabilmente per tutti, ma bastava una battuta, raccontare un episodio curioso, nascosto nei meandri della nostra mente, per rispolverare ed animare quello spirito di gioia e di magia che la serata stava trasmettendo.Lo sport, il calcio, compie sempre il miracolo.
Anche dopo 40 anni, anche se stati acerrimi nemici in campo, quando ci si rivede, si incontra un indimenticato fratello, una parte di noi stessi e qualche lacrimuccia parte.
Vittorio Pavoncello, consigliere UCEI,http://www.moked.it/

 

Voci a confronto

Ancora spazio sui giornali alla vicenda dei raid fascisti nei licei romani. A raccontare la reazione degli studenti del Giulio Cesare è Repubblica Roma, che riferisce anche del contro-flashmob organizzato dai ragazzi “La scuola è il futuro e il futuro non si tocca”, così come l’Unità che porta la notizia in prima pagina, unendola a quella delle proteste contro i tagli alla scuola.Nella giornata di ieri oltre 75 razzi sono stati sparati da Gaza contro il sud di Israele, all’indomani della visita dell’emiro del Qatar. Difficile trovare traccia dell’escalation (cui Israele ha risposto con operazioni aeree) sulla stampa italiana, se si esclude un breve articolo di Lorenzo Bianchi sul Giorno/Resto del Carlino/Nazione, in cui dopo aver dato conto della distruzione di una fabbrica di armi in Sudan, si riporta la situazione a Gaza. Più spazio riceve proprio quest’ultima vicenda, la responsabilità della quale secondo le autorità sudanesi sarebbe israeliana: la notizia viene menzionata su vari quotidiani, tra cui La Stampa.Nel frattempo, a Berlino è stato inaugurato il Memoriale per ricordare lo sterminio di rom e sinti perpetrato dai nazisti; a realizzarlo è stato l’artista israeliano Dani Karavan (il Corriere della Sera dedica al monumento la fotonotizia in prima pagina, ma sceglie per la storia titoli di dubbio gusto: “Lo specchio dell’Olocausto dimenticato” in prima, “Berlino ricorda l’altro Olocausto” nelle pagine interne).Sempre da Berlino arriva la notizia della scomparsa a 95 anni, di Wilhelm Brasse, il “fotografo di Auschwitz”, prezioso testimone che come prigioniero polacco incaricato dai nazisti di ritrarre ogni internato nel campo, alla fine della guerra salvò decine di migliaia di scatti dai tentativi di distruggere le prove dei loro crimini (la storia su Repubblica).Suscita sconcerto la notizia che la ragazza di colore in Louisiana che aveva denunciato di essere stata data alle fiamme da tre uomini del Ku Klux Klan ha invece compiuto il terribile gesto da sola. E tuttavia l’attenzione torna sul movimento razzista che negli Stati Uniti del Sud raccoglie ancoraconsensi. Fiamma Nirenstein sul Giornale offre una riflessione e un ricordo del suo incontro con il capo dell’organizzazione negli Anni Ottanta, David Duke.http://moked.it/