lunedì 29 ottobre 2012
La sposa promessa,Israele guarda a oscar
(ANSA) - ROMA - E' un piccolo film da camera, La sposa promessa'(Fill the Void) scritto e diretto da Rama Burshtein che alla Mostra di Venezia ha guadagnato la Coppa Volpi (ad Hadas Yaron) e che ora e' il candidato di Israele agli Oscar. Girato quasi interamente in interni, il film che sara' nelle sale distribuito da Lucky Red dal 15 novembre, ci porta dentro un mondo a molti sconosciuto. Ovvero dentro una famiglia ebrea ortodossa di Tel Aviv dove anche l'amore ha il sapore di quelli che racconta la Bibbia
Etichette:
L'angolo del cinema
Il cantante Ivri Lider racconta il suo coming out in famiglia
Ivri Lider, del duo israeliano The Young Professionals, ha parlato di come è stato il suo coming out nel contesto familiare. In una breve intervista rilasciata alla rivista Out, Ivri racconta della semplicità e naturalezza con cui ha fatto coming out all’età di ventiquattro anni: "Vivevo con mia madre e una notte non sono tornato a casa.
Il giorno dopo mia madre mi ha telefonato dal lavoro e mi ha chiesto:
“È un ragazzo o una ragazza?”. E io: “Un ragazzo”. E lei: “Bene! In
frigo c’è della pasta”. Con la mia famiglia è stato molto semplice!"Non so se in Israele è così facile per tutti o Ivri Lider ha una
famiglia speciale. È certo, tuttavia, che se il coming out in famiglia è
avvenuto a ventiquattro anni, quello pubblico è avvenuto pochi anni
dopo, quando Ivri Lider era una star musicale.Di Ivri Lider vi abbiamo già postato il video di D.I.S.C.O. Ora vi lasciamo con un’altra canzone che senza dubbio tutti conoscerete per via del film Yossy & Yagger.http://www.queerblog.it/post/31177/il-cantante-ivri-lider-racconta-il-suo-coming-out-in-famiglia
Etichette:
Curiosità
David Ofek
A Roma dal 3 al 7 novembre, presso la Casa del
cinema, si terrà il Pitigliani Kolno'a
Festival, la manifestazione dedicata al cinema
israeliano ed ebraico.Fanno parte della sezione Sguardo sul nuovo
cinema israeliano: Footnote di Joseph Cedar,
candidato agli Oscar nel 2011; Fill the Void di
Rama Burshtein presentatao in concorso a Venezia 69 e God's
Neighbors di Meni Yaesh.Al documentarista israeliano David Ofek
è dedicato l'omaggio che vede la presentazione di quattro
sue opere, tra cui l'ultimo Luxuries. Per la
consueta sezione dedicata alle scuole di
cinema di Israele, quest'anno è il Dipartimento
di Cinema dell'Università di Tel Aviv ad essere ospite del
festival.Tre documentari su registi ebrei costituiscono la sezione
Storie di Cinema: Polanski, Allen e Kubrick si
raccontano tra vita professionale e privata.Infine per Percorsi ebraici saranno
presentati i documentari Profughi a
Cinecittà di Marco Bertozzi e The Last Flight of
Petr Ginz di Sandy Dickson, Churchill Roberts.http://news.cinecitta.com/
Etichette:
L'angolo del cinema
Tel Aviv - Decine di migliaia in piazza per ricordare Rabin
Decine
di migliaia di persone sono scese in piazza a Tel Aviv ieri sera per
ricordare il primo ministro israeliano Yitzhak Rabin. Rabin fu ucciso
da un estremista di destra il 12 Cheswan 5756, esattamente 17 anni fa.http://www.moked.it/
Etichette:
Abbiamo scelto.....
Jewish Mum of the Year
Jewish
Mum of the Year non è un prestigioso premio conferito da qualche
associazione, bensì l’ultimissima trovata televisiva di una rete
britannica. Si tratta di un reality show che ogni settimana mette in
competizione otto mamme ebree in prove singolari, fra cui ad esempio
organizzare un bar-mitzvah da favola o trovare la moglie perfetta
all’adorato figliolo. Come in ogni reality che si rispetti non mancano
i litigi, dovuti alle diverse personalità delle protagoniste, e i
personaggi eccentrici, come Leslie, che sostiene che per la mamma ebrea
moderna non sia necessario cucinare. Inevitabili le polemiche,
provenienti da molti esponenti ebrei dello show business e
dell’informazione inglesi: Jewish Mum è stato definito “al limite del
razzismo”, “disgustoso”, “molto dannoso”, “pieno di chlichés”. E da un
certo punto di vista queste critiche sono condivisibili: è chiaro che
si sfrutta fino all’osso e si mette in ridicolo il carattere forte di
queste madri ai fini dello spettacolo, ed è vero che generalizzare e
stereotipare non va mai bene. Però in realtà c’è anche del buono in
tutto questo. Perché la tipizzazione dei personaggi è sempre stata un
espediente tipico della commedia, e oggi che il teatro non è più un
passatempo così popolare, il reality l’ha un po’ sostituita
nell’intrattenimento delle masse. E se il latino Plauto usava per far
ridere il giovane innamorato e sfortunato e il servo scaltro, gli
autori televisivi del 2012 hanno a disposizione la bionda non troppo
sveglia, l’artista incompreso e la mamma ebrea. A nessuno oggi verrebbe
mai in mente di mettere in scena un soldato fanfarone, ma tutti hanno
trovato esilarante la mamma invadente di Woody Allen in Edipo Relitto
(New York Stories). Osservato da questa prospettiva Jewish Mum non è
dunque pubblicità negativa, ma semplicemente lo specchio della società
che cambia e comprende il mondo ebraico con tutte le sue sfaccettature.
E poi, in effetti come si fa a non sorridere?Francesca Matalon - twitter @MatalonF, http://www.moked.it/
Etichette:
Curiosità
Come mamma di un ufficiale dei Carabinieri e nipote di un combattente della 1° Guerra Mondiale, trovo doveroso pubblicare questa lettera sul mio blog anche se con Israele non ha nessuna attinenza:
IL 4 NOVEMBRE A CESENA
(pensieri in libertà di luigi migliori)
Cesena 28.10.12
Mio
nonno materno, Giovanni Scagliarini di Stanislao, da San Giovanni in
Persiceto, portiere di notte, iniziò la guerra, soldato semplice,
nel 1915, ne uscì nel 1918, sergente, con ferite ed onorificenze
militari, sempre impegnato al fronte, nel 1917, dopo la rotta di
Caporetto, fu in prima linea sul monte Pasubio ove resistettero,
morì, anziano, Cavaliere di Vittorio Veneto.Per Lui, socialista di
Turati, il 4 Novembre fu sempre una festa di tutti, la festa
dell'Unità Nazionale, anche durante il periodo fascista, quando subì
insulti e percosse a causa dei propri ideali. A
Cesena, il prossimo 4 Novembre la cerimonia per la festa dell'Unità
Nazionale e delle Forze Armate non avrà luogo di fronte al monumento
ai Caduti, sulla pubblica via, come di consueto, bensì nella sala
del Consiglio Comunale, in municipio, ambiente inidoneo ad una
partecipazione di popolo. L'amministrazione comunale non ha concesso
l'uso dello spazio antistante il monumento ai Caduti,al fine di
permettere lo svolgimento di un mercato ambulante straordinario
Domenica 4 Novembre.Le associazioni combattentistiche e d'arma, per
protesta, non parteciperanno ufficialmente alla cerimonia in
municipio. Lamentano il mancato rispetto delle raccomandazioni del
Presidente della Repubblica, in ordine al favorire la partecipazione
popolare, quest'anno oltremodo utile, per la prevista consegna della
piastrina di riconoscimento ai famigliari di un caduto di guerra in
Russia. Alcuni
mesi addietro, gli ambulanti chiesero di recuperare le giornate di
mercato perdute, a causa delle abbondanti nevicate di Febbraio, nei
giorni 25 Aprile, 1 Maggio e 2 Giugno: l'amministrazione
comunale negò gli spazi per l'alto valore civile di quelle giornate
e delle celebrazioni di rito, svolte, abitualmente, negli stessi
luoghi.Di fronte ad un comportamento degli amministratori
comunali palesemente difforme, chiediamoci cosa distingua, per il
comune di Cesena, le feste della Liberazione, dei Lavoratori e della
Repubblica, da quella dell'Unità
Nazionale e delle Forze Armate, tanto da negare lo svolgimento del
mercato nelle prime ed, invece, l'autorizzazione nella
seconda.Nell'assenza di ulteriori informazioni, con il sincero
augurio di errare, proverò ad avanzare un' ipotesi.Esisterebbe una
sensibilità, se non sbaglio, anche all'interno della giunta
municipale, che tenderebbe a giudicare negativamente quanto sia
frutto dell'Occidente e degli Stati Uniti, al contrario di quanto
proviene da altre aree, sia ideali che geografiche, un tempo l'Unione
delle Repubbliche Socialiste Sovietiche e province annesse, ora altre
prevalentemente del terzo mondo e non sempre paradisi di democrazia.
Tale linea di pensiero trova espressione in un cosiddetto pacifismo,
sovente a senso unico, con condanne da un lato e
giustificazione per comportamenti analoghi dall'altro.
In questo quadro, la
prima guerra mondiale si profilerebbe come regolamento di conti fra
potenze borghesi, senza valutare il compimento di un processo di
unità nazionale, per non parlare delle forze armate, da sempre
considerate, da alcuni, sentina di ogni violenza, trascurando la
funzione di garanzia per il territorio del paese. Come sopra detto,
speriamo di essere smentiti.Grazie per l'attenzione,il già Dirigente
Scolastico in Cesena, Luigi Migliori
Etichette:
Dai nostri lettori
domenica 28 ottobre 2012
Birdwatching in Israele nella riserva naturale di Hula Agamon
Ancora un’esperienza unica, che supera il birdwatching. Un ricordo che merita un resoconto speciale, che vada oltre la semplice menzione nel diario di viaggio di uno straordinario blog tour come l’#Israeletour12.La Riserva Naturale di Agamon Hula (JNF Agamon Hahula Nature Reserve) è una delle più importanti attrazioni ornitologiche del mondo. Nel valle del Giordano, non lontano da Kiryat Shmona.Qui si possono ammirare in autunno e primavera enormi quantità di
uccelli migratori sulla loro strada tra Europa e Africa. Cicogne,
pellicani, gru, gufi, falchi e rapaci di ogni genere. Moltissime altre
specie di uccelli migratori passano da qui.Ancora una volta siamo stati molto fortunati (per il clima) e meravigliosamente guidati da un esperto del sito, Nir,
attraversando la grande pianura con mezzi elettrici (ma si possono
noleggiare biciclette, auto o perfino partecipare tour a bordo di enormi
tribune mobili trainate da trattori).E’ un luogo davvero magico, fatato, poco battuto dal turismo di massa e
molto amato dagli israeliani. E dai veri appassionati della natura e
degli animali. Proprio come noi.http://www.travelblog.it/
Etichette:
Curiosità
David Grossman. Voi ci credete forti e arroganti. In realtà è soltanto terrore
GERUSALEMME. Bisognerebbe fondare un club internazionale di giornalisti che intervistano David Grossman sul suo ultimo libro, bellissimo e terribile: Caduto fuori dal tempo. Un racconto a più voci in prosa e in versi che si immerge nel dolore più grande: il lutto per un figlio. Non solo il lutto dello scrittore, che nel 2006 ha perso Uri, vent'anni, nella terza guerra israelo-libanese, ma quello di tanti altri genitori che hanno visto morire i loro bambini o i loro ragazzi per le cause più diverse e crudeli. Questo club sarebbe una specie di circolo di reduci, perché parlare di Caduto fuori dal tempo con Grossman è un'esperienza che non si dimentica. Ho guardato su YouTube l'intervista che ha rilasciato in una biblioteca dell'Aia. L'opinionista che gli faceva le domande era in evidente imbarazzo: cauto e turbato dalla prospettiva di affrontare una materia privatissima e tagliente senza invadere la sua intimità o ferirlo. L'intervista era bella anche per questo, ma che fatica. E per Grossman dev'essere ancora più faticoso. Infatti l'ha presa alla larga, questa intervista qui. Molto alla larga. Programma: appuntamento alle 16 in un bar con belvedere dalle parti di Mevasseret Zion, il sobborgo residenziale di Gerusalemme dove abita. Un caffè, e via a camminare (con le scarpe da ginnastica, ha raccomandato) nel bosco dove tutte le mattine (sveglia alle 5.30) inizia la giornata sgambando con la moglie Michal, psicologa, e il cane. Ma prima c'è un problema: non ho lo zaino e non è dignitoso fare trekking con la borsetta. Non ho neanche le tasche, mentre lui ne ha tante, così s'infila i miei soldi, il passaporto e il resto nelle sue. Un amichevole gesto da camminatore. Annuncia che potremmo avvistare le gazzelle: all'alba le incontra quasi sempre. Col sole del pomeriggio stanno più nascoste, ma dietro un cespuglio balena una coda e poi un sedere, di gazzella. Son soddisfazioni. Cominciamo la salita, niente di che, però sarebbe interessante sapere come Grossman sceglie le attività di riscaldamento pre-intervista: e se gli capitava un giornalista zoppo? Si informa prima con l'ufficio stampa? O applica una drastica selezione naturale tipo no trekking, no interview? Sul pianoro, ripreso il fiato, potrei attaccare con qualche domanda preparatoria, che lui previene subito chiarendo che in passeggiata non parla né del libro né di sé. "Piuttosto, mi dica qualcosa di lei". Eccola, la selezione naturale. A uno che racconta il dolore del mondo ed entra nei suoi personaggi come Zelig e Flaubert non puoi spiattellare un curriculum vitae da concorso. Però c'è il rischio di slittare nell'intimismo. E il sospetto di stargli a raccontare un po' troppi fatti miei. Dopo il trekking, la merenda, che in realtà è una cena. Nel villaggio arabo di Ein Rafa c'è un piccolo ristorante con il giardino, che si chiama Majda ed è tenuto da una coppia mista; lei israeliana e lui palestinese. All'ingresso, un cartello intima: sorridete. Grossman si siede, guarda il panorama bello e pacifico e sospira: "Israele potrebbe essere così, un paradiso". Ma conviene prepararsi alla discesa negli inferi perché questo è, Caduto fuori dal tempo. C'è l'Uomo che cammina, padre di un giovane soldato morto da tempo, che una sera lascia la casa, la moglie, il brodo caldo sulla tavola, per andare laggiù a cercare suo figlio.Comincia a camminare in una città mitologica e senza tempo e, di lì a poco, dietro a lui si forma una processione dolente di madri e padri che hanno perso i loro figli. Ognuno racconta la sua storia. Un compendio della cultura occidentale: la Bibbia, Erodoto, Antigone, Orfeo e Euridice, Amleto, il pifferaio magico. Dalla tragedia greca a La terra desolata. Grossman fa l'ordinazione e poi abbassa la voce. Si comincia: "Mia moglie sostiene che la poesia è più vicina al silenzio. Davanti a una tragedia non ci sono parole, non sappiamo dire altro che: non ho parole. Di solito quando scrivo non pianifico come sarà la forma, perché so che viene dal contenuto, ma stavolta è stato subito chiaro che la poesia è la lingua del mio dolore". Ci ha messo due anni a scriverlo e moglie, figli e amici erano preoccupati. Gli chiedevano perché non si consentiva di guarire. C'era già stato A un cerbiatto somiglia il mio amore, la storia di una donna che fugge da casa per non ricevere l'eventuale notizia della morte della figlio nell'ultima e rischiosa operazione militare: aveva iniziato a lavorarci quando Uri era andato sotto le armi, quasi per proteggerlo. E l'aveva terminato quando il destino si era compiuto. Lui dice che guarire significa distaccarsi, che non crede alle guarigioni troppo rapide. "Questa è la mia vita, stare nella vita non significa evitare il dolore che mi è toccato in sorte, anche se non è piacevole". Ma l'Uomo che cammina e il suo seguito vogliono imparare a separare la memoria dal dolore. E percorrono visioni che sono deliri, come se per uscire dal lutto o almeno per venirci a patti si debba passare per la follia. O inoltrarsi nel pensiero magico, nel desiderio irrazionale e consolatorio di far succedere cose che non possono succedere. Per esempio, rivedere i propri cari che non ci sono più, donare loro il proprio corpo e il proprio sangue, come nell'eucarestia (di cui l'ebreo Grossman sa poco o niente) perché ritrovino la vita, e il movimento, almeno per un attimo. Lo ammette: "Fare una cosa insignificante e inutile come girare in tondo fino a sfiancarsi oltrepassa ogni ragione logica. Ma anche perdere un figlio è contro ogni ragione logica e contro l'ordine naturale della cose. Uno dei pensieri più difficili da concepire è che la morte è ermetica, statica, definitiva: puoi fare tutto, ma non cambia. Quindi per reagire ci vuole qualcosa di altrettanto innaturale e inconcepibile". Grossman non vuole che questa sia la storia del suo dolore, ma del dolore di tanti e non solo in Israele. Difende fieramente la sua privacy, ma narra spericolate incursioni nella follia e nell'intimità più segreta, perché - dice - questa è la sua responsabilità. Di padre e scrittore. "Scrivo dei fatti della vita: se raggiungo certe sfumature dei sentimenti e riesco ad esprimerle non ho diritto di tenerle per me. Ci sono persone che, leggendo il libro, hanno trovato il modo di dare parola a emozioni taciute fino a quel momento". Però, trasferendo in altre lingue quelle parole, si è manifestato qualche problema: in sessione con i suoi traduttori in un fantastico centro tedesco, una specie di tempio delle traduzioni, ha scoperto con stupore che molta parte del mondo non sta a sottilizzare fra un lutto e un altro: non esiste, come in Israele, un termine specifico per il lutto di un figlio. Arrivano cose buonissime dai nomi difficili: in arabo e in ebraico. Due nazioni in guerra che su questa tavola fanno pace. E oltre il giardino? "La realtà è che è difficile cambiare, e Israele oggi non sembra avere l'energia per farlo. I coloni hanno creato una situazione irreversibile che impedisce una pace stabile e un confine solido con la Palestina. Si crea uno Stato binazionale che di fatto non lo è: gli israeliani non permetteranno ai palestinesi di essere uguali. Sarà uno Stato di apartheid terribile per tutti. E non credo che Netanyahu e Abu Mazen abbiano serie intenzioni di negoziare la pace. Perché non hanno il coraggio di imporre ai rispettivi elettori le rinunce che il trattato di pace comporta".Un po' più a Est c'è l'Iran che, fino a pochi giorni fa, Netanyahu minacciava di bombardare, mentre Ahmadinejad continua a ripetere che Israele va eliminato. "Viviamo nella paura di non poter esistere più. La terra ci trema sempre sotto i piedi. Nei vostri media appariamo forti e arroganti, ma in realtà siamo terrificati. Adesso siamo sei milioni, con un milione e mezzo di bambini iscritti a scuola: gli stessi numeri della Shoah.Ogni dieci anni c'è una nuova fonte di angoscia, oggi è l'Iran che - chiamatela pure paranoia - potrebbe dotarsi di armi atomiche. Io non voglio un Iran con l'atomica, ma non voglio nemmeno che Israele lo attacchi. Servirebbe solo a crearci un nemico eterno". Si sentono degli scoppi, sono fuochi d'artificio. Quanto si può diventare paranoici in un Paese così esplosivo, dove tutti i giovani, maschi e femmine, esclusi gli ebrei ortodossi (che non credono nella nazione degli uomini, ma solo in quella di Dio) si fanno tre anni di servizio militare? Grossman risponde che il modo in cui i ragazzi affrontano e superano la leva dipende dalla personalità, dalle famiglie. "Ma ho letto le testimonianze di alcuni giovani soldati: dicono che quando traversi la Linea verde diventi Dio. Dai ordini a gente che ha il doppio della tua età, puoi umiliarla, deriderla. È difficile rimanere umani in una situazione tanto disumana. Qui c'è il terrore, ma anche l'orgoglio, ferito o ipertrofico: mai più umiliazione, mai più dipendere dagli altri. Netanyahu considera Obama un'anima bella che crede nella razionalità del nemico, mentre noi, da 4000 anni, siamo in contatto con i più crudeli e brutali aspetti della natura e dell'uomo. Nella Bibbia ci chiamiamo il popolo dell'eternità, tutto il resto è temporaneo. Noi abbiamo visto l'ascesa e il declino degli Assiri, i Babilonesi, i Greci, i Romani, i Turchi. Questo è un pensiero che fa molta presa sulle menti più deboli". Mantenere salde le menti dev'essere un bel problema da queste parti.Ma non è insidiosa anche tutta l'empatia di Grossman, che si accampa per anni nell'anima dei suoi personaggi e si sforza di guardare la realtà perfino Con gli occhi del nemico, come nel titolo di un suo saggio? "No, per niente. È una forma di opposizione, quando vivi in un clima che ti nega il diritto all'empatia". Mentre mi riporta in centro, l'empatia deve avere un cedimento. A Gerusalemme gli ebrei ortodossi sono sempre più numerosi, si vedono anche tantissimi ragazzi coi capelli attorcigliati nei cernecchi: David Grossman fa una smorfia amara. "Sono i più guerrafondai di tutti, ma loro in guerra non ci vanno".
Etichette:
Cultura
Le imprese trentine guardano a Israele
GERUSALEMME - Usciranno la prossima settimana i primi bandi per la ricerca industriale rivolti alla collaborazione tra imprese trentine ed israeliane nell'ambito della ricerca applicata e dell'innovazione di processo e di prodotto incentrata nei settori dell'Ict, delle biotecnologie, delle energie rinnovabili e delle tecnologie ambientali. La loro dotazione di partenza sarà di circa 3 milioni di Euro. Lo ha reso noto il presidente della Provincia autonoma di Trento Lorenzo Dellai a margine del summit italo-israeliano, concluso con l'incontro tra il presidente del consiglio Mario Monti e il premier israeliano Benyamin Netanyahu.......... http://www.ansa.it/web/notizie/postit/mostrafotografica/2012/10/24/Mostra-Fotografica-ANSA-Post-_7684450.html
Etichette:
Abbiamo scelto.....
MedFilm Fest: Israele e suoi nodi irrisolti in documentario
di Virginia Di Marco)
(ANSAmed) - Roma, 25 ott - ''Il nostro Stato puo' essere
ebraico e democratico alla stesso tempo? Secondo voi c'e' una
contraddizione?''. E' quello che chiede un insegnante di liceo
israeliano ai suoi studenti: una classe particolare, formata da
soldati che devono recuperare alcuni esami per potersi
diplomare. Tra questi, c'e' l'esame di 'Diritti civili'.Silvina Landsmann, regista israeliana, ha filmato le lezioni,
scandite da veementi dibattiti tra i militari e il docente, e
tra i gli stessi ragazzi. Il risultato e' 'Soldier/Citizen' un
documentario realizzato con pochissimi mezzi, ma dai contenuti
interessanti, proiettato in questi giorni alla Casa del Cinema
di Roma, nell'ambito del MedFilm Festival, appuntamento annuale
con il miglior cinema euro-mediterraneo.
Le questioni che infiammano la discussione tra gli studenti
sono diverse: l'esenzione degli ultra-ortodossi e degli arabi
dal servizio militare (obbligatorio per tutti gli altri in
Israele, tre anni i maschi e due le femmine), la scarsa
solidarieta', e a volte l'ostilita', che una certa fetta di
popolazione israeliana - liquidata come 'smolani', 'sinistrorsa'
dai ragazzi - riserva ai militari. Ma soprattutto e' il tema
della natura dello Stato d'Israele, democratico ed ebraico,
appunto, a scaldare gli animi. Un dibattito annoso e che negli
ultimi tempi e' tornato prepotentemente in auge sulle pagine dei
giornali israeliani.
Nel 2011 il ministro degli Esteri di Tel Aviv, Avigdor
Liebermann, aveva sponsorizzato una legge che vincolava
l'ottenimento della cittadinanza israeliana a un giuramento di
fedelta' allo Stato 'ebraico e democratico'. ''Nessuna
cittadinanza senza fedelta''' era lo slogan adottato dai
sostenitori del provvedimento. Mentre i detrattori - arabi
(ormai un quarto della popolazione d'Israele) e organizzazioni
per i diritti civili in testa - protestavano.Il documentario della Landsmann non fornisce,
comprensibilmente, una risposta a questo interrogativo che pende
come una spada di Damocle sul futuro d'Israele. Il film si
conclude con la consegna dei diplomi ai soldati, lasciando che
nella testa degli spettatori le domande continuino a girare,
pesanti.
Etichette:
Abbiamo scelto.....
Italia-Israele: vertice; firmati 7 nuovi accordi
(ANSAmed) - GERUSALEMME, 26 OTT - ''Ho detto a Mario Monti che il mio
primo compito è rafforzare i legami con l'Italia, che cresceranno sempre
piu'''. In queste parole del premier israeliano Benyamin Netanyahu c'e'
lo spirito del terzo vertice italo-israeliano, svoltosi oggi a
Gerusalemme.Un vertice ''business oriented'', fatto di concretezza, con un Paese la
cui economia e' tornata a crescere a livelli pre-crisi e con il quale
l'interscambio commerciale con l'Italia negli ultimi nove anni e'
raddoppiato passando da 2 a 4 miliardi di euro.
Sono stati 7 gli accordi firmati oggi dal presidente del Consiglio Mario
Monti e dai ministri che lo hanno accompagnato nella sua missione:
Giulio Terzi, Corrado Passera, Paola Severino, Giampaolo di Paola,
Francesco Profumo.
Questi gli accordi siglati.
- Dichiarazione congiunta sulle consultazioni intergovernative
italo-israeliane (Presidente del Consiglio Monti e premier Benyamin
Netanyahu) - Programma di Cooperazione Culturale (Ministro Terzi e
Ministro Lieberman) - Dichiarazione congiunta sull'estensione della
cooperazione trilaterale in Etiopia e Sud Sudan (Ministro Terzi e
Ministro Lieberman) - Dichiarazione congiunta sulla cooperazione in
materia di start-up companies (Ministro Passera e Ministro Lieberman) -
Accordo sulla conversione delle patenti di guida (Ministro Passera e
Ministro Katz) - Addendum al MoU sugli scambi giovanili: (Ministro
Profumo e Ministro Saar)
Etichette:
Abbiamo scelto.....
Una curiosità interessante, anche se con Israele non ha nessuna attinenza.
Percentuale di individui i cui cognomi non sono originari della provincia in cui abitano (© 2012 Wayne State University …
http://it.notizie.yahoo.com/italia-cognomi-raccontano-migrazioni.html
Etichette:
Curiosità
Voci a confronto
La visita del primo ministro israeliano Mario
Monti in Israele (accompagnato tra gli altri dal presidente dell’Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna) e i colloqui con il
premier israeliano Netanyahu vengono ripresi da molte testate. L’accordo
di cooperazione tra Italia e Israele in tema di hi-tech start-up è
approfondito dal reportage del Giornale
firmato da Rolla Scolari, mentre il Messaggero riporta le dichiarazioni
della conferenza stampa congiunta Monti-Netanyahu. Monti ha partecipato
anche all’inaugurazione, a Gerusalemme della mostra Fotografandoci, in
cui l’agenzia di stampa Ansa racconta la storia d’Italia in cento scatti
(sul Tempo).
Ancora da Israele arriva la notizia dell’accordo siglato dal Likud di
Netanyahu e Israel Beitenu di Avigdor Lieberman per dare vita a un’unica
formazione politica in vista delle elezioni di gennaio (trafiletto
sulla Stampa). A Milano un convegno organizzato dall’Associazione Figli della Shoah ha ricordato la figura Primo Levi, come riporta sul Corriere della Sera Antonio Carioti. Diversi spunti culturali arrivano poi dal supplemento di Repubblica il Venerdì: dalla presentazione dell’ultimo libro di David Grossman firmata da Paola Zanuttini, alla notizia che in Germania produrranno una fiction sulla vita di Adolf Hitler e del dibattito che si è scaturito.http://moked.it/blog/
Etichette:
Abbiamo scelto.....
Consegnato
dalle autorità austriache alla Digos di Bolzano un naziskin condannato
per violazione della Legge Mancino contro l'istigazione all'odio
razziale. Oezer Tomboli, 39 anni, residente a Innsbruck, nel 2005 aveva
patteggiato un anno e sette mesi di reclusione oltre a un risarcimento
in solido destinato alla Comunità ebraica di Merano, costituitasi parte
civile. http://www.moked.it
Etichette:
Abbiamo scelto.....
Il Dreyfus portoghese
Nel 1894, il capitano ebreo Alfred
Dreyfus fu ingiustamente condannato per tradimento da parte di un
tribunale militare francese antisemita. Occorsero 10 anni prima che
l’ingiustizia fosse corretta. Il mondo ricorda Dreyfus. Ma bisognerebbe
ricordare anche l’ufficiale ebreo Artur Carlos de Barros Basto,
ingiustamente condannato da un tribunale militare portoghese anti-semita
nel 1937. Per correggere l’ingiustizia subita da Barros Basto ci è
voluto molto di più. Il governo portoghese ha revocato la condanna solo
quest’anno.

Barros Basto nacque in una famiglia cristiana nel 1887. Quando aveva nove anni, suo nonno gli disse che la famiglia apparteneva ai cosiddetti “cristãos novos,” ebrei costretti a convertirsi al cristianesimo nel 15° secolo, ma che segretamente continuavano a praticare il giudaismo. Barros Basto crebbe a Porto, nel nord del Portogallo, dove frequentò l’accademia militare. Da giovane combatté nella rivoluzione che portò all’istituzione della prima Repubblica del Portogallo nel 1910; fu il primo a sollevare la bandiera della nuova repubblica nella piazza della città di Porto. Durante la prima guerra mondiale prestò servizio come tenente, comandante del Corpo portoghese, e ricevette la Croce di Guerra al valore militare.Quando tornò dalla guerra, il suo interesse per le sue radici ebraiche aumentò e cominciò a studiare da solo l’ebraismo e la lingua ebraica. Non c’era comunità ebraica a Porto, e la piccola comunità ebraica di Lisbona lo rifiutò come estraneo. Dovette recarsi in Marocco per sottoporsi a sua conversione formale rituale all’ebraismo. Tornato a Lisbona dopo la conversione, tuttavia, fu accettato, e sposò Lea Azancot, figlia di un ricco membro della comunità.Nel 1921 Barros Basto tornò con la moglie a Porto, dove iniziò a lavorare instancabilmente per costruire una comunità ebraica. Nel 1923 registrò ufficialmente la comunità ebraica di Porto. Fondò la rivista ebraica Há-Lapid, che pubblicò dal 1927 al 1958. Nel 1929 fondò la Yeshiva Rosh Pinna di Porto e la sinagoga Mekor Haim. Cinquecento anni dopo che l’Inquisizione portoghese aveva distrutto la vita ebraica a Porto, Barros Basto quasi da solo vi ricostruì una piccola comunità ebraica.Barros Basto costruì Mekor Haim convincendo il Barone Edmond de Rothshild di Francia ad acquistare i terreni per la sinagoga e la ricca famiglia sefardita Kadoorie, di Hong Kong, a finanziare la costruzione.Tra gli ospiti all’inaugurazione della sinagoga il 6 gennaio 1938 c’erano i rappresentanti delle comunità ebraiche di Londra e Berlino e Israël Levy, rabbino capo di Francia. Levy, nel suo discorso, osservò che Barros Basto era “riuscito a creare un slancio di simpatia ed entusiasmo in tutti i paesi della diaspora.” Nell’anno in cui le sinagoghe tedesche furono vandalizzate e distrutte nella Notte dei Cristalli, un nuovo luogo di culto ebraico apriva le sue porte in Portogallo.Barros Basto considerava una delle sue missioni più importanti quella di riportare al giudaismo i “cristãos novos” dalle aree rurali del Portogallo. Ma la sua preoccupazione per gli ebrei e la vita ebraica non è mai stata limitata al solo Portogallo. Un aspetto che è stato spesso trascurato sono stati i suoi sforzi per salvare gli ebrei provenienti da tutta l’Europa alla fine degli anni Trenta e nei primi anni Quaranta. Era, come lo chiamava lo studioso tedesco Michael Studemund-Halévy, l’ “apostolo dei rifugiati” e personalmente coinvolto nel salvataggio di centinaia di profughi dalla Germania, Austria, Francia, Polonia e molti altri paesi.Tra la fine del 1920 e i primi anni 1930 aveva creato una rete di contatti a livello europeo. Barros Basto iniziò a corrispondere con i leader delle comunità sefardite in tutta Europa. Uno fu Paul Goodman del Comitato dei marrani di Londra; ad Amburgo contattò la nota famiglia sefardita Cassuto, che nel 1933 fuggì a Porto. Barros Basto era particolarmente preoccupato per la sorte degli ebrei tedeschi, e il suo successo nella rinascita della vita ebraica a Porto suscitò interesse tra molti leader ebrei tedeschi. Oltre ad Alfred Klee, vice presidente della comunità ebraica di Berlino, c’era il direttore dell’Istituto israelita di Berlino, Ismar Elbogen, entrambi assidui visitatori a Porto. Barros Basto fu anche in stretto contatto con la comunità della famosa “Sinagoga occidentale” a Francoforte e con i membri della comunità ebraica di Stoccarda.Così quando l’antisemitismo in Germania divenne più violento e più potente, questi contatti aiutarono decine di ebrei tedeschi a fuggire al porto sicuro di Porto. E il capo della comunità ebraica di Porto Barros Basto, oltre a provvedere all’integrazione dei profughi nella comunità ebraica sefardita di Porto, assicurò posizioni di rilievo all’interno della comunità e contribuì anche ad affittare lo spazio per una sinagoga askenazita a Porto. Durante la seconda guerra mondiale fu Barros Basto a stabilire un capitolo locale del Joint Distribution Committee a Porto per organizzare il sostegno umanitario alle migliaia di profughi ebrei alloggiati a Porto e in piccoli villaggi nelle vicinanze.Ma tutte queste attività suscitarono i sospetti delle autorità portoghesi. Nel 1933 António Salazar aveva instaurato una dittatura corporativista, strettamente legata alla Chiesa cattolica. Le critiche di Barros Basto all’Inquisizione portoghese, il suo supporto dei principi liberali, il suo attivismo ebraico e la sua attività di massone, ne fecero il bersaglio della PVDE, la polizia segreta portoghese. Già nel 1935 le autorità portoghesi si servirono di un’accusa di presunte molestie sessuali nei confronti di alcuni studenti della yeshiva per chiudere immediatamente la yeshiva.Poi, nel 1937 fu processato davanti a un tribunale militare e il 12 giugno riconosciuto colpevole di aver commesso “atti immorali”. L’accusa principale era che aveva compiuto circoncisioni sui suoi studenti della yeshiva, e quindi non aveva la “capacità morale” di servire nell’esercito portoghese. Questo fu sufficiente per condannare Barros Basto e spogliarlo dei suoi gradi militari. Perse la sua pensione, l’assistenza sanitaria, non gli fu permesso di indossare l’uniforme, fu ostracizzato e dovette dimettersi dal suo incarico nella comunità ebraica che aveva contribuito a costruire.Mentre il suo processo ricorda molto quello dell’ufficiale francese Alfred Dreyfus, condannato in Francia a causa di antisemitismo nel 1894, c’era anche una differenza fondamentale. Nel caso di Barros Basto non ci fu un Émile Zola, a difendere pubblicamente l’accusato, e non vi fu alcun segno pubblico di solidarietà con Barros Basto. Al contrario, la condanna scosse profondamente la piccola comunità ebraica portoghese, e portò all’emigrazione e un costante declino.Fino alla sua morte nel 1961 Barros Basto provò in tutti i modi ad essere reintegrato nell’esercito ma non vi riuscì e morì amareggiato. Anche dopo la caduta della dittatura, nel 1974, la famiglia di Barros Basto non riuscì ad ottenere un nuovo processo. Ma la figlia e la nipote di Barros Basto non si sono arrese, e alla fine nel febbraio 2012 una commissione parlamentare ha adottato all’unanimità una relazione che ha riconosciuto lo sfondo antisemita della sentenza e ha chiesto una riabilitazione di Barros Basto. Successivamente, alla fine del mese di luglio, il Parlamento portoghese ha seguito il consiglio e ha ufficialmente reintegrato Barros Basto nell’esercito.Questo, finalmente, ha corretto un errore storico e, anche se troppo tardi, restituisce la dignità e l’onore di un uomo che dovrebbe essere ricordato come un vero tsaddik.di Kevin Zdiara http://ilblogdibarbara.wordpress.com/

Barros Basto nacque in una famiglia cristiana nel 1887. Quando aveva nove anni, suo nonno gli disse che la famiglia apparteneva ai cosiddetti “cristãos novos,” ebrei costretti a convertirsi al cristianesimo nel 15° secolo, ma che segretamente continuavano a praticare il giudaismo. Barros Basto crebbe a Porto, nel nord del Portogallo, dove frequentò l’accademia militare. Da giovane combatté nella rivoluzione che portò all’istituzione della prima Repubblica del Portogallo nel 1910; fu il primo a sollevare la bandiera della nuova repubblica nella piazza della città di Porto. Durante la prima guerra mondiale prestò servizio come tenente, comandante del Corpo portoghese, e ricevette la Croce di Guerra al valore militare.Quando tornò dalla guerra, il suo interesse per le sue radici ebraiche aumentò e cominciò a studiare da solo l’ebraismo e la lingua ebraica. Non c’era comunità ebraica a Porto, e la piccola comunità ebraica di Lisbona lo rifiutò come estraneo. Dovette recarsi in Marocco per sottoporsi a sua conversione formale rituale all’ebraismo. Tornato a Lisbona dopo la conversione, tuttavia, fu accettato, e sposò Lea Azancot, figlia di un ricco membro della comunità.Nel 1921 Barros Basto tornò con la moglie a Porto, dove iniziò a lavorare instancabilmente per costruire una comunità ebraica. Nel 1923 registrò ufficialmente la comunità ebraica di Porto. Fondò la rivista ebraica Há-Lapid, che pubblicò dal 1927 al 1958. Nel 1929 fondò la Yeshiva Rosh Pinna di Porto e la sinagoga Mekor Haim. Cinquecento anni dopo che l’Inquisizione portoghese aveva distrutto la vita ebraica a Porto, Barros Basto quasi da solo vi ricostruì una piccola comunità ebraica.Barros Basto costruì Mekor Haim convincendo il Barone Edmond de Rothshild di Francia ad acquistare i terreni per la sinagoga e la ricca famiglia sefardita Kadoorie, di Hong Kong, a finanziare la costruzione.Tra gli ospiti all’inaugurazione della sinagoga il 6 gennaio 1938 c’erano i rappresentanti delle comunità ebraiche di Londra e Berlino e Israël Levy, rabbino capo di Francia. Levy, nel suo discorso, osservò che Barros Basto era “riuscito a creare un slancio di simpatia ed entusiasmo in tutti i paesi della diaspora.” Nell’anno in cui le sinagoghe tedesche furono vandalizzate e distrutte nella Notte dei Cristalli, un nuovo luogo di culto ebraico apriva le sue porte in Portogallo.Barros Basto considerava una delle sue missioni più importanti quella di riportare al giudaismo i “cristãos novos” dalle aree rurali del Portogallo. Ma la sua preoccupazione per gli ebrei e la vita ebraica non è mai stata limitata al solo Portogallo. Un aspetto che è stato spesso trascurato sono stati i suoi sforzi per salvare gli ebrei provenienti da tutta l’Europa alla fine degli anni Trenta e nei primi anni Quaranta. Era, come lo chiamava lo studioso tedesco Michael Studemund-Halévy, l’ “apostolo dei rifugiati” e personalmente coinvolto nel salvataggio di centinaia di profughi dalla Germania, Austria, Francia, Polonia e molti altri paesi.Tra la fine del 1920 e i primi anni 1930 aveva creato una rete di contatti a livello europeo. Barros Basto iniziò a corrispondere con i leader delle comunità sefardite in tutta Europa. Uno fu Paul Goodman del Comitato dei marrani di Londra; ad Amburgo contattò la nota famiglia sefardita Cassuto, che nel 1933 fuggì a Porto. Barros Basto era particolarmente preoccupato per la sorte degli ebrei tedeschi, e il suo successo nella rinascita della vita ebraica a Porto suscitò interesse tra molti leader ebrei tedeschi. Oltre ad Alfred Klee, vice presidente della comunità ebraica di Berlino, c’era il direttore dell’Istituto israelita di Berlino, Ismar Elbogen, entrambi assidui visitatori a Porto. Barros Basto fu anche in stretto contatto con la comunità della famosa “Sinagoga occidentale” a Francoforte e con i membri della comunità ebraica di Stoccarda.Così quando l’antisemitismo in Germania divenne più violento e più potente, questi contatti aiutarono decine di ebrei tedeschi a fuggire al porto sicuro di Porto. E il capo della comunità ebraica di Porto Barros Basto, oltre a provvedere all’integrazione dei profughi nella comunità ebraica sefardita di Porto, assicurò posizioni di rilievo all’interno della comunità e contribuì anche ad affittare lo spazio per una sinagoga askenazita a Porto. Durante la seconda guerra mondiale fu Barros Basto a stabilire un capitolo locale del Joint Distribution Committee a Porto per organizzare il sostegno umanitario alle migliaia di profughi ebrei alloggiati a Porto e in piccoli villaggi nelle vicinanze.Ma tutte queste attività suscitarono i sospetti delle autorità portoghesi. Nel 1933 António Salazar aveva instaurato una dittatura corporativista, strettamente legata alla Chiesa cattolica. Le critiche di Barros Basto all’Inquisizione portoghese, il suo supporto dei principi liberali, il suo attivismo ebraico e la sua attività di massone, ne fecero il bersaglio della PVDE, la polizia segreta portoghese. Già nel 1935 le autorità portoghesi si servirono di un’accusa di presunte molestie sessuali nei confronti di alcuni studenti della yeshiva per chiudere immediatamente la yeshiva.Poi, nel 1937 fu processato davanti a un tribunale militare e il 12 giugno riconosciuto colpevole di aver commesso “atti immorali”. L’accusa principale era che aveva compiuto circoncisioni sui suoi studenti della yeshiva, e quindi non aveva la “capacità morale” di servire nell’esercito portoghese. Questo fu sufficiente per condannare Barros Basto e spogliarlo dei suoi gradi militari. Perse la sua pensione, l’assistenza sanitaria, non gli fu permesso di indossare l’uniforme, fu ostracizzato e dovette dimettersi dal suo incarico nella comunità ebraica che aveva contribuito a costruire.Mentre il suo processo ricorda molto quello dell’ufficiale francese Alfred Dreyfus, condannato in Francia a causa di antisemitismo nel 1894, c’era anche una differenza fondamentale. Nel caso di Barros Basto non ci fu un Émile Zola, a difendere pubblicamente l’accusato, e non vi fu alcun segno pubblico di solidarietà con Barros Basto. Al contrario, la condanna scosse profondamente la piccola comunità ebraica portoghese, e portò all’emigrazione e un costante declino.Fino alla sua morte nel 1961 Barros Basto provò in tutti i modi ad essere reintegrato nell’esercito ma non vi riuscì e morì amareggiato. Anche dopo la caduta della dittatura, nel 1974, la famiglia di Barros Basto non riuscì ad ottenere un nuovo processo. Ma la figlia e la nipote di Barros Basto non si sono arrese, e alla fine nel febbraio 2012 una commissione parlamentare ha adottato all’unanimità una relazione che ha riconosciuto lo sfondo antisemita della sentenza e ha chiesto una riabilitazione di Barros Basto. Successivamente, alla fine del mese di luglio, il Parlamento portoghese ha seguito il consiglio e ha ufficialmente reintegrato Barros Basto nell’esercito.Questo, finalmente, ha corretto un errore storico e, anche se troppo tardi, restituisce la dignità e l’onore di un uomo che dovrebbe essere ricordato come un vero tsaddik.di Kevin Zdiara http://ilblogdibarbara.wordpress.com/
Kevin Zdiara è uno scrittore freelance, collaboratore frequente del blog tedesco “L’Asse del Bene“, e uno studente di dottorato in filosofia alla Max Weber Centro Studi culturali e sociali a Erfurt, Germania. (traduzione di Barbara Mella)
Etichette:
La storia questa sconosciuta
In Turchia manuali scolastici antisemiti ed antievoluzionisti
Monica Ricci Sergantini tiene un blog sul Corriere della Sera dal titolo “Le persone e la dignità”;
l’ultimo post è del 24 ottobre e parla di Maltepe, un piccolo paese
turco alla periferia di Istanbul, dove nei libri di testo delle scuole
si possono trovare frasi come queste:“Da piccolo “Einstein si lavava una volta al mese” e “mangiava sapone”,
“la Gestapo metteva gli ebrei nei forni e ne faceva sapone”, Charles
Darwin era “un ebreo clandestino che odiava il suo grande naso” e
passava il suo tempo in compagnia delle scimmie”.“Perle di saggezza” commenta ironicamente, amaramente, l’autrice,
offerte a ragazzini di 10 anni attraverso le 15 biografie di personaggi
storici distribuite gratuitamente nelle scuole.Come riporta la Ricci Sergantini, il carattere antisemita e
antievoluzionista di questi testi non è passato inosservato; anzi pare
che il sindacato degli insegnanti turchi Egitim-Sen abbia presentato una
denuncia penale contro l’amministrazione comunale di Maltepe e chiesto
il ritiro immediato dei manuali. L’accusa è quella di aver distribuito e
fatto circolare testi contententi “osservazioni antiscientifiche,
antisemite, antiarmene, o umilianti per i cristiani, per gli atei, per
le persone che difendono idee di sinistra”.Pare che il caso sia esploso grazie ad un gruppo di genitori che scandalizzati, hanno denunciato l’editore, Ahmet Sirri Arvas.Pare che oltre a Darwin e agli ebrei, gli autori del manuale in
questione abbiano preso di mira anche Babbo Natale che, secondo quanto
riporta il testo, ”dovrebbe essere denunciato per violazione della
proprietà privata”; mentre Sigmund.Freud viene definito “il padre dei
pervertiti”. http://www.mosaico-cem.it
Etichette:
Abbiamo scelto.....
Quando l'esorcista è un Rabbino
L’esorcista, di solito, è un prete, come ben si vede nel classico del genere horror L’esorcista diretto nel 1973 dal bravo regista ebreo americano William Friedkin. Ma adesso con il nuovissimo The Possession in uscita nelle sale italiane oggi, 25 ottobre, le cose cambiano notevolmente e a fare questa parte è nientemeno che un rabbino, che si chiama Tzadok, interpretato dalla popstar internazionale Mathisyahu.La trama è forte e decisamente originale e la pellicola è prodotta da un maestro del genere, Sam Raimi, che ha realizzato una serie di film, alcuni riusciti altri meno, di grande successo al botteghino come La casa, Darkman e The gift e che a 53 anni, compiuti lo scorso 23 ottobre, è più che mai attivo come produttore e come regista. Nel 2013 uscirà la sua nuova fatica Il grande e potente Oz.Tornando a The Possession, il film è pieno di sorprese, scene terrificanti che intrecciano il quotidiano e il soprannaturale; il film è diretto dal regista danese Ole Bornedal ed è interpretato oltre che dal cantante Mathisyahu, che raggiunse la fama con l’album in bilico fra reggae e ispirazioni religiose King of crown anche da due attori di tutto rispetto come Jeffrey Dean Morgan e Kyra Sedgwick, nella parte dei due ex coniugi Berek da poco divorziati. Hanno due figlie, Em e Hannah.Particolarità dell’opera è che non è un semplice film dell’orrore ma si collega alla tradizione ebraica e al tema del Dibbuk, figura leggendaria, proveniente dal mondo yiddish e degli shtetl dell’Europa Orientale, di anima vagante che si aggira fra gli esseri viventi.Il film è basato su una storia vera, si dice. Racconta di una bambina di nome Em, interpretata dalla bravissima Natasha Calis, che viene posseduta dallo spirito malvagio contenuto in una scatola acquistata in un mercatino. Da quel momento l’entità entrerà dentro di lei trasformandola in una creatura diabolica e imprevedibile. Peraltro riuscendo a riunire i suoi genitori, da poco divorziati, per combattere assieme le forze del Male.Si tratta di una rilettura dell’Esorcista, di Riposseduta o di Poltergeist o è qualcosa di completamente diverso? Agli spettatori tocca formulare il giudizio finale. A metà fra leggenda yiddish e film dell’orrore puro e semplice, il nuovo prodotto cinematografico si preannuncia ricco di suspence così come di scene melodrammatiche.A quanto pare esiste davvero una scatola del Dibbuk dalla quale il regista e Raimi hanno preso lo spunto per scrivere la storia del film. Pare che nel 2004 un ragazzo del Missouri avesse comprato all’asta una scatola dalla nipote di un sopravvissuto alla Shoah. Questa scatola è stata soprannominata il “Dibbuk box”, perché dopo esserne entrato in possesso (scusate il gioco di parole…) strane cose accaddero al giovane, che fu così costretto a disfarsene, vendendola a un mercatino…Di: Roberto Zadik http://www.mosaico-cem.it/
Etichette:
L'angolo del cinema
Iscriviti a:
Post (Atom)