Di Hagai Segal http://www.israele.net/
mercoledì 20 marzo 2013
Della breve escursione di Obama in Terra Santa Deir Dibwan (nella foto)
Di Hagai Segal http://www.israele.net/
Di Hagai Segal http://www.israele.net/
Cosa
vedrà il presidente americano Barack Obama lungo il tragitto in auto
che lo porterà lungo la Strada 60 da Gerusalemme alla Muqata di
Mahmoud Abbas (Abu Mazen), a Ramallah? Molte cose che non si possono
vedere dall’ufficio ovale della Casa Bianca.Innanzitutto
non vedrà nessun posto di blocco, perché non ci sono posti di
blocco lungo la Strada 60, la principale arteria che va da Beersheba
a Nazareth attraversando tutta la Cisgiordania. Veicoli israeliani e
palestinesi la percorrono regolarmente. Cosa che potrebbe stupire chi
si alimenta di miti anti-israeliani. E, detto per inciso, ce ne sono
molti altri di miti di questo genere, ma non starò ad illustrarli
adesso. Qui desidero solo attirare l’attenzione su ciò che il
presidente Obama vedrà giovedì prossimo dal finestrino della sua
auto.Non appena il corteo presidenziale avrà lasciato
Gerusalemme, Obama vedrà il primo villaggio palestinese: Hizma. Gli
esperti hanno collegato il sito alla biblica Azmaveth, ma non c’è
nulla di biblico nella odierna Hizma. Ci sono solo grandi ville. I
palestinesi esprimono la loro pena per l’occupazione dando vita a
progetti edilizi che non sfigurerebbero in un sobborgo benestante di
New York. Dappertutto si possono vedere case di quattro, cinque piani
in cui qualunque americano o europeo sarebbe ben contento di poter
vivere.Anche ad Adam, la comunità ebraica vicina a Hizma, ci
sono belle casette, ma non così grandi come quelle del villaggio
palestinese. Qualcuno dell’entourage del presidente dovrebbe
attirare la sua attenzione sulla recinzione difensiva che circonda
Adam, giusto per dare al nostro ospite un’idea dei problemi di
sicurezza con cui fa i conti Israele sul fronte della Cisgiordania:
solo i villaggi ebraici (gli insediamenti) devono essere protetti da
una recinzione di sicurezza; i villaggi arabi non hanno alcun bisogno
di queste barriere.Circa due minuti più tardi (in tutto, il
viaggio in auto dalla capitale israeliana alla sede dell’Autorità
Palestinese dura meno di 40 minuti), il corteo presidenziale passerà
vicino a un nuovo avamposto, perfettamente legale. Il governo
israeliano lo ha creato l’anno scorso per ospitare gli israeliani
sgomberati da Migron (l’insediamento di 300 persone fatto demolire
nell'estate 2012 su ordine della Corte Suprema israeliana, per una
disputa sui diritti di proprietà terriera). Difficile pensare che
dalle parti di Washington Obama possa essersi mai imbattuto in una
comunità così affollata di baracche. I coloni, quelli che
spadroneggerebbero sul territorio, vivono in queste strutture
desolanti sulla strada fra Gerusalemme e Ramallah. Sarebbe un bel
gesto umano se il presidente decidesse di fare una breve sosta per
salutarne gli abitanti (se sono lì, è perché Israele applica e fa
rispettare la legge). Un presidente che tratta con l’Iran potrebbe
anche parlare con i coloni. Magari, facendolo, rimedierebbe un po’
alla sconcertante decisione di vietare agli studenti dell’Università
di Ariel di assistere al discorso che Obama terrà al Centro
Congressi di Gerusalemme.Lungo il bel tratto della Strada 60 fra
il passo di Machmesh e il raccordo Assaf, il presidente potrà vedere
ad occhio nudo la Giordania, il che gli darà un’idea di quanto
piccolo sia questo paese. Tra l’altro, il villaggio sulla destra si
chiama Deir Dibwan. Anch'esso è pieno di palazzi costruiti dopo il
1967: i palestinesi non hanno bisogno di autorizzazioni da Israele o
da chiunque altro per costruire alla grande. E va benissimo che
possano costruire in quel modo, ma non dovrebbero poi dire che sono
oppressi dagli ebrei. Se i coloni avessero costruito allo stesso
ritmo, gli Stati Uniti avrebbero mandato come minimo la Sesta
Flotta.Siamo quasi arrivati, signor presidente. Ecco Beitin, che
prende il nome da Beit-El. Presto saremo a Ramallah. Porti i miei
saluti ad Abu Mazen e gli dica quanto è rimasto colpito dal
panorama.(Da: YnetNwes, 17.3.13)
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Israele: a Tel Aviv non c’è più spazio, e i militari si trasferiscono nel Negev
L’esercito
israeliano trasferirà la maggior parte delle sue basi dal centro di
Tel Aviv come parte di
un progetto di 5,4 miliardi di euro destinato ad alleviare la grave
carenza di spazi abitativi nella città israeliana.I terreni che i
militari hanno intenzione di lasciare hanno un valore di 10,8
miliardi di euro.La Banca d’Israele,
allarmata dall’aumento dei prezzi immobiliari, ha chiesto al
governo, che controlla circa il 93% della terra nel paese, di
rilasciare parte di essa per poter soddisfare la domanda.Il quartier
generale delle forze di difesa israeliane, conosciuto come Kirya,
occupa 19 ettari del centro di Tel Aviv.In quello che sarà uno dei
progetti infrastrutturali più grandi della storia di Israele, il
perimetro di Kirya sarà ridotto e altri complessi verranno
trasferiti in nuove “mega basi”, soprattutto nel deserto del
Negev, che occupa due
terzi del territorio israeliano.
di Luca
Pistone. 19 marzo 2013
http://atlasweb.it/
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Inaugurata la Camera di Commercio ed Industria Albania-Israele
Tirana - Con una
cerimonia inaugurale, è stata aperta nella capitale la Camera di
Commercio ed Industria Israele-Albania, vista come una maggiore
opportunità per stimolare i reciproci investimenti tra i due Paesi.
All'evento hanno partecipato noti imprenditori dei due Paesi. Il
Premier Sali Berisha, in tale occasione, ha affermato che l`Albania
offre possibilità&nb....http://www.osservatorioitaliano.org/
Presidente Obama, la 'prima' in Israele
Nel 2009, aveva chiesto dal Cairo "un nuovo inizio con il mondo
islamico", creando non pochi malumori. Questa settimana, il presidente
degli Stati Uniti, Barack Obama, parlerà invece agli studenti e alle
autorità israeliane, durante il suo primo viaggio da presidente nello
Stato ebraico, dove arriverà mercoledì. Un viaggio per alcuni versi
'riparatore', dopo un primo mandato caratterizzato da tensioni tra i due
Paesi, generate dalle frizioni sulla "legittimità" degli insediamenti
costruiti dopo la guerra arabo-israeliana del 1967, messa in dubbio da
Obama, e su altre questioni concernenti la sicurezza dello Stato
ebraico.
Obama, nel suo secondo mandato alla Casa Bianca, vorrebbe far
ripartire i negoziati di pace tra israeliani e palestinesi,
possibilmente dopo una nuova moratoria sugli insediamenti in
Cisgiordania, e trovare una linea comune su Iran e Siria, i due Paesi
che preoccupano le autorità israeliane. Per rinsaldare il legame storico
con Israele, il presidente degli Stati Uniti parlerà ai giovani, che si
riuniranno al Jerusalem International Convention Center, preferito alla
Knesset, il parlamento israeliano, per il suo discorso principale.Per
riavvicinarsi al popolo d'Israele, Barack Obama - che sarà accompagnato
nella sua visita dal nuovo segretario di Stato, John Kerry - cercherà
di legittimare l'idea che le radici dello Stato ebraico precedano
l'Olocausto, come sostenuto dagli israeliani, e non siano fondate sul
senso di colpa europeo dopo la Seconda guerra mondiale, come affermato
dagli arabi. E Obama lo farà con alcune visite simboliche mirate, come
quella alla tomba di Theodor Herzl, il padre del sionismo, vissuto nella
seconda metà dell'Ottocento, e al Santuario del Libro, una sala del
museo nazionale di Israele, a Gerusalemme, in cui sono esposti i Rotoli
del Mar Morto, manoscritti di grande significato storico e religioso."La chiave e il cuore del conflitto si basa sul riconoscimento da
parte di palestinesi e arabi degli ebrei come popolo che rivendica
legittimamente un territorio" ha ricordato Michael Oren, ex ambasciatore
israeliano negli Stati Uniti, al Washington Post. E Obama intende
sottolineare questo diritto. Per questo, e per la scelta di non
incontrare ufficialmente i giovani palestinesi in Cisgiordania, la
considerazione per Obama tra gli arabi è diminuita. La fiducia in Obama
era già stata messa alla prova con il mancato sostegno alla Palestina
per il riconoscimento come "Paese osservatore non membro" alle Nazioni
Unite, visto come un piccolo passo verso la costituzione di uno Stato
palestinese.http://america24.com/
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Curiosità
Siria, i militari israeliani confermano: ad Aleppo sono state usate armi chimiche
Le armi
chimiche in Siria? «Sì, le hanno usate. Non sappiamo chi, però, se Assad
o i ribelli». La «linea rossa» tracciata pochi mesi fa dal presidente
americano Barack Obama – l’uso delle munizioni con agenti chimici – per
gl’israeliani è stata superata martedì 19 marzo. Giorno in cui,
confermano fonti militari, un attentato nell’area di Khan al-Assal, nei
pressi di Aleppo, ha ucciso 25 persone e ferito un centinaio.La notizia, data nell’edizione serale del tg della tv israeliana Canale 10,
arriva il giorno prima dell’atterraggio del numero uno della Casa
Bianca nello Stato ebraico. E rischia di cambiare l’agenda dei lavori di
Obama, del premier Netanyahu e del re giordano Abdullah. Per la prima
volta, almeno secondo gl’israeliani, nel conflitto biennale tra ribelli e
lealisti di Assad scendono in campo le armi chimiche.Armi che,
però, secondo l’amministrazione Usa non è confermato siano di
distruzione di massa. E per questo, a Washington per ora vogliono
vederci più chiaro. Damasco – attraverso la tv di Stato (sotto il servizio video)
– accusa i ribelli. Mosca si allinea alla denuncia del presidente
siriano. Mentre i ribelli non solo smentiscono di avere armi chimiche,
ma denunciano l’uso da parte dell’esercito di Assad. «Ci hanno tirato
addosso gli Scud», dice Qassim Saadeddine, portavoce dell’Alto consiglio
militare di Aleppo. E spiega che «la maggior parte delle vittime civili
è morta per soffocamento o avvelenamento dovuti all’uso di gas
velenosi».Le voci si
rincorrono. Le parti in causa si accusano a vicenda. Le uniche certezze
sono le vittime e il racconto di un fotografo dell’agenzia Reuters che dice di aver visto decine di persone con difficoltà respiratorie arrivare nei due ospedali di Aleppo subito dopo l’attacco.Da Israele
più di un analista militare ritiene che le accuse di Damasco servano
soltanto «ad autorizzare Assad a usare apertamente le armi chimiche
contro le forze ribelli». «Sono giorni che l’esercito lealista si sta
preparando per sferrare l’attacco finale a Homs». Città che, negli
ultimi giorni, fa da sfondo agli scontri feroci tra le due parti e dove
il presidente non vuole e non può perdere: «Da questa zona passano tutte
le autostrade che collegano la capitale alle città di Latakia, Aleppo e
Idlib». Ed è proprio verso queste aree che Assad avrebbe deciso di
trasferire da Damasco e dal sud truppe, carri armati, aerei, elicotteri.«In questo
momento attorno a Homs sono già presenti le divisioni 18 e 19 della
Guardia repubblicana», sostengono gli esperti. Truppe d’élite, tra le
più fedeli al presidente, «che sanno usare le armi chimiche» e che
saranno affiancate da altre. «La Quarta e la Quinta divisione hanno
lasciato la capitale e sono sulla strada».VIDEO: http://falafelcafe.wordpress.com/2013/03/19/siria-i-militari-israeliani-confermano-ad-aleppo-sono-state-usate-armi-chimiche/
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Canzone dei soldati israeliani per Pasqua:
http://www.youtube.com/watch?v=S-VzAWJ1yK4&feature=youtu.be
http://www.youtube.com/watch?v=S-VzAWJ1yK4&feature=youtu.be
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Curiosità
Storie – Ughetto, martire della Resistenza
Il ragazzo del ponte avrà la medaglia d’oro al merito civile. A
distanza di quasi settant’anni dagli eventi, lo Stato italiano si è
finalmente ricordato di Ugo Forno, detto Ughetto, l’ultimo martire della
Resistenza romana, il dodicenne gracile ma vivacissimo, con i capelli
scuri e gli occhi azzurri, che morì il 5 giugno 1944, nelle ore della
liberazione di Roma, per difendere il ponte ferroviario sull’Aniene
dagli ordigni germanici (dove ora sfrecciano i treni dell’Alta
velocità), mettendo in fuga assieme ad altri ragazzi e ad alcuni
contadini i sabotatori della Wehrmacht. Nello scontro a fuoco con i
tedeschi, lo studente fu colpito a morte. La breve vita dell’ultimo
resistente romano è stata raccontata l’anno scorso da Felice Cipriani
nel saggio “Il Ragazzo del Ponte. Ugo Forno eroe dodicenne. Roma 5
Giugno 1944” (edizioni Chillemi). Lunedì si è tenuta la premiazione
degli studenti vincitori del concorso letterario “Il Coraggio di
Scegliere” in memoria di Ugo Forno, presso il Museo Storico della
Liberazione in Via Tasso 145. Il premio, indetto dall’Anpi di Roma e
Lazio, insieme ai familiari e amici di Ugo Forno e a Legambiente Lazio,
con il sostegno del Corriere della Sera, ha coinvolto gli alunni
dodicenni delle Scuole Medie del Secondo Municipio. L’elaborato primo
classificato, scritto da Pietro Coppari della scuola Giuseppe Sinopoli,
verrà pubblicato sulla Cronaca di Roma del Corriere della Sera, mentre
ai primi cinque classificati e alle due menzioni speciali andrà una
copia del libro di Cipriani.L’assegnazione della medaglia d’oro a Ughetto è uno degli ultimi atti
della presidenza della Repubblica di Giorgio Napolitano, contrassegnata
da un forte attenzione e sensibilità ai temi della memoria del nostro
Paese. Il mio auspicio è che la sua eredità di valori sia raccolta dal
nuovo inquilino del Colle.Mario Avagliano http://moked.it/blog/(19 marzo 2013)
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La storia questa sconosciuta
martedì 19 marzo 2013
Bouza, la convivenza servita su un cono
Se
si legge come Adam Ziv ha aperto la gelateria Bouza, a Tarshiha, una
cittadina nel nord d’Israele, non si può fare a meno di notare che la
storia ha un po’ dell’incredibile. Ma ascoltandola dalla sua voce, la
sua erre moscia e il suo tono flemmatico così israeliani sembrano quasi
dire: nu, che c’è di strano? Non è esattamente la storia del sogno di
una vita: “Ci sono due cose che amo nella vita, la musica e il gelato,
ma ho sempre pensato a mangiare il gelato, mai che un giorno l’avrei
fatto”. Più che altro dunque è una specie di romanzo d’avventura, che
parte dal kibbutz Sasa, dove l’intrepido Adam è nato ventisei anni fa.
Passando poi per La Gomera, un’isola delle Canarie dove è approdato
durante un viaggio di un anno e mezzo in giro per il mondo, e dove Ziv
racconta di aver passato le sue giornate diviso fra l’aiutare un signore
ottantenne a costruire una zattera per una traversata dell’Atlantico e
il lavoro in una piccola gelateria gestita da una donna tedesca e da un
francese. Ed è proprio in quel momento che ha capito di volerne aprire
una anche lui. Così è saltato sul primo yacht per farsi dare un
passaggio fino all’Africa, lavorando in cambio come marinaio. E poi il
colpo di fortuna: parlando al telefono con i suoi genitori della sua
illuminazione, suo padre l’ha indirizzato da un vecchio amico,
conosciuto perché aveva avuto rapporti di lavoro con il suo kibbutz,
proprietario da generazioni di una gelateria a Empoli. Ed è lì che Adam
ha imparato a fare quello che lui stesso, anche quando parla in inglese,
chiama proprio così, con il termine italiano, gelato. E la sera suonava
insieme alla band del figlio del capo, suo coetaneo e musicista come
lui, coniugando le due grandi passioni. Ma se oggi gli si chiede se
nella sua gelateria si mangia gelato italiano, lui risponde “No, qui
vendiamo glida glilit”, gelato della Galilea. Perché una volta tornato a
casa, quando si è posto il problema di decidere dove aprire il suo
negozio, Adam si è orgogliosamente rifiutato di spostarsi dal nord
d’Israele: “Normalmente un ragazzo giovane che vuole vendere gelato e
fare il musicista si trasferirebbe a Tel Aviv, ma la vita deve essere
anche interessante, non solo facile. A Tel Aviv è normale alzarsi la
mattina, mangiare un gelato, e poi la sera andare a un concerto, dunque
perché non fare lo stesso in periferia?”. E così è finito nella vivace
Tarshiha, una cittadina araba, dove vivono cristiani e musulmani, unita a
Ma’alot, centro invece ebraico. E lì si è rivolto ad Alaa Sawitat,
ventinovenne arabo che conosce da sempre, proprietario di un ristorante
di Tarshiha, per un consiglio. Che poi, nel luglio scorso, si è
trasformato in una partnership: Alaa gestisce la parte economica
dell’attività, Adam prepara il gelato. Il negozio si chiama Bouza, che
vuol dire gelato in arabo, e il loro slogan è “pashut glida”,
semplicemente gelato. Perché la verità è che il loro unico scopo è “fare
un gelato che piaccia alla gente”, utilizzando ingredienti locali,
sfruttando quello che la terra e la tradizione offrono loro –
quest’estate il loro gusto hummus è stato un successo – insieme a
prodotti di qualità importati dall’Italia. Ma la clientela del negozio,
che fra un boccone e l’altro esclama entusiasta un po’ in arabo e un po’
in ebraico, suggerisce che questo “semplice gelato” sia davvero
speciale. Adam e Alaa non si fanno nessuna illusione di poter servire la
pace in Medioriente su un cono: “Una cosa però è certa, noi abbiamo una
vita normale qui, e dunque dobbiamo parlarci e vivere insieme, e anche
lavorare insieme”, spiega Ziv. D’altra parte, “coesistenza e pace sono
solo parole vuote se non le metti in pratica: puoi fare discorsi tutto
il giorno, oppure puoi semplicemente uscire fuori e fare qualcosa”.
Anche “semplicemente gelato”.Francesca Matalon, Pagine Ebraiche marzo 2013(19 marzo 2013)
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Curiosità
Gerusalemme festeggia col rosso Ferrari
Le
strade di Gerusalemme si tingono di rosso Ferrari. Una monoposto della
scuderia di Maranello, affidata a Giancarlo Fisichella, parteciperà
infatti il 13 e il 14 giugno alla prima edizione del Jerusalem Peace
Road Show. Sport e valori, passato e modernità: uno straordinario
intreccio che fa trepidare gli appassionati di mezzo mondo. Nir Barkat,
sindaco di Gerusalemme: “Abbiamo 5mila anni di storia alle spalle ma non
vogliamo restare fermi. La nostra è una città dinamica e aperta al
mondo”. Dopo Mosca, Rotterdam, Doha, Rio de Janeiro e altre città nei
cinque continenti la Ferrari sarà protagonista di un nuovo evento
cittadino, dando così la possibilità agli appassionati ma anche a chi
non conosce l’automobilismo sportivo di avvicinarsi a questo mondo. Il
tracciato avrà lunghezza di quasi due chilometri e mezzo e sfiorerà
luoghi e simboli universali. Fisico non sta nella pelle: “È bellissimo
avere l’opportunità di guidare una vettura di Formula 1 sulle strade di
una città così affascinante e ricca di storia come Gerusalemme. Sono
sicuro – ha affermato nel corso della conferenza stampa – che l’evento
attirerà tantissima gente lungo il percorso, un vero e proprio circuito
che si snoderà su e giù per le colline e correrà per una parte accanto
alle mura della Città Vecchia. Sarà davvero un’esperienza unica ed
affascinante”.(19 marzo 2013)http://moked.it/blog/
affascinante”.(19 marzo 2013)http://moked.it/blog/
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Curiosità
Israele – Il nuovo governo è realtà
Inizia
con il giuramento alla Knesset e il voto di fiducia l'avventura del
governo delle larghe intese varato da Netanyahu dopo sei settimane di
intensa mediazione. Ventidue i ministri messi in campo. La maggioranza
potrà contare su 68 deputati (Likud-Beytenu 31, Yesh Atid 19, Habayit
Hayehudì 12, Hatnua 6). Nel corso della cerimonia in Parlamento il primo
ministro ha affermato: "Il nuovo governo israeliano porge la mano ai
palestinesi ed è pronto per uno storico compromesso". Mercoledì intanto
arriva Obama.http://moked.it/blog
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La
S.V. è invitata all'iniziativa
GIUSTO IERI
Maratona di Lettura per celebrare la prima
edizione della Giornata Europea dei Giusti
Assisi - Pinacoteca di Palazzo Vallemani
“Sala degli Sposi”
Venerdì 22 marzo - ore 16.45
“Sala degli Sposi”
Venerdì 22 marzo - ore 16.45
Una
collaborazione Italia Israele Perugia, Città di Assisi, Associazione Leggi per
Me, Opera Casa Papa Giovanni-Museo della Memoria "Assisi 1943-1944"Ciascuno
che volesse partecipare attivamente all'iniziativa, potrà venire a leggere
un brano a sua scelta oppure estratto tra i brani che metteremo a
disposizione da varie opere attinenti al tema dei Giusti.Vi aspettiamo numerosi.Un
cordiale Shalom L'Associazione
Italia Israele Perugia
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eventi
lunedì 18 marzo 2013
Yaalon alla Difesa, Israele sceglie la linea della prudenza con l’Iran
VIDEO:http://it.euronews.com/2013/03/17/yaalon-alla-difesa-israele-sceglie-la-linea-della-prudenza-con-l-iran/
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Varato il 33esimo governo israeliano
Binyamin Netanyahu – primo ministro e ministro degli esteri temporaneo (fino al termine del procedimento a carico di Avigdor Liberman)
Moshe Ya’alon – ministro della difesa
Israel Katz – ministro dei trasporti
Yuval Steinitz – ministro su affari strategici internazionali e intelligence
Silvan Shalom – ministro per lo sviluppo regionale, l'energia e le risorse idriche
Gilad Erdan – ministro della protezione civile e delle comunicazioni
Gideon Sa’ar – ministro dell’interno
Limor Livnat – ministro della cultura e dello sport
ISRAEL BEITENU
Yitzhak Aharonovitch – ministro della pubblica sicurezza
Yair Shamir – ministro dell’agricoltura
Sofa Landver – ministro per l’assorbimento dell’immigrazione
Uzi Landau – ministro del turismo
(Avigdor Liberman – ministro degli esteri, se e quando verrà scagionato nel procedimento che lo vede coinvolto)
YESH ATID
Yair Lapid – ministro delle finanze e vice primo ministro
Shai Piron – ministro dell’istruzione
Yael German – ministro della sanità
Meir Cohen – ministro del welfare e dei servizi sociali
Yaakov Peri – ministro della scienza e della tecnologia
HABAYIT HAYEHUDI
Naftali Bennett – ministro dell’economia e del commercio e vice primo ministro, con delega su servizi religiosi, Gerusalemme e Diaspora
Uri Ariel – ministro dell’edilizia e della casa
Uri Orbach – ministro dei pensionati
HATNUA
Tzipi Livni – ministro della giustizia
Amir Peretz – ministro per la protezione dell’ambiente
(Da: Jerusalem Post, Times of Israel, 15.3.13)
Dopo la firma degli
accordi di coalizione con Yesh Atid (C’è futuro), di Yair Lapid, e
Bayit Yehudi (Casa ebraica), di Naftali Bennett, il primo ministro
israeliano Benjamin Netanyahu ha incontrato sabato sera, 16 marzo, il
presidente Shimon Peres, nella sua residenza a Gerusalemme, per
informarlo d’essere riuscito a formare un nuovo governo. Il nuovo
governo, il cui giuramento alla Knesset è previsto per lunedì, sarà
composto da 22 ministri compreso il primo ministro. Questa la
composizione del 33esimo governo israeliano aggiornata ai
cambiamenti delle ultimissime ore
LIKUDBinyamin Netanyahu – primo ministro e ministro degli esteri temporaneo (fino al termine del procedimento a carico di Avigdor Liberman)
Moshe Ya’alon – ministro della difesa
Israel Katz – ministro dei trasporti
Yuval Steinitz – ministro su affari strategici internazionali e intelligence
Silvan Shalom – ministro per lo sviluppo regionale, l'energia e le risorse idriche
Gilad Erdan – ministro della protezione civile e delle comunicazioni
Gideon Sa’ar – ministro dell’interno
Limor Livnat – ministro della cultura e dello sport
ISRAEL BEITENU
Yitzhak Aharonovitch – ministro della pubblica sicurezza
Yair Shamir – ministro dell’agricoltura
Sofa Landver – ministro per l’assorbimento dell’immigrazione
Uzi Landau – ministro del turismo
(Avigdor Liberman – ministro degli esteri, se e quando verrà scagionato nel procedimento che lo vede coinvolto)
YESH ATID
Yair Lapid – ministro delle finanze e vice primo ministro
Shai Piron – ministro dell’istruzione
Yael German – ministro della sanità
Meir Cohen – ministro del welfare e dei servizi sociali
Yaakov Peri – ministro della scienza e della tecnologia
HABAYIT HAYEHUDI
Naftali Bennett – ministro dell’economia e del commercio e vice primo ministro, con delega su servizi religiosi, Gerusalemme e Diaspora
Uri Ariel – ministro dell’edilizia e della casa
Uri Orbach – ministro dei pensionati
HATNUA
Tzipi Livni – ministro della giustizia
Amir Peretz – ministro per la protezione dell’ambiente
(Da: Jerusalem Post, Times of Israel, 15.3.13)
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Voci a confronto
arà corposa la rappresentanza ebraica domani mattina in San Pietro
per la cerimonia di inizio del ministero petrino di papa Francesco.
Presenti tra gli altri, come ricorda il Corriere,
il presidente UCEI Renzo Gattegna, il rabbino capo di Roma rav Riccardo
Di Segni e il leader comunitario Riccardo Pacifici oltre a una
rappresentanza del World Jewish Congress, dell’Anti Defamation League e
al direttore generale del Gran rabbinato di Israele Oded Wiener. Sul Foglio
Giuliano Ferrara, con un lungo editoriale, elogia le prime uscite
pubbliche e la capacità di apertura al mondo del nuovo pontefice.Cresce intanto l’attesa per la storica visita di Obama. Molti i nodi
che verranno affrontati nel corso della tre giorni mediorientale del
leader statunitense. Dalle questioni di politica interna come il nuovo
assetto governativo israeliano che nelle scorse ore ha preso
definitivamente forma all’amicizia con Washington alla minaccia nucleare
iraniana. “Un’impresa difficile”, sottolinea Financial Times. “Obama il quasi amico del governo di Israele”, titola Repubblica
parafrasando un noto film francese recentemente distribuito nelle sale.
Tra i momenti di maggiore impatto della missione diplomatica, scrive
Frattini sul Corriere,
l’incontro con Yityish Ainaw, emigrata dall’Etiopia in Israele a 12
anni e prima reginetta di bellezza di origine africana. “Spero che
storie come la mia – afferma Ainaw – aiutino a integrarci senza
dimenticare chi siamo e da dove veniamo”.Due inquietanti episodi dall’Europa. La nuova provocazione del primo
ministro ungherese Orban che deliberatamente premia tre antisemiti
dichiarati (Corriere)
e il saluto nazista di un calciatore greco dopo una realizzazione. La
risposta della federazione non si è fatta attendere: radiato, per lui
niente maglia della nazionale vita natural durante (Quotidiano nazionale).
Sempre a proposito di razzismo Maurizio Molinari racconta sulla Stampa come
l’Fbi abbia alzato bandiera bianca in merito ai molti omicidi con
questa matrice avvenuti negli Stati Uniti in passato e ancora oggi
irrisolti.(18 marzo 2013)http://moked.it/blog/
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Tea for Two - Ebraismo al curry
Aprire
la pagina del New York Times delizia le mie giornate e rinvigorisce la
mente, oramai debilitata dalla tesi e altri affanni. Mi piace la sua
auctoritas, è il punto di riferimento di numerose e interessanti
tipologie umane. Della serie: dimmi che sezione del numero domenicale
leggi e ti dirò chi sei. Lungi dall'essere snob, parla di tutto senza
però creare strani miscugli grotteschi come fanno molti giornali
italiani. Probabilmente solletica la pigrizia, ma è bello aprirlo e
vedere che qualcuno ha già fatto il lavoro al posto mio. Un cappello
celebrativo necessario per raccontare l'ultima piccola gustosa
scoperta: l'inviata Joan Nathan è volata nella speziata India alla
scoperta di cibo ebraico-indiano, una fusione che farebbe impallidire
persino i severissimi giudici di MasterChef. Partita durante
Channukkah, la nostra Joan si è imbattuta nel Menorah Restaurant e ha
conosciuto anche una donna ebrea di origine irachena, Queenie, che
cucina piatti memorabili nati da tre tradizioni diverse. La confortante
Queenie le racconta che i preparativi per Pesach a Kochi iniziano
addirittura da gennaio (e pensare che noi iniziamo a tremare solo dopo
Purim). L'India che incontra la tradizione ebraica è qualcosa di
favoloso, un cortocircuito colorato e in movimento: immagino Sarit
Hadad che duetta con Panjabi MC e Gad Elmaleh accompagnato da Aishwarya
Rai in un film che culmina in balli variopinti. Anche se alla fine,
abbiamo imparato (e il New York Times conferma) che l'incontro migliore
avviene davanti a una tavola.Rachel
Silvera, studentessa –http://www.moked.it/
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Curiosità
Hannaleh e l’innocenza d’Israele
C’è
un’immagine, la pagina di un piccolo libro, che tutta Israele porta
impressa nelle esperienze infantili della memoria condivisa. Quella di
Hannaleh e dei suoi vestiti dello Shabbat. La bimba di quattro anni che
si ferma lungo la strada per aiutare un vecchio carbonaio a trascinare
il suo fardello, i vestiti che finiscono irrimediabilmente per
macchiarsi e sono infine resi più splendenti di prima dai raggi della
luna e dalla carezza delle stelle capaci di salvare la situazione.
Israele aveva da poco conquistato la propria indipendenza al prezzo di
una guerra e di durissimi sacrifici. I suoi bambini erano il tesoro e
l’orgoglio di una società alla disperata ricerca di un futuro lontano
dagli orrori delle persecuzioni e della Shoah, quando il libro I vestiti
dello Shabbat di Hannaleh apparve per la prima volta nelle librerie.
Divenuto subito il titolo di punta delle celebre collana per l’infanzia
delle edizioni Ofer, la storia raccontata da Itzhak Schweiger Dmi’el è
stata a lungo il libro per l’infanzia più diffuso in lingua ebraica.
Innumerevoli generazioni, dai nonni, ai genitori, ai piccoli lettori, lo
hanno visto come un luogo del pensiero intimo e confortante. Niente di
strano, per chi ha conosciuto la forza dei sogni, la semplicità,
l’Israele dei grandi ideali. Ma oggi? Non è il disincanto, il
consumismo, l’eclisse degli grandi ideali sionisti, insomma il freddo
egoismo, a farla da padrone? Un libro così ingenuo, come si fa a
metterlo nelle mani dei bambini di un paese che dimostra tutto il
dinamismo e le dure contraddizioni di oggi? Quando si entra a
Gerusalemme al Museo di Israele e ci si dirige alla Ruth Youth Wing
Library che continua a proporre un programma intenso e prestigioso di
attività per i giovanissimi visitatori, la mostra dove Hannaleh torna
protagonista (Days of Innocence: Illustrator Eva Itzkowitz and the Ofer
Library, visitabile fino al 31 dicembre di quest’anno e curata da Orna
Granot) consente invece di rispondere a molti interrogativi proprio
sulla società israeliana attuale. Hannaleh, rigorosamente ristampato e
ben evidenziato nel catalogo della gloriosa casa editrice, è ancora il
più diffuso libro per bambini. E i visitatori di tutte le generazioni
che vengono a godersi l’esposizione non ci tengono a coltivare
sentimenti nostalgici. Preferiscono piuttosto chiedersi cosa è rimasto
vivo e cosa è profondamente mutato nella nostra maniera di vedere
l’infanzia e l’educazione. Ma soprattutto vogliono fare la conoscenza di
un’artista straordinaria, che con il proprio disegno ha popolato la
mente di chi è cresciuto con la lingua ebraica nel cuore. Lei, l’autrice
di Hannaleh e di tanti altri celebri libri per l’infanzia, per oltre
sessant’anni è entrata nelle menti di tutti, ha abitato sugli scaffali
di ogni casa, ha fatto ridere e piangere, ha liberato l’immaginazione,
senza mai dire il suo nome. Tutti i libri della collana Ofer per
l’infanzia riportano il nome degli autori dei testi, mai quello
dell’illustratrice. Per una sua modestia eccessiva, quasi un vezzo,
mentre Israele nasceva, cresceva, combatteva, sognava, ha preferito
rimanere nell’ombra. Immagini abbaglianti nella loro purezza e totale
silenzio sulla propria identità. Oggi, grazie proprio all’impegno dei
ricercatori del più autorevole museo di Israele, Eva Itzkowitz ha
deciso, compiuti i novant’anni, di lasciar cadere il velo e di rivelare
la propria identità. E la mostra vuole celebrarla, incontrarla di
persona, dirle grazie. Proprio con l’intento di incontrare l’autrice,
rivedere il suo lavoro paziente e lontano dai riflettori e rendere
omaggio alla madre dei propri sogni, tanta gente di tutte le età viene
ora a visitarla. Ci sono ovviamente molti giovanissimi lettori, ma anche
tantissimi adulti e ognuno a proprio modo ha da commentare, da
raccontarsi quale immagine, quale personaggio porta sempre vividamente
impresso nel cuore. La Itzkowitz non è stata, come qualcuno forse
avrebbe creduto, una fata disegnatrice, ma apprendiamo oggi che la sua
vita è stata segnata dalle vicende di molti ebrei della sua generazione.
Tedesca, nata nel Land di Sassonia nel 1922, in fuga dalle persecuzioni
già nel 1939, ha studiato disegno ad Atene, dove era riuscita a
rifugiarsi prima di raggiungere la Palestina del Mandato britannico nel
1945. I britannici avevano bloccato e respinto la famiglia che tentava
di raggiungere Israele negli anni del conflitto. Tornati ad Atene il
padre, morto nella Shoah, fu identificato e deportato dagli occupanti
nazifascisti. Eva, la madre e la sorella riuscirono a sopravvivere sotto
falso nome. Cominciata una nuova vita in Israele, il tratto della
disegnatrice anonima entrò in tutte le case e accompagnò la crescita
della nuova gioventù di un popolo intero nelle numerosissime
pubblicazioni per l’infanzia che la Ofer e altri editori diffusero fino
al 1975. Nessuno si chiese chi era veramente l’autrice, né pensò che si
trattasse di un’artista di prima grandezza. La mostra al Museo di
Israele rende ora giustizia al suo nome, ma anche alla sua arte. Orna
Granot, che dirige il centro di ricerche per l’infanzia in seno al museo
nazionale, ha fatto emergere nell’esposizione dei disegni originali il
tratto limpido, diretto, volutamente semplice. “C’è una bellezza –
afferma ora la Granot – in questa semplicità. Oggi i libri per
l’infanzia sono spesso strutturati per parlare agli adulti con un
linguaggio e ai bambini con un altro. Pongono problemi e pretendono di
risolverli. Allora non era così. Il messaggio era molto semplice, più
diretto e meno sofisticato”. Emerge ovviamente anche l’impostazione
ideologica che contrassegnava l’Israele di allora. Il tentativo di
indicare ai bambini un percorso di crescita per assumere un loro ruolo
nella società, raggiungere con fiducia le abilità dimostrate dai
genitori, identificarsi in un modello positivo. Tutti ideali che oggi
potrebbero forse far sorridere, ma che hanno sorretto e accompagnato
l’infanzia di numerosi bambini nati in famiglie spesso uscite da traumi
indescrivibili. Fedele alla tradizione culturale tedesca, il tratto
dell’autrice tradisce un’estetica iper ashkenazita che sembra estranea
alla multietnicità dell’Israele di oggi e riflette piuttosto la
tranquillizzante, asettica bellezza delle icone di bambini nordeuropei.
Attraverso una rilettura della sua opera è oggi consentito comprendere
lo sforzo immenso delle generazioni che ci hanno preceduto di
rielaborare gradualmente le loro identità di europei e di mediare fra la
codificazione estetica, il gusto occidentale e i nuovi impulsi di vita
che Israele a contribuito a moltiplicare nel corso della sua evoluzione
verso una società estremamente diversificata, complessa e talvolta
tumultuosa. Proprio nella sua apparente ingenuità, nella sua tenera
nostalgia, il lavoro della Itzkowitz ritrova, attraverso questa
rilettura nuova luce. E Israele riscopre l’emozione di dire grazie,
chiamandola per la prima volta con il suo vero nome, all’autrice di quel
tenero mondo incantato destinato a simboleggiare eternamente
l’immaginario dell’infanzia di un paese intero.Guido Vitale, Pagine Ebraiche,(18 marzo 2013)
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L'angolo della lettura
Grecia: la commemorazione dei deportati e il saluto nazista
17/03/2013http://www.mosaico-cem.it/
Sabato
16 marzo, a Salonicco, in Grecia, si è svolta la commemorazione per il
70° anniversario della deportazione nazista degli ebrei.Una marcia silenziosa verso la vecchia stazione ferroviaria da cui il
15 marzo del 1943 partì il primo convoglio greco verso Auschwitz. Alla
marcia hanno partecipato circa 1000 persone, fra cui Ronald S. Lauder,
capo del World Jewish Congress, Moshe Kantor, presidente dello European
Jewish Congress, e il violista israeliano Ivry Gitlis. Il primo ministro
Antonis Samaras, invece, interverrà ad una cerimonia commemorativa in
programma per domenica 17 marzo.Salonicco, centro commerciale di grandissima rilevanza per le
relazioni con i Balcani e l’Oriente lungo tutta l’età moderna fino
all’Ottocento, fu distrutta da un gravissimo incendio nel 1917. I circa
60.000 ebrei di Salonicco, che avevano la gran parte delle loro attività
e dei loro beni concentrati nel centro della città, furono i più
colpiti dall’incendio.La distruzione della “Gerusalemme dei Balcani” – come spesso all’epoca
veniva chiamata Salonicco – fu portata a termine dai nazisti che
deportarono nei campi di sterminio il 98% della popolazione ebraica
(circa 54.000 persone, fra donne uomini e bambini).Oggi vivono a Salonicco circa 1000 ebrei: “La comunità ebraica è molto
piccola e nessuno pensa più ormai che possa tornare agli splendori di un
tempo” ha detto il sindaco della città, Yannis Boutaris. “Quel che
cerchiamo di fare oggi è di valorizzare il patrimonio rimasto .. e non
solo l’eredità degli ebrei, ma anche dei turchi e dei greci che qui
hanno vissuto per secoli in pacifica coesistenza”, ha aggiunto.
Mentre
a Salonicco si svolgeva la marcia in memoria dei deportati, nello
stadio di Atene, Giorgio Katidis, centrocampista dell’AEK Atene,
festeggiava il gol segnato all’84° minuto alla squadra del Veria, con il
saluto nazista. Un gesto che ha suscitato disapprovazione da parte di
tutti i presenti, dai compagni di squadra al pubblico.Nella foto che lo ritrae con il braccio alzato, si vede il compagno di
squadra brasiliano, Roger Guerreiro, che lo guarda con un’espressione di
stupore. L’allenatore tedesco dell’AEK, Ewald Lienen, ha detto che
Katidis “non ha idea di cosa sia la politica”. Katidis stesso su Twitter
ha scritto che non conosceva il significato di quel gesto e, anzi, che
odia il fascismo.La Federcalcio greca ha deciso l’esclusione a vita di Katidis da
qualsiasi nazionale ellenica. “Il suo gesto – si legge nel comunicato
della Federcalcio – colpisce profondamente tutte le vittime delle
atrocità naziste e ferisce il carattere pacifico e profondamente umano
del calcio.”
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Viaggio in Palestina di un giovane erede al trono e del suo fotografo
Il 6 febbraio del 1862, il principe del Galles, futuro re Edoardo VII partì per un viaggio di quattro mesi nel medio Oriente. Un viaggio deciso un anno prima dalla Regina Vittoria e dal Principe Alberto affinché il loro giovane figlio, erede al trono, prendesse “confidenza” con le civiltà antiche, la storia, le religioni. Un tour durante il quale, secondo le disposizioni della Regina, Edoardo avrebbe anche incontrato diplomatici e governanti della regione. Insomma un tour educativo a tutto tondo, che i regnanti inglesi consideravano parte essenziale della formazione di un erede al trono.Il principe fu accompagnato nel suo viaggio mediorientale da un fotografo londinese Francis Bedford, il quale fu incaricato direttamente dalla Regina Vittoria di tenere un diario fotografico del viaggio. Ora i 200 scatti di Bedford – primo fotografo al seguito di un “tour reale”- e il diario del giovane Edoardo, sono esposti in una mostra alla Queen’s Gallery di Palazzo di Holyroodhouse, a Edimburgo, con il titolo “Cairo to Costantinople: Early Photographs of the Middle East,“. La mostra rimarrà aperta al pubblico fino a novembre 2013; verrà trasferita a Buckingham Palace nel novembre 2014 dove rimarrà fino al febbraio 2015.Edoardo, insieme a Bedford e allo stuolo di servitori e aiutanti, giunsero in Palestina nel porto di Jaffa il 29 marzo 1862 da dove partì il viaggio alla volta di Gerusalemme, Betlemme, Hebron, Nablus e la Galilea. All’epoca la Palestina era ancora ottomana; il sionismo e la prima aliah dei coloni russi, erano ancora lontani.Dopo lo sbarco a Jaffa il “gruppo reale” si mise in cammino verso Gerusalemme: tre giorni di viaggio a cavallo passando per Beit Horon e la valle dell’Ayalon. Giunti a Gerusalemme, si accamparono fuori delle mura della Città Vecchia, vicino alla Porta di Damasco.Il principe ottenne il permesso speciale di visitare i luoghi santi dell’Islam, in particolare la Cupola della Roccia e la moschea di Hebron; Bedford ottenne a sua volta il permesso speciale di fotografarli. La foto della Cupola della Roccia risale al 1° aprile 1862.Dopo una visita a cavallo a Betlemme, alla tomba della Natività, il 21 aprile il gruppo di inglesi raggiunse Cafarnao in Galilea dove, dalle foto di Bedford, si vede il futuro re d’Inghilterra e i suoi accompagnatori, fare un picnic sotto un albero di fico. Fu l’ultima tappa del tour palestinese: da lì infatti ripartirono alla volta della Siria e del Libano per raggiungere come ultima tappa Costantinopoli. Sulla strada del ritorno verso l’Inghilterra si fermarono anche ad Atene e in diverse isole greche.Le foto del viaggio “reale” in Medio Oriente, furono esposte da Bedford poco dopo il rientro in Inghilterra in una mostra che all’epoca fu definita come “la più importante rassegna fotografica finora presentata al pubblico”.Il diario giorno per giorno del viaggio (dal 6 febbraio al 14 giugno 1862) dal Cairo a Costantinopoli e l’anteprima delle foto, sono consultabili sul sito della Royal Collection Trust.http://www.mosaico-cem.it/
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La storia questa sconosciuta
M.O./ in israele 10.000 agenti si preparano alla visita di Obama
Saranno oltre 10.000 gli agenti di polizia impegnati a garantire la sicurezza del Presidente americano Barack Obama durante la sua visita in Israele, in programma la prossima settimana. Lo ha annunciato oggi il portavoce della polizia israeliana, Micky Rosenfeld, sottolineando come l'operazione sia la più grande del suo genere dopo quella approntata nel 2008 per l'arrivo dell'allora Presidente Usa, George W. Bush.Obama arriverà in Israele accompagnato da circa 500 persone, ha sottolineato il portavoce, aggiungendo che il Secret Service del Presidente collaborerà con lo Shin Bet per garantire la sicurezza.Stando a quanto riportato oggi dal Jerusalem Post, il prossimo 20 marzo la polizia e lo Shin Bet saranno impegnati a garantire la sicurezza all'aeroporto Ben Gurion per l'arrivo di Obama, il cui convoglio si dirigerà quindi a Gerusalemme. Il giorno dopo,il Presidente visiterà Ramallah e i territori palestinesi, dove la sicurezza sarà gestita dal personale Usa, dall'esercito israeliano e dalle autorità palestinesi. Il terzo e ultimo giorno, Obama sarà a Tel Aviv.http://www.ilmondo.it/esteri/
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Si chiude domenica il 6^ Nizza Israele Film Festival e Nizza premia Lior Ashkenazi
Il Professore Daniel Benchimol,
Consigliere generale in rappresentanza di Christian Estrosi,
Deputato-sindaco di Nizza, Presidente della Metropoli Nizza Costa
Azzurra parteciperà il 17 marzo alle 19 alla Cerimonia di chiusura del 6
Nizza Israele Film Festival al Pathé Masséna a Nizza A
questa cerimonia saranno presenti Barnéa Hassid, Console Generale
dell'Israele a Marsiglia, Claude Bensadoun, Presidente dei Bnai Brith
Golda Meir e Laurent Gahnassia dell'ufficio del Turismo israeliano di
Parigi, nonchè l'invitato di onore del Festival, l'attore Lior
Ashkenasi, si assegnerano le " Mimosa d'oro" ai migliori film
selezionati Al termine della cerimonia,
il Professore Daniele Benchimol,offrirà a Lior Ashkenasi, la medaglia
d'onore della Città di Nizza. Lior Ashkenazi è la più grande stella del cinema e di teatro della sua generazione in Israele.http://www.montecarlonews.it/
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Curiosità
Obama, collaborero' con governo Israele
(ANSA) - WASHINGTON, 16 MAR - Barack Obama si congratula con il popolo israeliano, il premier Netanyahu, ed i nuovi membri della coalizione di governo e auspica di lavorare assieme a stretto contatto. Lo rende noto la Casa Bianca.La collaborazione, si legge nel comunicato, sara' necessaria ''per affrontare le numerose sfide che abbiamo di fronte e far progredire i nostri interessi comuni a favore della pace e della sicurezza''. Il Presidente sara' in Israele la prossima settimana per la sua prima visita.
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Gli israeliani godono di grande simpatia (in America)
Mentre si approssima la prima storica visita
di Obama in Israele, un sondaggio condotto di recente da Gallup
evidenzia il raggiungimento di un nuovo massimo assoluto nei livelli di
simpatia del popolo americano nei confronti dello stato ebraico. Il
perenne conflitto arabo-israeliano è definito in termini netti dai
residenti negli Stati Uniti: il 64% dei quali appoggia le posizioni di
Gerusalemme, mentre soltanto il 12% parteggia per i palestinesi.
Il livello di simpatia nei confronti di Israele risulta in crescita
dalla fine degli anni '90: in particolare l'accordo di pace saltato nel
2000 a causa del voltafaccia di Arafat, la rivolta palestinese (Seconda
Intifada) che seguì, con la sua lunga scia di sangue, hanno provocato un
drastico mutamento di orientamento da parte degli americani, il cui
filo-sionismo si colloca adesso ai livelli più alti della storia.
Orientamento ora molto polarizzato: gli indecisi, gli incerti e i privi
di una posizione sul conflitto sono in netta caduta, da più del 50% di
15 anni fa all'attuale 23%: praticamente sui minimi assoluti. Una
informazione più obiettiva e trasparente ha consentito in questi anni di
evidenziare il desiderio di pace e sicurezza da un lato, e il ripudio
della prima e offesa della seconda, dall'altro.
Significativo rilevare come l'appoggio nei confronti delle posizioni
israeliane risulti - come si suole dire oggi - bipartizan: mostrano
simpatia verso Israele il 78% di chi si dichiara repubblicano, in calo
peraltro dal picco quasi plebiscitario di tre anni fa; al tempo stesso,
la maggioranza dei democratici sostiene le posizioni di Gerusalemme.La diffidenza del popolo americano verso le posizioni palestinesi spiega
perché in pochi si aspettano concreti passi in avanti nel processo di
pace; interrottosi nel 2010 con il rifiuto di Abu Mazen di sedersi al
tavolo delle trattative con il Primo Ministro israeliano Netanyahu,
malgrado la concessa sospensione dell'attività edilizia nei territori
contesi; e tuttora in stallo per le improponibili richieste palestinesi
(oltre al famoso blocco, la questione dei discendenti dei profughi
palestinesi del 1949, i confini fra i due stati, i quartieri orientali
di Gerusalemme e i detenuti palestinesi nelle carceri israeliane). La
dirigenza palestinese sa bene che il presidente Obama, malgrado la sua nota ostilità verso le posizioni israeliane,
non dispone di un mandato favorevole ai palestinesi da parte
dell'elettorato americano, e ha ammonito Obama a non visitare il Monte
del Tempio e i luoghi sacri di Gerusalemme, dove peraltro di recente
sono state registrate provocazioni e veri e propri scontri.http://ilborghesino.blogspot.it
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domenica 17 marzo 2013
Super-caldo in Israele: un morto e tanti malori alla Maratona di Tel Aviv
Un morto e diverse persone colte da malore a causa del forte caldo: e’ successo oggi nel corso della Maratona di Tel Aviv dove attualmente si registrano 34 gradi e un’ondata di afa inusuale anche per Israele. I medici del pronto soccorso hanno affermato di aver curato 50 persone e 20 di loro sono state trasportate in ospedale. Il sindaco di Tel Aviv Ron Huldai ha detto di ritenere che, nonostante il tempo caldo e umido, ”non sarebbe stato giusto cancellare la maratona. La prossima settimana il presidente Usa Barack Obama visitera’ Israele – ha spiegato – e per questo non si poteva spostarla senza abolire la competizione”. Fonti del comune – Huldai ha deciso comunque di avviare un’indagine sui fatti – hanno fatto notare che il maratoneta morto ”ha cominciato a correre alle 6 di stamattina ed e’ stato soccorso dai medici alle 8 di stamattina. Secondo il servizio meteorologico questo significa che ha corso in una fase di caldo leggero”. Il comune ha anche ricordato che, proprio secondo le direttive del ministero della sanita’ – nei giorni scorsi era stato deciso, a causa del caldo in arrivo, di non effettuare la maratona sul percorso totale ma di consentire soltanto un tracciato ridotto. http://www.meteoweb.eu/
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Curiosità
Voci a confronto
“Siamo certi che ebrei e cattolici, collaborando nell’impegno per il
bene dell’umanità, anche attraverso le proprie specificità, potranno
dimostrare che la costruzione di un futuro di vera amicizia tra i popoli
e gli individui è realmente possibile”. L’auspicio del presidente e dal
consiglio direttivo dell’Assemblea rabbinica, in una lettera inviata
venerdì mattina al nuovo pontefice, è ripreso sulle pagine dell’Osservatore Romano e di Avvenire.Sempre il quotidiano della Cei
intervista rav Abraham Skorka, il rabbino con cui papa Francesco ha
intessuto i legami più solidi durante la sua missione ecclesiastica in
Argentina.Di grande interesse, sul domenicale del Sole 24 ore,
l’elzeviro di Donald Sassoon sul tema dell’identità ebraica. “Che cosa
caratterizza l’ebraismo? Quali i veri tratti distintivi? Un problema
difficile – sottolinea l’autore – anche per chi è interno alle
Comunità”.Sul Corriere, nell’inserto La Lettura,
intervista su due pagine a Philip Roth alla vigilia del suo 80esimo
compleanno. Numerosi gli addentellati ebraici che emergono nelle parole
di uno più grandi intellettuali americani.Sull’Unità un approfondimento sulla storica visita di Obama in Israele.(17 marzo 2013)http://moked.it/blog/
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Nugae - Banksy
"Se i graffiti cambiassero
qualcosa - sarebbero illegali", recita in rosso vivo un muro di Londra.
Un bel ratto nero disegnato in basso suggerisce che l'autore di questo
slogan tagliente, che esprime la forte critica nei confronti del
governo che si ostina a etichettare i graffiti come forma di
vandalismo, sia opera di Banksy, uno degli artisti di strada più noti
al mondo. Nessuno conosce il suo vero nome, nessuno l'ha neanche mai
visto, di lui non si sa niente. Tranne che le sue opere vengono battute
all'asta per migliaia di sterline, e i suoi documentari ricevono
candidature agli Oscar. Altro che vandalo insomma, rientra a pieno
titolo nella categoria artisti, e anche uno di quelli impegnati, di
quelli entusiasti e sognatori che vogliono davvero rendere il mondo
migliore con la loro arte. Originario di Bristol, Banksy disegna
soprattutto nelle strade londinesi, combattendo il sistema con la
tecnica dello stencil. Anti-imperialismo, anti-razzismo,
anti-consumismo, l'uomo che sprofonda nella povertá, nell'ipocrisia,
nella perdita di speranza, nell'alienazione, e nell'assurdo, sono
alcuni dei principali temi delle opere di Banksy. Le sue immagini hanno
un che di surreale, di straniante. Spesso come soggetti hanno i simboli
dell'ingessatissima autoritá anglosassone, le guardie col colbacco di
Buckingham Palace, i vigili con i loro cappelli allungati, ribaltati in
situazioni paradossali. Ma le opere più belle sono quelle che parlano
di pacifismo. C'è il ragazzo che invece che una bomba sta per lanciare
un mazzo di fiori. C'è la bambina in abitino rosa confetto che
perquisisce un soldato in divisa. E poi, forse i più toccanti, ci sono
i graffiti che nel 2005 Banksy dipinse sul muro fra Israele e territori
palestinesi. Una bambina vola dall'altra parte appesa a dei palloncini.
Un bambino si apre un buco attraverso cui si vede il cielo azzurrissimo
con le sue nuvole bianche e leggere. Un uomo scosta il grigio
del muro come un sipario dietro il quale s'intravede l'orizzonte. E poi
un salottino così typically british (manca solo il the caldo), con una
finestra con le tendine dalla quale si ammira un sereno paesaggio di
montagna.Francesca Matalon, studentessa di
lettere antiche,http://www.moked.it/
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