sabato 17 novembre 2012



Israele attacca Gaza, minacce di guerra
Ci ha pensato a lungo il governo israeliano prima di sferrare l’operazione “Amud Ashan”, colonna di fumo, con l’uccisione mirata del capo del braccio armato di Hamas, Ahmad Jabari, responsabile di un numero di assassinati israeliani che si conta a centinaia. Le conseguenze saranno dure: già piovono molti missili Grad sulla città di Beersheba, il cielo sul deserto del Negev è percorso da strisce di livida luce, la gente è nei rifugi anche nel resto del sud d’Israele; Gaza vive a sua volta una notte di incubo, l’aviazione colpisce i depositi dei missili Fajr 5 e forse altri due capi di Hamas sono statoi uccisi. Hamas ha dichiarato che per gli ebrei “si aprono le porte dell’inferno”; il Sinai è tutto percorso dal terrore antisraeliano, ora a caccia; l’Iran potrebbe ordinare agli Hezbollah, al nord, di aprire il fuoco; e l’Egitto del presidente Morsi, che minaccia di ritirare l’ambasciatore se Israele non cessa dagli attacchi, può reagire in manier! a furiosa in difesa di Hamas, anch’esso parte dei Fratelli Musulmani.Jabari se ne andava in giro in macchina in pieno giorno, evidentemente sicuro che Netanyahu non avrebbe osato o non avesse le informazioni giuste, oppure che il suo viaggio al Nord insieme a Ehud Barak testimoniasse un disinteresse per Gaza. Eppure l’avviso era venuto diretto e e preciso sia dal Premier che da Barak: “Agiremo quando meno se l’aspettano, come vorremo, quando vorremo” E ancora, rivolto agli ambasciatori convocati a Ashkelon: “Nessun Paese al mondo potrebbe accettare che la sua popolazione sia bombardata ogni giorno, Hamas deve smettere pena la fine”. L’alternativa era fra un’invasione da terra come nel 2008-9 o un urlo deciso fino nell’orecchio di Ismail Hanje, il primo ministro, e gli altri capi di Hamas: è proibito sparare missili su un milione e mezzo di cittadini innocenti del sud d’Israele. L’aviazione israliana ha seguitato per qualche ora a tempestare i depositi di armi e razzi, specialmente di missili Fajr 5 di lunga gittata, e ! le istallazioni militari; il numero di morti, pari per ora a dieci, sembra indicare che il governo rispetto a un’operazione di terra con molte vittime e reazioni internazionali imprevedibili, preferisca intervenire dall’aria. In questi giornoi, il sud di Israele aveva subito una pioggia di 190 missili. “Missili di tipo nuovo” ci spiegava qualche ora fa nel suo kibbutz attaccato a Gaza, Kfar Asa, il parlamentare di Kadima Shai Hermesh mostrando a un gruppo di parlamentari italiani in visita mura ferite, alberi spezzati, grandi buchi rotondi nel soffitto delle case da cui la gente è fuggita mentre la sirena urlava “colore rosso”, tzeva adom, con i bambini in braccio “missili più grossi che presto arriveranno a Tel Aviv. L’Iran li ha riforniti, le mura spesse venti centimetri non bastano. Abbiamo fornito a ogni casa un rifugio con quaranta centimetri di muro e finestre blindate. Abbiamo solo quindici secondi per raggiungerlo, ma il governo ha speso 250 milioni i! n due anni per proteggere tutto”. Questa è la ragione per cui i morti non sono tanti, spiega bene Hermesh, e certo non la solita proposizione propagandistica per cui quei missili non fanno tanto male. A Gaza, mettono i loro bambini davanti ai combattenti, noi abbiamo rifugi per tutti, uno per uno, insiste. Hermesh ci mostra un asilo nido chiuso e blindato dove decine di bambini di tre, quattro anni, passano tutto il tempo; non si va mai all’aria aperta. Per gli adulti, il lavoro è in rovina, niente negozi aperti, niente passeggiate, uffici chiusi, e tutto questo punteggiato da distruzioni e danneggiamenti a scuole, case... anche la fermata dell’autobus è blindata. Dice Adriana Katz, psichiatra di Sderot, città colpita: “Le sindromi gravi che curiamo nei bambini e nella popolazione sono sconosciute, perchè non si trarra di “post trauma” perchè appena stai un pò meglio ti cade addosso un altro missile, e il trauma si rinnova. Niente “post”. Ad ogni! ora un nuovo personaggio del governo Egiziano rinnova la minaccia di guerra, tutto il vicinato minaccia. La notte che si avvicina, dice Hermesh, sarà molto dura, pioverà fuoco qui, ma la gente è decisa a tornare a una vita di pace, vuole fermare i missili. Difficile da capire per l’Europa? Difficilissimo! F. Nirenstein  Il Giornale, 15 novembre 2012

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