giovedì 15 settembre 2011

E alla fine Street View arriva in Israele

E alla fine Street View arrivò in Israele. Le macchinine e i tricicli di Google dotati di fotocamere capaci di registrare immagini a 360 gradi da oggi sono in giro per le vie di Gerusalemme. Poi andranno a Tel Aviv e Jaffa, quindi ad Haifa, il Mar Morto, il cratere Ramon, Nazareth, Akko. Nel giro di pochi mesi anche Israele sarà sulla cartina di Google Maps. Ma il viaggio, nonostante i proclami, non sarà così facile.Per dire: come si comporterà la macchinina per le vie del quartiere ultraortodosso di Mea Shearim? E come si avvicinerà a tutto il compound che riguarda il Parlamento, il palazzo del governo, il museo dello Yad Vashem e altri obiettivi sensibili? Per non parlare dei quartieri a est, quelli a maggioranza palestinese. Di risposte certe, non ne sono state date. È tutto un «rispetteremo la privacy», «faremo in modo da non urtare le sensibilità religiose e politiche di Gerusalemme», ecc........................................Un trionfante Nir Barkat (foto sopra), primo cittadino gerosolimitano, ha annunciato ieri – a ridosso delle antiche mura della città vecchia (e contestata) – che parte dalla «capitale d’Israele» il viaggio di Google. In sella al triciclo con la grande “G” ha detto che il servizio che sarà offerto al mondo «permetterà di incrementare i visitatori prima virtuali poi reali della città: i tesori di Gerusalemme saranno visti da chiunque».I primi posti «coperti», nella Città Santa, saranno il mercato Mahane Yehuda e il quartiere di Ein Kerem. Si procederà a macchia di leopardo, cercando di consegnare al web il prima possibile le principali attrattività delle città – e delle località turistiche – coprendo poi le zone ancora non fotografate.Con un occhio – grosso così – alla sicurezza. Perché la vera paura d’Israele, quella che ha bloccato il servizio Street View fino a ora, è quella di offrire ai terroristi islamici prove fotografiche, indicazioni stradali e localizzazione esatta dei punti sensibili del Paese. Non basterà quindi la semplice pecettatura di volti e altro. Google ha promesso che eliminerà tutte quelle scritte o simboli che potrebbero poi finire nei dossier dei miliziani estremisti, Hamas su tutti. 13 settembre 2011 http://falafelcafe.wordpress.com/

Sinagoga di Genova


Genova, la giornata della cultura ebraica VIDEO:
http://link.brightcove.com/services/player/bcpid1071140276001?bckey=AQ~~,AAAA7SJlOCE~,iVyWnzeQXMl8vDJmFWlc1zqdCPDXgJWG&bclid=0&bctid=1142476718001


Da Barbara


Come trasformare una pessima idea in un’opportunità per la pace

la concezione palestinese per un loro Stato è sull'intera aerea!

Gli americani stanno facendo un ultimo tentativo per convincere i palestinesi a fermare il loro piano volto a chiedere alle Nazioni Unite, fra una dozzina di giorni, il riconoscimento di uno stato palestinese lungo le linee del 1967 (vale a dire, le linee armistiziali rimaste in vigore dal 1949 al 1967 senza essere riconosciute come frontiere dalla parta araba). Gli Stati Uniti, così come altri paesi occidentali tra cui Italia e Germania, e ovviamente lo stesso Israele, preferirebbero – a ragione – che i palestinesi lasciassero perdere le loro pressioni per l’indipendenza unilaterale (cioè, senza un accordo negoziato) a favore di un onesto dialogo con Israele tale da condurre a un accordo di pace negoziato che sia accettabile per entrambe le parti. Purtroppo sembra altamente improbabile che gli sforzi di Washington possano avere successo.I palestinesi rifiutano di smuoversi da una serie di inaccettabili richieste che hanno posto come condizione per negoziare con Israele. A meno che queste condizioni non vengano soddisfatte da parte di Israele, ha detto il capo negoziatore palestinese Saeb Erekat, non vi sarà ripresa dei colloqui e i palestinesi andranno avanti con la loro richiesta di un voto all’Onu.Il congelamento delle attività edilizie è una di queste condizioni. La costruzione di nuove abitazioni negli insediamenti che già esistono per rispondere alla crescita naturale della popolazione non pregiudica l’accesso dei palestinesi alle varie località della Cisgiordania, e non ne modifica in modo sostanziale l’equilibrio demografico. Per contro, sostanziali progressi sul piano dei negoziati faccia-a-faccia offrirebbero la migliore chance ad israeliani e palestinesi di stabilire dei confini e, di conseguenza, arrivare a un accordo su chi possa costruire e dove. Eppure i palestinesi rimangono intransigenti sul congelamento, il che sembra dimostrare quanto la loro dirigenza sia più interessata a colpire la crescita demografica dello stato ebraico che non a promuovere la causa dell’autodeterminazione del popolo palestinese in un proprio stato sovrano.I palestinesi chiedono inoltre che le linee del 1967 siano il punto di partenza dei negoziati, ignorando comodamente il fatto che negli scorsi 44 anni, mentre i palestinesi e in generale il mondo arabo si prendevano tutto il tempo per comprendere con grande lentezza che Israele non poteva essere distrutto con gli eserciti, col terrorismo, con l’assedio economico e diplomatico, e che un accordo di pace con Israele era l’unica opzione possibile, nel frattempo un po’ di fatti sono cambiati “sul terreno” sottoforma, in particolare con la nascita di alcuni blocchi di insediamenti di grandi dimensioni.Ma la cosa forse più inquietante, in ogni caso, è il rifiuto dei palestinesi di cedere sul cosiddetto “diritto al ritorno”. Proprio la settimana scorsa Erekat ha dichiarato al corrispondete del Jerusalem Poist, Khaled Abu Toameh, che “rivolgersi alle Nazioni Unite non annullerà il diritto al ritorno”. “Il riconoscimento di uno stato palestinese – ha detto Erekat – permetterà allo stato [palestinese] di accedere alle istituzioni internazionali e rivendicare tutti i nostri legittimi diritti, compreso il diritto al ritorno”. L’insistenza dei palestinesi sul cosiddetto “diritto al ritorno” spiega perché si rifiutano di riconoscere Israele come stato sovrano del popolo ebraico. Accettare Israele come stato nazionale ebraico (pur con al suo interno minoranze non ebraiche dotate dei diritti che hanno le minoranze negli stati civili e democratici) comporterebbe ammettere che Israele ha il diritto di preservare una salda maggioranza ebraica. Viceversa, esercitare il “diritto al ritorno” dei palestinesi significherebbe un afflusso di milioni di “profughi” (o discendenti di profughi, o presunti profughi) che, sommati agli arabi israeliani che già costituiscono il 20% della popolazione del paese, metterebbero seriamente in pericolo e forse rovescerebbero la maggioranza ebraica.
Detto tutto questo, dal momento che il voto all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite – che i palestinesi si aspettano di vincere con ampio margine – sembra inevitabile, potrebbe esserci ancora la possibilità, attraverso una combinazione di pressioni energiche e minacce di sanzioni da parte del Congresso Usa, di rendere il testo dell’eventuale risoluzione (peraltro non vincolante) meno sfavorevole. Alcuni gruppi ebraici americani hanno avviato sforzi in questo senso, stando a quanto riferisce Ron Kampeas della Jewish Telegraphic Agency. Se una risoluzione che riconosce uno stato palestinese ha da passare, essa deve includere anche il riconoscimento di uno “stato ebraico” (“Jewish State” diceva la risoluzione 181 del 1947), deve rimanere volutamente vaga circa la questione del confine fra i due stati (che, come avviene in tutto il mondo, deve essere concordato fra i due stati interessati), e deve stabilire che, dopo l’approvazione della risoluzione stessa, vengano riavviati negoziati diretti fra Israele e palestinesi, senza precondizioni con l’obiettivo di porre fine al conflitto. Una risoluzione formulata in questo modo potrebbe realmente contribuire a far avanzare i colloqui di pace rispondendo agli obiettivi sia degli israeliani che dei palestinesi.La creazione di uno stato palestinese è, di per sé, un eminente interesse israeliano, a patto che tale stato rispetti il diritto del popolo ebraico alla propria sovranità politica entro confini sicuri e riconosciuti. Il successo di una soluzione “a due stati”, che portasse alla pace e a una completa soluzione di tutte le rivendicazioni, non solo porrebbe fine a decenni di conflitto, ma garantirebbe anche ad Israele di poter continuare ad essere uno stato al contempo ebraico e democratico. Ma solo attraverso il dialogo e un autentico impegno per il riconoscimento reciproco e la riconciliazione da entrambe le parti si potrà pervenire a una vera pace.(Da: Jerusalem Post, 8.9.11) www.israele.net



"I Borgia": un'altra occasione per rinnovare la calunnia del sangue

Stanno trasmettendo i Borgia. Versione italiano europea. La versione statunitense pare sia meglio, una specie di connubio tra i Soprano e i Tudor. Nella versione europea il ritmo non c'è, tra gli sceneggiatori non ce n'è uno che abbia messo insieme una battuta memorabile che sia una e in compenso un congruo numero di fanciulle discinte è stato arruolato per riempire i buchi della regia. Nella seconda puntata si narra un episodio bizzarro: il papa Innocenzo VIII, sta morendo e il cardinale Rodrigo Borgia, il futuro papa Alessandro VI che deve assolutamente rimandarne la morte, per salvarlo chiama il suo medico ebreo. Costui fa bere al papa morente il sangue di tre bambini cristiani, dopo averne pagato i genitori, e i tre fanciulli muoiono. Capisco che agli sceneggiatori non sia sembrato vero di avere qualcosa con cui rimpolpare narrazione lenta e dialoghi inverosimili, e che non siano riusciti a rinunciare a questo episodio che è "storico". Storico nel senso che è successo? Ma non scherziamo: è sicuramente falso. Storico nel senso che è narrato da un anonimo cronista del XV secolo e ripreso poi in "Storia della città di Roma nel medioevo", pubblicato dallo storico tedesco Ferdinand Gregorovius nel 1854. Come faccio a dire che è falso? Buon senso, conoscenza della fisiologia. La pratica di far bere sangue esisteva? Esisteva. E fa bene? Non molto: ha dei rischi spaventosi di trasmettere tutte le malattie del donatore a fronte di un po' di proteine e di ferro peraltro trovabili in una buona bistecca. È più magia che medicina. Peraltro, è imperativo che il sangue sia freschissimo: perché i frigoriferi non esistevano e la conservazione sottovuoto nemmeno e ogni istante che resta esposto all'aria si arricchisce di batteri e virus (epatite A) e acquisisce un odore e un sapore nauseabondo, e questo persino ai tempi dei papi del Rinascimento dovevano averlo notato. Il far bere a vecchi e malati il sangue di giovinetti fu suggerito dal medico Marsilio Ficino nel 1479 nel "De vita sana, longa et coelesti", pubblicato a Firenze nel 1489. Egli raccomanda ai vecchi di "suggere" il sangue dei giovani allo scopo di ringiovanire. Se ne estraeva un poco e lo si beveva immediatamente e un paio di settimane dopo si ripeteva l'operazione. Un corpo giovane sopporta senza problemi un salasso, può sviluppare un'anemia se ne fa molti, ma di sicuro non la morte per dissanguamento. Se non si usa sempre lo stesso donatore si evita anche l'anemia. Che a Innocenzo VIII sia stato suggerito di bere sangue di giovinetti? Possibile, certamente possibile. Era una cura di quegli anni. Che sia stato suggerito da un medico ebreo? Un po' più dura, visto il periodo, 1492, nasce l'inquisizione spagnola di Torquemada, visto il soggetto, per chi non se lo ricordasse Innocenzo VIII, è quello che tra un figlio e l'altro, tutti legalmente riconosciuti, emise la Bolla Spagnola contro gli Ebrei. Altamente improbabile se teniamo presente l'interdizione ebraica al sangue.
Davanti alla paura, nonostante l'antisemitismo, molti ricorrevano a medici ebrei. Per quale motivo? Avevano tassi di guarigione più alta e tassi di mortalità più bassa. Perché? Perché, loro sì e gli altri no, applicavano le regole bibliche che sono anche strepitose regole igieniche: lavarsi le mani dopo aver toccato i cadaveri, per esempio, lavarsi le mani prima di toccare il cibo, toccare il sangue il meno possibile e dopo averlo toccato lavarsi le mani, che è un ottima idea visto che il sangue è il luogo preferito per i peggiori batteri e che grazie al sangue si trasmette la stragrande maggioranza di malattie. Che lo faccia un medico cristiano di fare bere il sangue di bambini cristiani al papa più ferocemente antisemita di tutta la cristianità è verosimile, che lo faccia un medico ebreo, è molto inverosimile. Ma è la morte dei tre fanciulli la bufala certa. Che tre bambini siano morti dopo questa pratica è assolutamente falso. Per far morire è necessario estrarre almeno tre litri di sangue, quindi ai bambini sarebbe stato estratto un totale di 9 litri: 9 litri per riempire mezza ciotola? E che diamine! Con 9 litri si riempie un lavandino. Il sangue se non è eparinizzato coagula e non si può conservare. Che avrebbero dovuto farci con 9 litri di sangue che dopo poche ore avrebbe cominciato a puzzare? per estrarre tutto questo sangue o si incide un'arteria molto grossa, avendo cioè già in origine l'intenzione di uccidere, però una parte del sangue finisce per terra o sulle pareti, oppure si incannula l'arteria, e non avevano i mezzi: altrimenti appena la pressione si abbassa, l'arteria si chiude in quanto collabisce e si forma il coagulo: l'organismo mette in atto tutti i suoi mezzi per evitare di morire dissanguato. I tre ragazzini avrebbero dovuto essere sgozzati con un taglio sulla carotide dopo essere stati appesi a testa in giù. Per estrarre 9 litri di inutile sangue e farlo marcire? Tutto quello che potevano fare, che hanno fatto, che avesse senso facessero, era il salasso, 200 cc di sangue al massimo, ottenuto mediante una lancetta che tagliava la vena del braccio, sufficiente a riempire la famosa mezza ciotola, assolutamente insufficiente per ammazzare qualcuno. Inoltre si estraevano 100 cc, massimo 200, il donatore restava vivo e qualche giorno dopo poteva fare un altro salasso. L'organismo ben nutrito e sano ricostruisce in fretta il sangue che ha perso. Quindi si tratta di una calunnia, un'ennesima versione della calunnia del sangue. Ma in questo caso una doppia calunnia. Una calunnia contro questo supposto medico ebreo assassino di bambini cristiani, ma anche una calunnia contro il papato. No, non mi faccio illusioni, so benissimo chi era Innocenzo VIII, ma attenzione: assassinare tre bambini, nemmeno un papa del Rinascimento lo avrebbe fatto. Né avrebbe potuto farlo. Folli e fanatici fin che volete, ma nemmeno loro una cosa del genere avrebbero potuta farla. Né avrebbero desiderato farla. Se non altro perché i padri dei tre ragazzini lo avrebbero poi detto a tutta Roma. E da Roma sarebbe arrivato alla cristianità e se ne sarebbe discusso ovunque. Il cristianesimo ne esce ancora più preso a calci dell'ebraismo. Come sempre: l'antisemitismo è la distruzione del cristianesimo, il suo suicidio.
(Notizie su Israele, 12 settembre 2011) di Silvana De Mari(medico)

domenica 11 settembre 2011

Egitto, assaltata l’ambasciata israeliana: 3 morti. Diplomatici in fuga a Tel Aviv

Finisce alle 3 di notte la diplomazia del vecchio Egitto con Gerusalemme. Finisce con un aereo che decolla dalla pista dello scalo internazionale del Cairo in fretta e con l’aiuto dei militari statunitensi. Dentro il velivolo ci sono l’ambasciatore israeliano in Egitto, Yitzhak Levanon, i suoi familiari, un’ottantina di membri della diplomazia israeliana e decine di cittadini dello Stato ebraico presenti nella capitale. Qualche ora prima centinaia di manifestanti hanno assaltato l’ambasciata israeliana, hanno buttato giù un muro lungo un centinaio di metri e hanno tolto la bandiera con la Stella di David, su al diciottesimo piano.Diplomatici israeliani (e non solo) in fuga. Gerusalemme in allarme. Stati Uniti in contatto continuo con il premier Benjamin Netanyahu e le autorità egiziane. Obama che chiede di rispettare i trattati internazionali. Mentre la polizia del nuovo Paese, anche nel cuore della notte, cercava di allontanare, a colpi di gas lacrimogeni, i connazionali che per tutto il giorno avevano chiesto la cacciata dell’ambasciatore israeliano. E che, alle quattro di notte lanciavano pietre contro le forze di sicurezza.«Incidente serio, evitato un disastro», ha commentato il premier israeliano. Mentre un funzionario di Gerusalemme ha reso noto che in un’occasione c’è stato un intervento delle forze speciali egiziane che hanno tratto in salvo sei israeliani dalla sede della missione. Sul fronte egiziano, invece, è stata tenuta sabato mattina una riunione straordinaria del Consiglio dei ministri con il Consiglio supremo delle forze armate. La situazione è così tesa che si fanno sempre più insistenti le voci sulle imminenti dimissioni del premier ad interim Essam Sharaf. Secondo alcuni giornali, Sharaf pare le abbia presentate questa mattina.E’ iniziato tutto nelle prime ore di ieri pomeriggio. Quando centinaia di manifestanti si sono riversati davanti al muro e sotto gli occhi della polizia in tenuta antisommossa hanno preso a martellate le paratie di cemento, usando anche dei rudimentali arieti di sfondamento. Ad ogni pannello che cadeva si levava un boato con lo slogan «Fuori! fuori!». Hanno chiesto l’espulsione dell’ambasciatore israeliano, i manifestanti. Soprattutto dopo l’uccisione di cinque guardie di frontiera egiziane in seguito agli attentati di Eilat e le mancate scuse. Ma dal governo provvisorio non è arrivata nessuna risposta. Così, a muro abbattuto, è partito l’assalto alle sedi diplomatiche.Nel giro di pochi minuti l’ambasciata israeliana è stata invasa dai manifestanti. L’agenzia locale “Mena” a un certo punto ha scritto anche che erano stati lanciati dalle finestre dei documenti «confidenziali». Mentre un ragazzo, uno dei tanti, toglieva il vessillo dello Stato ebraico. Tra le urla di gioia di molti connazionali. «Sono solo brochure e moduli presi nell’ingresso dell’ambasciata», hanno però precisato gl’israeliani. E hanno negato che vi sia stata una vera e propria irruzione nell’edificio: «Solo qualcuno è riuscito a raggiungere giusto l’ingresso». Ma ci voleva poco a capire che di vero e proprio assalto si trattava.Dal punto di vista puramente diplomatico, ora sarà il console israeliano, delegato agli Affari di Stato e vice di Yitzhak Levanon, a reggere l’ambasciata evacuata la scorsa notte.Che succede all’Egitto? È preda di rigurgiti di antisemitismo? Odio nei confronti d’Israele? Spirito di emulazione per quello che ha fatto la Turchia? Le spiegazioni, in tutte le tv egiziane, sono state tante. Ma su una cosa analisti e commentatori hanno concordato tutti: questo è soprattutto il risultato di mesi di frustrazione e di attese deluse, di promesse fatte e poi non mantenute. Insomma: un problema contro il governo provvisorio del Cairo più che con Gerusalemme. Intanto, il ministero della Sanità ha fornito il bilancio provvisorio della giornata di follia: 3 morti e oltre mille feriti.3 settembre 2011 http://falafelcafe.wordpress.com/