sabato 26 gennaio 2013

Illustratori israeliani in mostra a Venezia
Sì inaugurerà domenica 14 aprile all'Isola di San Servolo a Venezia una grande mostra di illustratori israeliani, la prima del suo genere in Italia.
In Italia negli ultimi venticinque anni vi è stata una progressiva scoperta della letteratura israeliana per l’infanzia. Nomi di assoluto prestigio quali David Grossmann, Amos Oz, Uri Orlev, Yoram Kaniuk e Nava Semel, sono stati capaci di passare dal libro per adulti alla narrazione per ragazzi con uguale forza, senza stabilire confini o stilare graduatorie di merito, riconoscendo alla produzione rivolta all’infanzia una pari dignità letteraria e culturale.Assai meno noto il mondo dell’illustrazione israeliana, mancanza alla quale supplisce ora questa mostra organizzata dall’associazione culturale veneziana Teatrio, che presenta venticinque artisti, quasi tutti giovani, in un proliferare virtuoso di segni, stili, tecniche ed esperienze diverse. Nelle opere in mostra prevale un gusto assai marcato e felice per il colore e la luce e una propensione al contrappunto ironico e al surreale, nonché l’abilità e l’acutezza  del saper raccontare.
Sito di illustratori israeliani:  http://www.illustrators.co.il/

Zeruya Shalev alla rassegna "Libri Come" per presentare il suo nuovo romanzo Quel che resta della vita, Feltrinelli editore
Auditorium Parco della  Musica di Roma 10-15 marzo 2013
Tutto parte da un'anziana in un letto d'ospedale di Gerusalemme. Hemda Horowitz giace inerte nel suo letto, circondata dai due figli a cui ha dato un amore diseguale. Ripercorre i ricordi della propria vita: il severo padre pioniere, la sua infanzia vissuta in kibbutz e un difficile matrimonio con un marito sopravvissuto alla Shoah. Ma è il rapporto dell'anziana madre con i due figli il vero cuore del romanzo e si delinea fin dalle prime pagine: se con la figlia Dina ha un legame faticoso e conflittuale, per il figlio Avner prova una sorta di adorazione. Avner è un avvocato che combatte per i diritti delle minoranze, un uomo pesante e angosciato, frustrato sul lavoro, tormentato dalla propria inettitudine sentimentale. Dina cerca di essere una madre opposta a quella che ha avuto. È sposata con un fotografo schivo e di poche parole e ha messo da parte la propria vita professionale per trasmettere tutto quell'amore materno, che a sua volta non ha ricevuto, alla figlia adolescente Nizan. Ma quando vede quest'ultima allontanarsi, Dina entra in crisi e viene progressivamente posseduta da un imperioso desiderio di adottare un bambino abbandonato, desiderio che incontra la netta opposizione della famiglia e la costringe in un vicolo cieco che minaccia di distruggere tutto ciò che in realtà desidera salvare, la sua famiglia. Zeruya Shalev esplora la vecchiaia e le complesse dinamiche del rapporto tra genitori e figli. 

Il giovanissimo pianista israeliano Yaron Herman all'Auditorium Parco della Musica di Roma
l giovanissimo pianista israeliano Yaron Herman, musicista dotato di forte personalità e di un fraseggio straordinario, è ormai riconosciuto come uno dei migliori solisti di oggi. In brevissimo tempo Yaron Herman è diventato un brillante pianista e conferenziere, ottenendo premi e riconoscimenti. Nato a Tel Aviv, Yaron inizia a studiare pianoforte a sedici anni con il maestro Opher Brayer, famoso per il metodo di insegnamento basato su filosofia, matematica e psicologia. Un elemento sorprendente di Yaron è la profondità della sua ricerca musicale. Il pianista ha sviluppato una teoria della musica e dell’improvvisazione chiamata “composizione in tempo reale” per la quale è stato invitato a una serie di conferenze alla Sorbona. Musica, filosofia e matematica si incontrano su un terreno che il musicista dimostra di padroneggiare come un esperto conferenziere, analizzando brillantemente i suoi maestri, specialmente Paul Bley, John Coltrane, Lennie Tristano ma anche Bach, la musica della sua terra e gli artisti pop della sua generazione (Björk, Beasty Boys).http://www.auditorium.com/eventi/5420319 http://www.yaron-herman.com/bio/bio.html

Assaf Avidan e Bar Refaeli al Festival di Sanremo 2013
  Quasi sicura la partecipazione al Festival di Sanremo 2013 di due star israeliane, la bellissima modella Bar Refaeli e il cantautore Assaf Avidan
Assf Avidan tornerà ancora in Italia, a Milano, il 23 aprile, nell’unica tappa italiana del suo nuovo tour europeo primaverile
Di seguito i dettagli dello show: Martedì 23 aprile 2013
Milano, Alcatraz Prezzi dei biglietti: 25 euro + diritti di prevendita




Lectio Magistralis di Nahum Tevet all'Accademia delle Arti del Disegno di Firenze
Venerdì 1 febbraio 2013, ore 15.00 Accademia delle Arti del Disegno, Sala delle Adunanze Via Orsanmichele 4, Firenze.La conferenza si terrà all’indomani dell' inaugurazione della mostra evento multi-disciplinare"Israel Now Reinventing the future", al museo MACRO Testaccio di Roma.Il Macro ha già ospitato nel 2008 Nahum Tevet con una sua mostra personale, il quale, adesso, prende parte a questo evento con una nuova opera che rappresenta il punto di arrivo della propria ricerca sull’organizzazione di forme nello spazio, mediante “oggetti geometrici” in bilico tra architettura e scultura. In quella estrema trasformazione, ogni oggetto si diversifica dal suo proprio spirito; l’insieme che viene cosi proposto da Tevet, consente di trasportare lo spettatore oltre la fisicità dimensionale dei singoli oggetti.



venerdì 25 gennaio 2013

Elezioni Israele / Lo scetticismo di Grossman e Keret 

David Grossman e Etgar Keret, rappresentano due generazioni e due scuole diverse di scrittori e intellettuali israeliani. Se Keret è la nuova icona pop, Grossman rimane agli occhi di tutti – in Israele e all’estero – come il rappresentante della letteratura e dell’intellettualità pacifista israeliana. Eppure loro “lettura” dei risultati delle ultime elezioni, è per molti aspetti consonante – le stesse paure, lo stesso scetticismo, le stesse speranze… L’indebolimento del centro-destra e di Netanyahu è visto da entrambi come un fattore positivo, ma allo stesso tempo quel “centro” vincitore, che per tutta la campagna elettorale si è lasciato alle spalle il problema dell’Iran, del processo di pace, della Palestina, non appare accettabile.“I risultati di queste elezioni dimostrano una forte volontà della maggioranza della popolazione di votare centro, di essere al centro dello schieramento politico – spiega David Grossman nell’intervista rilasciata a “Repubblica”.  ”La nostra esperienza passata, purtroppo, dimostra però che tali partiti non sono riusciti a portare alcun cambiamento reale: il popolo esprime la volontà di un compromesso fra la sinistra e la destra, che ha come riferimento solo l’assetto politico interno, senza tenere conto di ciò che la nostra situazione difficile realmente richiede, che comporta la necessità di fare concessioni ai palestinesi e di risolvere finalmente il conflitto. È stata soprattutto la protesta economica e sociale a portare al vero calo del potere di Netanyahu”.Per Etgar Keret le elezioni sono andate “meno peggio” di quanto si aspettasse, rivela alla giornalista che lo ha intervistato per “Il Fatto Quotidiano”. “I vincitori – dice – sono Yahir Lapid e Naftali Bennett, due giovani preparati e carismatici con zero esperienza politica. E’ chiaro che il voto a questi due outsider è stato un voto di protesta contro Netanyahu e la politica in generale. Se non sbaglio è una situazione molto simile a quella italiana. Il partito di Lapid è la vera rivelazione”. “Sono d’accordo con lui [Lapid] quando dice che è necessario combattere la corruzione nella politica israeliana” – prosegue Keret. “Detto ciò, nel suo programma politico ci sono delle grandissime lacune. A esempio non si sa cosa pensi dell’Iran. Questa è una grave mancanza. Sono temi cruciali. E come dire vado dal medico perché ho un cancro ma lui si concentra su un brufolo che mi è spuntato in fronte”.Su Naftali Bennet, Grossman e Keret concordano: può rappresentare un pericolo. Quelli come Bennet, dice Grossman, “si presentano come i veri patrioti sionisti, ma in definitiva rappresentano un pericolo esistenziale per Israele e lo porteranno al disastro; perché creano sul terreno una situazione che impedisce di fatto la pace con i palestinesi e fa di Israele uno Stato dove c’è l’apartheid. Alla fine cercheranno di trasformarlo in uno stato bi-nazionale, e questo per me rappresenta la fine dello Stato d’Israele”. Keret appare altrettanto spaventato: ”il programma politico di Bennett mi fa paura ed è molto più estremo di quello dei suoi predecessori. Se dovesse essere nominato Ministro della Giustizia sarei seriamente preoccupato”.Quanto al prossimo governo, a detta di molti si profila al’orizzonte  una coalizione del Likud con i partiti di centro-sinistra. Una soluzione verso la quale, sia Grossman che Keret, per motivi diversi,  nutrono poche speranze.Guardando le cose dal punto di vista della ripresa del processo di pace, Grossman auspica una posizione debole di Netanyhau all’interno della coalizione di governo che si verrà a formare. E “la debolezza di Netanyahu dipenderà dalla forza politica e dalla fermezza dei partiti di centro. “Spero che il partito di Yair Lapid o quello di Tzipi Livni, o addirittura il Labor condizionino il loro ingresso nel governo alla ripresa del processo di pace con i palestinesi, altrimenti non riuscirei veramente a capire perché si siano ostinati a farsi eleggere”.Per Keret invece il principale problema sembra essere quello della tenuta di un simile governo. L’alleanza fra Netanyahu, Lapid, Bennet e la Livni, sarà, dice  ”un’alleanza di compromessi, frammentata e fragile che non arriverà a fine mandato”. Quanto ai laburisti, osserva ancora Keret,  ”hanno fatto un grave e madornale errore: quello di non aver presentato un’agenda politica di centro-sinistra. Per questo motivo hanno perso molti voti che sono confluiti nel partito Meretz e in quello della Livni. La loro leader, Shelly Yacimovich ha schivato del tutto il tema della pace e il problema dei coloni. Inaccettabile.”

Israele: stampa araba, elezioni duro colpo per Netanyahu

(Aki) - "Un duro colpo". E' cosi' che il quotidiano arabo con sede a Londra 'al-Sharq al-Awsat' commenta l'esito delle elezioni che si sono svolte ieri in Israele e che hanno visto la coalizione di destra guidata dal premier israeliano Benjamin Netanyahu e dal suo ministro degli Esteri Avigdor Lieberman pareggiare con il centrosinistra. Pur collocandosi come primo partito, l'alleanza Likud-Yisrael Beitenu ha ottenuto 31 seggi in Parlamento, perdendone 11. Come afferma il giornale, Netanyahu "ha perso un terzo della sua forza, pur restando leader del partito vincitore e mantenendo quindi la carica di premier". Secondo un altro quotidiano pan-arabo, 'al-Hayat', i risultati delle elezioni israeliane "hanno segnato un netto arretramento della destra e del partito Likud" e questo significa che il premier si trovera' "in difficolta' a formare il governo". Infatti, sottolinea 'al-Hayat', la leader del Partito Laburista Shelly Yachimovitch "si sta gia' mobilitando per stringere alleanze che impediscano a Netanyahu di formare il nuovo esecutivo".

Israele: da domani Peres avvia consultazioni per nuovo governo 

(AGI) - Gerusalemme - Virtualmente archiviate le elezioni anticipate di ieri in Israele, per completare i cui risultati mancano soltanto i suffragi espressi da militari e detenuti, da domani il presidente Shimon Peres avviera' le consultazioni in vista della formazione del futuro governo. In realta' i primi incontri che avra' il capo dello Stato avranno carattere eminentemente informale, e soltanto dopo saranno seguiti da abboccamenti ufficiali tra lo stesso Peres e le delegazioni di tutti i partiti che hanno ottenuto seggi alla Knesset. In teoria, il presidente israeliano non e' necessariamente vincolato a designare primo ministro il leader della formazione politica di maggioranza relativa, nel caso specifico il premier uscente Benjamin Netanyahu, numero uno della coalizione conservatrice Likud-Beiteinu. Non avvenne per esempio in occasione della consultazione precedente, nel 2009: allora vinsero i centristi di Kadima, ma con appena un seggio di vantaggio rispetto al Likud, e per tale ragione l'incarico ando' proprio a Netanyahu, in grado di coagulare una coalizione piu' consistente.Per ragioni analoghe sebbene opposte, essendo l'attuale divario di dodici seggi, la scelta dovrebbe cadere ancora sulla stessa figura anziche' sull'esordiente Yair Lapid, che guida i moderati della giovane formazione moderata Yesh Atid, secondo partito per numero di seggi nonche' autentica rivelazione del voto. Una volta ottenuta la designazione, il primo ministro incaricato avra' 28 giorni di tempo per trovare una maggioranza parlamentare di almeno 61 deputati; nel caso in cui lo chiedesse, potrebbe inoltre disporre di due settimane supplementari.

ELEZIONI IN ISRAELE. MENO STELLETTE, PIU' CIVILI 24/1/13

Com'è consuetudine, le elezioni israeliane sono riuscite a sorprendere non solo gli analisti, ma anche i sondaggisti. C’è, però, un segnale nuovo, da comprendere fino in fondo. È che in queste elezioni ci sono state meno stellette. Meno generali, insomma. Emblematico il caso di Shaul Mofaz, in bilico dopo il tracollo del suo partito Kadima, da cui la Tzipi Livni si era staccata giusto in tempo per non essere travolta. Il partito che fu fondato dal generale Ariel Sharon potrebbe avere due seggi, e dunque Mofaz potrebbe arrivare alla Knesset, ma il quadro non cambia. Il destino di Shaul Mofaz è un destino che, di questi tempi, accomuna altre stellette: lui ex capo di stato maggiore ed ex ministro della difesa, era fino a ieri sera uno dei grandi sconfitti, così come Ehud Barak, che però aveva deciso di non partecipare alle elezioni, proprio per evitare una brutta figura.Cosa significa? Che si è concluso il pluridecennale capitolo dei generali-premier, o dei generali-ministri o dei generali politici? Che Israele veste in giacca? Il ritratto non è così semplice, visto che il cursus honorum in divisa fa parte anche di alcuni dei protagonisti di queste ennesime elezioni anticipate israeliane. Un esempio su tutti: Naftali Bennett, l’astro nascente della destra radicale descritto come un tycoon dell’informatica, ha il grado di maggiore e ha fatto parte delle truppe speciali israeliane. Detto tutto questo, è un dato di fatto che i militari hanno meno appeal nei confronti dell’elettore e dell’elettrice di quanto abbiano avuto, per esempio, i rabbin. Come il numero due di Yesh Atid, il partito del giornalista-conduttore televisivo Yair Lapid. Il rabbino Shai Piron, poco più che cinquantenne, è l’esempio di un nuovo tipo di politico che per la prima volta entra alla Knesset. Lo definiremmo un esponente della società civile, che porta in parlamento la frattura tra laici e religiosi sempre più evidente in Israele, una frattura che Piron vorrebbe anzi colmare, distanziando se stesso dalla schiera di rabbini ed esponenti religiosi che vengono soprattutto da Gerusalemme. Meno generali e più rabbini? Questa, è evidente, è una semplificazione giornalistica, provocatoria quanto basta per sottolineare i segnali importanti dei cambiamenti in corso in Israele, dove essere generali non vuol dire per forza essere di destra, ed essere della società civile o dell’imprenditoria (come Bennett, appunto) non vuol dire per forza avere una concezione meno conservatrice e/o radicale del futuro del Paese. Il “meno generali e più rabbini” dice, anzitutto, che il ritratto della società israeliana è profondamente cambiato rispetto all’immagine che se ne ha in Europa, e a dimostrarlo c’è una pattuglia di oltre cinquanta nuovi deputati che entreranno nella Knesset. Basta scorrere le loro biografie pubblicate sul sito di Yediot Ahronot per farsi un’idea della fase di transizione che attraversa la società israeliana. Non ci sono solo giornalisti, in Israele come in Italia i professionisti più ricercati per riempire le liste dei candidati. Ci sono imprenditori, amministratori locali, persone che lavorano nel settore sociale, esponenti del movimento delle tende, e via elencando.La loro presenza cambierà la politica israeliana? Troppo presto per dirlo. È probabile anche che questa Knesset appena eletta sia un agone per misurare il cambiamento, ma non ancora per definirlo. Perché, al fondo, la politica del Palazzo sarà troppo impegnata col manuale Cencelli, necessario per mettere in piedi un governo e cercare di farlo reggere il più possibile. Un governo di unità nazionale, forse, che salvi Netanyahu, e anche Lapid, dalla spada di Damocle di una Knesset spaccata, non tanto a metà tra Destra e Sinistra, ma spaccata dai diversi modi di intendere il futuro sviluppo di Israele.Chi, insomma, si prenderà il carico di una legge finanziaria difficile? Chi deciderà di cambiare il sistema assistenziale israeliano, e secondo quali linee? Chi si scontrerà con lo Shas e con i partitini religiosi per togliere benefit alle famiglie ultraortodosse? E in quale modo i coloni influenzeranno il governo? In maniera trasversale, oppure si concentreranno su un ariete della potenza della nuova star Naftali Bennett, che però non ha il sostegno di tutta la lobby dei coloni?L’unica cosa certa è che in queste elezioni c’è un solo, grande sconfitto. Si chiama Benyamin Netanyahu, il premier che queste elezioni le ha fortemente volute per rafforzarsi. Il premier che ha rischiato di mettere in pericolo l’alleanza con gli Stati Uniti, intervenendo a gamba tesa nelle elezioni presidenziali che hanno segnato il nuovo mandato di Obama, puntando sull’altro candidato. Il premier che ancora una volta, come è praticamente sempre successo nella sua esperienza politica, ha giocato alto, e ha perso. Netanyahu ha tempo un mese e mezzo per fare un nuovo governo, se il presidente Peres gli darà l’incarico di guidare il nuovo esecutivo. O conquista l'appoggio del centrista Yair Lapìd, oppure Israele avrà forse un altro premier. E questa confusione, questa frammentazione, questa instabilità non fa bene, in questo momento. Né a Israele, né ai palestinesi, né ai siriani.Paola Caridi 24 Gennaio 2013 .http://www.lettera22.it

Elezioni Israele, la sorpresa Lapid avverte Netanyahu: “Non sarò foglia di fico”

Con i suoi 20 seggi Vuole dettare le sue condizioni alla destra del premier ma anche festeggiare con una folla in delirio. “Yesh Atid, banu leshanot” è lo slogan urlato, cantato, scandito dai sostenitori, al ritmo di un frenetico battito di mani: "C'è un futuro, siamo venuti per cambiare”
Yair Lapidil ‘candidato’, come lo chiamano gli uomini del suo staff – arriva dopo mezzanotte per il suo primo discorso da ‘vincitore’. Vuole dettare le sue condizioni alla destra di Benyamin Netanyahu, ma anche festeggiare con una folla in delirio. “Yesh Atid, banu leshanot” è lo slogan urlato, cantato, scandito dai sostenitori, al ritmo di un frenetico battito di mani: “C’è un futuro, siamo venuti per cambiare”, ripete sempre più forte fino a far rimbombare Beit Sokolov, la Casa dei giornalisti, nel cuore di Tel Aviv, trasformata nel quartier generale dell’emergente leader centrista.Lui, Yair ‘il bello’, vestito di scuro, cravatta in tono, capelli brizzolati, corpo atletico e viso alla George Clooney, emana essenza di successo da tutti i pori. Sale sul piccolo podio messo al centro del palco, fa una piccola pausa calcolata, nel silenzio che è calato, e sorridendo riecheggia la platea: “C’è un futuro, siamo venuti per cambiare”. La gente – la sua gente di Tel Aviv, dove è stato il più votato – esplode di nuovo gridando il suo nome, tra i flash dei fotografi e il ronzio delle telecamere dei giornalisti accorsi in forze. Il vero e proprio outsider del voto di ieri, dall’alto dei suoi inaspettati, e determinanti, 20 seggi, comincia poi il suo intervento ‘programmatico’: un eloquio pacato, colloquiale, ma che non per questo vuole apparire meno determinato. “Non siederemo in un governo – taglia corto – che una volta ancora cercasse, con vari pretesti e con considerazioni solo politiche, di impoverire il nostro obbligo con il futuro e anche con il presente”.Un discorso diretto, senza giri di parole: è anche per questo che molti – borghesia laica, donne e giovani non osservanti soprattutto – l’hanno votato. Un patto con la ‘gente comune’ che ricorda ad alcuni un approccio alla Kennedy o se si vuole, per età, alla Tony Blair degli albori. I temi – ma senza il richiamo a ricette ‘ideologiche’ – sono quelli sociali: il costo elevato delle case, i prezzi dei servizi, l’impoverimento di una fascia di popolazione che – come ha detto ieri un suo elettore, “tiene in piedi Israele”. Lapid non glissa tuttavia neppure su alcuni dei temi politici più scottanti (e potenzialmente laceranti per la società israeliana): come quello della leva per tutti, religiosi ortodossi compresi che potranno optare per il servizio civile. “Ognuno – afferma con decisione, cavalcando la fama di bestia nera degli zeloti e dei loro rabbini – deve servire lo Stato”. E ‘il suo popolo’ si è esalta: il tema è di quelli sentiti per l’israeliano medio, dopo il fallimento di un progetto di riforma sfociato nei mesi scorsi nello sfaldamento di un’effimera maggioranza tra il Likud di Netanyahu e i centristi dell’ormai defunto Kadima; e il movimento di Lapid ne ha fatto per mesi un efficace cavallo di battaglia.Durante la campagna elettorale, l’achorman tv prestato alla politica ha avvertito del resto che, pur essendo disposto in teoria a entrare in un governo di coalizione con Netanyahu, non sarà disposto a “fare la foglia di fico a un esecutivo dominato dalla destra e dai religiosi”. Lo ripete ora ai suoi elettori e alcuni interpretano queste parole come una precondizione in più in vista delle consultazioni: un modo per dire che Lapid non intende far parte parte di un governo nel quale non ci sia almeno un altro partito di centro o di centro-sinistra, quello di Tizpi Livni, per esempio, e magari anche i Laburisti di Shelly Yachimovich. Anche sul fronte delle trattative con i palestinesi, la linea del vecchio governo Netanyahu (con lo stallo che ha determinato) non sembra andare affatto a genio all’’uomo nuovo’: “Non dobbiamo perdere – argomenta – la maggioranza ebraica dello Stato di Israele. E senza un accordo con i palestinesi, l’identità sionista d’Israele è in pericolo”. Sotto il palco le bandiere israeliane – con gli stessi colori, bianco-azzurro, del suo partito – riprendono a sventolare, innalzate dai fan. E rispunta anche qualche vessillo arcobaleno della pace. Lapid scende e si concede all’abbraccio della folla: da oggi comincia la politica vera del nuovo ‘ago della bilancia’.

Casa Bianca esorta Israele a ripresa negoziato di pace

Washington, 24 gen. (Adnkronos) - Gli Stati Uniti esortano nuovamente alla ripresa dei negoziati di pace fra israeliani e palestinesi. "Riteniamo che servano negoziati diretti fra le due parti, che affrontino le questioni dello status finale e portino ad una soluzione con due Stati", ha affermato il portavoce della Casa Bianca Jay Carney, rispondendo ai giornalisti che gli chiedevano delle conseguenze delle elezioni israeliane di martedi' sul processo di pace.

Elezioni Israele nel segno del cambiamento

di Jonathan Pacifici (nato a Roma, imprenditore di successo, vive a Gerusalemme, lavora a Tel Aviv. E' Vice Presidente dell'Associazioni degli Immigrati Italiani in Israele)
Change. Cambiamento. E’ il mantra di tutte le grandi elezioni negli ultimi anni nel mondo ed Israele non è stata immune. E’ questo il grande dato che emerge dalle urne dello stato ebraico.
Il rapporto tra i poli non è cambiato gran che, ma all’interno di questi c’è stato un vero e proprio tzunami. Il Likud del Premier Netanyahu esce enormemente indebolito nonostante l’alleanza pre-elettorale con il partito del ex Ministro degli Esteri Liberman. Voti persi, in gran parte, a favore di una delle rivelazioni di questa tornata elettorale: la Casa Ebraica, il partito nazional-religioso dello startuppista Naftali Bennet che dopo essere diventato multi-milionario vendendo la sua Cyota, leader nella cyber security alla statunitense RSA per oltre 145 milioni di dollari, si presenta come il nuovo volto giovane ed innovativo della destra israeliana.Ma la vera sorpresa è al centro. Kadima praticamente sparisce dalla mappa e sorge un nuovo leader nel centro: Yair Lapid, giornalista e presentatore televisivo di grande fama che riesce a portare alla Knesset con il suo nuovo partito Yesh Atid, c’è un futuro, ben 19 nuovi parlamentari, per lo più sconosciuti al grande pubblico. Il risultato è una Knesset nuova, molto nuova, con un turnover che si avvicina al 50 %.Ciò significa che  quasi la metà dei 120 membri della vecchia Knesset vanno a casa, un dato che ha dell’incredibile.Bennet e Lapid giovani, intraprendenti e di successo sono il volto di un’Israele nuova. Sono il volto di un Israele prospera e fortemente proiettata verso il futuro. Ed ecco allora gli ex generali lascere il posto ai maghi dell’hi-tech e i politici di vecchia data al volto popolarissimo de presentatore TV, guru del rating, cosmopolita ed innovativo.E poi tanti attivisti sociali tra i molti nuovi volti del parlamento di Gerusalemme che sembra si occuperà molto più di economia e di sociale che non di esteri e sicurezza. Israele guarda dentro di se e si rimette in gioco partendo proprio dai temi della giustizia sociale ed in primis la spinosa questione di una più equa distribuzione dei doveri civici, soprattutto per quanto riguarda la leva. Era ed è infatti uno dei temi caldi, quello della partecipazione dei haredim, i tementi (termine malamente tradotto come ultra-ortodossi) alla leva ed alla vita economica del paese, settori nei quali sono fortemente sottorappresentati. E l’elettore israeliano ha parlato con chiarezza: maggiore equità e meno settorialismo.Tra i grandi perdenti Shaul Mufaz già Capo di Stato Maggiore e Ministro della difesa di Kadima. Ma anche la Livni barricata su un programma di politica estera “che fa molto anni 90” come è stato definito da tanti ed in particolare il Labour di Sheli Yechimovitch che non ha trovato grandi consensi ad una campagna centrata su una social-democrazia così distante dalla realtà del giovane israeliano di oggi.“Destra e Sinistra out, vecchio e nuovo in” per dirla con Amit Segal uno dei più brillanti commentatori del secondo canale TV israeliano. Sentire i discorsi di Netanyahu e della Yechimovich è stato un tuffo nella terminologia del passato, mentre Bennet e Lapid, ognuno a modo suo, ha parlato in un linguaggio giovane, continua Segal.E questo è il punto: Israele è diventato un paese estremamente giovane, il più giovane tra le democrazie occidentali. Ed è diventato anche un paese che pur con le sue fortissime radici storiche e religiose è proiettato all’avanguardia della ricerca tecnologica e l’innovazione come è spiegato in uno dei best sellers sul tema Start Up Nation, (tradotto in Italiano come Laboratorio Israele, edizioni Mondadori). Ieri l’elettore Israeliano ha voluto una Knesset 2.0 e l’ha ottenuta.Se questa sarà all’altezza delle aspettative è tutto da vedere.http://news.panorama.it/


Le bocce sono finalmente ferme dopo che sono stati tabulati i voti dei soldati, dei marinai e dei diplomatici in missione all'estero. Dai risultati finali del voto di martedí in Israele è chiaro che i grandi sconfitti non sono (come vorrebbe qualcuno) i sondaggisti, che avevano previsto 32 seggi a Likud-Beitenu, bensí Benyamin Netanyahu – l'apparente vincitore e candidato naturale a premier – e la sua equipe che di seggi ne hanno raggranellati 31. La caduta di Bibi da 42 a 31 seggi ha stupito quasi più della folgorante ascesa di Yair Lapid da 0 a 19. Per meglio capire la radiografia della politica israeliana, al di là dei dettagli delle liste e dei personaggi, conviene esaminare i flussi elettorali rispetto alle elezioni del 2009. Se dividiamo il campo esageratemente frazionato dei partiti in quattro aree politiche principali, vediamo che i partiti religiosi-Haredim (Shas e Yahadut Hatorah) passano da 16 a 18 seggi – un guadagno di 2; i partiti Arabi (Hadash, Ram-Tal, Balad) restano fermi a 11; i partiti della destra, i "repubblicani" (Likud-Beytenu e Habayit Hayehudi), passano da 49 a 43 (-6); e i partiti del centro e della sinistra, i "democratici" (Laburisti, Yesh Atid di Lapid, Hatnuah di Livni, Meretz, e Kadima), passano da 44 a 48 (+4). Dunque, un leggero spostamento del baricentro verso sinistra. La sfiducia nei confronti di Bibi è accentuata dal fatto che la sua formazione (insieme a Lieberman) perde 11 seggi, ma 5 di questi vengono risucchiati dal vicino e rivale Naftali Bennett. Degno di nota il sorpasso dei "democratici" nel confronto con i "repubblicani" che ricalca il modello dell'alternanza in atto senza eccezioni fin dagli anni '80, mentre Haredim e Arabi vanno avanti in forza del loro lento incremento demografico. Il risultato fondamentale è che la somma "repubblicani"+Haredim, ossia il governo uscente, passa da 65 a 61 seggi, mentre l'opposizione "democratici"+Arabi passa da 55 a 59. A prima vista, dunque, la coalizione di Bibi conserva un minimo vantaggio. Ma non è certo la compagine che ha dovuto anticipare le elezioni perché incapace di approvare la legge di bilancio (che va comunque passata entro giugno) quella che potrà attuare gli inevitabili tagli alla spesa dello Stato. Da questa situazione di impasse si esce in primo luogo cambiando radicalmente la retorica del discorso pubblico, e Netanyahu sembra averlo percepito nelle sue prime dichiarazioni. Contrariamente all'opinione di molti osservatori nel mondo, amici e nemici, la maggioranza dell'elettorato non pensa al futuro di Israele in termini di shoah nucleare o della prossima collina in Giudea e Samaria su cui piazzare nottetempo una roulotte, bensí nei termini di una società moderna, competitiva, culturalmente tollerante, in cui l'alloggio deve essere accessibile a tutti, i servizi devono funzionare, e la distribuzione delle risorse deve essere più egualitaria. È questa la grande sfida per Bibi da cui uscirà o un grande uomo politico o una breve nota a piè pagina nei futuri libri di storia. La coalizione governativa si forma mettendo insieme 61 seggi, concordando fra questi un programma di legislatura, e poi semmai invitando altri partiti a condividere qualche spoglia nella spartizione del potere. Il governo uscente avrebbe i 61, ma non funziona più, e quindi bisogna cambiare. Likud-Beytenu (31, di cui 20 Likud e 11 Lieberman), Yesh Atid (19) e Habayit Hayehudi (12) hanno insieme 62 seggi. La chimica fra questi partiti non è semplice, ma non è impossibile. Lapid e Bennett sono due tipi simili, nati in Israele figli di immigrati, fra i 40 e i 50, nuovi alla politica, professionisti affermati e indipendenti sul piano economico, residenti nei sobborghi bene della grande Tel Aviv, interessati a migliorare la posizione delle classi medie super-tartassate fiscalmente. Bibi è fatto degli stessi materiali, anche se leggermente più anziano, molto più esperto, e condizionato dalle sue intense convinzioni ideologiche (e da quelle del padre Ben Zion) e dalle vecchie alleanze politiche. Lapid e Bennett condividono con Lieberman l'impegno a una suddivisione paritaria dei diritti e dei doveri dei Haredim: servizio militare, istruzione che includa un minimo di storia ebraica, di matematica, e di inglese, e partecipazione al lavoro. Lapid è intensamente secolare (come suo padre Tommy), Bennett è religioso, ma sotto la kippah si nascondono narrative ben diverse: negli ultimi giorni il rabbino Ovadia Yosef, capo spirituale di Shas, ha lanciato un attacco violento contro Bennett, definendolo "partito di goyim". D'altra parte Bibi e Bennett condividono una linea di non patteggiamento con i palestinesi e di attivismo nella costruzione degli insediamenti, linea che Lapid stigmatizza anche se forse non con la stessa fermezza di Tzipi Livni o di Shelly Yachimovich prima maniera. L'accordo tripartito è comunque possibile se Bibi avrà il coraggio e la capacità di farlo. Dopo affluiranno, ammansiti politicamente e in cerca di qulche spezzone di potere, gli altri: per primo Kadima, che stabilisce quasi un record da Guinness (da 28 a 2 seggi, anche se la somma di Yesh Atid, Hatenuah e Kadima fa 27: dunque un cambio di leaders più che di elettorato). Poi Shas che non essendo più l'ago della bilancia non può più imporre le sue condizioni e dovrà accettare qualche compromesso sul tema servizio militare-studi-lavoro. Poi forse ancora qualcun altro, estendendo magari fino a oltre 80 la piattaforma iniziale degli essenziali 61 seggi di maggioranza. Esistono ovviamente molti altri copioni, in parte sprovvisti dei numeri, in parte impossibili per l'incompatibilità degli attori. Lapid non andrà da solo con Shas a fare la foglia di fico alla solita coalizione di Bibi. Yachimovich non andrà da sola con Habayit Hayehudi. Né Lapid può andare con Hanin Zuabi, la passionaria della destra nazionalista palestinese. Infine, per concludere con un sorriso, estraiamo un coniglio dal cappello. Lieberman aveva dichiarato che dopo le elezioni la sua fazione parlamentare sarebbe rimasta separata da quella del Likud. Ed ecco un rapido macchiavellico conteggio: Liberman 11, Lapid 19, Laburisti 15, Bennett 12, Livni 6 = 63. Con Bibi leader dell'opposizione. Fantastico? Staremo a vedere. Specialmente quando l'alternativa potrebbe essere nuove elezioni anticipate. Sergio Della Pergola,Università Ebraica di Gerusalemme.www.moked.it