venerdì 17 maggio 2013
Una bambina di quattro anni proveniente dalla Siria è stata sottoposta
con successo, lunedì, a un intervento vitale di chirurgia cardiaca
presso il Wolfson Medical Center di Holon (Israele), nel quadro delle
attività volontarie di Save a Child’s Heart (“Salva il cuore di un
bambino”). Il caso della bambina, la cui identità non è stata divulgata
per tutelare la famiglia dagli estremisti che imperversano nel suo
paese, era stato presentato a Save a Child’s Heart da un’organizzazione
umanitaria americana che opera in Giordania e Israele.La bambina è arrivata in Israele la scorsa settimana da un paese terzo
dove lei e la madre erano giunte come profughi in fuga dalla guerra
civile che infuria in Siria. Al suo arrivo, è stata visitata da
un’équipe medica di Save a Child’s Heart che ha valutato che necessitava
di un intervento a cuore aperto al più presto possibile: il tutto
gratis, grazie al lavoro volontario dello staff medico e ai fondi
raccolti. Ora la bambina si sta riprendendo, nel reparto di terapia
intensiva della pediatria dell’ospedale Wolfson, in attesa di poter
tornare in Giordania. “Senza l'intervento, poteva morire nel giro di
pochi mesi, forse anche settimane” spiega il chirurgo, Lior Sasson. E
aggiunge: “E’ incoraggiante poter eseguire un intervento chirurgico su
una piccola proveniente da un paese ostile”.Stando al racconto della madre, i medici in Siria avevano scoperto la
malfunzione cardiaca quando la figlia aveva sei mesi d’età, ma non erano
disponibili terapie adeguate. “Continuavamo a portarla dai dottori –
dice – ma non c’era niente che si potesse fare per lei. Non poteva né
correre né giocare come gli altri bambini, e per la maggior parte del
tempo stava davvero male”.Quando è scoppiata la guerra civile siriana, la madre si è resa conto
che la famiglia, per salvare la figlia, non aveva altra scelta che
lasciare il paese e cercare aiuto all'estero. Un anno e mezzo fa si sono
spostati in Giordania, dove la madre si è rivolta a un'associazione
cristiana americana supplicandola di aiutarla. A sua volta
l’associazione ha contattato Save a Child’s Heart e pochi giorni fa, in
coordinamento con il ministro degli interni israeliano Gideon Sa'ar,
madre e figlia hanno potuto entrare in Israele.“ All'inizio temevo la reazione del regime siriano al fatto che
venissimo qui – ricorda la donna – e naturalmente io stessa avevo paura a
venire in Israele. Ma dal momento che siamo arrivate, mi sono sentita a
mio agio. I dottori hanno trattato bene sia me che mia figlia”. E
aggiunge che al Wolfson ha incontrato altri pazienti accuditi da Save a
Child’s Heart, fra i quali molti palestinesi e arabi di altri paesi
mediorientali.La fondazione israeliana Save a Child’s Heart, creata nel 1995 dal
compianto cardiochirurgo pediatrico Amiram Cohen, ha già assistito più
di 3.200 bambini in 44 paesi in via di sviluppo. Con l’intervento di
lunedì, la Siria è diventata il 45esimo paese.(Da: Jerusalem Post, YnetNews, 14.5.13),http://www.israele.net/
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Scontri a Gerusalemme tra palestinesi e forze di sicurezza
GERUSALEMME -
Tensioni e scontri tra forze di sicurezza israeliane e manifestanti
palestinesi si sono verificati oggi a Gerusalemme presso la Porta di
Damasco, in occasione della "Nakba" ("catastrofe") che per i palestinesi
ricorda la proclamazione dello Stato di Israele e l'esodo dei profughi.Alla manifestazione hanno preso parte circa 500 attivisti palestinesi
ai quali si è aggiunto un gruppo di arabi israeliani provenienti da
Akko, nel nord del paese. Nel corso degli incidenti sono stati feriti
due poliziotti israeliani, mentre sono stati fermati una decina di
attivisti palestinesi. A un gruppo di giovani ebrei ortodossi che
transitavano nelle vicinanze è stato strappato il tradizionale copricapo
e uno di essi è stato ferito ad un occhio.Analoghi incidenti sono avvenuti anche al transito di Qalandia a sud di Ramallah, a Hebron e a Betlemme, in Cisgiordania.Intanto un razzo lanciato dalla Striscia di Gaza è caduto oggi
pomeriggio, senza provocare vittime né danni, nel nord-ovest della
regione desertica del Negev, nel sud d'Israele. Lo riporta il sito del
"Jerusalem Post", citando un portavoce dell'esercito, dopo alcuni giorni
di relativa calma.Ats,http://www.tio.ch/
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Tra i ricchi del mondo, è Israele ad avere il tasso di povertà più alto
di Luca Pistone. 16 maggio 2013,http://atlasweb.it/
Israele è il più povero dei 34 paesi economicamente sviluppati, con
un tasso di povertà del 20,9%, secondo un rapporto dell’Organizzazione
per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (Ocse) pubblicato ieri.
La popolazione povera di Israele è cresciuta più che in ogni altra nazione Ocse, superando anche il Messico (20,4%).Lo stato ebraico continua ad essere uno dei paesi con la maggiore disparità di reddito, dopo Stati Uniti, Messico, Cile e Turchia.In contrasto con la tendenza registrata in molti paesi, dove i salari
sia tra i più ricchi che tra i più poveri sono diminuiti, Israele
presenta un lieve aumento in entrambe le parti.
In Spagna e Grecia, colpite dalla recessione, i tassi di povertà sono
i più bassi, rispettivamente del 15,4% e del 14,3%. In generale, in
quasi tutti i paesi Ocse, i redditi sono in calo, mentre la
diseguaglianza è in aumento.L’Ocse riporta un aumento significativo dei tassi di povertà anche in Turchia, Giappone, Australia, Nuova Zelanda, Svezia e Germania.L’Ocse definisce “tasso di povertà” la quota di persone il cui reddito è minore alla metà del reddito medio nazionale.
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Israele perde la guerra delle immagini
E se la ormai celebre fotografia del funerale di Gaza premiata dalla World Press Photo Foundation fosse un falso? L'organismo che presiede il prestigioso riconoscimento ha avviato una revisione dell'immagine. Non sarebbe la prima immagine rilanciata dai quotidiani di tutto il mondo che si rivela un'arma di propaganda contro Israele. Ci fu Tuvia Grossman, il ragazzo sanguinante sulla prima pagina del New York Times con alle spalle un poliziotto israeliano. Quel ragazzo fu spacciato per palestinese, ma era un israeliano salvato dal linciaggio degli arabi all'inizio della Seconda Intifada. Il danno fu enorme per lo stato ebraico. Poi c'è stato il libello del sangue di Mohammed al Dura, il bambino palestinese al centro di uno dei più grandi scandali mediatici realizzati ad arte dalla televisione francese. E la Reuters, che durante la guerra in Libano del 2006 mostrò una donna sotto più macerie, in luoghi diversi, usata come manichino di guerra. E sempre la Reuters fece sparire dalle mani dei terroristi turchi della Mavi Marmara asce, coltelli e spranghe, dovevano passare per "pacifisti". La barriera di sicurezza di Israele è fotografata più di qualsiasi star di Hollywood, ma solo nelle sezioni di cemento con graffiti. Ci fu infine l'invenzione del “massacro di Jenin”, corpi che si rialzavano per cambiare posizione e una bambina che alla fine è risultata viva e vegeta. Foto e notizie che incitano all’odio. Purtroppo Israele sta perdendo questa guerra delle immagini.© - FOGLIO QUOTIDIANO di Giulio Meotti
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Di Zvi Gabay,http://www.israele.net/
A Shavuot, la festa ebraica che quest’anno si inizia a celebrare dalla
sera di martedì, gli ebrei iracheni ricordano il 72esimo anniversario
del pogrom Farhud: i tumulti del 1941 in cui vennero massacrate fra 150 e
180 persone e altre migliaia ferite, mutilate, violentate.Il Centro per il Retaggio dell’Ebraismo Babilonese (iracheno), a Or
Yehuda (Israele), ha catalogato i nomi delle vittime, mentre in tutto il
mondo gli ebrei iracheni ricordano quei terribili disgraziati eventi
così simili alla Notte dei Cristalli di tre anni prima in Germania.I tumulti Farhud (in arabo “espropriazione violenta”) videro
protagonista una folla che era stata aizzata alla violenza e si
tradussero, per la comunità ebraica irachena, nella perdita di ogni
fiducia nel paese che avevano considerato casa loro per millenni: quella
comunità di circa 140mila ebrei è oggi ridotta a pochi sparsi
individui.Gli ebrei iracheni vennero perseguitati senza nessuna ragione evidente.
Gli ebrei, che avevano vissuto in Iraq per 2.500 anni, non stavano
sovvertendo il paese dall'interno, come gli arabi palestinesi che in
quello stesso periodo combattevano contro le comunità ebraiche e poi
contro lo Stato di Israele. In effetti, in quegli anni gli ebrei furono
bersaglio di ostilità e persecuzioni praticamente in ogni paese arabo in
cui vivevano, e non solo in Iraq. Centotrentatre ebrei vennero uccisi
in Libia quando in quel paese nord-africano le violenze anti-ebraiche
raggiunsero il culmine nel novembre 1945. Ad Aden, nello Yemen, un
centinaio di ebrei vennero assassinati nel novembre 1947. In Egitto gli
ebrei vennero buttati fuori dalle loro case ed espulsi dal paese.Nonostante tutta l’attenzione internazionale prestata alla “Nakba”
palestinese, ben poco è stato detto sulla grave sopraffazione patita
dagli ebrei dei paesi arabi. È vero che la storia non è una gara fra
tragedie, ma è importante far conoscere la pulizia etnica che infuriò in
tutte le nazioni arabe. Le dimensioni della tragedia furono pesanti:
circa 850mila ebrei furono costretti a fuggire dalle loro case nei paesi
arabi, a fronte dei 650mila profughi palestinesi. Eppure, per ragioni
che non è facile capire, lo stesso governo israeliano non ha ancora
posto la catastrofe che colpì gli ebrei arabi in cima alla sua agenda,
interna e internazionale.Gli ebrei nei paesi arabi vennero perseguitati prima che fosse
dichiarata l’indipendenza d’Israele. Gli storici Edwin Black, Shmuel
Moreh e Zvi Yehuda hanno pubblicato una ricerca che mette in luce i
legami fra il governo filo-nazista dell’allora primo ministro iracheno
Rashid Ali al-Gaylani e il Terzo Reich in Germania. L’Iraq applicò
contro gli ebrei normative discriminatorie che investivano ogni aspetto
della vita quotidiana, e poi istigò la folla alla violenza fisica contro
gli ebrei. Il pogrom Farhud del 1941 fu il culmine di questo processo.
La fusione di un nazionalismo venato di xenofobia e di contagiosi
sentimenti antisemiti creò una realtà impregnata di odio verso l’ebreo.
L’ambasciatore di Germania in Iraq, Fritz Grobba, fu pronto a fomentare
quest’attitudine, mentre il leader palestinese Haj Amin al-Husseini,
fuggito dalla Palestina perché ricercato dagli inglesi, trovava in Iraq
un’arena ideale per le sue attività anti-ebraiche. L’atmosfera
brutalmente anti-ebraica culminò nell'impiccagione di Shafiq Ades, un
facoltoso uomo d’affari ebreo, nella piazza centrale di Bassora, mentre
l’aria era carica di trasmissioni radio anti-ebraiche e incendiari
discorsi dal podio dell’Onu.Infine, senza altra possibilità di scelta, gli ebrei dell’Iraq
raccolsero le loro cose e abbandonarono il paese, quell'Iraq che loro
più di altri avevano fatto entrare nell'era moderna. Si lasciarono alle
spalle i beni privati e tutte le proprietà delle loro antiche comunità,
compresi i luoghi venerati come sepolture dei profeti Ezechiele, Giona,
Naum di Alqoshi ed Esdra lo Scriba, delle quali si impossessò il governo
iracheno.Vi furono naturalmente iracheni che si rifiutavano di giustificare le
aggressioni contro la popolazione ebraica, ma furono zittiti. Gli ebrei
divennero il capro espiatorio del conflitto fra sunniti e sciiti,
proprio come oggi Israele si trova in mezzo al conflitto fra Iran e
arabi. Se ancora oggi gli ebrei si fossero trovati in numero
significativo nei paesi arabi, è del tutto ragionevole supporre che le
loro comunità sarebbero state devastate nelle recenti rivolte in Egitto,
Libia, Tunisia, Yemen e in Siria.Il numero di ebrei con alle spalle una vicenda di vita nei paesi arabi
si sta fatalmente assottigliando di anno in anno. È giunto il momento di
commemorare il loro retaggio in Israele, di impedire che abbia il
sopravvento la propaganda araba, abbracciata da coloro che negano che
pogrom arabi anti-ebraici abbiano mai avuto luogo, analogamente alla
minaccia posta dai negazionisti della Shoà. Quanto prima Israele si
impegnerà a preservare l’eredità degli ebrei arabi riconoscendone
ufficialmente il carattere di vittime, tanto più rapidamente potrà
migliorare la sua posizione interna e internazionale. Inoltre,
custodendo questo pezzo di storia ebraica Israele può rafforzare le voci
moderate nel mondo arabo, specialmente quelle provenienti da
intellettuali che hanno riconosciuto una catastrofe mediorientale che
vide vittime gli ebrei, e non solo i palestinesi. Allo stesso tempo, i
dirigenti palestinesi dovrebbero smettere di coltivare nella loro gente
l’illusione del cosiddetto “diritto al ritorno”, in modo che la tragica
ruota della storia non abbia a rigirare su se stessa.(Da: Israel HaYom, 13.5.13)
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La storia questa sconosciuta
Festival d’Israele, un mese di concerti a Gerusalemme
Il Festival d’Israele si svolgerà a Gerusalemme dal 23 maggio al 22 giugno portando in scena spettacoli di danza, teatro, jazz, musica classica con artisti internazionali e israeliani. Gli spazi scelti per gli eventi includono la Torre di Davide (nella foto), la Colonia dei Lebbrosi di Gerusalemme, la rinnovata prima stazione ferroviaria di Gerusalemme, la Piscina del Sultano e Ein Kerem, così come il Teatro di Gerusalemme, il Gerard Behar Center, il Mamilla, la Ymca e Beit Shmuel. Il festival darà spazio anche al centenario della Sagra della primavera di Stravinskij con un concerto della Jerusalem Symphony Orchestra diretta da Frederick Shazlan. http://www.travelquotidiano.com/
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eventi
Mo: prodotti equo-solidali israelo-palestinesi
(ANSAmed) - GERUSALEMME, 14 MAG - Si chiama ''Fair Trade Fair
Peace'' ed e' la nuova linea di prodotti equosolidali
israelo-palestinese nata dalla collaborazione di ebrei e arabi
israeliani e artigiani palestinesi della Cisgiordania. Il
progetto intende rafforzare le relazioni tra artigiani delle
comunita' arabe in Israele e quelle dei Territori ''cercando di
valorizzare le radici comuni di palestinesi ed israeliani con la
Palestina storica''.Finanziato dall'Unione Europea (600mila euro circa), il
progetto - presentato a Gerusalemme - ha visto la partecipazione
dell'italiana Cospe (Cooperazione per lo Sviluppo dei Paesi
Emergenti), Sindyanna, un'organizzazione non governativa
israeliana che opera nella Galilea e BFTA (Bethlehem Fair Trade
Artisans), la piu' importante cooperativa di artigiani di
Betlemme in Cisgiordania.
''Fair Trade Fair Peace - ha detto all'ANSA Gianni Toma,
responsabile delle attivita' di Cospe - nasce con l'obiettivo di
contribuire al processo di pace sviluppando rapporti di dialogo
e partenariato tra israeliani e palestinesi, facendo leva sulla
societa' civile palestinese attraverso lo strumento del
commercio equosolidale''.
''Attraverso il metodo equosolidale - ha spigato Toma - il progetto intende dare dignita' e garantire reddito alle fasce della societa' piu' deboli, in questo caso i piccoli produttori di Betlemme, le donne del campo profughi di Aida e un gruppo di disabili palestinesi''. I prodotti che verranno commercializzati in Italia includono oggetti artigianali realizzati con legno di ulivo, ceramica, ricami, cesti di olivo e palma di dattero, una gamma di saponi di olio di oliva, erbe e specialita' alimentari come za'atar e miele, cosi' come altri prodotti che ben rappresentano la combinazione di entrambe le culture, quella israeliana e quella palestinese.
''Attraverso il metodo equosolidale - ha spigato Toma - il progetto intende dare dignita' e garantire reddito alle fasce della societa' piu' deboli, in questo caso i piccoli produttori di Betlemme, le donne del campo profughi di Aida e un gruppo di disabili palestinesi''. I prodotti che verranno commercializzati in Italia includono oggetti artigianali realizzati con legno di ulivo, ceramica, ricami, cesti di olivo e palma di dattero, una gamma di saponi di olio di oliva, erbe e specialita' alimentari come za'atar e miele, cosi' come altri prodotti che ben rappresentano la combinazione di entrambe le culture, quella israeliana e quella palestinese.
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E nella Striscia di Gaza arriva il fast food americano. Ma è di contrabbando

Alcune
delle ordinazioni giornaliere di ali e cosce di pollo KFC durante il
tragitto in uno dei tunnel sotterranei tra la Striscia di Gaza e
l’Egitto (foto Xinhua)
Il servizio
non è proprio quello da fast food. E i prezzi, ecco, nemmeno quelli. Ma
in una zona dove le sigle occidentali – da McDonald’s a Burger King fino
a Kfc – sono soltanto visibili in tv o su Internet si può anche
chiudere un occhio. Soprattutto se da casa si possono ordinare
dell’americanissimo pollo fritto con patatine e Coca Cola.Dai tunnel
che collegano l’Egitto alla Striscia di Gaza ora si fa anche questo: si
trasportano – illegalmente – centinaia, migliaia di ali e cosce di pollo
con la sigla KFC, Kentucky Fried Chicken. A raccontarlo è l’agenzia
francese Afp che, però, non mostra un minimo di stupore.
Abituata, forse, a tutto quello che in precedenza è passato all’interno
di quegli scavi pericolosi e illegali, ma a tratti vitali per l’economia
di Gaza. E allora, dopo macchine (intere o a pezzi), animali (comprese
giraffe ed elefanti), dopo armi e beni di prima necessità, ecco la nuova
idea imprenditoriale: portare il fast food dentro la Striscia.Da quelle
parti funziona più o meno così. Tu prenoti. L’ordinazione viaggia per un
po’ di chilometri. Se tutto va bene, nel giro di qualche ora (circa 4)
ti ritrovi davanti quello che avevi scelto. Più che fast food, slow
food. E anche expensive food. Visto che bisogna pagare non solo il cibo,
ma anche il costo del carburante utilizzato. Alla fine il prezzo è il
triplo, anche 27 euro per una ventina di pezzi di pollo.

L’idea
di portare il fast food nella Striscia è di una ditta di spedizioni
(illegali) di Gaza: l’ordinazione di solito impiega 3-4 ore prima di
arrivare a casa del cliente (foto Xinhua)
L’idea è di
un’azienda locale di consegne (di contrabbando), la Yamama. I suoi
“dipendenti” fanno gli ordini in Egitto, in un KFC di Al Arish.
«Solitamente prendiamo non più di 30 ordinazioni», spiega Khalil
al-Ifranji, direttore della società. Quindi con una macchina trasportano
il tutto a ridosso dei tunnel, presso il valico di Rafah. Una volta
portate nella Striscia, le ordinazioni viaggiano casa per casa
attraverso altri giovani a bordo di motorini.I
palestinesi di Gaza, a sentire al-Ifranji, sarebbero entusiasti. E gli
affari per la Yamama – nel ramo fast/slow food – pare stiano andando
alla grande. Anche se sono soltanto tre settimane di attività. «Ci sono
moltissime ordinazioni – aggiunge il numero uno della ditta di
spedizioni – anche perché la gente qui non si può muovere e quelli che
hanno già provato questo cibo prima vogliono mangiarlo di nuovo».http://falafelcafe.wordpress.com/
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Curiosità
25 maggio Rovereto (Tn) ore 17.00 Sala
Fondazione Cassa di Risparmio Trento e Rovereto nel ventennale della
dedicazione dei Giardini Giorgio Perlasca di Rovereto. Intervengono Luisa
Filippi Assessore al Comune, Paolo Marega Presidente Cassa Rurale di Rovereto,
Marta Villa Presidente Club Unesco di Trento e Domenico Nisi, Presidente
Sintesi-Museo Didattico.
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eventi
giovedì 16 maggio 2013
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Curiosità
Associazione
Italia Israele Perugia e Villa Pieve
Country House
hanno il
piacere di invitare le S.L. all'evento
L'ebraismo
nell'Opera Lirica - Tradizione religiosa e tradizione musicale
Manifestazione
musicale nell'ambito del "3° Corso Intenazionale di Canto-M° Giancarlo
Ceccarini"
A seguire
degustazione di specialità gastronomiche della tradizione ebraica
a cura
dell'Associazione Italia Israele di Perugia
Sabato 8 giugno alle
ore 20.30
Villa Pieve Country
House, Pieve del VescovoVia Marcantonio Bonciari, 126- 06034 Corciano Perugia
Il costo complessivo della serata (cena +
spettacolo) è di Euro 20.00 a persona
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eventi
mercoledì 15 maggio 2013
A New Israeli Air Force Documentary
video:
http://www.blog.standforisrael.org/articles/above-and-beyond-a-new-israeli-air-force-documentary
Se non capite il parlato, lo scritto è molto chiaro
video:
http://www.blog.standforisrael.org/articles/above-and-beyond-a-new-israeli-air-force-documentary
Se non capite il parlato, lo scritto è molto chiaro
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La storia questa sconosciuta
Yoran Svoray ebreo in Germania come Indiana Jones cerca tesoro nazista nel lago
BERLINO – Un israeliano in Germania a caccia del tesoro nazista di Hermann Göring: questa è la storia vera, anche se sa un po’ di un nuovo sequel di Indiana Jones, di Yoran Svoray
,un ricercatore israeliano. Lui e la sua squadra di 15 esperti sono al
lavoro da alcuni giorni per scovare il presunto tesoro nazista che, per
ordine di Hermann Göring, le SS , nel marzo 1945, avrebbero fatto scomparire nel lago Stolpsee, situato nella regione tedesca del Brandeburgo.Già nel novembre del 1981, quando la Germania era ancora divisa, il capo della Stasi Erich Mielke aveva intrapreso la ricerca del “tesoro” , ma, dato che l’operazione “Herbstwind”
(vento d’Autunno) non dava risultati, abbandonò i suoi propositi otto
mesi dopo. Da allora nessuno ci ha più riprovato, almeno non in maniera
professionale.Come riporta il giornale tedesco Bild, l’operazione di Svoray
nello Stolpsee, un lago che si estende per 400 ettari ed arriva alla
profondità di 13 metri, è stata preparata per 6 anni, durante i quali il
ricercatore ha sentito racconti di testimoni sia Germania che in
Israele, ha messo assieme il denaro ed ha studiato la tecnica di ricerca
più giusta da adottare.La ricerca si avvale degli strumenti tecnici più avanzati portati
dagli Stati Uniti, di un modernissimo sonar-scanner del valore di 50
mila euro e di sommozzatori. Tra poche settimane, terminata la
valutazione delle prove, le immersioni potrebbero già avere inizio.Secondo quella che è ormai diventata la leggenda del lago Stolpsee,
nel marzo del 1945, due mesi prima della resa tedesca, alcuni camion
scesero lentamente lungo il ripido sentiero della Krebsbucht ( la Baia
del Cancro), a ridosso di gigantesche querce. Dopo un breve silenzio si
sentì un boato.Gli uomini delle SS ( Schutzstaffel, milizie di sicurezza per Hitler
che giuravano fedeltà a quest’ultimo e non allo Stato) spingevano
davanti a loro un gruppo di prigionieri emaciati del vicino campo di
concentramento di Ravensbrück. Vennero gonfiati dei
gommoni, fatti scivolare in acqua e vi furono caricate delle casse. I
prigionieri, tra gemiti e con molta fatica riuscirono a mettere le casse
in equilibrio sulle imbarcazioni che vennero spinte nel lago. Alla fine
del lavoro i prigionieri dovettero mettersi in fila sulla riva, dalle
loro divise carcerarie gocciolava l’acqua . Poi si sentì un altro
comando, spari e poi silenzio di morte.Non ci sarebbero prove della vicenda ma, Erich Köhler
, che vive e lavora nel Brandeburgo da 40 anni, prima parroco nella ex
Repubblica Democratica Tedesca ed ora cronista locale, ha raccontato
alla Bild di avere sentito negli anni lo stesso racconto da diversi
abitanti del luogo:“Sono sicuro che nel racconto del tesoro c’è qualcosa” . E ha una sua
teoria circa il contenuto delle casse che, piuttosto che bottino di
furti, oro e platino proveniente dalla residenza di Carinhall di Hermann
Göring, potrebbero contenere documenti delle SS riguardo al campo di
concentramento di Ravensbrück che sarebbero stati inabissati per
eliminare delle prove .Ravensbrück , infatti, è ritenuto ancora oggi uno dei peggiori campi
di concentramento scoperti sul suolo tedesco e, come dice alla Bild un
impiegato del monumento commemorativo del campo, sarebbero troppi i
documenti che mancano.Non è tuttavia il contenuto delle casse, si presume 18, che è
importante per Svoray. E’ sicuro del fatto che delle casse siano state
messe nel lago e vuole trovarle, non fosse altro che per dare giustizia,
anche se tardiva, a chi aveva con quelle casse una qualche relazione.La squadra di Yoran Svoray ha trovato il consenso di Thomas Kersting,
capo dipartimento dell’organismo statale che si occupa della
conservazione dei monumenti (Landesamt für Denkmalpflege Brandenburg)
che oltre a dichiarare che la spedizione riveste un interesse storico ha
detto anche che vi darà supporto con i propri esperti.Le intenzioni del ricercatore israeliano, nel caso si trovasse
qualcosa, sono di dare tutto alla regione del Brandeburgo o al Governo
federale.Dice Svoray: “Forse il tesoro potrebbe finanziare un museo, un
monumento commemorativo, oppure una istituzione sociale. Sarebbe bello”http://www.blitzquotidiano.it/
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Curiosità
Una discarica riunisce israeliani e palestinesi
Non è facile vedere arabi ed ebrei stare assieme dalla stessa parte.
Eppure ieri coloni israeliani e residenti palestinesi hanno manifestato
congiuntamente per protestare contro la realizzazione di una nuova
discarica per rifiuti solidi urbani, finanziata dal Governo tedesco, nei
pressi di una riserva naturale nella zona C della Cisgiordania (West
Bank).La Società per la Protezione della Natura in Israele
(SPNI) ha lanciato una battaglia contro la discarica di Rimonim,
"arruolando" coloni ebraici e cittadini palestinesi, uniti dal fatto che
la discarica è una problematica ambientale, quindi non conosce confini
territoriali, ideologici o religiosi.Turbato dalla vulnerabile
localizzazione della discarica, questo insolito gruppo di manifestanti
ha intenzione di presentare un reclamo ufficiale alla sua costruzione
verso l'Alta Corte di Giustizia. Guidati da Roee Simon, coordinatore di
SPNI Giudea e Samaria, la lotta si è estesa ai rappresentanti della
tribù beduina locale Kaabene, ai villaggi palestinesi di Ramun e
Nu'eima, agli insediamenti israeliani di Mikhmas e Rimonim,
all'Associazione Comunale Ambientale della Giudea e la Samaria e al
Consiglio regionale Binyamin, che copre 44 insediamenti in Samaria
meridionale.Poiché il progetto è stato ufficialmente pubblicato
l'8 marzo, i cittadini hanno avuto 60 giorni di tempo per presentare
obiezioni al piano, prima di un'udienza pubblica, ha spiegato un
rappresentante della banca di sviluppo governativa tedesca,
Kreditanstalt Fyr Wiederaufbau (KfW ), che finanzia il progetto. Quindi i
termini sarebbero già scaduti per la via amministrativa, da cui il
tentativo di ricorrere direttamente alla massima istanza d'appello del
Paese.La futura discarica è prevista vicino a Rimonim Junction,
a pochi passi a nord della riserva naturale di Nahal Makoch nel Deserto
di Giudea nord. Una riserva naturale che secondo i contestatori ha
"caratteristiche uniche" per la sua posizione al confine della dorsale
montuosa centrale e con la valle del Giordano. Entro il letto del
fiume presso la riserva sono presenti molte grotte con rare condizioni
che permettono ai pipistrelli il letargo, spiegano dall'associazione
SPNI. Ma il sito sarebbe particolarmente pregiato anche per la presenza
di molte testimonianze archeologiche, legate alle vicende storiche di
antenati religiosi a Gerusalemme e a Gerico. Quindi non solo gli
ambientalisti temono impatti ambientali per le acque sotterranee e il
torrente ma anche danni alla sacralità della riserva stessa.Tuttavia,
fino ad oggi nessuna manifestazione o protesta è stata organizzata per
contestare le numerosissime discariche illegali presenti in tutta l'area
e verso le quali sono indirizzati gli scarichi pirata di entrambe le
comunità.E che quella di ieri non si sia trattata di una
protesta legata effettivamente alla protezione del bene comune lo si
capisce meglio se andiamo ad analizzare a fondo la questione e vediamo
che in ballo non ci sono solo questioni di impatti ambientali. Infatti,
il pomo della discordia sembra essere più il fatto che nella nuova
discarica potranno essere conferiti solo i rifiuti urbani dei
palestinesi e non quelli dei coloni israeliani, anche perché si tratta
di aiuti allo sviluppo e quindi legati ai soli territori occupati.Attualmente
ci sono solo quattro discariche autorizzate in Cisgiordania - di cui
solo due possono assorbire rifiuti israeliani - per cui la "spazzatura"
prodotta degli insediamenti di quest'area dovrà essere trasportata verso
destinazioni lontane, a costi elevati.Gli israeliani, pur
ammettendo che la discarica verrebbe costruita secondo gli standard
tedeschi, quindi con piene garanzie ambientali, poiché verrebbe donata
all'Autorità Palestinese di Ramallah, nutrono forti dubbi semmai circa
la reale capacità di questa di saperla gestire correttamente. "Se non
riescono a gestirla bene, poi ci potrebbero essere problemi. La riserva
naturale potrebbe venire danneggiata, come anche le specie animali
presenti", ha detto infatti Roee Simon.Per
contro le autorità palestinesi la vedono diversamente. Husain Abuoun,
direttore esecutivo dei servizi tecnici comunali, ha detto che la
discarica fornirà occupazione ai residenti locali, con priorità per
coloro che vivono a Ramun, in virtù della loro vicinanza al sito. Nella
regione di Ramalllah-Al-Bireh ci sono 320.000 abitanti che generano 300
tonnellate di rifiuti al giorno, per cui la discarica sarà "un
importante progetto internazionale per il popolo palestinese", ribadisce
Abuoun "La struttura andrà inoltre a sostituire i 78 siti pirata di
scarico della spazzatura presenti della regione, che sono molto
pericolosi in quanto inquinano le acque sotterranee e l'ambiente
circostante". Infine sottolinea come "La costruzione della discarica
non compromette la zona vicina al progetto, e la zona è stata mai
identificata da alcuna autorità come riserva naturale".Avi
Ro'eh, che è a capo del Consiglio delle Comunità ebraiche di Giudea,
Samaria e nella Striscia di Gaza, è tra coloro che si oppongono con
forza al progetto per ragioni pragmatiche: "I rifiuti degli insediamenti
della regione Binyamin sono attualmente scaricati nella discarica
Psagot, situata nell'area appena a est di Ramallah e sud di Al-Bireh.
Sia Ramallah e il suo sobborgo di Al-Bireh, così come altri villaggi
palestinesi, scaricano i loro rifiuti lì. Il governo israeliano,
tuttavia, prevede di chiudere la discarica Psagot nel mese di agosto,
una decisione che è stata sostenuta dalla High Court of Justice". Ora
quindi i coloni saranno costretti a inviare i loro rifiuti presso siti
israeliani più lontani, mentre i palestinesi potranno conferire i loro
nella nuova e vicina discarica regalata dai tedeschi.
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Banja
Luka - La RS è orgogliosa della cooperazione con Israele e con il
popolo ebreo, per cui appoggerà òa lotta per l'autonomia del Paese,
ha affermano il Presidente della RS, Milorad Dodik, domenica, 12
maggio, dopo la riunione con una delegazione del Ministero degli
estri israeliano, guidata dal Ministro Zev Elkin. Accompagnato
da Igor Radojicic, rappresentante...
http://www.osservatorioitaliano.org/read/111127/esteri-srpska-orgogliosa-della-cooperazione-con-israele
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Missione sheqel per la Banca Centrale di Israele
Poteva la Banca Centrale di Israele restare a immobile in questi tempi di aggressive politiche monetarie da parte del gotha degli istituti centrali? No, soprattutto se a rischio c'è l'importante settore dell'export.La Bank of Israel ha deciso inaspettatamente di tagliare il tasso sui prestiti di un quarto di punto portandolo all'1,5%, valore più basso degli ultimi tre anni, annunciando al contempo un programma di acquisto di valute estere per limitare l'eccessivo apprezzamento della propria valuta, lo sheqel.Si tratta di una mossa perlopiù inattesa, anche se a ben vedere era assolutamente prevedibile. L'Istituto guidato dal Governatore Stanley Fisher ha infatti spiegato di aver preso questa decisione "in scia al continuo apprezzamento dello sheqel, all'imminente avvio della produzione di gas naturale nel giacimento Tamar, al taglio dei tassi operato da molte altre Banche centrali - in particolare la Banca Centrale Europea, alle politiche di quantitative easing attualmente in atto in molti Paesi e alla revisione al ribasso delle stime sulla crescita globale".Come darle torto? Nell'ultimo mese gli Istituti centrali che "vigilano" su circa un quarto del PIL mondiale hanno adottato politiche più accomodanti. In più, la divisa israeliana ha guadagnato quasi 9 punti percentuali negli ultimi sei mesi indebolendo l'export, grande risorsa di Israele (pesa per il 40% sull'economia totale).La notizia ha immediatamente avuto ripercussioni sia sullo sheqel, in calo sulle principali controparti, che sulla Borsa di Tel Aviv, i cui indici sono scattati al rialzo mostrando ora guadagni di quasi un punto percentuale. http://teleborsa.it/
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Curiosità
Muhammad Al-Dura: il ragazzino che forse non è mai stato ucciso
Di Ben Caspit,http://www.israele.net/
Qualcuno si ricorda di Muhammad Al-Dura? È il dodicenne di Gaza che
sarebbe stato ucciso dalle Forze di Difesa israeliane durante uno
scontro a fuoco all'inizio della seconda intifada, mentre gridava,
rannicchiato dietro a suo padre Jamal. Divenne il più potente simbolo
della lotta palestinese (e della “malvagità” israeliana): il suo nome
riecheggia ancora oggi in tutto il mondo.In un primo momento Israele non negò che le sue forze potessero aver
accidentalmente colpito e ucciso Al-Dura, rimasto intrappolato nel fuoco
incrociato di un aspro scontro fra miliziani palestinesi e soldati
israeliani all'incrocio di Netzarim (nella striscia di Gaza) il 30
settembre 2000.In seguito a una prima inchiesta, tuttavia, la versione ufficiale delle
Forze di Difesa israeliane si modificò: i soldati non potevano aver
colpito il ragazzino dalla posizione in cui si trovavano. Ma era troppo
tardi: il racconto della sua uccisione per mano israeliana aveva ormai
fatto il giro del mondo, oggi diremmo che si era diffusa in modo
“virale”.Da allora sono trascorsi tredici anni durante i quali sono state
avanzate varie teorie e alcune tesi del complotto, compresa quella
secondo cui il piccolo Muhammad Al-Dura non sarebbe stato nemmeno
ferito.Pochi giorni fa, il parlamentare israeliano Nachman Shai (laburista) ha
incontrato il ministro della difesa Moshe Ya’alon per consegnargli una
copia del suo nuovo libro “Media War Reaching for Hearts and Minds” (La
guerra mediatica che arriva a cuore e mente), che tratta del ruolo dei
mass-media negli attuali conflitti armati, compreso il caso Al-Dura. E
Ya’alon ha lasciato stupefatto Shai quando gli ha rivelato che
un’indagine condotta da Israele dimostrerebbe che Al-Dura non è mai
stato colpito. In altre parole, sarebbe vivo.Come ho accennato, questa teoria circola già da alcuni anni su internet e
se ne parla anche in un dettagliato resoconto del caso che io stesso ho
preparato per un programma tv. Ma questa è la prima volta che un
ministro della difesa israeliano lo afferma così pubblicamente: non solo
Muhammad Al-Dura non venne ucciso dalle Forze di Difesa israeliane
durante l’incidente filmato dalla tv "France 2" e visto da tutto il
mondo, ma non sarebbe stato nemmeno colpito. Oggi Al-Dura dovrebbe
essere sui 25 anni, vivo e vegeto da qualche parte (sempre che non sia
rimasto ucciso successivamente in qualche altro incidente).Dunque si apprende che Ya'alon aveva formato una commissione d’indagine
speciale riservata sul caso Al-Dura, la quale ha condotto un’indagine
completa durata diversi anni. La commissione era presieduta dal generale
della riserva Yossi Kuperwasser, ex capo della Divisione Ricerca e
Analisi della Direzione dell’Intelligence militare israeliana, oggi
Direttore generale del Ministero per gli affari strategici. Oltre a lui,
la commissione era composta da numerosi specialisti del Technion,
l’istituto di tecnologia israeliano, e da altre istituzioni accademiche,
e raccolse informazioni dal fisico Nahum Shahaf, il primo che ha
dimostrato, in base agli angoli e al volume di fuoco, che la scena
filmata non poteva essere autentica. Kuperwasser stesso si incontrò
diverse volte con Shahaf.Ho parlato con Kuperwasser questa settimana e mi ha confermato che la
conclusione della commissione è che Al-Dura non venne colpito e che il
celeberrimo video deve essere una messinscena. Questo significa che il
reportage della tv "France 2" era infondato, e forse che addirittura lo
sapevano.Ho chiesto a Kuperwasser quando i risultati ufficiali israeliani
verranno diffusi pubblicamente e se qualcuno sa dove possa trovarsi il
ragazzino. Mi ha risposto che l’indagine sarà pronta nel prossimo futuro
e che gran parte del lavoro è già stato completato. Per quanto riguarda
il ragazzino – che oggi non è più un ragazzino – nessuno ne sa nulla.(Da: Jerusalem Post, 12.5.13)
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Siria: Netanyahu oggi da Putin per bloccare batterie s300
(ANSA) - TEL AVIV, 14 MAG - Il premier israeliano Benyamin Netanyahu si
rechera' oggi in Russia per un incontro urgente con il presidente
Vladimir Putin in cui tentera' di bloccare in extremis la fornitura alla
Siria di batterie missilistiche S300.Una volta operative, secondo Israele, quelle batterie rappresenterebbero
una minaccia costante per le attivita' dell' aviazione israeliana anche
all'interno del proprio spazio aereo.La visita di Netanyahu e' stata concordata la settimana scorsa durante
una telefonata del premier con il presidente russo. La stampa locale
ritiene che le probabilita' di successo di Netanyahu sugli S300 siano
scarse. Il quotidiano Maariv, da parte sua, ritiene che
nell'incontro Putin-Netanyahu saranno affrontate anche altre questioni
di interesse regionale. Fra queste: il futuro assetto politico in Siria;
la presenza della marima militare russa nel Mediterraneo; il
coinvolgimento della Russia nel processo di pace israelo-palestinese; i
progetti nucleari dell'Iran; e la cooperazione israelo-russa nelle
industrie militari.
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Due notizie interessanti giungono da Israele. La prima è che le
“femministe” del Muro del Pianto sembrano aver vinto la loro battaglia
egalitaria, o almeno il suo primo round, quella per il diritto a pregare
davanti al Kotel secondo i rituali che l’ebraismo ortodosso riserva
agli uomini. La seconda è che il neoministro delle Finanze, Yair Lapid,
fresco vincitore “morale” delle elezioni politiche, ha predisposto un
taglio da 800 milioni di dollari al budget delle forze armate,
suscitando la prevedibile protesta dei vertici militari.Più sorprendente, però, è la reazione della classe media che ha
largamente sostenuto Lapid solo due mesi fa: insoddisfazione e delusione
per una sforbiciata giudicata troppo morbida. Per chi conosce il ruolo
fondamentale dell’esercito nella società israeliana, un atteggiamento
davvero impressionante, che mostra il piglio con cui intere categorie
sono decise a rompere con il passato, con gli ortodossi, con i miti
fondativi (tra cui Tzahal), e interessate viceversa alla crescente
sperequazione sociale e alla crisi economica di alcuni settori.Senza indulgere in sentimenti facili – soddisfazione per i “liberal” e
riprovazione per i religiosi e i nazionalisti – mi pare utile rilevare
quanto questi due episodi confermino la disgregazione culturale e
identitaria cui lo Stato d’Israele rischia di correre incontro. Il
sionismo ha da subito avuto varie anime (religiosa, nazionalista,
socialista, di sopravvivenza) ma l’elemento di novità e la minaccia
esterna riuscivano a tenere insieme le contraddizioni. Se la novità
sfuma nel tempo e la minaccia si incancrenisce senza speranza fino a
cronicizzarsi, ecco che questi legami tendono a dissolversi. Che cosa
tiene unita la società israeliana, che cosa lega gli israeliani, questa è
la grande domanda per il sionismo nel XXI secolo.Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas,http://moked.it/blog/
(14 maggio 2013)
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Qui Napoli – Diritti degli animali e consumo consapevole
Siamo
sicuri che basti accertarsi del “taglio” perchè un animale sia kasher? O
forse oggi dobbiamo pretendere di più e batterci perché gli animali di
cui ci cibiamo siano quantomeno allevati e macellati attraverso processi
“eticamente compatibili” e “come Dio comanda”? Che la kasherut non sia
una questione relativa solamente al taglio della giugulare è un fatto
forse poco noto. Ma è un dato di fatto che il percorso che porta
l’animale al macello presuppone anche esso delle regole per alleviare la
sofferenza degli animali. Questa è stata una delle riflessioni più
interessanti avanzate durante la presentazione, a Napoli, del numero
della Rassegna Mensile di Israel sul tema “Gli animali e la sofferenza.
La questione della shechità e i diritti dei viventi” a cura di Laura
Quercioli Mincer e Tobia Zevi. La presentazione è stata promossa da
Dipartimento Educazione e Cultura dell’Unione delle Comunità Ebraiche
Italiane, Comunità ebraica di Napoli, Università Suor Orsola Benincasa
di Napoli, Associazione di cultura ebraica Hans Jonas, centro
Interuniversitario di ricerca bioetica (C.I.R.B.) di Napoli e Istituto
Nazionale di Bioetica e si è tenuta alla Sala degli Angeli
dell’Università Suor Orsola Benincasa.I vivaci interventi di Luisella Battaglia, rav Scialom Bahbout,
Lorenzo Chieffi, Francesco Lucrezi e Orlando Paciello, moderati da Tobia
Zevi, hanno dato luce a un’interessante proposta avanzata dal professor
Paciello, veterinario, che ha denunciato lo stato terrificante dei
macelli italiani, dove sembra difficile ospitare la macellazione ebraica
secondo quelle norme che hanno come finalità proprio l’alleviamento del
dolore animale, metodo auspicabile anche per le altre macellazioni. A
questo proposito dunque, perché non costruire un “macello virtuoso”, che
abbia quelle caratteristiche in grado di garantire una corretta
macellazione kasher, dall’inizio alla fine, da condividere anche con chi
ebreo non è? E in cosa consiste “un macello virtuoso”? Nel fatto ad
esempio di situarsi non troppo lontano dagli allevamenti, così da
evitare quei viaggi estenuanti nei carri che portano gli animali alla
morte; nel distanziare, attraverso ampi spazi, una macellazione
dall’altra, evitando quindi di far vivere agli animali l’orrore della
morte dei “propri compagni”; nell’accogliere gli animali, esseri viventi
sensibili, entro luoghi che non trasudino di morte, sangue e dolore.
Come suggerisce il noto scrittore Jonathan Safran Foer nel suo libro “Se
niente importa”, citato da Tobia Zevi più volte, bisognerebbe divenire
non tanto dei vegetariani ma, prima di tutto, dei consumatori
consapevoli. Di questa consapevolezza è sicuramente portatrice la
tradizione ebraica che, tra ideali da perseguire e possibili mète da
realizzare in questo mondo, si fa portavoce di un’etica universale da
condividere. Sta a noi poterla concretizzare.Ilana Bahbout, coordinatrice Dec UCEI (14 maggio 2013)http://moked.it/blog/
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