mercoledì 20 marzo 2013

Della breve escursione di Obama in Terra Santa Deir Dibwan (nella foto)
Di Hagai Segal http://www.israele.net/
Cosa vedrà il presidente americano Barack Obama lungo il tragitto in auto che lo porterà lungo la Strada 60 da Gerusalemme alla Muqata di Mahmoud Abbas (Abu Mazen), a Ramallah? Molte cose che non si possono vedere dall’ufficio ovale della Casa Bianca.Innanzitutto non vedrà nessun posto di blocco, perché non ci sono posti di blocco lungo la Strada 60, la principale arteria che va da Beersheba a Nazareth attraversando tutta la Cisgiordania. Veicoli israeliani e palestinesi la percorrono regolarmente. Cosa che potrebbe stupire chi si alimenta di miti anti-israeliani. E, detto per inciso, ce ne sono molti altri di miti di questo genere, ma non starò ad illustrarli adesso. Qui desidero solo attirare l’attenzione su ciò che il presidente Obama vedrà giovedì prossimo dal finestrino della sua auto.Non appena il corteo presidenziale avrà lasciato Gerusalemme, Obama vedrà il primo villaggio palestinese: Hizma. Gli esperti hanno collegato il sito alla biblica Azmaveth, ma non c’è nulla di biblico nella odierna Hizma. Ci sono solo grandi ville. I palestinesi esprimono la loro pena per l’occupazione dando vita a progetti edilizi che non sfigurerebbero in un sobborgo benestante di New York. Dappertutto si possono vedere case di quattro, cinque piani in cui qualunque americano o europeo sarebbe ben contento di poter vivere.Anche ad Adam, la comunità ebraica vicina a Hizma, ci sono belle casette, ma non così grandi come quelle del villaggio palestinese. Qualcuno dell’entourage del presidente dovrebbe attirare la sua attenzione sulla recinzione difensiva che circonda Adam, giusto per dare al nostro ospite un’idea dei problemi di sicurezza con cui fa i conti Israele sul fronte della Cisgiordania: solo i villaggi ebraici (gli insediamenti) devono essere protetti da una recinzione di sicurezza; i villaggi arabi non hanno alcun bisogno di queste barriere.Circa due minuti più tardi (in tutto, il viaggio in auto dalla capitale israeliana alla sede dell’Autorità Palestinese dura meno di 40 minuti), il corteo presidenziale passerà vicino a un nuovo avamposto, perfettamente legale. Il governo israeliano lo ha creato l’anno scorso per ospitare gli israeliani sgomberati da Migron (l’insediamento di 300 persone fatto demolire nell'estate 2012 su ordine della Corte Suprema israeliana, per una disputa sui diritti di proprietà terriera). Difficile pensare che dalle parti di Washington Obama possa essersi mai imbattuto in una comunità così affollata di baracche. I coloni, quelli che spadroneggerebbero sul territorio, vivono in queste strutture desolanti sulla strada fra Gerusalemme e Ramallah. Sarebbe un bel gesto umano se il presidente decidesse di fare una breve sosta per salutarne gli abitanti (se sono lì, è perché Israele applica e fa rispettare la legge). Un presidente che tratta con l’Iran potrebbe anche parlare con i coloni. Magari, facendolo, rimedierebbe un po’ alla sconcertante decisione di vietare agli studenti dell’Università di Ariel di assistere al discorso che Obama terrà al Centro Congressi di Gerusalemme.Lungo il bel tratto della Strada 60 fra il passo di Machmesh e il raccordo Assaf, il presidente potrà vedere ad occhio nudo la Giordania, il che gli darà un’idea di quanto piccolo sia questo paese. Tra l’altro, il villaggio sulla destra si chiama Deir Dibwan. Anch'esso è pieno di palazzi costruiti dopo il 1967: i palestinesi non hanno bisogno di autorizzazioni da Israele o da chiunque altro per costruire alla grande. E va benissimo che possano costruire in quel modo, ma non dovrebbero poi dire che sono oppressi dagli ebrei. Se i coloni avessero costruito allo stesso ritmo, gli Stati Uniti avrebbero mandato come minimo la Sesta Flotta.Siamo quasi arrivati, signor presidente. Ecco Beitin, che prende il nome da Beit-El. Presto saremo a Ramallah. Porti i miei saluti ad Abu Mazen e gli dica quanto è rimasto colpito dal panorama.(Da: YnetNwes, 17.3.13)

Israele: a Tel Aviv non c’è più spazio, e i militari si trasferiscono nel Negev 

 L’esercito israeliano trasferirà la maggior parte delle sue basi dal centro di Tel Aviv come parte di un progetto di 5,4 miliardi di euro destinato ad alleviare la grave carenza di spazi abitativi nella città israeliana.I terreni che i militari hanno intenzione di lasciare hanno un valore di 10,8 miliardi di euro.La Banca d’Israele, allarmata dall’aumento dei prezzi immobiliari, ha chiesto al governo, che controlla circa il 93% della terra nel paese, di rilasciare parte di essa per poter soddisfare la domanda.Il quartier generale delle forze di difesa israeliane, conosciuto come Kirya, occupa 19 ettari del centro di Tel Aviv.In quello che sarà uno dei progetti infrastrutturali più grandi della storia di Israele, il perimetro di Kirya sarà ridotto e altri complessi verranno trasferiti in nuove “mega basi”, soprattutto nel deserto del Negev, che occupa due terzi del territorio israeliano.
 di  Luca Pistone.   19 marzo 2013 http://atlasweb.it/

Tirana - Con una cerimonia inaugurale, è stata aperta nella capitale la Camera di Commercio ed Industria Israele-Albania, vista come una maggiore opportunità per stimolare i reciproci investimenti tra i due Paesi. All'evento hanno partecipato noti imprenditori dei due Paesi. Il Premier Sali Berisha, in tale occasione, ha affermato che l`Albania offre possibilità&nb....http://www.osservatorioitaliano.org/

Presidente Obama, la 'prima' in Israele

Nel 2009, aveva chiesto dal Cairo "un nuovo inizio con il mondo islamico", creando non pochi malumori. Questa settimana, il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, parlerà invece agli studenti e alle autorità israeliane, durante il suo primo viaggio da presidente nello Stato ebraico, dove arriverà mercoledì. Un viaggio per alcuni versi 'riparatore', dopo un primo mandato caratterizzato da tensioni tra i due Paesi, generate dalle frizioni sulla "legittimità" degli insediamenti costruiti dopo la guerra arabo-israeliana del 1967, messa in dubbio da Obama, e su altre questioni concernenti la sicurezza dello Stato ebraico.
Obama, nel suo secondo mandato alla Casa Bianca, vorrebbe far ripartire i negoziati di pace tra israeliani e palestinesi, possibilmente dopo una nuova moratoria sugli insediamenti in Cisgiordania, e trovare una linea comune su Iran e Siria, i due Paesi che preoccupano le autorità israeliane. Per rinsaldare il legame storico con Israele, il presidente degli Stati Uniti parlerà ai giovani, che si riuniranno al Jerusalem International Convention Center, preferito alla Knesset, il parlamento israeliano, per il suo discorso principale.Per riavvicinarsi al popolo d'Israele, Barack Obama - che sarà accompagnato nella sua visita dal nuovo segretario di Stato, John Kerry - cercherà di legittimare l'idea che le radici dello Stato ebraico precedano l'Olocausto, come sostenuto dagli israeliani, e non siano fondate sul senso di colpa europeo dopo la Seconda guerra mondiale, come affermato dagli arabi. E Obama lo farà con alcune visite simboliche mirate, come quella alla tomba di Theodor Herzl, il padre del sionismo, vissuto nella seconda metà dell'Ottocento, e al Santuario del Libro, una sala del museo nazionale di Israele, a Gerusalemme, in cui sono esposti i Rotoli del Mar Morto, manoscritti di grande significato storico e religioso."La chiave e il cuore del conflitto si basa sul riconoscimento da parte di palestinesi e arabi degli ebrei come popolo che rivendica legittimamente un territorio" ha ricordato Michael Oren, ex ambasciatore israeliano negli Stati Uniti, al Washington Post. E Obama intende sottolineare questo diritto. Per questo, e per la scelta di non incontrare ufficialmente i giovani palestinesi in Cisgiordania, la considerazione per Obama tra gli arabi è diminuita. La fiducia in Obama era già stata messa alla prova con il mancato sostegno alla Palestina per il riconoscimento come "Paese osservatore non membro" alle Nazioni Unite, visto come un piccolo passo verso la costituzione di uno Stato palestinese.http://america24.com/

Bar Refaeli testimonial di Israele ma l'esercito dice no

La supermodella è stata scelta dal ministero degli Esteri come figura di spicco di un breve filmato sulle 'invenzioni israeliane che hanno cambiato il mondo', a cui la Refaeli ha partecipato gratuitamente. Ma la decisione ha suscitato l'indignazione del portavoce militare israeliano: "E' inconcepibile che la Refaeli sia stata scelta come rappresentante di Israele per una campagna rivolta all'estero. Si è sottratta alla leva, non ci rappresenta e lancia un messaggio negativo per i nostri giovani''. Una fonte del Ministero ha replicato che a questo punto l'eventuale annullamento dell'iniziativa, non ancora online ma pronta per la diffusione, "sarebbe controproducente".La Refaeli, da parte sua, ha preferito non esprimersi. In alto la notizia sul giornale Israel Hayom   http://www.repubblica.it/

Siria, i militari israeliani confermano: ad Aleppo sono state usate armi chimiche
Le armi chimiche in Siria? «Sì, le hanno usate. Non sappiamo chi, però, se Assad o i ribelli». La «linea rossa» tracciata pochi mesi fa dal presidente americano Barack Obama – l’uso delle munizioni con agenti chimici – per gl’israeliani è stata superata martedì 19 marzo. Giorno in cui, confermano fonti militari, un attentato nell’area di Khan al-Assal, nei pressi di Aleppo, ha ucciso 25 persone e ferito un centinaio.La notizia, data nell’edizione serale del tg della tv israeliana Canale 10, arriva il giorno prima dell’atterraggio del numero uno della Casa Bianca nello Stato ebraico. E rischia di cambiare l’agenda dei lavori di Obama, del premier Netanyahu e del re giordano Abdullah. Per la prima volta, almeno secondo gl’israeliani, nel conflitto biennale tra ribelli e lealisti di Assad scendono in campo le armi chimiche.Armi che, però, secondo l’amministrazione Usa non è confermato siano di distruzione di massa. E per questo, a Washington per ora vogliono vederci più chiaro. Damasco – attraverso la tv di Stato (sotto il servizio video) – accusa i ribelli. Mosca si allinea alla denuncia del presidente siriano. Mentre i ribelli non solo smentiscono di avere armi chimiche, ma denunciano l’uso da parte dell’esercito di Assad. «Ci hanno tirato addosso gli Scud», dice Qassim Saadeddine, portavoce dell’Alto consiglio militare di Aleppo. E spiega che «la maggior parte delle vittime civili è morta per soffocamento o avvelenamento dovuti all’uso di gas velenosi».Le voci si rincorrono. Le parti in causa si accusano a vicenda. Le uniche certezze sono le vittime e il racconto di un fotografo dell’agenzia Reuters che dice di aver visto decine di persone con difficoltà respiratorie arrivare nei due ospedali di Aleppo subito dopo l’attacco.Da Israele più di un analista militare ritiene che le accuse di Damasco servano soltanto «ad autorizzare Assad a usare apertamente le armi chimiche contro le forze ribelli». «Sono giorni che l’esercito lealista si sta preparando per sferrare l’attacco finale a Homs». Città che, negli ultimi giorni, fa da sfondo agli scontri feroci tra le due parti e dove il presidente non vuole e non può perdere: «Da questa zona passano tutte le autostrade che collegano la capitale alle città di Latakia, Aleppo e Idlib». Ed è proprio verso queste aree che Assad avrebbe deciso di trasferire da Damasco e dal sud truppe, carri armati, aerei, elicotteri.«In questo momento attorno a Homs sono già presenti le divisioni 18 e 19 della Guardia repubblicana», sostengono gli esperti. Truppe d’élite, tra le più fedeli al presidente, «che sanno usare le armi chimiche» e che saranno affiancate da altre. «La Quarta e la Quinta divisione hanno lasciato la capitale e sono sulla strada».VIDEO: http://falafelcafe.wordpress.com/2013/03/19/siria-i-militari-israeliani-confermano-ad-aleppo-sono-state-usate-armi-chimiche/

Canzone dei soldati israeliani per Pasqua:

http://www.youtube.com/watch?v=S-VzAWJ1yK4&feature=youtu.be

Storie – Ughetto, martire della Resistenza
Il ragazzo del ponte avrà la medaglia d’oro al merito civile. A distanza di quasi settant’anni dagli eventi, lo Stato italiano si è finalmente ricordato di Ugo Forno, detto Ughetto, l’ultimo martire della Resistenza romana, il dodicenne gracile ma vivacissimo, con i capelli scuri e gli occhi azzurri, che morì il 5 giugno 1944, nelle ore della liberazione di Roma, per difendere il ponte ferroviario sull’Aniene dagli ordigni germanici (dove ora sfrecciano i treni dell’Alta velocità), mettendo in fuga assieme ad altri ragazzi e ad alcuni contadini i sabotatori della Wehrmacht. Nello scontro a fuoco con i tedeschi, lo studente fu colpito a morte. La breve vita dell’ultimo resistente romano è stata raccontata l’anno scorso da Felice Cipriani nel saggio “Il Ragazzo del Ponte. Ugo Forno eroe dodicenne. Roma 5 Giugno 1944” (edizioni Chillemi). Lunedì si è tenuta la premiazione degli studenti vincitori del concorso letterario “Il Coraggio di Scegliere” in memoria di Ugo Forno, presso il Museo Storico della Liberazione in Via Tasso 145. Il premio, indetto dall’Anpi di Roma e Lazio, insieme ai familiari e amici di Ugo Forno e a Legambiente Lazio, con il sostegno del Corriere della Sera, ha coinvolto gli alunni dodicenni delle Scuole Medie del Secondo Municipio. L’elaborato primo classificato, scritto da Pietro Coppari della scuola Giuseppe Sinopoli, verrà pubblicato sulla Cronaca di Roma del Corriere della Sera, mentre ai primi cinque classificati e alle due menzioni speciali andrà una copia del libro di Cipriani.L’assegnazione della medaglia d’oro a Ughetto è uno degli ultimi atti della presidenza della Repubblica di Giorgio Napolitano, contrassegnata da un forte attenzione e sensibilità ai temi della memoria del nostro Paese. Il mio auspicio è che la sua eredità di valori sia raccolta dal nuovo inquilino del Colle.Mario Avagliano http://moked.it/blog/(19 marzo 2013)

martedì 19 marzo 2013

Bouza, la convivenza servita su un cono
Se si legge come Adam Ziv ha aperto la gelateria Bouza, a Tarshiha, una cittadina nel nord d’Israele, non si può fare a meno di notare che la storia ha un po’ dell’incredibile. Ma ascoltandola dalla sua voce, la sua erre moscia e il suo tono flemmatico così israeliani sembrano quasi dire: nu, che c’è di strano? Non è esattamente la storia del sogno di una vita: “Ci sono due cose che amo nella vita, la musica e il gelato, ma ho sempre pensato a mangiare il gelato, mai che un giorno l’avrei fatto”. Più che altro dunque è una specie di romanzo d’avventura, che parte dal kibbutz Sasa, dove l’intrepido Adam è nato ventisei anni fa. Passando poi per La Gomera, un’isola delle Canarie dove è approdato durante un viaggio di un anno e mezzo in giro per il mondo, e dove Ziv racconta di aver passato le sue giornate diviso fra l’aiutare un signore ottantenne a costruire una zattera per una traversata dell’Atlantico e il lavoro in una piccola gelateria gestita da una donna tedesca e da un francese. Ed è proprio in quel momento che ha capito di volerne aprire una anche lui. Così è saltato sul primo yacht per farsi dare un passaggio fino all’Africa, lavorando in cambio come marinaio. E poi il colpo di fortuna: parlando al telefono con i suoi genitori della sua illuminazione, suo padre l’ha indirizzato da un vecchio amico, conosciuto perché aveva avuto rapporti di lavoro con il suo kibbutz, proprietario da generazioni di una gelateria a Empoli. Ed è lì che Adam ha imparato a fare quello che lui stesso, anche quando parla in inglese, chiama proprio così, con il termine italiano, gelato. E la sera suonava insieme alla band del figlio del capo, suo coetaneo e musicista come lui, coniugando le due grandi passioni. Ma se oggi gli si chiede se nella sua gelateria si mangia gelato italiano, lui risponde “No, qui vendiamo glida glilit”, gelato della Galilea. Perché una volta tornato a casa, quando si è posto il problema di decidere dove aprire il suo negozio, Adam si è orgogliosamente rifiutato di spostarsi dal nord d’Israele: “Normalmente un ragazzo giovane che vuole vendere gelato e fare il musicista si trasferirebbe a Tel Aviv, ma la vita deve essere anche interessante, non solo facile. A Tel Aviv è normale alzarsi la mattina, mangiare un gelato, e poi la sera andare a un concerto, dunque perché non fare lo stesso in periferia?”. E così è finito nella vivace Tarshiha, una cittadina araba, dove vivono cristiani e musulmani, unita a Ma’alot, centro invece ebraico. E lì si è rivolto ad Alaa Sawitat, ventinovenne arabo che conosce da sempre, proprietario di un ristorante di Tarshiha, per un consiglio. Che poi, nel luglio scorso, si è trasformato in una partnership: Alaa gestisce la parte economica dell’attività, Adam prepara il gelato. Il negozio si chiama Bouza, che vuol dire gelato in arabo, e il loro slogan è “pashut glida”, semplicemente gelato. Perché la verità è che il loro unico scopo è “fare un gelato che piaccia alla gente”, utilizzando ingredienti locali, sfruttando quello che la terra e la tradizione offrono loro – quest’estate il loro gusto hummus è stato un successo – insieme a prodotti di qualità importati dall’Italia. Ma la clientela del negozio, che fra un boccone e l’altro esclama entusiasta un po’ in arabo e un po’ in ebraico, suggerisce che questo “semplice gelato” sia davvero speciale. Adam e Alaa non si fanno nessuna illusione di poter servire la pace in Medioriente su un cono: “Una cosa però è certa, noi abbiamo una vita normale qui, e dunque dobbiamo parlarci e vivere insieme, e anche lavorare insieme”, spiega Ziv. D’altra parte, “coesistenza e pace sono solo parole vuote se non le metti in pratica: puoi fare discorsi tutto il giorno, oppure puoi semplicemente uscire fuori e fare qualcosa”. Anche “semplicemente gelato”.Francesca Matalon, Pagine Ebraiche marzo 2013(19 marzo 2013)

Gerusalemme festeggia col rosso Ferrari
Le strade di Gerusalemme si tingono di rosso Ferrari. Una monoposto della scuderia di Maranello, affidata a Giancarlo Fisichella, parteciperà infatti il 13 e il 14 giugno alla prima edizione del Jerusalem Peace Road Show. Sport e valori, passato e modernità: uno straordinario intreccio che fa trepidare gli appassionati di mezzo mondo. Nir Barkat, sindaco di Gerusalemme: “Abbiamo 5mila anni di storia alle spalle ma non vogliamo restare fermi. La nostra è una città dinamica e aperta al mondo”. Dopo Mosca, Rotterdam, Doha, Rio de Janeiro e altre città nei cinque continenti la Ferrari sarà protagonista di un nuovo evento cittadino, dando così la possibilità agli appassionati ma anche a chi non conosce l’automobilismo sportivo di avvicinarsi a questo mondo. Il tracciato avrà lunghezza di quasi due chilometri e mezzo e sfiorerà luoghi e simboli universali. Fisico non sta nella pelle: “È bellissimo avere l’opportunità di guidare una vettura di Formula 1 sulle strade di una città così affascinante e ricca di storia come Gerusalemme. Sono sicuro – ha affermato nel corso della conferenza stampa – che l’evento attirerà tantissima gente lungo il percorso, un vero e proprio circuito che si snoderà su e giù per le colline e correrà per una parte accanto alle mura della Città Vecchia. Sarà davvero un’esperienza unica ed
affascinante”.(19 marzo 2013)http://moked.it/blog/




La S.V. è invitata all'iniziativa  
GIUSTO IERI
Maratona di Lettura per celebrare la prima edizione della Giornata Europea dei Giusti
Assisi - Pinacoteca di Palazzo Vallemani
“Sala degli Sposi”
Venerdì 22 marzo - ore 16.45
 Una collaborazione Italia Israele Perugia, Città di Assisi, Associazione Leggi per Me, Opera Casa Papa Giovanni-Museo della Memoria "Assisi 1943-1944"Ciascuno che volesse partecipare attivamente all'iniziativa, potrà venire a leggere un brano a sua scelta oppure estratto tra i brani che metteremo a disposizione da varie opere attinenti al tema dei Giusti.Vi aspettiamo numerosi.Un cordiale Shalom L'Associazione Italia Israele Perugia  

lunedì 18 marzo 2013

Yaalon alla Difesa, Israele sceglie la linea della prudenza con l’Iran

 VIDEO:http://it.euronews.com/2013/03/17/yaalon-alla-difesa-israele-sceglie-la-linea-della-prudenza-con-l-iran/

Varato il 33esimo governo israeliano
Dopo la firma degli accordi di coalizione con Yesh Atid (C’è futuro), di Yair Lapid, e Bayit Yehudi (Casa ebraica), di Naftali Bennett, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha incontrato sabato sera, 16 marzo, il presidente Shimon Peres, nella sua residenza a Gerusalemme, per informarlo d’essere riuscito a formare un nuovo governo. Il nuovo governo, il cui giuramento alla Knesset è previsto per lunedì, sarà composto da 22 ministri compreso il primo ministro. Questa la composizione del 33esimo governo israeliano aggiornata ai cambiamenti delle ultimissime ore
 LIKUD
Binyamin Netanyahu – primo ministro e ministro degli esteri temporaneo (fino al termine del procedimento a carico di Avigdor Liberman)
Moshe Ya’alon – ministro della difesa
Israel Katz – ministro dei trasporti
Yuval Steinitz – ministro su affari strategici internazionali e intelligence
Silvan Shalom – ministro per lo sviluppo regionale, l'energia e le risorse idriche
Gilad Erdan – ministro della protezione civile e delle comunicazioni
Gideon Sa’ar – ministro dell’interno
Limor Livnat – ministro della cultura e dello sport
ISRAEL BEITENU
Yitzhak Aharonovitch – ministro della pubblica sicurezza
Yair Shamir – ministro dell’agricoltura
Sofa Landver – ministro per l’assorbimento dell’immigrazione
Uzi Landau – ministro del turismo
(Avigdor Liberman – ministro degli esteri, se e quando verrà scagionato nel procedimento che lo vede coinvolto)
YESH ATID
Yair Lapid – ministro delle finanze e vice primo ministro
Shai Piron – ministro dell’istruzione
Yael German – ministro della sanità
Meir Cohen – ministro del welfare e dei servizi sociali
Yaakov Peri – ministro della scienza e della tecnologia
HABAYIT HAYEHUDI
Naftali Bennett – ministro dell’economia e del commercio e vice primo ministro, con delega su servizi religiosi, Gerusalemme e Diaspora
Uri Ariel – ministro dell’edilizia e della casa
Uri Orbach – ministro dei pensionati
HATNUA
Tzipi Livni – ministro della giustizia
Amir Peretz – ministro per la protezione dell’ambiente
(Da: Jerusalem Post, Times of Israel, 15.3.13)

Voci a confronto
arà corposa la rappresentanza ebraica domani mattina in San Pietro per la cerimonia di inizio del ministero petrino di papa Francesco. Presenti tra gli altri, come ricorda il Corriere, il presidente UCEI Renzo Gattegna, il rabbino capo di Roma rav Riccardo Di Segni e il leader comunitario Riccardo Pacifici oltre a una rappresentanza del World Jewish Congress, dell’Anti Defamation League e al direttore generale del Gran rabbinato di Israele Oded Wiener. Sul Foglio Giuliano Ferrara, con un lungo editoriale, elogia le prime uscite pubbliche e la capacità di apertura al mondo del nuovo pontefice.Cresce intanto l’attesa per la storica visita di Obama. Molti i nodi che verranno affrontati nel corso della tre giorni mediorientale del leader statunitense. Dalle questioni di politica interna come il nuovo assetto governativo israeliano che nelle scorse ore ha preso definitivamente forma all’amicizia con Washington alla minaccia nucleare iraniana. “Un’impresa difficile”, sottolinea Financial Times. “Obama il quasi amico del governo di Israele”, titola Repubblica parafrasando un noto film francese recentemente distribuito nelle sale. Tra i momenti di maggiore impatto della missione diplomatica, scrive Frattini sul Corriere, l’incontro con Yityish Ainaw, emigrata dall’Etiopia in Israele a 12 anni e prima reginetta di bellezza di origine africana. “Spero che storie come la mia – afferma Ainaw – aiutino a integrarci senza dimenticare chi siamo e da dove veniamo”.Due inquietanti episodi dall’Europa. La nuova provocazione del primo ministro ungherese Orban che deliberatamente premia tre antisemiti dichiarati (Corriere) e il saluto nazista di un calciatore greco dopo una realizzazione. La risposta della federazione non si è fatta attendere: radiato, per lui niente maglia della nazionale vita natural durante (Quotidiano nazionale).
Sempre a proposito di razzismo Maurizio Molinari racconta sulla Stampa come l’Fbi abbia alzato bandiera bianca in merito ai molti omicidi con questa matrice avvenuti negli Stati Uniti in passato e ancora oggi irrisolti.(18 marzo 2013)http://moked.it/blog/

Tea for Two - Ebraismo al curry 
Aprire la pagina del New York Times delizia le mie giornate e rinvigorisce la mente, oramai debilitata dalla tesi e altri affanni. Mi piace la sua auctoritas, è il punto di riferimento di numerose e interessanti tipologie umane. Della serie: dimmi che sezione del numero domenicale leggi e ti dirò chi sei. Lungi dall'essere snob, parla di tutto senza però creare strani miscugli grotteschi come fanno molti giornali italiani. Probabilmente solletica la pigrizia, ma è bello aprirlo e vedere che qualcuno ha già fatto il lavoro al posto mio. Un cappello celebrativo necessario per raccontare l'ultima piccola gustosa scoperta: l'inviata Joan Nathan è volata nella speziata India alla scoperta di cibo ebraico-indiano, una fusione che farebbe impallidire persino i severissimi giudici di MasterChef. Partita durante Channukkah, la nostra Joan si è imbattuta nel Menorah Restaurant e ha conosciuto anche una donna ebrea di origine irachena, Queenie, che cucina piatti memorabili nati da tre tradizioni diverse. La confortante Queenie le racconta che i preparativi per Pesach a Kochi iniziano addirittura da gennaio (e pensare che noi iniziamo a tremare solo dopo Purim). L'India che incontra la tradizione ebraica è qualcosa di favoloso, un cortocircuito colorato e in movimento: immagino Sarit Hadad che duetta con Panjabi MC e Gad Elmaleh accompagnato da Aishwarya Rai in un film che culmina in balli variopinti. Anche se alla fine, abbiamo imparato (e il New York Times conferma) che l'incontro migliore avviene davanti a una tavola.Rachel Silvera, studentessa –http://www.moked.it/

Hannaleh e l’innocenza d’Israele
C’è un’immagine, la pagina di un piccolo libro, che tutta Israele porta impressa nelle esperienze infantili della memoria condivisa. Quella di Hannaleh e dei suoi vestiti dello Shabbat. La bimba di quattro anni che si ferma lungo la strada per aiutare un vecchio carbonaio a trascinare il suo fardello, i vestiti che finiscono irrimediabilmente per macchiarsi e sono infine resi più splendenti di prima dai raggi della luna e dalla carezza delle stelle capaci di salvare la situazione. Israele aveva da poco conquistato la propria indipendenza al prezzo di una guerra e di durissimi sacrifici. I suoi bambini erano il tesoro e l’orgoglio di una società alla disperata ricerca di un futuro lontano dagli orrori delle persecuzioni e della Shoah, quando il libro I vestiti dello Shabbat di Hannaleh apparve per la prima volta nelle librerie. Divenuto subito il titolo di punta delle celebre collana per l’infanzia delle edizioni Ofer, la storia raccontata da Itzhak Schweiger Dmi’el è stata a lungo il libro per l’infanzia più diffuso in lingua ebraica. Innumerevoli generazioni, dai nonni, ai genitori, ai piccoli lettori, lo hanno visto come un luogo del pensiero intimo e confortante. Niente di strano, per chi ha conosciuto la forza dei sogni, la semplicità, l’Israele dei grandi ideali. Ma oggi? Non è il disincanto, il consumismo, l’eclisse degli grandi ideali sionisti, insomma il freddo egoismo, a farla da padrone? Un libro così ingenuo, come si fa a metterlo nelle mani dei bambini di un paese che dimostra tutto il dinamismo e le dure contraddizioni di oggi? Quando si entra a Gerusalemme al Museo di Israele e ci si dirige alla Ruth Youth Wing Library che continua a proporre un programma intenso e prestigioso di attività per i giovanissimi visitatori, la mostra dove Hannaleh torna protagonista (Days of Innocence: Illustrator Eva Itzkowitz and the Ofer Library, visitabile fino al 31 dicembre di quest’anno e curata da Orna Granot) consente invece di rispondere a molti interrogativi proprio sulla società israeliana attuale. Hannaleh, rigorosamente ristampato e ben evidenziato nel catalogo della gloriosa casa editrice, è ancora il più diffuso libro per bambini. E i visitatori di tutte le generazioni che vengono a godersi l’esposizione non ci tengono a coltivare sentimenti nostalgici. Preferiscono piuttosto chiedersi cosa è rimasto vivo e cosa è profondamente mutato nella nostra maniera di vedere l’infanzia e l’educazione. Ma soprattutto vogliono fare la conoscenza di un’artista straordinaria, che con il proprio disegno ha popolato la mente di chi è cresciuto con la lingua ebraica nel cuore. Lei, l’autrice di Hannaleh e di tanti altri celebri libri per l’infanzia, per oltre sessant’anni è entrata nelle menti di tutti, ha abitato sugli scaffali di ogni casa, ha fatto ridere e piangere, ha liberato l’immaginazione, senza mai dire il suo nome. Tutti i libri della collana Ofer per l’infanzia riportano il nome degli autori dei testi, mai quello dell’illustratrice. Per una sua modestia eccessiva, quasi un vezzo, mentre Israele nasceva, cresceva, combatteva, sognava, ha preferito rimanere nell’ombra. Immagini abbaglianti nella loro purezza e totale silenzio sulla propria identità. Oggi, grazie proprio all’impegno dei ricercatori del più autorevole museo di Israele, Eva Itzkowitz ha deciso, compiuti i novant’anni, di lasciar cadere il velo e di rivelare la propria identità. E la mostra vuole celebrarla, incontrarla di persona, dirle grazie. Proprio con l’intento di incontrare l’autrice, rivedere il suo lavoro paziente e lontano dai riflettori e rendere omaggio alla madre dei propri sogni, tanta gente di tutte le età viene ora a visitarla. Ci sono ovviamente molti giovanissimi lettori, ma anche tantissimi adulti e ognuno a proprio modo ha da commentare, da raccontarsi quale immagine, quale personaggio porta sempre vividamente impresso nel cuore. La Itzkowitz non è stata, come qualcuno forse avrebbe creduto, una fata disegnatrice, ma apprendiamo oggi che la sua vita è stata segnata dalle vicende di molti ebrei della sua generazione. Tedesca, nata nel Land di Sassonia nel 1922, in fuga dalle persecuzioni già nel 1939, ha studiato disegno ad Atene, dove era riuscita a rifugiarsi prima di raggiungere la Palestina del Mandato britannico nel 1945. I britannici avevano bloccato e respinto la famiglia che tentava di raggiungere Israele negli anni del conflitto. Tornati ad Atene il padre, morto nella Shoah, fu identificato e deportato dagli occupanti nazifascisti. Eva, la madre e la sorella riuscirono a sopravvivere sotto falso nome. Cominciata una nuova vita in Israele, il tratto della disegnatrice anonima entrò in tutte le case e accompagnò la crescita della nuova gioventù di un popolo intero nelle numerosissime pubblicazioni per l’infanzia che la Ofer e altri editori diffusero fino al 1975. Nessuno si chiese chi era veramente l’autrice, né pensò che si trattasse di un’artista di prima grandezza. La mostra al Museo di Israele rende ora giustizia al suo nome, ma anche alla sua arte. Orna Granot, che dirige il centro di ricerche per l’infanzia in seno al museo nazionale, ha fatto emergere nell’esposizione dei disegni originali il tratto limpido, diretto, volutamente semplice. “C’è una bellezza – afferma ora la Granot – in questa semplicità. Oggi i libri per l’infanzia sono spesso strutturati per parlare agli adulti con un linguaggio e ai bambini con un altro. Pongono problemi e pretendono di risolverli. Allora non era così. Il messaggio era molto semplice, più diretto e meno sofisticato”. Emerge ovviamente anche l’impostazione ideologica che contrassegnava l’Israele di allora. Il tentativo di indicare ai bambini un percorso di crescita per assumere un loro ruolo nella società, raggiungere con fiducia le abilità dimostrate dai genitori, identificarsi in un modello positivo. Tutti ideali che oggi potrebbero forse far sorridere, ma che hanno sorretto e accompagnato l’infanzia di numerosi bambini nati in famiglie spesso uscite da traumi indescrivibili. Fedele alla tradizione culturale tedesca, il tratto dell’autrice tradisce un’estetica iper ashkenazita che sembra estranea alla multietnicità dell’Israele di oggi e riflette piuttosto la tranquillizzante, asettica bellezza delle icone di bambini nordeuropei. Attraverso una rilettura della sua opera è oggi consentito comprendere lo sforzo immenso delle generazioni che ci hanno preceduto di rielaborare gradualmente le loro identità di europei e di mediare fra la codificazione estetica, il gusto occidentale e i nuovi impulsi di vita che Israele a contribuito a moltiplicare nel corso della sua evoluzione verso una società estremamente diversificata, complessa e talvolta tumultuosa. Proprio nella sua apparente ingenuità, nella sua tenera nostalgia, il lavoro della Itzkowitz ritrova, attraverso questa rilettura nuova luce. E Israele riscopre l’emozione di dire grazie, chiamandola per la prima volta con il suo vero nome, all’autrice di quel tenero mondo incantato destinato a simboleggiare eternamente l’immaginario dell’infanzia di un paese intero.Guido Vitale, Pagine Ebraiche,(18 marzo 2013)

Grecia: la commemorazione dei deportati e il saluto nazista

17/03/2013http://www.mosaico-cem.it/
Sabato 16 marzo, a Salonicco, in Grecia, si è svolta la commemorazione per il 70° anniversario della deportazione nazista degli ebrei.Una marcia silenziosa verso la vecchia stazione ferroviaria da cui il 15 marzo del 1943 partì il primo convoglio greco verso Auschwitz. Alla marcia hanno partecipato circa 1000 persone, fra cui Ronald S. Lauder, capo del World Jewish Congress, Moshe Kantor, presidente dello European Jewish Congress, e il violista israeliano Ivry Gitlis. Il primo ministro Antonis Samaras, invece, interverrà ad una cerimonia commemorativa in programma per domenica 17 marzo.Salonicco, centro commerciale di grandissima rilevanza per le relazioni con i Balcani e l’Oriente lungo tutta l’età moderna fino all’Ottocento, fu distrutta da un gravissimo incendio nel 1917. I circa 60.000 ebrei di Salonicco, che avevano la gran parte delle loro attività e dei loro beni concentrati nel centro della città, furono i più colpiti dall’incendio.La distruzione della “Gerusalemme dei Balcani” – come spesso all’epoca veniva chiamata Salonicco – fu portata a termine dai nazisti che deportarono nei campi di sterminio il 98% della popolazione ebraica (circa 54.000 persone, fra donne uomini e bambini).Oggi vivono a Salonicco circa 1000 ebrei: “La comunità ebraica è molto piccola e nessuno pensa più ormai che possa tornare agli splendori di un tempo” ha detto il sindaco della città, Yannis Boutaris. “Quel che cerchiamo di fare oggi è di  valorizzare il patrimonio rimasto .. e non solo l’eredità degli ebrei, ma anche dei turchi e dei greci che qui hanno vissuto per secoli in pacifica coesistenza”, ha aggiunto.
Mentre a Salonicco si svolgeva la marcia in memoria dei deportati, nello stadio di Atene, Giorgio Katidis, centrocampista dell’AEK Atene, festeggiava il gol segnato all’84° minuto alla squadra del Veria, con il saluto nazista. Un gesto che ha suscitato disapprovazione da parte di tutti i presenti, dai compagni di squadra al pubblico.Nella foto che lo ritrae con il braccio alzato, si vede il compagno di squadra brasiliano, Roger Guerreiro, che lo guarda con un’espressione di stupore. L’allenatore tedesco dell’AEK, Ewald Lienen, ha detto che Katidis “non ha idea di cosa sia la politica”. Katidis stesso su Twitter ha scritto che non conosceva il significato di quel gesto e, anzi, che odia il fascismo.La Federcalcio greca ha deciso l’esclusione a vita di Katidis da qualsiasi nazionale ellenica. “Il suo gesto – si legge nel comunicato della Federcalcio – colpisce profondamente tutte le vittime delle atrocità naziste e ferisce il carattere pacifico e profondamente umano del calcio.”

Viaggio in Palestina di un giovane erede al trono e del suo fotografo

Il 6 febbraio del 1862, il principe del Galles, futuro re Edoardo VII partì per un viaggio di quattro  mesi nel medio Oriente. Un viaggio deciso un anno prima dalla Regina Vittoria e dal Principe Alberto affinché il loro giovane figlio, erede al trono,  prendesse “confidenza” con le civiltà antiche, la storia, le religioni. Un tour durante il quale, secondo le disposizioni della Regina, Edoardo avrebbe anche incontrato diplomatici e governanti della regione. Insomma un tour educativo a tutto tondo, che i regnanti inglesi consideravano parte essenziale della formazione di un erede al trono.Il principe fu accompagnato nel suo viaggio mediorientale da un fotografo londinese Francis Bedford, il quale fu incaricato direttamente dalla Regina Vittoria di tenere un diario fotografico del viaggio. Ora i 200 scatti di Bedford – primo fotografo al seguito di un “tour reale”- e il diario del giovane Edoardo, sono esposti in una mostra alla Queen’s Gallery di Palazzo di Holyroodhouse, a Edimburgo, con il titolo  “Cairo to Costantinople: Early Photographs of the Middle East,“. La mostra rimarrà aperta al pubblico fino a novembre 2013;  verrà trasferita a Buckingham Palace nel novembre 2014 dove rimarrà fino al febbraio 2015.Edoardo, insieme a Bedford e allo stuolo di servitori e aiutanti, giunsero in Palestina nel porto di Jaffa il 29 marzo 1862 da dove partì il viaggio alla volta di Gerusalemme, Betlemme, Hebron, Nablus e la Galilea. All’epoca la Palestina era ancora ottomana; il sionismo e la prima aliah dei coloni russi, erano ancora lontani.Dopo lo sbarco a Jaffa il “gruppo reale” si mise in cammino verso Gerusalemme: tre giorni di viaggio a cavallo passando per Beit Horon e la valle dell’Ayalon. Giunti a Gerusalemme, si accamparono fuori delle mura della Città Vecchia, vicino alla Porta di Damasco.Il principe ottenne il permesso speciale di visitare i luoghi santi dell’Islam, in particolare la Cupola della Roccia e la moschea di Hebron; Bedford ottenne a sua volta il permesso speciale di fotografarli. La foto della Cupola della Roccia risale al 1° aprile 1862.Dopo una visita a cavallo a Betlemme, alla tomba della Natività, il 21 aprile il gruppo di inglesi raggiunse Cafarnao in Galilea dove, dalle foto di Bedford, si vede il futuro re d’Inghilterra e i suoi accompagnatori, fare un picnic sotto un albero di fico. Fu l’ultima tappa del tour palestinese: da lì infatti ripartirono alla volta della Siria e del Libano per raggiungere come ultima tappa Costantinopoli. Sulla strada del ritorno verso l’Inghilterra si fermarono anche ad Atene e in diverse isole greche.Le foto del viaggio “reale” in Medio Oriente, furono esposte da Bedford poco dopo il rientro in Inghilterra in una mostra che all’epoca fu definita come “la più importante rassegna fotografica finora presentata al pubblico”.Il diario giorno per giorno del viaggio (dal 6 febbraio al 14 giugno 1862)  dal Cairo a Costantinopoli e l’anteprima delle foto, sono consultabili sul sito della Royal Collection Trust.http://www.mosaico-cem.it/

M.O./ in israele 10.000 agenti si preparano alla visita di Obama

Saranno oltre 10.000 gli agenti di polizia impegnati a garantire la sicurezza del Presidente americano Barack Obama durante la sua visita in Israele, in programma la prossima settimana. Lo ha annunciato oggi il portavoce della polizia israeliana, Micky Rosenfeld, sottolineando come l'operazione sia la più grande del suo genere dopo quella approntata nel 2008 per l'arrivo dell'allora Presidente Usa, George W. Bush.Obama arriverà in Israele accompagnato da circa 500 persone, ha sottolineato il portavoce, aggiungendo che il Secret Service del Presidente collaborerà con lo Shin Bet per garantire la sicurezza.Stando a quanto riportato oggi dal Jerusalem Post, il prossimo 20 marzo la polizia e lo Shin Bet saranno impegnati a garantire la sicurezza all'aeroporto Ben Gurion per l'arrivo di Obama, il cui convoglio si dirigerà quindi a Gerusalemme. Il giorno dopo,il Presidente visiterà Ramallah e i territori palestinesi, dove la sicurezza sarà gestita dal personale Usa, dall'esercito israeliano e dalle autorità palestinesi. Il terzo e ultimo giorno, Obama sarà a Tel Aviv.http://www.ilmondo.it/esteri/

 Si chiude domenica il 6^ Nizza Israele Film Festival e Nizza premia Lior Ashkenazi

 Il Professore Daniel Benchimol, Consigliere generale in rappresentanza di Christian Estrosi, Deputato-sindaco di Nizza, Presidente della Metropoli Nizza Costa Azzurra parteciperà il 17 marzo  alle 19 alla Cerimonia di chiusura del 6 Nizza Israele Film Festival al Pathé Masséna a Nizza A questa cerimonia saranno presenti Barnéa Hassid, Console Generale dell'Israele a Marsiglia, Claude Bensadoun, Presidente dei Bnai Brith Golda Meir e Laurent Gahnassia dell'ufficio del Turismo israeliano di Parigi, nonchè l'invitato di onore del Festival, l'attore Lior Ashkenasi, si assegnerano le " Mimosa d'oro" ai migliori film selezionati Al termine della cerimonia, il Professore Daniele Benchimol,offrirà a Lior Ashkenasi, la medaglia d'onore della Città di Nizza. Lior Ashkenazi è la più grande stella del cinema e di teatro della sua generazione in Israele.http://www.montecarlonews.it/

Obama, collaborero' con governo Israele

(ANSA) - WASHINGTON, 16 MAR - Barack Obama si congratula con il popolo israeliano, il premier Netanyahu, ed i nuovi membri della coalizione di governo e auspica di lavorare assieme a stretto contatto. Lo rende noto la Casa Bianca.La collaborazione, si legge nel comunicato, sara' necessaria ''per affrontare le numerose sfide che abbiamo di fronte e far progredire i nostri interessi comuni a favore della pace e della sicurezza''. Il Presidente sara' in Israele la prossima settimana per la sua prima visita.

Gli israeliani godono di grande simpatia (in America) 
Mentre si approssima la prima storica visita di Obama in Israele, un sondaggio condotto di recente da Gallup evidenzia il raggiungimento di un nuovo massimo assoluto nei livelli di simpatia del popolo americano nei confronti dello stato ebraico. Il perenne conflitto arabo-israeliano è definito in termini netti dai residenti negli Stati Uniti: il 64% dei quali appoggia le posizioni di Gerusalemme, mentre soltanto il 12% parteggia per i palestinesi.

Il livello di simpatia nei confronti di Israele risulta in crescita dalla fine degli anni '90: in particolare l'accordo di pace saltato nel 2000 a causa del voltafaccia di Arafat, la rivolta palestinese (Seconda Intifada) che seguì, con la sua lunga scia di sangue, hanno provocato un drastico mutamento di orientamento da parte degli americani, il cui filo-sionismo si colloca adesso ai livelli più alti della storia. Orientamento ora molto polarizzato: gli indecisi, gli incerti e i privi di una posizione sul conflitto sono in netta caduta, da più del 50% di 15 anni fa all'attuale 23%: praticamente sui minimi assoluti. Una informazione più obiettiva e trasparente ha consentito in questi anni di evidenziare il desiderio di pace e sicurezza da un lato, e il ripudio della prima e offesa della seconda, dall'altro.
Significativo rilevare come l'appoggio nei confronti delle posizioni israeliane risulti - come si suole dire oggi - bipartizan: mostrano simpatia verso Israele il 78% di chi si dichiara repubblicano, in calo peraltro dal picco quasi plebiscitario di tre anni fa; al tempo stesso, la maggioranza dei democratici sostiene le posizioni di Gerusalemme.La diffidenza del popolo americano verso le posizioni palestinesi spiega perché in pochi si aspettano concreti passi in avanti nel processo di pace; interrottosi nel 2010 con il rifiuto di Abu Mazen di sedersi al tavolo delle trattative con il Primo Ministro israeliano Netanyahu, malgrado la concessa sospensione dell'attività edilizia nei territori contesi; e tuttora in stallo per le improponibili richieste palestinesi (oltre al famoso blocco, la questione dei discendenti dei profughi palestinesi del 1949, i confini fra i due stati, i quartieri orientali di Gerusalemme e i detenuti palestinesi nelle carceri israeliane). La dirigenza palestinese sa bene che il presidente Obama, malgrado la sua nota ostilità verso le posizioni israeliane, non dispone di un mandato favorevole ai palestinesi da parte dell'elettorato americano, e ha ammonito Obama a non visitare il Monte del Tempio e i luoghi sacri di Gerusalemme, dove peraltro di recente sono state registrate provocazioni e veri e propri scontri.http://ilborghesino.blogspot.it

domenica 17 marzo 2013

Super-caldo in Israele: un morto e tanti malori alla Maratona di Tel Aviv

Un morto e diverse persone colte da malore a causa del forte caldo: e’ successo oggi nel corso della Maratona di Tel Aviv dove attualmente si registrano 34 gradi e un’ondata di afa inusuale anche per Israele. I medici del pronto soccorso hanno affermato di aver curato 50 persone e 20 di loro sono state trasportate in ospedale. Il sindaco di Tel Aviv Ron Huldai ha detto di ritenere che, nonostante il tempo caldo e umido, ”non sarebbe stato giusto cancellare la maratona. La prossima settimana il presidente Usa Barack Obama visitera’ Israele – ha spiegato – e per questo non si poteva spostarla senza abolire la competizione”. Fonti del comune – Huldai ha deciso comunque di avviare un’indagine sui fatti – hanno fatto notare che il maratoneta morto ”ha cominciato a correre alle 6 di stamattina ed e’ stato soccorso dai medici alle 8 di stamattina. Secondo il servizio meteorologico questo significa che ha corso in una fase di caldo leggero”. Il comune ha anche ricordato che, proprio secondo le direttive del ministero della sanita’ – nei giorni scorsi era stato deciso, a causa del caldo in arrivo, di non effettuare la maratona sul percorso totale ma di consentire soltanto un tracciato ridotto. http://www.meteoweb.eu/

Voci a confronto
“Siamo certi che ebrei e cattolici, collaborando nell’impegno per il bene dell’umanità, anche attraverso le proprie specificità, potranno dimostrare che la costruzione di un futuro di vera amicizia tra i popoli e gli individui è realmente possibile”. L’auspicio del presidente e dal consiglio direttivo dell’Assemblea rabbinica, in una lettera inviata venerdì mattina al nuovo pontefice, è ripreso sulle pagine dell’Osservatore Romano e di Avvenire.Sempre il quotidiano della Cei intervista rav Abraham Skorka, il rabbino con cui papa Francesco ha intessuto i legami più solidi durante la sua missione ecclesiastica in Argentina.Di grande interesse, sul domenicale del Sole 24 ore, l’elzeviro di Donald Sassoon sul tema dell’identità ebraica. “Che cosa caratterizza l’ebraismo? Quali i veri tratti distintivi? Un problema difficile – sottolinea l’autore – anche per chi è interno alle Comunità”.Sul Corriere, nell’inserto La Lettura, intervista su due pagine a Philip Roth alla vigilia del suo 80esimo compleanno. Numerosi gli addentellati ebraici che emergono nelle parole di uno più grandi intellettuali americani.Sull’Unità un approfondimento sulla storica visita di Obama in Israele.(17 marzo 2013)http://moked.it/blog/

Nugae - Banksy
"Se i graffiti cambiassero qualcosa - sarebbero illegali", recita in rosso vivo un muro di Londra. Un bel ratto nero disegnato in basso suggerisce che l'autore di questo slogan tagliente, che esprime la forte critica nei confronti del governo che si ostina a etichettare i graffiti come forma di vandalismo, sia opera di Banksy, uno degli artisti di strada più noti al mondo. Nessuno conosce il suo vero nome, nessuno l'ha neanche mai visto, di lui non si sa niente. Tranne che le sue opere vengono battute all'asta per migliaia di sterline, e i suoi documentari ricevono candidature agli Oscar. Altro che vandalo insomma, rientra a pieno titolo nella categoria artisti, e anche uno di quelli impegnati, di quelli entusiasti e sognatori che vogliono davvero rendere il mondo migliore con la loro arte. Originario di Bristol, Banksy disegna soprattutto nelle strade londinesi, combattendo il sistema con la tecnica dello stencil. Anti-imperialismo, anti-razzismo, anti-consumismo, l'uomo che sprofonda nella povertá, nell'ipocrisia, nella perdita di speranza, nell'alienazione, e nell'assurdo, sono alcuni dei principali temi delle opere di Banksy. Le sue immagini hanno un che di surreale, di straniante. Spesso come soggetti hanno i simboli dell'ingessatissima autoritá anglosassone, le guardie col colbacco di Buckingham Palace, i vigili con i loro cappelli allungati, ribaltati in situazioni paradossali. Ma le opere più belle sono quelle che parlano di pacifismo. C'è il ragazzo che invece che una bomba sta per lanciare un mazzo di fiori. C'è la bambina in abitino rosa confetto che perquisisce un soldato in divisa. E poi, forse i più toccanti, ci sono i graffiti che nel 2005 Banksy dipinse sul muro fra Israele e territori palestinesi. Una bambina vola dall'altra parte appesa a dei palloncini. Un bambino si apre un buco attraverso cui si vede il cielo azzurrissimo con le sue nuvole bianche e leggere. Un uomo scosta il grigio del muro come un sipario dietro il quale s'intravede l'orizzonte. E poi un salottino così typically british (manca solo il the caldo), con una finestra con le tendine dalla quale si ammira un sereno paesaggio di montagna.Francesca Matalon, studentessa di lettere antiche,http://www.moked.it/