Netanyahu: «Israele non intende tollerare attacchi di razzi su un quinto della sua popolazione»
sabato 17 novembre 2012
Di Benjamin Netanyahu http://www.israele.net/
“Nelle settimane e nei giorni scorsi Hamas e le altre organizzazioni
terroristiche della striscia di Gaza avevano reso impossibile la vita di
più di un milione di cittadini israeliani nel sud del paese. Nessun
governo tollererebbe una situazione che vede un quinto della propria
popolazione vivere sotto un incessante fuoco di fila di razzi e missili.
E Israele non intende tollerarla”.Inizia con queste parole una dichiarazione che il primo ministro
israeliano Benjamin Netanyahu ha rilasciato giovedì pomeriggio alla
stampa estera. “Questo è il motivo per cui il mio governo – ha
proseguito Netanyahu – ha dato istruzione alle Forze di Difesa
israeliane di condurre raid chirurgici mirati contro le strutture
terroristiche a Gaza. Per lo stesso motivo Israele continuerà a
intraprendere tutte le iniziative necessarie per difendere la propria
popolazione. Voglio ricordare che sette anni fa Israele si è ritirato da
Gaza fino all'ultimo centimetro quadrato. Poi Hamas ha preso il
controllo delle aree sgomberate. E che cosa ha fatto? Anziché costruire
un futuro migliore per gli abitanti di Gaza, i capi di Hamas, sostenuti
dall'Iran, hanno trasformato Gaza in una roccaforte del terrorismo.
Hanno sparato migliaia di razzi sulle nostre città e cittadine, sui
nostri civili, sui nostri bambini. Hanno introdotto clandestinamente a
Gaza migliaia di razzi e missili, li hanno piazzati deliberatamente
nelle aree civili: nelle case, nelle scuole, a ridosso degli ospedali.
Solo dall'inizio di quest’anno hanno sparato più di mille razzi e
missili contro Israele, compresi i duecento lanciati in queste ultime
ventiquattro ore. Sottolineo tutto questo perché è importante capire un
punto molto semplice: non c’è alcuna simmetria morale, non c’è alcuna
equivalenza morale fra Israele e le organizzazioni terroristiche della
striscia di Gaza. I terroristi commettono un doppio crimine di guerra:
sparano sui civili israeliani e si nascondo dietro ai civili
palestinesi. Israele, al contrario, adotta ogni misura possibile per
cercare di evitare vittime civili. Ho visto oggi la foto di un bambino
sanguinante. È un’immagine che dice tutto: Hamas prende deliberatamente
di mira i nostri bambini e piazza deliberatamente i suoi razzi in mezzo
ai loro bambini. Nonostante questa realtà di fatto, ed è una realtà di
fatto estremamente difficile, Israele continuerà a fare tutto quanto in
suo potere per evitare vittime civili"."Devo dire – ha concluso il primo ministro israeliano – che dai miei
colloqui coi leader del mondo traggo la convinzione che capiscono bene
questo stato di cose. Ieri ho parlato col presidente Obama e l’ho
informato sulle operazioni di Israele. Voglio esprimere ancora una volta
apprezzamento al presidente Obama per il suo inequivocabile sostegno al
diritto di Israele di difendersi. Così come voglio esprimere
apprezzamento agli altri leader con cui ho avuto occasione di parlare
nelle ultime ventiquattro ore: il presidente francese Hollande, il
segretario generale dell’Onu Ban Ki-Moon, il ministro degli esteri
dell’Unione Europea Catherine Ashton, il rappresentante del Quartetto
Tony Blair. Desidero ringraziarli per la loro comprensione della
necessità e del diritto che ha Israele di difendersi. Nelle ultime
ventiquattro ore Israele ha messo in chiaro che non intende tollerare
attacchi di razzi e missili sui suoi civili. Mi auguro che Hamas e le
altre organizzazioni terroristiche di Gaza abbiano recepito il
messaggio. In caso contrario, Israele è pronto a prendere ogni
iniziativa necessaria per difendere la propria popolazione”.(Da: MFA, 15.11.12)
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Ci
ha pensato a lungo il governo israeliano prima di sferrare
l’operazione “Amud Ashan”, colonna di fumo, con l’uccisione
mirata del capo del braccio armato di Hamas, Ahmad Jabari,
responsabile di un numero di assassinati israeliani che si conta a
centinaia. Le conseguenze saranno dure: già piovono molti missili
Grad sulla città di Beersheba, il cielo sul deserto del Negev è
percorso da strisce di livida luce, la gente è nei rifugi anche nel
resto del sud d’Israele; Gaza vive a sua volta una notte di incubo,
l’aviazione colpisce i depositi dei missili Fajr 5 e forse altri
due capi di Hamas sono statoi uccisi. Hamas ha dichiarato che per gli
ebrei “si aprono le porte dell’inferno”; il Sinai è tutto
percorso dal terrore antisraeliano, ora a caccia; l’Iran potrebbe
ordinare agli Hezbollah, al nord, di aprire il fuoco; e l’Egitto
del presidente Morsi, che minaccia di ritirare l’ambasciatore se
Israele non cessa dagli attacchi, può reagire in manier! a furiosa
in difesa di Hamas, anch’esso parte dei Fratelli Musulmani.Jabari
se ne andava in giro in macchina in pieno giorno, evidentemente
sicuro che Netanyahu non avrebbe osato o non avesse le informazioni
giuste, oppure che il suo viaggio al Nord insieme a Ehud Barak
testimoniasse un disinteresse per Gaza. Eppure l’avviso era venuto
diretto e e preciso sia dal Premier che da Barak: “Agiremo quando
meno se l’aspettano, come vorremo, quando vorremo” E ancora,
rivolto agli ambasciatori convocati a Ashkelon: “Nessun Paese al
mondo potrebbe accettare che la sua popolazione sia bombardata ogni
giorno, Hamas deve smettere pena la fine”. L’alternativa era fra
un’invasione da terra come nel 2008-9 o un urlo deciso fino
nell’orecchio di Ismail Hanje, il primo ministro, e gli altri capi
di Hamas: è proibito sparare missili su un milione e mezzo di
cittadini innocenti del sud d’Israele. L’aviazione israliana ha
seguitato per qualche ora a tempestare i depositi di armi e razzi,
specialmente di missili Fajr 5 di lunga gittata, e ! le istallazioni
militari; il numero di morti, pari per ora a dieci, sembra indicare
che il governo rispetto a un’operazione di terra con molte vittime
e reazioni internazionali imprevedibili, preferisca intervenire
dall’aria. In questi giornoi, il sud di Israele aveva subito una
pioggia di 190 missili. “Missili di tipo nuovo” ci spiegava
qualche ora fa nel suo kibbutz attaccato a Gaza, Kfar Asa, il
parlamentare di Kadima Shai Hermesh mostrando a un gruppo di
parlamentari italiani in visita mura ferite, alberi spezzati, grandi
buchi rotondi nel soffitto delle case da cui la gente è fuggita
mentre la sirena urlava “colore rosso”, tzeva adom, con i bambini
in braccio “missili più grossi che presto arriveranno a Tel Aviv.
L’Iran li ha riforniti, le mura spesse venti centimetri non
bastano. Abbiamo fornito a ogni casa un rifugio con quaranta
centimetri di muro e finestre blindate. Abbiamo solo quindici secondi
per raggiungerlo, ma il governo ha speso 250 milioni i! n due anni
per proteggere tutto”. Questa
è la ragione per cui i morti non sono tanti, spiega bene Hermesh, e
certo non la solita proposizione propagandistica per cui quei missili
non fanno tanto male. A Gaza, mettono i loro bambini davanti ai
combattenti, noi abbiamo rifugi per tutti, uno per uno, insiste.
Hermesh ci mostra un asilo nido chiuso e blindato dove decine di
bambini di tre, quattro anni, passano tutto il tempo; non si va mai
all’aria aperta. Per gli adulti, il lavoro è in rovina, niente
negozi aperti, niente passeggiate, uffici chiusi, e tutto questo
punteggiato da distruzioni e danneggiamenti a scuole, case... anche
la fermata dell’autobus è blindata. Dice Adriana Katz, psichiatra
di Sderot, città colpita: “Le sindromi gravi che curiamo nei
bambini e nella popolazione sono sconosciute, perchè non si trarra
di “post trauma” perchè appena stai un pò meglio ti cade
addosso un altro missile, e il trauma si rinnova. Niente “post”.
Ad ogni! ora un nuovo personaggio del governo Egiziano rinnova la
minaccia di guerra, tutto il vicinato minaccia. La notte che si
avvicina, dice Hermesh, sarà molto dura, pioverà fuoco qui, ma la
gente è decisa a tornare a una vita di pace, vuole fermare i
missili. Difficile da capire per l’Europa? Difficilissimo! F. Nirenstein Il
Giornale,
15
novembre 2012
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In un appartamento di questo grattacielo, la sede della nostra ambasciata

Alla luce dei recenti eventi, si
rinnova l'invio ad evitare le zone a sud del Paese e quelle adiacenti alla
Striscia di Gaza, che sono regolarmente interessate da lanci di razzi e colpi
di mortaio la cui gittata si estende fino ad un raggio di circa 45 km. In
particolare, si raccomanda di evitare le zone di Be’er Sheva, Ashkelon, Ashdod,
Sderot ed Eilat, di avere chiare le locali procedure di sicurezza e di disporre
sempre dell'accesso a bunker anti-bomba.
Rammento inoltre che indicazioni aggiornate sulle
condizioni di sicurezza nel Paese e misure di protezione dei residenti
sono reperibili sul sito dello Home Front Command www.oref.org.il.
Cordiali saluti Nicola Orlando Consigliere Ambasciata d'Italia a Tel Aviv
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Dai nostri lettori

La grave tensione che sta caratterizzando in
queste ore la realtà del Medio Oriente è costantemente seguita dalle
istituzioni ebraiche italiane e dagli operatori dell’informazione. La redazione
del Portale dell’ebraismo italiano, in questi giorni riunita a Milano, ha
analizzato brevemente la situazione anche in occasione dell’incontro con il
presidente della Comunità ebraica milanese Walker Meghnagi avvenuto questa
mattina, poco dopo la diffusione della notizia del criminale attacco
missilistico che ha portato alla morte di tre civili israeliani.Allarme
e sconcerto per l’escalation di attacchi e di violenze provenienti dalla
striscia di Gaza che sta colpendo Israele sono sentimenti diffusi che sono però
vissuti con la consapevolezza di quanto sia importante, di fronte alla minaccia
del terrorismo e dell’odio islamico, innalzare la vigilanza e continuare con
fermezza e senza cedere all’emotività la propria normale vita lavorativa. Nella
riunione mattutina i giornalisti hanno ribadito che la redazione deve
continuare così a impegnarsi per garantire regolarità e l’equilibrio alle
proprie pubblicazioni senza cedere alle minacce e alla paura di chi vorrebbe
ridurre la realtà di Israele a un perenne conflitto e a una perenne minaccia
per la stabilità internazionale. Israele è non solo l’unica democrazia della
regione, ma anche il modello minacciato di una società che pratica in concreto
la pace, lo sviluppo e la cultura a beneficio di tutti i popoli della regione e
gli attacchi contro la popolazione che provengono dalle organizzazioni
oltranziste islamiche non devono condizionare l’agenda di lavoro e una visione
ferma e costruttiva della situazione.Negli
scorsi giorni le centinaia di razzi che hanno colpito lo Stato ebraico,
provocando danni alle cose e alcuni feriti erano stati largamente taciuti dai
principali mezzi di informazione italiani. Con la risposta israeliana per via
aerea e l’eliminazione del leader di Hamas e carceriere di Gilad Shalit Ahmed
al-Jabari, l’interesse dei giornali sembra essersi ora risvegliato. Solo 16
schede entrate nella sezione Medio Oriente della rassegna stampa del mattino
ieri, nessuno o quasi dedicato alle tensioni fra Israele e Striscia di Gaza,
ben 40 stamattina. Ma la situazione si aggrava di ora in ora: ancora tanti i
razzi caduti nella notte. Uno ha colpito un palazzo a Kiryat Malachi
stamattina: si parla di tre morti tra cui un neonato, e persone ancora
intrappolate nella struttura.Le
tensioni tra Israele e Gaza vengono raccontate da tutti i principali quotidiani
italiani. “Offensiva di Israele su Gaza. Tel Aviv: pronti all’attacco di terra.
L’Egitto richiama l’ambasciatore” titola il Sole24 Ore
che porta l’analisi di Ugo Tramballi, che racconta gli obiettivi fondamentali
dell’operazione Pilastro di Sicurezza (nome in codice dell’operazione
israeliana su Gaza), le minacce di Hamas e la posizione egiziana.I
retroscena dei rapporti fra la componente politica di Hamas e quella più vicina
ai salafiti sono al centro dell’articolo di Maurizio Molinari sulla Stampa.La
dichiarazione di Obama “Israele ha diritto all’autodifesa” è riportata sul
pezzo di Francesco Battistini sul Corriere
della Sera, che parla anche di “almeno otto vittime palestinesi in
seguito ai raid israeliani”. Su Repubblica drammatica intervista allo scrittore
israeliano Abraham Yoshua, da sempre schierato nell’impegno per la pace che
però oggi dichiara la guerra contro Gaza inevitabile “E’ tempo che Israele
riconosca che Gaza è un nemico”.http://www.moked.it/
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Nel 1970 la
comunità ebraica di Panama era stimata a duemila persone, quella di
Milano a ottomila. Oggi la stima a Panama è attorno ai diecimila, a Milano
gli iscritti alla comunità sono seimila. Cos'è successo nel frattempo?
Nel piccolo paese istmico le quattro scuole ebraiche – tre molto
tradizionali, una riformata – sono affollate, l'assimilazione è molto
ridotta, e continua l'immigrazione soprattutto da altri paesi del
continente latino americano. Un rabbino forte e carismatico, Rav Zion
Levi scomparso quattro anni fa, ha guidato la crescita della
maggioranza sefardita della comuntà nel rispetto dell'ortodossia ma
cercando di parlare con tutti o quasi. La popolazione ebraica vive
molto concentrata in pochi quartieri in una capitale sul cui orizzonte
si delinea una catena impressionante di grattacieli e di gru. Sullo
sfondo, l'economia in forte espansione di un paese oggi gestito da un
regime relativamente tollerante, che funge da punto di passaggio
obbligato per i commerci fra l'oriente e l'occidente e che raccoglie
forti investimenti da molti continenti. Sono in stadio avanzato i
lavori di raddoppio del canale di Panama che consentiranno un grande
incremento dell'intercambio globale. Nel corso della storia le comunità
ebraiche hanno trovato spazi favorevoli nelle zone di cerniera e di
transito fra le grande aree economiche, nelle aree di libero scambio,
nel porto franco, e dove sono stati effettuati massicci investimenti
nelle grandi infrastrutture. Il contrario è avvenuto in regimi di
autarchia, ristagno economico, scarsa iniziativa, oltre che mancanza di
pluralismo culturale. Se uno scenario del primo e non del secondo tipo
continuerà a prevalere a Panama, la popolazione ebraica potrà crescere
ancora. Intanto sono in aumento fra i ragazzi delle scuole ebraiche
quelli che come lingua straniera studiano il Mandarino. Non il Lumbard.Sergio
Della Pergola,Università Ebraica di Gerusalemme, http://www.moked.it/
Della Pergola,Università Ebraica di Gerusalemme, http://www.moked.it/
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Cultura
Razzi su Tel Aviv, Israele pronta alla guerra
Per la prima volta dal 1991, un missile colpisce la città.
Kiryat Malachi (Sud d'Israele) - Le
strade e i campi sono deserti. Le case hanno le tapparelle abbassate. Le scuole
e molti negozi sono chiusi. In un caffè, la barista - con i
clienti ancora al bancone - tira giù le serrande e manda tutti fuori: «Vado a
prendere la mia famiglia e la porto al Nord». Nel Sud d'Israele continuano
infatti senza sosta a cadere razzi in arrivo da Gaza, come continuano in queste
ore i raid israeliani su Gaza.Ieri, in serata, c'è stata una
preoccupante svolta nel conflitto iniziato mercoledì: per la prima volta, un
missile lanciato dalla Striscia ha colpito anche più lontano, toccando i
sobborghi meridionali di Tel Aviv. Ore prima, un razzo aveva centrato una
palazzina della cittadina di Kiryat Malachi, nella regione meridionale. I due
ultimi piani dell'edificio sono stati sventrati. Tre persone sono rimaste
uccise. Poche ore dopo, nell'appartamento, i letti sono ancora disfatti. I
mobili sono distrutti e ci sono vetri rotti ovunque. Tracce di sangue sporcano
le scale fino al pian terreno. «È la terza volta in un anno che sento le sirene
e corro con mia moglie e mia figlia nel rifugio anti missile. Questa volta,
però, abbiamo sentito anche l'esplosione e capito che il razzo era caduto
vicino», dice Gadi Mamo, 30 anni, che abita di fronte al palazzo colpito. Una
donna, parente di una vittima, urla e piange nel cortile, mentre i politici
israeliani in visita - tra loro il minsitro dell'Interno Eli Yishai - sono
insultati al loro arrivo dagli abitanti del quartiere.Kyriat Malachi è una cittadina 25
chilometri a Nord di Gaza, tra quei campi dove spesso cadono i razzi lanciati
dai gruppi armati palestinesi, sorvolati ora da jet ed elicotteri da guerra
israeliani in rotta verso la Striscia. Avvicinandosi a Gaza, cresce il rumore
delle esplosioni, si vedono le colonne di fumo degli attachi israeliani alzarsi
dal piccolo territorio costiero e le strisce di fumo dei razzi lanciati dalle
postazioni palestinesi.La svolta, che rischia di
irrobustire le violenze, è arrivata quando le sirene hanno suonato
inaspettatamente nel Sud di Tel Aviv e gli abitanti della città hanno sentito
una forte esplosione. Non succedeva dal 1991, quando i missili del raìs
iracheno Saddam Hussein colpirono la città. Da due giorni, i portavoce
dell'esercito spiegano che i raid dell'aviazione stanno cercando soprattutto di
colpire depositi di Fajr 5, missili di fabbricazione iraniana con un raggio di
quasi 50 chilometri, uno dei quali potrebbe essere stato usato ieri per colpire
Tel Aviv.L'operazione militare israeliana
Pilastro di Difesa, che secondo i vertici israeliani mira a indebolire la
catena di comando militare di Hamas, è cominciata mercoledì con l'uccisione
mirata del più alto comandante militare del movimento. I funerali di Ahmed
Jabari, numero due del movimento palestinese che controlla Gaza, si sono tenuti
ieri. Al suo posto è stato nominato Marwan Issa, il suo vice. Dall'inizio
dell'operazione, almeno 200 razzi sono caduti sul Sud d'Israele e centinaia di
attacchi israeliani hanno colpito obiettivi militari a Gaza - depositi di armi
e postazioni di lancio razzi. Nei raid, però, sono rimasti uccisi anche civili.
Il numero delle vittime nella Striscia dall'inizio dell'operazione, ha detto al
telefono un medico dell'ospedale Shifa di Gaza, è salito a 15. Con l'aumentare
delle violenze cresce anche la tensione diplomatica tra Israele e il vicino
egiziano. Dal Cairo, il presidente Mohammed Morsi, membro di quei Fratelli
musulmani da cui Hamas è nato, ha ritirato mercoledì il suo ambasciatore e ha
parlato ieri di «aggressione inaccettabile d'Israele». Il raìs potrebbe inviare
oggi a Gaza il suo premier Hesham Kandil.Gli ultimi preoccupanti sviluppi
rendono più robusto il timore che l'operazione militare israeliana possa presto
trasformarsi in un'offensiva di terra, come accadde nel 2009 con Piombo Fuso,
quando morirono oltre mille persone. Ieri, il ministero della Difesa ha richiamato
30mila riservisti e un portavoce dell'esercito ha spiegato che nuove truppe
sono in rotta verso il Sud. «Ci attendono giorni difficili», ha detto. http://www.ilgiornale.it/
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