sabato 19 luglio 2008

Jaffa - porto

Israele: 1.500.000 turisti nel primo semestre 2008

Un milione e mezzo di turisti hanno visitato Israele durante il primo semestre del 2008 con una crescita complessiva del 45% rispetto al primo semestre del 2007. Secondo quanto diffuso dall’Istituto Centrale Israeliano di Statistica a giugno 2008 si sono recati in Israele complessivamente 240.000 turisti con una crescita del 33% rispetto a giugno 2007 quando erano giunti in Israele 180.000 turisti. L’attuale curva di crescita sembra essere in linea con le previsioni del Ministero del Turismo secondo il quale l’anno 2008 potrebbe chiudersi con il goal di 2.800.000 turisti. Interessante risulta poi l’analisi di altri dati: nei primi sei mesi del 2008 l’arrivo di turisti direttamente ad Eilat è cresciuto del 17% raggiungendo le 22.700 unità. Il Ministero del Turismo continuerà a promuovere tutti i segmenti turistici e risulta essere già confermata la partecipazione a tutte le più importanti fiere internazionali di settore che si svolgeranno tra il 2008 ed il 2009 nelle principali città europee come Madrid, Londra, Berlino, Mosca e Milano, oltre naturalmente a quelle che avranno luogo negli Stati Uniti. Questo in aggiunta alle campagne di comunicazione pubblicitaria destinate al pubblico finale ed agli operatori del settore. http://www.masterviaggi.it/ 18-07-2008


ISRAELE CHIEDE SCUSA AI BEATLES

La famosa band era stata vietata nel '65 in quanto "pericolo per la pubblica morale"

Hanno dovuto attendere 43 anni, ma alla fine è arrivata una lettera di scuse firmata dall'ambasciatore israeliano in Gran Bretagna. E così per gli ex-Beatles Paul McCartney e Ringo Starr l'invito a tenere un concerto a Tel Aviv ha il sapore della rivincita, dopo che nel 1965 i favolosi quattro erano stati banditi dal governo di Gerusalemme perché considerati un "pericolo per la pubblica morale". Le scuse per il passato incidente sono state indirizzate anche ai familiari di John Lennon e George Harrison. Il concerto potrebbe svolgersi a settembre, in occasione dei festeggiamenti per i 60 anni della nascita dello stato di Israele, allo stadio di calcio Ramat Gan o al parco Hayarkon. 18/07/2008 http://www.la7.it/news/

antica Gerusalemme in miniatura

http://www.marcozacchera.it/ ORA E’ ANCHE IN EBRAICO !

Dopo il cinese, il latino, il thai e le lingue principali credo di essere proprio l’unico deputato ad avere la presentazione del proprio sito anche in ebraico! Devo un grazie alla segreteria della collega Fiamma Nierenstein che me lo ha gentilmente tradotto proseguendo in una tradizione nata un po’ per caso, ma che sta prendendo piede. Dal latino al polacco, dallo svedese al cinese piano piano arriviamo quindi dappertutto. Ricordo che sul sito troverete un sunto del programma elettorale del PDL per doverose verifiche a “futura memoria” con la documentazione sul lavoro da me svolto durante questa e le scorse legislature, la galleria fotografica (aggiornata!), i più recenti comunicati stampa ed i numeri arretrati del PUNTO. Numerosi i link di collegamento con miei articoli, interviste, documentazione filmata, il sito della Camera per scaricare proposte di legge e documenti. Un invito che rinnovo ai lettori: conoscete qualche lingua straniera e volete tradurmi il curriculum-vitae? Contattatemi per accordi e anche se volete ricevere direttamente i miei comunicati stampa.

giovedì 17 luglio 2008

Sara Shilo

L’ultimo appuntamento del Festival della Letteratura israeliana, organizzato dal Museo Ebraico di Bologna, che ha visto la partecipazione di Lizzie Doron e Etgar Keret, è con Sara Shilo, autrice del libro “La pazienza della pietra” pubblicato recentemente dalla casa editrice Giuntina.
Il romanzo, che è costato all’autrice cinque anni di lavoro, racconta attraverso il monologo dei quattro protagonisti la vita di una famiglia che abita in una cittadina nel nord d’Israele sotto la continua minaccia dei razzi katiuscia. Nell’arco di una giornata, Simona, Dudi, Itzik, Koby e Etty narrano con voce propria le emozioni, i desideri e i sentimenti contradditori che albergano nel loro animo e con i quali la famiglia Dadon si confronta ogni giorno.
Sara Shilo che lo scorso mese di maggio ha rilasciato un’intervista a Informazione Corretta, dopo la partecipazione al Salone del Libro di Torino in occasione del 60° anniversario della fondazione dello Stato di Israele, è una donna semplice, di straordinaria ricchezza umana, l’amica con la quale fare due chiacchiere davanti a un caffè.
Autrice di libri per bambini e organizzatrice di attività ricreative per l’infanzia, Sara Shilo incontra il pubblico bolognese nella suggestiva cornice del Cortile del Terribilia.
Le sue origini, il tema della morte, la presenza dei sogni nel romanzo, il valore della scrittura sono alcuni dei temi che affronta.
Nella scelta di raccontare la storia di una famiglia di marocchini c’è il desiderio della scrittrice di far conoscere il mondo dal quale proviene (la madre è siriana e il padre iracheno), una realtà poco conosciuta in Israele.
Il romanzo è ambientato fra la fine degli anni 70 e i primi anni 80 quando Meir David Kahana, rabbino e politico dalle posizioni fanatiche e estremiste nei confronti degli arabi, si trovava in Israele e si recava nelle zone meno acculturate del paese per cercare di convincere la popolazione della validità delle sue idee. Ed è proprio attraverso la figura di questo rabbino che l’autrice ha voluto narrare la paura e come essa influenzi le persone e possa essere sfruttata dai politici stessi.
Una delle figure più belle del libro è senz’altro Simona Dadon, una donna che si differenzia dal prototipo della donna israeliana che siamo abituati a vedere a Tel Aviv. “Eppure – dice la Shilo – molte donne israeliane, anche quelle che hanno un alto livello di istruzione, si sono riconosciute in Simona ritrovando nel suo percorso di maternità una fase della loro vita. Simona è una donna che non ha studiato, molto diversa dalla tipica donna moderna eppure si è costruita da sola una coscienza femminista, mattone dopo mattone, senza che nessuno gliela insegnasse”.
La lingua usata nel romanzo, un ebraico a volte scorretto per meglio rappresentare la realtà in cui vive la famiglia Dadon , è l’occasione per parlare dell’esistenza in Israele di persone che conoscono talmente bene l’ebraico, rapportato quasi a una religione, al punto da correggere chi invece non è in grado di parlarlo perfettamente.
“Per me – continua la Shilo – è fondamentale invece ascoltare le persone soprattutto perché siamo un paese di immigrati con una forte minoranza araba, un paese che deve essere pronto a fare propri, attraverso l’ascolto, le sofferenze e le esperienze degli altri”.
Un elemento che ritorna frequentemente per tutto il romanzo è il sogno. “A volte - spiega l’autrice – mi pare che i sogni facciano a gara con la realtà.
Dal punto di vista letterario il sogno è una sorta di specchio della realtà, che a volte può apparire storto, a volte addirittura opposto alla realtà stessa”.
Una costante degli scrittori israeliani, alla quale non sfugge neppure Sara Shilo, è la presenza nelle loro opere dei morti che coesistono con i vivi e interagiscono con loro come Simona che non si è mai separata dal marito Massud, la cui morte rimanendo un mistero viene percepita al contempo come una presenza reale.
Sara Shilo non voleva diventare scrittrice ma raccontare quella storia era per lei una necessità, era “la vita o la morte” : un impegno che si è rivelato duro, sia dal punto di vista fisico che emotivo, che le ha procurato soddisfazioni ma ha richiesto molta energia.
La sua intenzione è di “riprovarci” perché sono molte le cose che vorrebbe esprimere ed è consapevole che solo attraverso la scrittura può farlo.
Giorgia Greco, Bologna, 17 luglio 2008

mercoledì 16 luglio 2008

Israele: niente più timbro sul passaporto dei cittadini italiani
Dallo scorso 3 luglio entrare in Israele è più facile per i turisti italiani. Grazie a un accordo fra il ministero degli interni, il ministero degli affari esteri e il ministero del turismo d'Israele, i cittadini italiani che si recano nel Paese non hanno più l'obbligo di apporre il timbro sul passaporto. I visitatori dovranno solo compilare un modulo con i propri dati, sul quale verrà apposto il timbro. Il modulo servirà anche per il rimborso dell'Iva. (di eventuali spese israeliane nr) http://www.travelquotidiano.com/ 15.06.2008

martedì 15 luglio 2008

Masada
I siti considerati patrimonio irrinunciabile dell’Umanità

Molte sono le meraviglie d’Israele, ma tra di esse, quelle che forse danno maggior lustro alla Nazione, sono quei cinque luoghi prescelti dall’UNESCO ed inseriti all’interno di quella lista di cui fanno parte solo i siti considerati patrimonio Irrinunciabile dell’umanità.
LA CITTA’ VECCHIA di AKKO, MASSADA, LA CITTA’ BIANCA DI TEL AVIV, LA VIA DELL’INCENSO – LE CITTA’ DEL DESERTO DEL NEGEV, ed i le città bibliche ubicate sugli antichi tell di MEGIDDO, HAZOR e BERSCHEBA.
Per essere inseriti in questa prestigiosa lista di 830 luoghi sparsi in tutto il mondo, i siti prescelti devono rispondere a ben precisi e rigidi criteri ed Israele attivamente li protegge e ne favorisce lo sviluppo e la conservazione per le future generazioni.
Akko ha vinto il suo posto all’interno di questa lista grazie alla straordinaria conservazione della città e dei reperti del periodo medievale sopra e sotto il livello della strada ed il suo status attuale è uno straordinario esempio di una città ottomana protetta da mura con meravigliosa vista sul mediterraneo, mura sulle quali i turisti possono ancora passeggiare.
L’UNESCO ha reso onore a Masada come simbolo dell’identità culturale ebraica ed a ricordo della lotta sostenuta da un popolo in nome della libertà contro l’oppressione. La costruzione di Masada voluta da Erode il Grande è anche considerata un esempio di architettura di una antica villa romana, e le piattaforme costituenti il lavoro di assedio collocate intorno alla fortezza sono le più complete mai ritrovate. Il Parco Nazionale di Masada continua ad aggiornare ed a scavare, proprio in quanto sito considerato come patrimonio irrinunciabile per l’umanità; recentemente un innovativo museo archeologico mostra alcuni dei preziosi ritrovamenti di scavo.
L’UNESCO ha inserito tra il proprio patrimonio in Israele anche la Città Bianca di Tel Aviv in considerazione soprattutto delle tendenze architettoniche del moderno movimento Bauhaus e della sua integrazione nelle condizioni architettoniche locali. Gli edifici della Città Bianca sono una delle più recenti attrazioni di Tel Aviv come dimostrano gli ampi gruppi di visitatori locale e turisti che possono essere visti sulla Dizengoff Rothschild e su altre strade.
La Via dell’Incenso, via commerciale che tocca le città del deserto del Negev all’interno di un percorso di 2.400 km che dall’Arabia giunge fino al Mediterraneo attraversando il Negev israeliano. Lungo questo percorso 2000 anni fa vennero costruite le città Nabatee di Mamshit, Avdat, Haluza, Shiyta, tutti luoghi di estremo fascino per il visitatore; importanti non solo come empori commerciali, ma anche come centri di scambi di idee e di culture.
L’agricoltura che si è sviluppata lungo questo percorso mostra come un popolo – ora come allora- sia in grado di far fiorire un ostile ambiente desertico.
L’UNESCO ha stabilito che i tell di periodo biblico di Megiddo, Hazor e Beerscheva costituiscono anche antichi scambi culturali lungo le principali vie di comunicazione. Una visita a questi siti metterà in evidenza il complesso sistema idrico delle città così da mostrare l’ingegnosità e lo spirito di collaborazione delle antiche comunità qui presenti. I siti, con i loro palazzi, bastioni e magazzini, sono anche grandiose testimonianze di altrettanto grandiose ed antiche civiltà e mostrano anche la potenza del racconto biblico.
http://www.israele-turismo.it/

lunedì 14 luglio 2008

Haifa


Un ebreo resta sempre un ebreo - Vicende dell’ebraismo e del messianesimo nella cultura polacca

di L. Quercioli Mincer, Bibliotheca Aretina

Un saggio curato da Laura Quercioli Mincer ricostruisce la storia di un Paese nel quale gli ebrei sono visti ancora oggi con sospetto e con diffidenza
Polonia-ebrei: da sempre un rapporto amore-odio, sfociato, in ultimo, nella tragedia della Shoah, con la maggior parte dei lager non a caso installati appunto in Polonia, dove uno storico humus antisemita permise, molto più che negli altri Paesi dell’Europa orientale in mano ai nazisti, il vero e proprio genocidio della comunità ebraica (tutta la popolazione polacca, peraltro, fu oggetto d’un vero e proprio piano “cambogiano” di sterminio). Ma quale era stato, esattamente, il rapporto tra la nazione polacca e la sua componente israelita nel cruciale periodo tra la fine del Settecento e la seconda metà dell’Ottocento? Un rapporto difficile, ambiguo, tormentato: in ogni caso molto diverso da quelli esistenti in altri Paesi. Un rapporto analizzato ultimamente nel libro a più mani “Un ebreo resta sempre un ebreo”: raccolta di saggi curata da Laura Quercioli Mincer, docente di Storia e cultura ebraica nei Paesi slavi alla “Sapienza” di Roma.
Sono specialmente le vicende del frankismo, il singolare movimento messianico e sincretistico creato da Jakub Frank (1726-1791: proprio nell’ambito d’una ricerca internazionale su Frank, partita dalla facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Siena-Arezzo, è nato questo volume), a rappresentare emblematicamente le difficoltà della dialettica fra ebraismo e “tipo umano polacco”. A lungo, infatti, i frankisti, entrati grazie al battesimo nella nobiltà polacca, pur combattendo nelle insurrezioni nazionali ottocentesche e figurando tra i protagonisti della cultura nazionale, sono guardati con un misto di diffidenza e odio dall’“establishment” cattolico, perché considerati un “cavallo di Troia” dell’ebraismo nel cattolicesimo (oltre ad attirarsi, chiaramente, con la loro apostasia - peraltro più formale e “nicodemica” che sostanziale - l’ostilità degli ex-confratelli ebrei).
Nei quarant’anni di regime comunista, poi, dal 1949 all’ “1989 e dintorni”, il silenzio sul frankismo (così come, del resto, per tutti i temi inerenti l’ebraismo: vedasi anche, in passato, gli studi di Gabriele Nissim sull’antisemitismo di Stato nei regimi dell’Est) è quasi totale. Proprio sulla “metabolizzazione” del frankismo, anzi, rileva la Quercioli Mincer nel suo saggio, si confrontano tuttora, a quasi vent’anni dalla fine del regime comunista, i fautori d’una Polonia multietnica e multireligiosa ovvero, al contrario, d’un Paese “etno-nazionalista, etnicamente e religiosamente uniforme, con unico modello, la figura del “polacco-cattolico”. Quanto poi, più in generale, il rapporto con l’ebraismo continui a risultare difficile per la società polacca, tralasciando fenomeni più eclatanti come le ricorrenti esternazioni antisemite dell’emittente cattolico-conservatrice “Radio Maria”, risulta evidente da episodi meno noti ma altrettanto inquietanti: come la richiesta del ministro della Cultura Roman Giertych, nel luglio 2007 (ancora in piena era dei gemelli Kaczynski), di cancellare dall’elenco delle letture scolastiche sei poeti e scrittori a causa della loro origine israelita, o del sostegno dato alla causa ebraica.
Polonia 2008: una scommessa decisiva, inedita (per la cultura occidentale, troppo spesso, su questi temi, superficiale, distratta o, all’opposto, apocalittica), sul piano della multiculturalità?
di FABRIZIO FEDERICI http://www.shalom.it/


HERZL, THEODOR (Budapest 1860 - Edlach 1904)

Scrittore ungherese, fondatore del movimento sionista. Di famiglia di ebrei assimilati, trasferitosi a Vienna, fu inizialmente fautore dell'assimilazionismo. Modificò l'atteggiamento in seguito alle crescenti manifestazioni di antisemitismo che si andavano diffondendo nel mondo tedesco e in Francia, dove fu inviato dal giornale viennese "Neue Freie Presse" per seguire il processo Dreyfus. Nel libro Der Judenstaat (Lo stato degli ebrei, 1896), sostenne che, perdurando l'odio verso gli ebrei anche dopo un'eventuale assimilazione, l'unica soluzione della questione ebraica doveva essere cercata nella formazione di uno stato nazionale ebraico. Questa tesi era già stata avanzata dai rabbini Yehuda Alkalay (1798-1878) e Zevi Hirsch Kalischer (1795-1874), dal socialista ebreo assimilato Moses Hess (1812-1875) e da Leon Pinsker, autore dal 1883 dei primi tentativi organizzati di colonizzazione della Palestina. Quello di Herzl fu però un progetto nazionale dalla forte carica ideologica tendente a combattere l'antisemitismo mediante il trasferimento degli ebrei in una sede autonoma garantita dal diritto internazionale: un modello laico, nazionalista, in luogo delle motivazioni religiose proprie dei fautori tradizionali di un ritorno a Sion o delle soluzioni per gruppi più o meno limitati di emigranti. Diversamente dagli scritti del sionismo religioso o pragmatico, Der Judenstaat suscitò un immediato interesse tra gli ebrei dell'Europa orientale, tanto che già nel 1897 si poté organizzare a Basilea il primo congresso sionista che grazie alle doti carismatiche di Herzl assunse il carattere di un'assemblea costituente. Il cosiddetto programma di Basilea prevedeva la creazione di un organismo permanente (l'Organizzazione sionistica, Zionist organization, Zo), di una banca (il Jewish Colonial Trust), di organi di stampa in varie lingue. Negli anni successivi l'intensa attività diplomatica di Herzl, svolta nel tentativo di ottenere quel riconoscimento politico di valore internazionale che, nelle intenzioni del sionismo, doveva condurre alla sovranità ebraica su un territorio (e che arrivò nel 1917 con la dichiarazione di Balfour), finì con l'attribuirgli un prestigio paragonabile a quello di un capo di stato. Per trasformare in realtà il suo obiettivo di trasferire un popolo senza terra in una qualche terra senza popolo si rivolse prima al Kaiser Guglielmo II (1898), nella speranza che questi esercitasse pressioni sull'impero ottomano per una soluzione palestinese, poi allo stesso sultano Abdülhamid II (1901) e perfino al ministro russo degli Interni, Plehve, notorio ispiratore di persecuzioni antiebraiche (1903). Malgrado la rapidità con cui le sue idee fecero proseliti, Herzl dovette fronteggiare l'opposizione di quella stragrande maggioranza di ebrei che si manteneva estranea al sionismo o lo avversava apertamente. Tra questi ultimi gli assimilazionisti, contro i quali si mobilitò il secondo congresso sionista (Basilea, 1898) e, all'estremo opposto, i religiosi ferventi che giudicavano blasfemo il tentativo di ricostruire uno stato ebraico prima del ritorno del Messia. http://www.pbmstoria.it/


Palline di castagne secche

Si pesano 300 g di castagne secche e si lasciano in ammollo per 2 ore in 1,5 lt d’acqua ; si portano ora in casseruola con la loro acqua (filtrata), una foglia d’alloro, un pizzico di sale e si cuoce a fiamma bassa per 1 ora.
Togliere le castagne ed asportare le pellicine ancora aderenti; portare di nuovo in casseruola le castagne e coprirle con latte (0,5 lt) aggiungendo e cucchiai di zucchero; cuocere per 20’ a fiamma bassa; lasciare raffreddare ed aggiungere 200 g di mascarpone e due cucchiai di buon rhum; mescolare bene in modo da avere un impasto omogeneo e compatto; portare in frigo per 15’; in una tazza mescolare ora 1 cucchiaio di cacao e ½ cucchiaio di zucchero; fare delle palline con l’impasto (di circa 1- 2 cm) e passarle nel cacao; sistemarle in piccoli contenitori di carta e metterle in un piatto nel frigo

Gerusalemme - Mea Sherim


SOTTO LA STELLA DI DAVIDE
Incontri con gli scrittori di Israele

9 e 10 LUGLIO 2008
“La scrittura è [per me] un tentativo di toccare ciò che non vedo. Mentre gli altri autori ripensano al loro vissuto, si confrontano con realtà note, il mio percorso è esattamente l’inverso. Scrivere per me è come sporgermi dal precipizio”.
Non ha alcuna intenzione di stupire l’uditorio, Etgar Keret, il secondo personaggio che incontriamo in questa rassegna, uno dei maggiori esponenti della nuova generazione di scrittori israeliani e l'autore più amato dai giovani. Il suo modo di esprimersi per paradossi gli viene naturale, te ne rendi conto appena lo vedi sul palco. 41 anni, ma ne dimostra di meno, nato a Tel Aviv da genitori scampati alla Shoah, jeans-maglietta-sorriso contagioso, la pronuncia delle consonanti in inglese ha un che di sibilante, come capita ai ragazzini.
Ha iniziato a scrivere a 19 anni, durante il servizio militare. E’ autore di sceneggiature per il cinema, storie per la televisione, libri di fumetti e per bambini (“Papà è scappato col circo”, 2003, illustrato da Rutu Modan) e perfino di un musical dal titolo (ovviamente insolito) “Entebbe A Musical”, scritto con Jonathan Bar Giora, che gli valse, nel 1993 il primo premio all'Alternative Theater Festival di Akko.
Viene presentato da Bruno Gambarotta come l’enfant terribile della letteratura israeliana, colui per il quale non esistono territori sacri. La sua caratteristica sono i racconti brevi, dal ritmo molto serrato, nei quali versa una capacità surreale di satira ed uno spirito….fulminante. Non a caso un suo libro (tre gruppi di raccolte di storie del 2003/2004) porta il titolo di “Pizzeria Kamikaze”; esso è edito da E/O, come del resto tutti i suoi testi. Vediamone altri.
“Gaza Blues” (2005), a quattro mani col palestinese Samir El-Youssef, in cui gli Autori condividono la stessa simpatia per i loro personaggi che sono veri “anti-eroi” e cercano di svelare la complessità di un conflitto che investe la loro vita quotidiana, piena di tutti i sogni, le aspettative, i fallimenti che appartengono comunque alla nostra vita in generale. Ne discende una miscela spiazzante che ci mostra squarci di una società nevrotica e paradossale.
“Le tette di una diciottenne “ (2006), inizialmente apparso nella collana “Dal mondo” con il titolo “Io sono lui”, è anch’esso percorso da un forte senso dell’assurdo e dell’incredibile; cifra interpretativa, anche se ovviamente non l’unica, di una realtà, per tanti versi, pazzesca come quella di Israele oggi; fino al recente “Abram Kadabram” (2008), che il quotidiano Yediot Ahronot ha indicato come una delle cinquanta opere più importanti della letteratura israeliana.
All’osservazione secondo la quale i suoi personaggi paiono vivere in una dimensione minimalista, che considera anzitutto il ”giorno per giorno”, Keret conferma l’esattezza dell’analisi, motivandola come una reazione al fatto di essere cresciuto in un clima, per così dire, ideologizzato, con i valori del sionismo come base, ossatura del Paese.
Ciò lo ha indotto ad ampliare lo spazio personale, nell’esigenza dei personaggi (e dello stesso Etgar) di ritrovare se stessi, senza timore di confessare il proprio disorientamento e malessere esistenziale, pur espressi con il sorriso sulla labbra.
La complessità della natura umana lo porta a far sì che, nelle sue storie, non vi sia una coppia che viva in armonia; si tratti di genitori/figli o marito/ moglie; i vivi e i morti coesistono, così come la tematica del suicidio è ricorrente. “Ma non vi è nulla di macabro” precisa ”anzi il contesto in cui i suicidi sono inseriti è ottimista. Se hai la possibilità di ucciderti, significa che sei in grado di prenderti le tue responsabilità; anzi devi farlo, non puoi scaricare eventuali colpe su altri”.
Che ne dici dell’immagine proposta da qualcuno, lo provoca Gambarotta, che definisce Israele come “Fungo bellissimo, ma…velenoso”?
“L’identità israeliana” risponde “è da sempre costruita su paradossi e contraddizioni. C’è il lato conservatore che porta ad una rigorosa osservanza dello Shabbat, quando, per fare un esempio, i trasporti pubblici non funzionano; ma c’è anche l’Israele che sceglie come proprio rappresentante all’Eurofestival della canzone un travestito, che risulterà il vincitore della kermesse. Israele, insomma, è una bella donna imprevedibile. Un mio personaggio, un uomo d’affari di nome Avner, pur amandola, dice cose terribili su di lei! Vi sono tanti aspetti, nella nostra realtà, che sono comuni a quella italiana, o di altri Paesi occidentali; la vera differenza sta nel…volume: da noi è assai più alto!”
Ci parla della sua famiglia di origine. Sappiamo che i suoi genitori sono sopravvissuti alla Shoah (e qua è là il tema emerge); ci sono pure una sorella ed un fratello, assai dissimili tra loro.
La sorella, 45 anni, segue il filone ultraortodosso dell’Ebraismo, ha undici figli e due nipoti; il fratello, legato all’estrema sinistra, dopo aver tentato di costituire in Patria un gruppo politico volto alla legalizzazione della marijuana, ora vive in Tailandia.
“Siamo molto diversi tra noi, ma stiamo cercando tutti la stessa cosa, pur attraverso percorsi differenti: ciò che trascende la realtà quotidiana, il senso profondo della vita”.
Una figura che ricorre nella sua poetica è l’illusionista o il “prestigiatore”, come Abram Kadabram.
C’è molto in comune tra il “mago” e lo scrittore, entrambi condizionano il pubblico, ma ne sono, a loro volta, condizionati. Quando un “mago” può essere davvero definito tale? Quando lui stesso non riesce a scoprire i propri trucchi; è la stessa esperienza che vive lo scrittore.
Altri personaggi cui Etgar spesso fa ricorso sono i “bambini”, magari inseriti anch’essi in un filone macabro. La letteratura, confessa, mi ha consentito di esprimere il mio volto di bambino che avevo sempre nascosto. I bambini non sono (ancora) parte integrante della società: per questo hanno la capacità rara di vedere la realtà così com’è, contrariamente agli adulti, che vi sono immersi. Vedremo come ha sviluppato il tema della forza dei bambini in una specifica occasione.
Quanto ad una certa predilezione per il tema del “compleanno”, questo si spiega col fatto che, inevitabilmente, il giorno del tuo compleanno, sei costretto a fare un bilancio, sia pure parziale, della tua vita, a guardare dentro di te e all’indietro, nel tuo passato. Il tema del “compleanno” è scelto come momento di sfida.
Alla rituale domanda di come nascano i suoi racconti, egli spiega che la vera molla sono le situazioni di….squilibrio, di instabilità: quando stai per cadere, ti aggrappi a qualcosa. “Ecco, questo significa per me scrivere!”
Il criterio, poi, secondo il quale sono organizzate le raccolte dei suoi racconti, beh questo può essere casuale; magari nascere da una situazione di emergenza. “Una volta” confessa “temevo di perdere i racconti appena scritti perché il computer stava andando in tilt, così, per salvarli, li ho radunati in un unico file….”
Nella nostra conversazione, per usare un’immagine biblica, alla brezza della sera, non è mancato l’accenno agli autori, di diverse epoche e contesti, che hanno influenzato la formazione di Etgar Keret.
Tra questi, nota Bruno Gambarotta, Julio Cortázar ( 1914 - 1984), lo scrittore argentino (ma vissuto a lungo a Parigi) che prediligeva i generi del fantastico e del mistero, stimato da Borges, spesso paragonato a Cechov e Edgar Allan Poe, i cui racconti non sempre seguono una linearità temporale, ma i cui personaggi esprimono una psicologia profonda.
Poi, aggiunge l’ospite, Franz Kafka, Isaac Bashevis Singer e Isaac Babel.
Ma un posto importante lo occupano anche i racconti hassidici. Quando la sorella si è volta verso l’ebraismo ultraortodosso, Etgar, per trovare un comune terreno d’intesa con lei, si è avvicinato a quel mondo, ricco di misticismo, ironia, senso del fantastico. Senza dimenticare la Bibbia, con la quale tutti gli Autori israeliani hanno familiarità, a prescindere dalle singole scelte religiose: si può essere praticanti o meno, credenti o non credenti, ma “il” Libro è pietra miliare nella formazione e nella vita del “Popolo del Libro”.
Dalla Scrittura al Cinema
La sera successiva, il 10 luglio, presso il Cinema “Odeon”, a pochi passi dal luogo dei nostri incontri letterari, è stato proiettato “Meduzot” (Meduse), il lungometraggio -distribuito in Italia dalla Sacher Film di Nanni Moretti- che Etgar ha diretto un paio di anni fa, insieme alla moglie, la sceneggiatrice Shira Geffen, e che ha vinto il Premio “Camera d’Or” al Festival di Cannes 2007, dopo aver riscosso notevole successo in Israele.
Al termine dello spettacolo i due autori si sono intrattenuti col pubblico in un simpatico dibattito, nel quale hanno espresso con naturalezza e sincerità le motivazioni che li hanno portati a mettersi dietro la macchina da presa; questo in un momento molto felice per il cinema israeliano, che vanta, negli ultimi tempi, alcune pellicole di notevole rilievo internazionale, in una gamma variegata di temi espressi: pensiamo, tra le altre, a “Beaufort”, candidato all’Oscar come migliore film straniero (ma che in Italia non ha trovato il…suo Nanni Moretti) o a “La banda”. O, mi permetto di aggiungere, a “Souvenirs”.
L’identità di scrittori rivestita da Etgar e Shira, seppure in contesti un po’ differenti, ha dato loro quella libertà di azione che personaggi “del mestiere” non avrebbero probabilmente avuto: “Sapevamo di correre un rischio, entrando in un mondo nuovo” aggiungono “ma lo abbiamo corso volentieri. Nella peggiore delle ipotesi, in caso di flop, saremmo tornati al nostro vero lavoro senza problemi”. “D’altronde, aggiungono “entrambi amiamo il cinema e da esso traiamo ispirazione. Così come, nel cinema, traiamo ispirazione dalla parola scritta”.
Ho rivisto con piacere la pellicola e ho colto aspetti nuovi nella trama delicata di cui è composta. Ad esempio il soffermarsi della macchina da presa sugli interni aridi, quasi squallidi: l’anonimo albergone di Tel Aviv dove Keren e Michael passano la loro luna di miele; l’appartamento in cui vive Batya, il cui soffitto ha urgente necessità di essere riparato; il ristorante specializzato in ricevimenti di nozze -che immagini uno uguale all’altro, nel loro svolgimento e menu- con annesso giovane direttore arrogante; le poche stanze che la signora di origine tedesca divide con la badante filippina, sul volto dolcissimo della quale leggi tutto il dolore per la lontananza dal suo bambino, mentre lei s’impegna più che può nel suo lavoro, arrangiandosi con un inglese elementare e con quell’espressione/domanda che, probabilmente, è l’unica che conosce, nella lingua del Paese: “Tutto a posto?”
Agli interni così freddi e disumanizzati fanno da contraltare i diversi personaggi, con i sentimenti, i desideri, la difficoltà delle persone ad entrare in sintonia l’una con l’altra…..La Tragedia del “Passato che non passa”: “Siamo tutti della seconda generazione” (dopo la Shoah)…..Una madre che sa sorridere solo dai cartelloni pubblicitari (da dove invita il pubblico a sganciare soldi per iniziative pseudobenefiche) e un padre troppo occupato con l’amichetta bulimica di turno per prestare attenzione alla figlia, più o meno coetanea di quest’ultima…..gli struggenti versi della misteriosa poetessa, suicida a causa della solitudine: “…una nave dentro una bottiglia non potrà affondare mai, né ricoprirsi di polvere. E’ bella da guardare mentre naviga nel vento… e intorno…meduse….”
Ma vi è la nota di speranza: la grande forza dell’innocenza infantile e della poesia.
La bambina silenziosa coi capelli rossi, che non si separa per nessun motivo dal suo salvagente, rappresenta la vita che rinasce; di impareggiabile suggestione i lunghi sguardi, negli interni, sulla spiaggia e, soprattutto, alla fine, sott’acqua, tra lei e Batya, cullate dall’affascinante commento musicale per pianoforte.
All’uscita, la via Mascarella, su cui si affaccia il cinema “Odeon” era stata pedonalizzata grazie ad una benemerita iniziativa di alcuni ristoratori della zona: sulla strada erano stati posti i tavoli per gli avventori, che così si sono seduti all’aperto in un clima festoso.
Ho salutato Etgar, Shira e Marina e li ho guardati allontanarsi tra le persone che cenavano all’ombra dei nostri palazzi rinascimentali: un magico prosieguo di film.
Mara Marantonio Bernardini, 11 luglio 2008
http://www.mara.free.bm/

domenica 13 luglio 2008

Eilat

Prima Veroli. Da Israele con furore: preso Nissim. Trinchieri: 'E' un duro'

VEROLI – E' direttamente dall'aeroporto di Charlotte, North Carolina, dove Zeppieri, Riva e Trinchieri stavano facendo scalo durante il viaggio di trasferimento da Orlando a Las Vegas, che è arrivata nel tardo pomeriggio di ieri la succosa notizia di un nuovo acquisto in casa Basket Veroli, confermata ufficialmente dal sito internet della società. Il nome, novità stra-assoluta sia per il mercato che per l'Italia, è quello del comunitario Afik Nissim, 27 anni, appena 1.81 d'altezza, israeliano dal passaporto francese, nelle ultime due stagioni a Strasburgo, dove quest'anno ha viaggiato a 9.9 punti+2.0 assist in 25' di media nella massima serie francese (con cifre non eccellenti al tiro: 47% da 2, 29% da 3) e a 10.4+3.0 in 22' in Uleb Cup (tirando meglio da 3 che da 2, un ottimo 48% contro il 39% dentro il perimetro). E' lui l'esterno “supersconosciuto” al quale Riva ci aveva confidato l'altro giorno di aver fatto l'offerta di un contratto, che ora lo legherà fino al giugno 2009 al club ciociaro. “E' ciò che si definisce una “combo guard” – lo presenta il coach giallorosso Andrea Trinchieri quando annuncia la novità – Perché l'abbiamo preso? Perché c'ha due palle così. Lo conosco da tempo, ci darà qualità, punti e leadership”, assicura il coach............... Negli States, intanto, Trinchieri si è già appuntato qualche nome di americano: “Ce ne sono un paio spendibili per noi, non in coppia però. Ad Orlando c'erano parecchi buoni giocatori, una grande organizzazione, ora ci spostiamo nel “tritacarne” di Las Vegas”. Dove Veroli ci andrà dopo aver messo in cassaforte il primo israeliano della sua storia. Paolo De Persis , 12.07.2008 http://www.basketnet.it/