sabato 7 febbraio 2009


Ricetta per Tu Bi-Shevat

Composta di grano e frutta (da la cucina nella tradizione ebraica, a cura di Giuliana Ascoli Vitali-Norsa, ed. Adei Wizo, Padova) (Antica ricetta turca che risale all’epoca spagnola)
Ingredienti: 1 bicchiere di grano, 1 bicchiere di fichi secchi tritati, 1/2 bicchiere di uva passa, 3 cucchiai di pinoli, 1 cucchiaio di acqua di rose, 1 bichciere di acqua, 1 bicchiere di zucchero, cannella. Preparazione: Preparate uno sciroppo di acqua e zucchero e unitevi il grano che avrete precedentemente ammollato per tutta la notte. Cucinate piano piano fino a che il grano sarà aumentato del doppio del suo volume. Aggiungete allora, sempre mescolando, gli altri ingresienti. Servite caldo o freddo, a volontà. http://www.ucei.it/


Nel mondo ebraico è sempre stata particolarmente forte l’attenzione al mondo della natura, non per un ecologismo alla moda, ma per la consapevolezza che l’uomo è solo amministratore dei beni che Dio gli ha affidato. Una storia tratta dal Talmud lo fa capire bene: si narra che un uomo vide un altro uomo piantare un carrubo. Gli chiese: - Quanti anni ci vogliono finché dia i frutti? - L’uomo rispose: - Settanta anni! - Gli disse: - Sei sicuro di vivere per settanta anni e mangiare i suoi frutti? - L’uomo rispose: - Io ho trovato il mondo con i carrubi. Così come i miei padri hanno piantato per me, io pianto per i miei figli. Un piccolo racconto che vale più di un trattato. http://spiritualspice.blogosfere.it/


Il 9 febbraio 2009 ricorre la festività di Tu B'Shvat, conosciuta anche come il Capodanno degli alberi.

"Se stai piantando un albero e ti dicono che è arrivato il Messia, prima finisci di piantare l'albero e poi vai ad accogliere il messia." (Midrash)
Molte fra le ricorrenze ebraiche servono a ricordare i cicli naturali. Una festività particolare, totalmente dedicata agli alberi è il Capodanno degli alberi, Rosh Ha-Shanà Lailanot, conosciuta anche con la data ebraica in cui cade: Tu bi-Shevat, cioè quindici del mese di Shevat. In ebraico ogni lettera ha anche un valore numerico e Tet e Vav che formano la parola "Tu" equivalgono numericamente a 15. Tu bi-Shevat cade in giorni in cui il clima è particolarmente freddo; in Israele, dove in genere il clima è meno freddo, questo giorno viene indicato come il giorno in cui cominciano a fiorire i mandorli, e si può cominciare a sperare in un prossimo arrivo della primavera. Questa festa è menzionata nel Talmud, e dà adito a una delle innumerevoli dispute tra Maestri. Sulla data in cui festeggiare Tu bi-Shevat si confrontano le due grandi scuole dei due grandi Maestri: Shammai e Hillel. Secondo l'opinione del primo il Capodanno degli alberi doveva essere festeggiato il primo giorno del mese di Shevat, mentre nell'opinione di Hillel doveva essere festeggiata il 15. Come noto in questa e in molte altre controversie si segue l'opinione di Bet Hillel. Interessante sottolineare come i due punti di vista, comunque, siano specchio di una diversa e contrapposta concezione tra potenza e atto: la scuola di Shammai ritiene che vadano prese in considerazione le cose già in "potenza", mentre quella di Hillel considera solo ciò che è in "atto". Nello specifico il problema è se considerare già germoglio ciò che ancora non è visibile, ma esiste solo in potenza. Un po' come in certe culture si contano gli anni fino dal momento del concepimento e non da quello della nascita. Sempre a proposito di nascite ed alberi, nella tradizione ebraica quando nasce un bambino si usa piantare un albero. A tempo debito, i rami di quello stesso albero serviranno per costruire la chuppà, cioè il baldacchino nuziale. In passato la ricorrenza serviva a determinare quali decime dovessero essere presentate al Santuario in un anno: i frutti maturati prima del 15 di Shevat si considerano appartenenti ad un anno, quelli maturati dopo questa data, si considerano appartenenti all'anno seguente. Inoltre questa festività serviva a stabilire quando erano trascorsi i primi tre anni di vita dell'albero, nel corso dei quali era proibito goderne i frutti.
Questa festività è molto amata dai bambini ed in Israele si vedono intere scolaresche armate di picconi in miniatura che eccitati mettono a dimora nella terra ciascuno il suo alberello. Ma si usa anche mangiare un frutto "nuovo" e si fa il Seder Tu Bi-Shevat, una sorta di pasto a base di frutta, durante il cui svolgimento, così come si fa nel più noto Seder di Pesach, si leggono brani della tradizione e si recitano particolari preghiere. Il modo migliore per festeggiare Tu bi-shvat è piantare un albero in Israele. http://www.e-brei.net/

Gerusalemme - biblioteca della Knesseth

A fine Dicembre ci sono stati bombardamenti su civili, morti a non finire, stragi nei villaggi,
tutto da parte di un esercito e di una aviazione potenti e ben armate contro un gruppo definito terrorista dalla UE. Israele con Gaza? No, Sri lanka e Tamil.
Ma non c’erano ebrei e allora non fa notizia. L’antisemitismo e l’odio nascono anche così,con una strana attenzione ad alcune Vittime e alla stranissima disattenzione verso altre Vittime.
di : Federico, con tutte le Vittime

5 febbraio 2009 - 08.56
Sri Lanka: governo chiude a negoziati su resa Tigri tamil
COLOMBO - Il governo dello Sri Lanka ha rigettato oggi ogni ipotesi di negoziato con le Tigri tamil sulle condizioni della loro resa, come invece avevano auspicato Stati Uniti ed Unione europea.Il segretario alla difesa, Gotabhaya Rajapakse, ha dichiarato al giornale "Island" che il governo non accetterà altro che la capitolazione completa delle Tigri della liberazione del Tamil Ealam (Ltte), ormai sull'orlo di una totale sconfitta militare nel nord del paese.Martedì gli Usa, l'Ue, il Giappone e la Norvegia - il quartetto cosiddetto "Co-chairs" - avevano esortato le Ltte a "discutere con il governo le modalità per mettere fine alle ostilità, con la deposizione delle armi e la rinuncia ad ogni violenza"."Non potrebbe esserci cosa più ridicola - ha chiuso Rajapakse -. Solo una resa senza condizioni potrà mettere fine all'offensiva militare", ha avvertito il fratello del presidente Mahinda Rajapakse. http://www.swissinfo.ch/ita/swissinfo.html

venerdì 6 febbraio 2009

Gerusalemme - tunnel sotto le mura del Kotel

Cari amici, portiamo a Vostra conoscenza che , anche in seguito ad interventi fatti da parte del Comites di Israele e da parte di alcuni privati , l'on.le Fiamma Nirenstein ha presentato alcuni giorni fa alla Camera dei Deputati una interrogazione a risposta scritta al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, per alcune questioni connesse con l'interpretazione della legge che tratta la materia della concessione del vitalizio connesso con le provvidenze a favore dei peseguitati politici ed antifascisti.Qui di seguito riportiamo il testo completo della interrogazione al Ministro.Cordiali saluti, Beniamino Lazar Presidente Comites Tel Aviv - Israele

Interrogazione al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali a risposta scritta

Per sapere, premesso che
l'articolo 4, comma 1 della legge 24 aprile 1967, n. 261, come sostituito dall'articolo 3 della legge 22 dicembre 1980, n. 932 "Integrazioni e modifiche alla legislazione recante provvidenze a favore dei perseguitati politici antifascisti e razziali", prevede che: "Ai cittadini italiani che siano stati perseguitati nelle circostanze di cui all'art. 1 della legge 10 marzo 1955, n. 96, e successive modificazioni, verrà concesso, a carico dello Stato, un assegno vitalizio di benemerenza, riversibile ai familiari superstiti ai sensi delle disposizioni vigenti in materia, pari al trattamento minimo di pensione erogato dal fondo pensioni dei lavoratori dipendenti, nel caso in cui abbiano raggiunto il limite di età pensionabile o siano riconosciuti invalidi a proficuo lavoro. L'assegno di riversibilità compete anche ai familiari di quanti sono stati perseguitati nelle circostanze di cui all'art. 1 della legge 10 marzo 1955, n. 96, e successive modificazioni, e non hanno potuto fruire del beneficio perché deceduti prima dell'entrata in vigore delle presente legge. ";malgrado il legislatore abbia inteso stabilire, come requisiti per la concessione del vitalizio, il raggiungimento dell'età pensionabile oppure la condizione di inabilità a proficuo lavoro, risulta all'interrogante che la Commissione per le Provvidenze ai perseguitati politici italiani antifascisti o razziali abbia interpretato contra legem la norma in oggetto, nel senso della richiesta di un duplice requisito (il raggiungimento del limite d'età e, in aggiunta, l'inabilità al lavoro), e abbia imposto, su questa base, a richiedenti ultra-ottantenni una visita medico legale presso un'apposita Commissione Medica;- se i fatti evidenziati rispondano al vero e se ciò corrisponda ad una prassi costantemente seguita dalla Commissione per le Provvidenze ai perseguitati politici italiani antifascisti o razziali, oppure ad errori in cui la suddetta Commissione è occasionalmente incorsa per un numero limitato di casi;- in che modo intenda intervenire per ripristinare un'interpretazione corretta della norma in oggetto e per riconoscere tempestivamente il vitalizio richiesto gli eventuali aventi diritto ingiustamente esclusi dal beneficio.
FIAMMA NIRENSTEIN 3 febbraio 2009

Gerusalemme - mercato

Mi chiamo Richard e la societa in cui lavoro sta cercando degli italiani per le mansioni indicate qui sotto.La societa in questione e situata a Tel Aviv ed opera nel campo del marketing.OfflineMarketing account manager for the Italian Market
Positiondescription:Development of marketing and retention programs in an online environment. Maintainingpersonal contact with customers via phone, e-mail and online chat.
Increasingcustomer loyalty and customer value.
PositionRequirements:-Italian atmother tongue level- MUST!-English atvery good level -must-Experiencein Customer Service, CRM or telemarketing.-Marketing and sales oriented.
-Excellent communication skills.-PC and internet savvy (Windows, MS Office).-Full time job in shifts-Applicant should have regular/public transport available.OnlineMarketing and Sales Representatives for the Italian Market Positiondescription:Development of marketing and retention programs in an online environment. Maintainingpersonal contact with customers via phone, e-mail and online chat. Increasing customerloyalty and customer value.
PositionRequirements:-Experiencein Customer Service, CRM or telemarketing.-Marketing and sales oriented.-Mother tongue in one of the languages specified above-English atvery good level -must-Excellentcommunication skills.-Full time job, flexible hours-Applicant should have regular/public transport availablegli interessati sono pregati di presentare il proprio curriculum in inglese.I vari curriculum verranno girati al dipartimento risorse umane che si occupera poi di selezionare e contattare i canditati.Gli interessati sono invitati a mandare i propri curriculum vitae al seguente indirizzo:richardhp@012.net.il Grazie
‭‮ Comitato degli Italiani Residenti all'Estero (Comites) - Israele www.comites.org.il info@comites.org.il

giovedì 5 febbraio 2009

pasto nel Neghev

Monsignor Hilarion Capucci
sulla scia dell'attualita' , con il sequestro di un cargo libanese che procedeva verso Gaza, nonostante il divieto israeliano. A bordo l'indimenticato Hilarion Capucci. Per rinfrescare la memoria, mentre e' gia' partita la campagna mediatica per farlo sembrare una vittima palestinese degli israeliani, invito a leggere questo profilo scritto
(nato Kaboudji ad Aleppo nel 1922), vicario patriarcale melchita di Gerusalemme, viene arrestato il 18 settembre 1974 (alcune fonti riportano il 18 agosto). “Perquisito dal controllo israeliano alla frontiera, nel portabagagli della sua Mercedes vengono trovati dinamite, mitra, granate e munizioni varie destinate ai terroristi di Al Fatah per attentati contro i civili in Israele. Certamente quello non era il primo «contrabbando» di armi del prelato che, come tutti gli esponenti religiosi godeva in Israele di una certa immunità diplomatica. Semplicemente quella era la prima volta che veniva colto come si suol dire «con le mani nel sacco». Arrestato, viene processato nel dicembre '74 e condannato a 12 anni di detenzione. Tre anni dopo, il 31 ottobre 1977, Papa Paolo VI chiede con una lettera al Presidente dello Stato di Israele, Katzir, di far uso delle sue prerogative e di far liberare mons. Capucci «date le sue condizioni di salute»; Paolo VI si dichiara anche fiducioso che la libertà del prelato «non sarà nociva allo Stato di Israele». Il 4 novembre 1977 il Presidente Katzir risponde a Paolo VI accogliendo la domanda e ricorda l'impegno che «la liberazione di mons. Capucci non arrechi danno allo Stato di Israele». Il 6 novembre 1977 il prelato viene liberato e giunge a Roma. Negli accordi diplomatici che si prendono a Roma, Israele pone due condizioni precise che la S. Sede accetta: a) che mons. Capucci non torni più nel Medio Oriente, b) che si astenga da ogni attività politica. Le due condizioni - avallate dal Vaticano - non sono state mai rispettate. Già nel dicembre del '77, pochi giorni dopo la sua generosa liberazione, monsignor Capucci è apparso alla TV italiana e ha fatto dichiarazioni politiche antiisraeliane. L'impegno di Paolo VI e le precise condizioni della trattativa diplomatica successiva sono stati patentemente violati” (Fausto Coen, Israele 50 anni di speranza, Marietti, pag. 135). Risulta inoltre che diverse volte si sia clandestinamente recato in Israele, oltre ad essere stato frequentemente in altri Paesi del Medio Oriente. Quanto alle “condizioni di salute” del povero prelato, che hanno indotto il papa (che qualche anno prima era riuscito a fare un viaggio in Israele senza incontrare una sola personalità israeliana e, più tardi, a parlare del viaggio senza mai pronunciare la parola “Israele”), pare che la libertà abbia avuto su di lui effetti veramente portentosi. Un semplice, brevissimo giro in internet ci permette di trovare quanto segue: nel 1979 visita gli ostaggi nell’ambasciata americana a Teheran; nel maggio del 1980 è da qualche parte in Turchia (non so dove e non so a fare cosa. Abbiate pazienza: sono in grado di riconoscere la lingua turca, ma non l’ho studiata e non sono in grado di capirla); dal 17 al 19 novembre 1981 partecipa a un simposio a Roma; il 15 settembre 1982 accoglie all’aeroporto di Ciampino il fraterno amico Arafat; nel novembre del 1990 si offre di guidare una delegazione per la liberazione degli ostaggi a Baghdad; nell’agosto del 1992 lo troviamo tra i partecipanti a un seminario a Malta; il 22 gennaio 2002 partecipa al congresso nazionale della CGIL (quello in cui faceva bella mostra di sé in prima fila una sedia vuota coperta da una keffiah, in onore del povero Arafat, impossibilitato a partecipare in quanto prigioniero alla Mukata, ma intervenuto telefonicamente e accolto da una standing ovation; quello, se non ricordo male, in cui il signor Cofferati ha impedito di parlare, unico fra tutti gli intervenuti, al delegato israeliano, pacifista e padre di due vittime del terrorismo); il 31 gennaio 2002 a Vibo Valentia tiene infiammati discorsi antiisraeliani; il 7 aprile 2002, a Roma, partecipa alla manifestazione antiisraeliana dell’ultrasinistra, con i partecipanti che sfilano travestiti da terroristi suicidi con addosso finte (? … si spera …) cinture esplosive, e dal palco proclama poi: «Un saluto ai figli dell’intifada e ai martiri che vanno a combattere come se andassero a una festa. Vogliamo avere la nostra patria, altrimenti moriremo degnamente. Intifada fino alla vittoria»; all’inizio di giugno 2002 è presente al convegno antiisraeliano di Teheran; il 14 giugno 2002 partecipa a un dibattito al cinema Pasquino a Roma nell’ambito di un festival sulla Palestina; il 19 luglio 2002 lo troviamo in visita ufficiale Palazzo Vecchio a Firenze; il 10 ottobre 2005 è a Macerata; il 23 ottobre 2005 è tra gli invitati al Quirinale per i festeggiamenti dello stato del Qatar; il 19 novembre 2005 interviene a Marano all’inaugurazione di via Arafat; il 25 giugno 2006 è a Urbino; il 6 luglio 2006 parla alla radio vaticana; il 27 luglio 2006 partecipa a una manifestazione antiisraeliana a Roma; il 15 agosto 2006 lo vediamo a Monterotondo al funerale di Frammartino. Allegro, pimpante e fresco come una rosa a 84 anni abbondantemente suonati, a 29 anni di distanza da quando il papa, impietosito dalle sue condizioni di salute, ha chiesto la sua scarcerazione al capo di uno stato di cui non riconosceva l’esistenza. Ah, dimenticavo: monsignor Capucci, l’uomo che mille volte nella sua troppo lunga vita ha tuonato “noi palestinesi”, non è palestinese: è siriano. Anche lui, come l’egiziano Arafat, ha strumentalizzato la “causa” palestinese al servizio di padroni stranieri che si sono serviti delle sofferenze dei palestinesi per i propri loschi giochi di potere. http://ilblogdibarbara.ilcannocchiale.it/


Strudel di Tu Bi-Shevat

Ingredienti:Per la pasta: 2 tazze di farina, 1 cucchiaio di zucchero, un pizzico di sale, 1 uovo,
3 cucchiai di olio, circa 1 tazze d'acqua. Per il ripieno: 700 gr di mele a fettine, 1/2 tazza di uvetta, 3/4 tazza di zucchero,1/4 tazza di pangrattato, 1 pizzico di cannella, scorza di limone grattata, 4 cucchiai di olio.Impastare gli ingredienti per la pasta e prepara una pasta che deve risultare morbida ma non appiccicosa.Con il mattarello infarinato stenderla il più sottile possibile.
Ricoprirla con mele, uvetta e, sparpagliando quà e là zucchero, cannella, pangrattato, scorza di limone. Sgocciolare l'olio sopra il composto.Arrotolare la pasta con tutti gli ingredienti su se stessa formando un rotolo morbido che va leggermente schiacciato alle estremità per non far uscire la frutta durante la cottura. Appoggiarlo sulla carta forno e spennellarlo con un poco d'acqua mista a zucchero e cannella. Forno caldo 180 per 45 minuti circa. da Sullam 24

Gerusalemme - Santo Sepolcro

Jus gazagà e pretatico

Nota 13. alla lettera undicesima di Roma Papale 1882:Non è permesso agli Israeliti in Roma di abitare fuori del ghetto, che è il luogo più malsano e più umido di Roma, ed è almeno una volta all'anno inondato dal Tevere. Però alcuni Ebrei hanno de' magazzini fuori del ghetto. Ora ecco cosa accade per que' magazzini.
Sisto V fece una legge per la quale costringeva gli Ebrei di Roma a vivere nel recinto del ghetto; ed affinchè i proprietari delle case del ghetto (gli Ebrei in Roma non possono possedere fondi) non profittassero della circostanza, vietò ai proprietari del ghetto di aumentare le pigioni. Questo privilegio è chiamato dagli Ebrei di Roma il jus gazagà. Se poi, per qualche caso particolare, un Ebreo dovesse occupare un locale fuori del ghetto, dovrebbe per quel locale pagare il pretatico al parroco; cioè il decimo della pigione che paga per quel locale; e ciò per la ragione seguente: se in quel luogo invece di un Ebreo vi abitasse un Cattolico, il parroco avrebbe i suoi incerti di battesimi, di matrimoni, di mortorii ec. L'Ebreo dunque doveva compensare il parroco per quelle perdite. Papa Leone XII ingrandì il ghetto, ed obbligò di nuovo tutti gli Ebrei che erano fuori a rientrarvi, così finì il pretatico. Però in piazza Navona vi è un macellaio ebreo, che vive nel ghetto, ma ha la sua botteguccia su quella piazza. Il parroco citò l'Ebreo avanti il tribunale del vicegerente per essere condannato a pagare il pretatico: per quanto l'avvocato dell'Ebreo dicesse che quella bottega non era abitata dall'Ebreo; che non era neppure abitabile, e che in conseguenza nè secondo la lettera, nè secondo lo spirito della legge, l'Ebreo era obbligato a quel pagamento; pure fu condannato a pagare.http://www.sentieriantichi.org/

Gli ebrei combattenti nei boschi della Russia

(intervista al protagonista, Daniel Craig, famoso come 007)
SI CHIAMAVANO Tuvia, Zus e Asael Bielski, erano tre fratelli di una famiglia di agricoltori ebrei del borgo di Stankevich nell’allora Unione sovietica, ribelli e avversi a qualsiasi tipo di autorità si ritrovarono braccati dai nazisti, quando, nel 1941, invasero la regione. Decisi a fuggire e a vendicare la morte dei genitori, i tre finirono per guidare un folto gruppo di ebrei in quei boschi in cui erano cresciuti, dove formarono un improvvisato gruppo di partigiani.Braccati dalle SS, costretti a lasciare in fetta e furia i diversi campi che di volta in volta costruivano fra la boscaglia, annichiliti dal terribile inverno russo, i Bielski e il loro gruppo di ebrei costruirono un villaggio nella foresta del borgo di Nabiloki, con un ospedale da campo, un mulino, un panificio, una scuola, un teatro e una sinagoga. Fra storie d’amore, matrimoni, morti improvvise, nuove vite e tante rappresaglie sanguinose, compiute con i fucili, alla ricerca di cibo, armi e di una vendetta cieca contro i nazisti, “la Gerusalemme dei boschi” andò avanti nella sua vita nascosta fino al 1944, quando la guerra finì e dal bosco riemersero circa 1.200 ebrei.
La vicenda dei fratelli Bielski si perse così nel tempo, rimanendo in una sorta di leggenda tramandata da padre in figlio, fino a quando Nechama Tec, sopravvissuta all’Olocausto, docente dell’Università di Stamford, grazie ai racconti dei sopravvissuti e dei parenti, scrisse il libro “Defiance: gli ebrei che sfidarono Hitler”.Quel libro ora è diventato un film, nelle sale da venerdì, diretto da Edward Zwick e interpretato da Daniel Craig, il volto degli ultimi James Bond, che stavolta veste i panni di Tuvia, il leader degli ebrei.«Non conoscevo affatto questa storia» ammette l’attore inglese «ma ho incontrato i discendenti dei fratelli Bielski, sono persone toste e capaci di emozioni forti, come i loro antenati. Credo che questa aggressività, coniugata alla voglia di crearsi una famiglia, li abbia spinti ad andare avanti». Il gruppo dei fratelli Bielski divenne la resistenza partigiana ebraica più grande d’Europa anche grazie a metodi sanguinari che lo stesso film non esita a raccontare. «La cultura degli ebrei è anche una cultura di guerrieri, lo si legge nella Bibbia stessa» ricorda il regista «quegli ebrei lottarono per la propria vita, ma non si può trasportare quella cultura ai tempi moderni: allora quegli uomini e quelle donne si trovavano di fronte a un genocidio. Oggi in Medio Oriente non siamo di fronte a un genocidio, piuttosto lo si vive in Paesi come il Darfur o lo si è vissuto in Rwanda e in Bosnia. È importante capire lo spirito che animò quelle persone, perché è lo stesso spirito che animò anche quei sei milioni di ebrei che purtroppo non ce la fecero». Senza volersi addentrare nelle delicate questioni medio-orientali, Zwick spiega che al cinema non spetta il compito di spiegare, quanto di raccontare il passato.
«È molto difficile per un film raccontare le complessità di una situazione come quella in Medio Oriente che merita un’analisi approfondita da parte di saggisti o i giornalisti» precisa «il cinema è per sua natura “riduzionista”, perché ha solo due ore di tempo in cui concentrare tanti eventi e raccontarli nel modo migliore possibile. Credo che sia importante raccontare il nostro passato, perché i giovani non leggono più, e il cinema ha la responsabilità di darne una rappresentazione più veritiera possibile».Sono tanti i film che a Hollywood, in questo ultimo periodo, raccontano il passato, soprattutto quello della seconda guerra mondiale. «Credo sia ridicolo definirla una moda» puntualizza Craig «ci sono tante storie umane dal punto di vista personale accadute in quella guerra».''il secolo xix'' del 20\01\08

Sara Poli

UNA BELLA STORIA ITALIANA NELLE ORE PIU’ CUPE :I POLI E I FINZI AL TERZO PIANO DI VIA CALDERINI 14 NEL SABATO NERO

Sabato, 16 ottobre 1943, tra le sette e mezza e le otto del mattino, quartiere Flaminio in Roma, verso Ponte Milvio. Stabile di Via Calderini 14, appartamento borghese al terzo piano. Il signor Manlio Poli, sessantenne, nativo di Carpi, è uscito da poco per recarsi in ufficio nell’amministrazione delle Ferrovie dello Stato, dove fece modestamente il suo dovere, piuttosto anomalo, durante il ventennio, limitato nella carriera per vergine mancanza di tessera del PNF. La signora Sara, nata Penasa, padovana, di 49 anni, è in casa con i bambini. Mattiniera, si è alzata con il marito, si prepara alle consuete cure domestiche, si affaccia alla finestra e vede due militari tedeschi in procinto di entrare nel palazzo. Si chiede cosa vengano a fare. Non può ancora sapere nulla dello speciale evento di quel giorno, che del resto è appena cominciato, la retata degli ebrei romani, la Judenaktion. Ma un lampo le attraversa la vigile mente. Il pensiero corre alla famiglia Finzi, che abita all’appartamento vicino, sul pianerottolo. Corre, in vestaglia e suona ai vicini, col cuore in mano perché facciano presto ad aprire. In casa Finzi ci sono la signora Vera con i figli Franco e Silvana. Il signor Rodolfo, già vicedirettore artistico dell’Opera Nazionale Dopolavoro, era uscito per andare al lavoro (che fare? di Shabat, l’ora era ardua) presso i magazzini dei correligionari Castelnuovo.Appena aprono, la signora Sara, accorta come l’omonima matriarca, intima ai tre, da poco scesi dal letto, di entrare in casa sua, così come stanno, senza perdere un attimo di tempo. Li fa entrare, richiude la porta, sente passi rapidi che salgono, poi il suono del campanello alla porta vicina, dove figura la targa Finzi. Fa segno ai vicini di rintanarsi nella stanza più riposta e sta in vedetta a sentire presso la porta di casa. Dopo due minuti suona il suo campanello. Apre e si trova davanti i due tedeschi, che le chiedono dei Finzi. Risponde che non ne sa nulla, ma loro si trattengono con attenzione a ogni particolare e con altre domande. Dietro la signora Sara è la figlia Elisa di dodici anni, che segue, trepidante, l’ interrogatorio, senza tradire una parola o un gesto sospetti. Chiedono anche a lei e risponde che non sa nulla. Finalmente i tedeschi escono e la signora telefona in ufficio al marito, dicendogli di correre a casa. Il signor Poli arriva e si decide il da fare. Per prima cosa entra in casa dei vicini e porta loro gli oggetti più necessari. Elisa viene postata alla finestra per avvistare il ritorno del signor Rodolfo Finzi. Appena lo vede rientrare, corre giù a dirgli di entrare anche lui in casa loro. Ma bisogna trovare un rifugio più sicuro, perché i tedeschi o chi per loro potrebbero tornare. Siccome la vecchia mamma della signora Vera era ricoverata alla clinica Quisisana per rottura del femore, vanno lì e lei ci resta col motivo-pretesto di accudirla. Poi i quattro riescono a trovare un appartamento in affitto, ma come si fa con quel cognome e quelle carte di identità? Il signor Poli si dà da fare e i Finzi diventano i Fabbri, profughi a Roma da un paesino del Sud bombardato e immiserito. La loro avventura prosegue lungo i successivi otto mesi dell’occupazione nazista.
Alla liberazione tornano alla confortevole loro casa di via Calderini, in vicinato stretto per sempre coi dirimpettai Poli. Non poche volte Elisa si è unita a Franco e Silvana nelle gite del Gruppo giovanile ebraico, sicché quando l’attuale narratore di questa storia, a bella distanza di tempo, la ha conosciuta, come collega all’Istituto Magistrale Santa Rosa di Viterbo, la ha trovata competente di feste, usanze e parole ebraiche. Elisa fu ben lieta di festeggiare con noi il Bar Mizvah di Emanuele, ora segretario della Comunità ebraica di Roma, in frequenti contatti con Franco Finzi, esimio architetto.Il tempo scorre, le generazioni si succedono. Il signor Manlio è morto in Roma, all’età di 73 anni, il 5 novembre 1956. La signora Sara è morta, all’età di 86 anni, il 18 maggio 1980, in Viterbo, dove la figlia Elisa si era trasferita con il marito ingegner Giorgio Sani, comandante dei Vigili del fuoco. Sono morti anche Rodolfo e Vera Finzi. La figlia Silvana ha compiuto la Aliah e vive a Haifa, sposata con Aitan Halperin. Elisa le ha fatto visita, con un viaggio in Israele, dove frattanto ha proceduto il lungo corso per l’istruzione della pratica di riconoscimento di Manlio e Sara come giusti delle nazioni presso lo Yad Va Shem. E’ bello che tutti i meriti trovino momenti e sentimenti di ricordo, ma nei riconoscimenti formali dei giusti vi è dovuta essere necessariamente una selezione e una istruzione, che hanno voluto i loro tempi. I giusti sono invecchiati e molti sono morti, ma la memoria del bene, cui hanno cooperato, non va perduta. La memoria del bene fatto durante la Shoah fa parte della storia dell’Evento, attenta, documentata, tesa a raccoglierne ogni filo, ogni spasimo, ogni sollievo. Per la connessione delle famiglie, scherzosamente detta mishpahalogia, Rodolfo Finzi, per il matrimonio di sua sorella, era cognato di Fernando Piperno, noto esponente della Comunità e fratello di Giorgio, intellettuale sionista e olè in Erez Israel.
da HAZMAN VEHARAION – IL TEMPO E L’IDEA che ringrazia l’ingegner Claudio Orefice di Padova, la signora Flora Cava di Pisa, la professoressa Carla Servi Levi Minzi di Pisa.

Scisma cristiano?


di Rodolfo Chur Edizioni Associate Euro 16,00
Dopo la recente guerra di Gaza che ha portato lo Stato d’Israele a reagire ai continui lanci di razzi da parte di Hamas sulle cittadine israeliane , dopo le violente reazioni che sono seguite in tutta Europa e che non si possono configurare come “critiche” all’operato di Israele ma vere e proprie manifestazioni di antisemitismo, il saggio di Rodolfo Chur – giornalista che da anni vive e lavora in Israele e che ha al suo attivo esperienze di guerra nell’ex Iugoslavia - giunge a proposito.Scritto con stile colloquiale e scorrevole che rende di facile accesso anche al lettore comune argomenti complessi, questo saggio non rievoca la Shoah, sebbene lo sterminio degli ebrei rimanga uno sfondo costante del libro, un orrore cui si è giunti per le motivazioni che Chur spiega con rigore storico e competenza.Tuttavia è lo stesso autore che nella prefazione avvisa il lettore che “queste pagine sono anche e soprattutto una provocazione nonché l’apologia dell’Ebraismo e del popolo ebraico”.Con toni che a volte sfiorano l’invettiva Chur presenta la realtà e i fatti che hanno portato il Cristianesimo a diventare religione ufficiale dell’impero romano, con tutte le tragiche e mortali conseguenze che ne sono derivate per il popolo ebraico.
Il grido Juden raus è risuonato più volte nel corso dei secoli nella vita degli ebrei. “Oggi è gridato in arabo, ma in fondo cambia solo la lingua; l’ideologia nazista resta seppur nascosta dalla Kefiah”. E a tal proposito Chur non risparmia critiche ai governanti israeliani “ammalati di fare la pace a tutti i costi” e alle loro decisioni che definisce assurde, improvvide e sprovvedute.
Il saggio, che è diviso in tre sezioni, parte da un’accurata analisi storica della percezione – da parte del mondo cristiano - dell’ebreo come “perfido” in quanto persiste a vivere nella menzogna, non riconosce la vera fede e neppure accetta il concetto di Trinità; affronta il tema del sionismo con un breve quadro storico di Israele prima della costituzione dello Stato spiegando la ragione storica che sta alla base dell’utilizzo errato del termine Palestina. Dopo aver affrontato il tema dell’antisemitismo e dell’antigiudaismo, Chur analizza alcune questioni teologiche come l’Unità e la Trinità che definisce “un mistero incomprensibile sapientemente imposto per risolvere politicamente la crisi che attraversava l’Impero e tenere unite le popolazioni sotto l’Impero della Chiesa”. Si focalizza inoltre sulla figura di Gesù che “deve essere inserita nel contesto storico della terra di Israele, attraversata da rivolte e insurrezioni dei nazionalisti ebrei e la sua stessa vicenda – ribadisce Chur – con buona pace delle falsificazioni cristiane, è esclusivamente ebraica”; non manca un’analisi capillare dei documenti come le Epistole di Paolo di Tarso scritte fra il 50 e il 57 d.C. e dei quattro Vangeli, affermando che “nessun documento neotestamentario è contemporaneo a Gesù ….e che nessuno dei quattro vangeli canonici è contemporaneo di Gesù. Sono stati scritti in lingua greca, da non ebrei e per lettori anch’essi gentili”.Dopo un’analisi della manipolazione dei testi dedica un capitolo molto interessante alla sessuofobia della Chiesa cattolica, illustrando il pensiero di San Paolo, di Sant’Agostino e di Tommaso d’Aquino del quale afferma che “le sue opinioni in tema di sesso e di rapporto con il gentil sesso ancora oggi condizionano la vita dell’Occidente cristiano”.Fanno da corollario al saggio undici allegati di argomento vario fra i quali i più interessanti sono l’intervento di Piero Terracina sulla chiesa e la Shoah, lo studio del professor Mauro Perani “Lettera sulla santità” pubblicato negli Annali di storia dell’Esegesi e lo scritto di Israel Cohen sul futuro della Palestina, stampato in Gran Bretagna nel 1939.Risultato di lunghe ricerche e di una lettura approfondita dei principali testi sacri del canone cristiano, questo saggio duro e impietoso – a tratti eccessivo nei toni – si impone per il rigore storico e per l’accuratezza delle tesi esposte sulle quali il lettore può dissentire ma non dimenticare che “…non ci sarà che una sola Auschwitz e non ci sarà mai che un solo ghetto di Varsavia….la persecuzione, la solitudine fra i popoli della terra è affari degli ebrei”.
Giorgia Greco


La RAI ha messo in rete questo sondaggio, credo sia importante partecipareFate girare. Grazie.

mercoledì 4 febbraio 2009


Pericolose tensioni fra Israele e il Vaticano

Caro Beppe, siamo di fronte a nuove pericolose tensioni fra Israele e il Vaticano dopo la riabilitazione del vescovo lefebvriano negazionista Richard Williamson. A evocare una rottura dei rapporti diplomatici tra Israele e la Santa sede è il ministro israeliano per le Questioni religiose, Yitzhak Cohen, il quale, sul settimanale tedesco Der Spiegel, raccomanda di «interrompere completamente i rapporti con un'istituzione di cui fanno parte negazionisti dell'Olocausto e antisemiti?. Salomon Korn, giudica la decisione del Papa «un ritorno ai secoli passati«, per aver «reso presentabile un negazionista dell'Olocausto». Korn giudica l'atto del Papa «imperdonabile», poiché con esso Benedetto XVI «mette in discussione la riconciliazione con gli ebrei, portata avanti dal suo predecessore, Giovanni Paolo II». Anche la Merkel insorge e chiede al Papa di chiarire la posizione della Chiesa nei confronti dei negazionisti dell'Olocausto. Leggo ancora l'intervento del Papa durante l'Angelus in piazza San Pietro in cui ribadisce che l'eutanasia è una falsa soluzione al dramma della sofferenza, una soluzione non degna dell'uomo. Mi sorge una domanda. Ma il Papa non perde mai l'occasione di tacere oppure segue il modello berlusconiano: sparare fandonie a raffica, salvo poi smentirle il giorno successivo? Aspettando riscontri e invio cordiali saluti,Pierluigi Carratù

scavi a Gerusalemme

Ai posteri l’ardua sentenza?

Il Manzoni poteva rimandare il giudizio su un suo importante contemporaneo, Napoleone, che aveva sconvolto l’Europa, ma l’aveva segnata e disegnata quasi come oggi l’abbiamo.
I tempi sono cambiati e noi, oggi, siamo chiamati a giudicare quanto ci accade intorno subito, perché ne siamo immediatamente coinvolti, drammaticamente travolti ; duecento anni fa il tempo era una misura austera e capiente, ora la rapidità dei mezzi di comunicazione non ci consente tregua, ci porta la realtà in casa. Ciò che avviene a chilometri di distanza è come se si svolgesse sotto casa e noi potessimo vederlo dalla finestra. Forse su questa rapidità ci potremmo interrogare se essa sia un bene o un male, ma sarebbe una domanda oziosa: ne siamo partecipi, non ce ne possiamo staccare, non possiamo ignorare il contesto in cui siamo inseriti, tutti insieme , gomito a gomito.Nessuno, credo, può guardare, impassibile, corpi abbandonati in mezzo alla strada, insanguinati, immobili, volti di bambini rigati di lacrime, bocche spalancate in un grido straziante e inconsolabile di paura o di dolore, povera gente ingombrata di fagotti, che cerca di allontanarsi da case sbrecciate, su vie costellate di macerie, attraverso scheletri di oggetti e ferraglia, sorti come per maligna magia dalle viscere della terra. Sono le tremende immagini della guerra, eterna distruzione, indegna e reiterata violenza tra uomini, che non imparano nulla, che persistono ciecamente nello stesso errore: usare la forza contro un’altra forza . E’ proprio questa la zampa del diavolo? E’ proprio questo oscuro e incontrollabile istinto primordiale che ci acceca e ci rende sordi, muti, incapaci di ragione?Lo scontro tra lo Stato di Israele e il gruppo terroristico di Hamas, che, tuttavia, non rappresenta la volontà dell’intero popolo palestinese ma è totalmente minaccioso nei confronti di quello Stato, che dichiara di voler abbattere e cancellare dalla faccia della Terra, ci scaraventa al centro di questo immenso problema. Per l’ennesima volta e dopo esperienze terribili come le due guerre mondiali, l’esplosione atomica , le insanabili controversie territoriali, sociali, politiche da esse prodotte, dopo l’orrore dell’ 11 settembre, frutto insuperato, per ora, della perversione, l’Uomo non ha saputo fare di meglio che affrontarsi, di nuovo, armi in pugno. E’ fin troppo evidente che nulla sarà risolto neppure adesso, benché superdotati di avanzatissimi strumenti di offesa e di morte. Ecco solo questo possiamo essere certi di aver ottenuto, la Morte ossia il limite estremo da cui non si torna indietro, oltre il quale non si avanza, di fronte al quale ci si ferma, immoti, nel silenzio. Senza nessuna altra possibilità. Questa è la vera insensatezza di un tale operato. Per questo motivo, mi fanno orrore coloro che affermano, irremovibili, di voler disseminare proprio morte e distruzione tra altri uomini, che non vogliono riconoscere uguali a loro stessi ma vorrebbero ridotti a mucchi sanguinolenti di ossa e stracci. Quale temibile equivoco quello che si propone di radere al suolo le splendide realizzazioni raggiunte attraverso le applicazioni pratiche di sistemi prodigiosi di fertilizzazione di terreni sino a poco fa squallidamente desertici, quale assurdo rifiutare le tecniche organizzative e produttive che portano cibo, benessere, ricchezza in zone considerate del tutto improduttive, quale doloroso stupore nel vedere gesti violenti, grida scomposte, atti offensivi di fanatici cui si è fatto credere di essere legittimati ad ogni violenza in nome di una divinità di cui è stato senz’altro distorto il messaggio per ben altri biechi motivi di interesse, che passano al di sopra di quelle povere teste ! Ma anche sull’altro fronte nulla è stato guadagnato, anzi! Israele continua ad essere minacciata di distruzione da Hamas, la sua immagine nel mondo è frantumata per il gran numero di morti civili provocati dalla sua difesa, permane il cupo dolore e la pesante consapevolezza di aver colpito tanti bambini innocenti e donne e anziani, che sono stati usati come scudi umani o come volute vittime per far trionfare l’ immagine del tanto peggio tanto meglio e si sono messi a rischio equilibri molto delicati con Stati Arabi, resisi, faticosamente, non ostili ad Israele. Questa guerra ha forse suscitato un unico atteggiamento foriero di qualche esito positivo. Il mondo arabo non è più unito e compatto contro Israele rispetto al passato. Molti degli Stati Arabi temono lo strapotere di Hamas, dietro il quale c’ è la mano dell’Iran, di cui non piacciono gli eccessi, e l’estrema crudeltà delle perdite tra i civili ha distanziato molti dalle scelte di Hamas, perciò si va facendo strada una grande stanchezza per il permanere della paura, della guerra, della miseria. Questa potrebbe essere la trama, ancora, aihmé, molto lacunosa e fragile, su cui basare una rete di appoggi e di trattative per raggiungere un primo accordo di pace. Ed esso deve essere comunque il punto fisso da raggiungere, ben consci che di ogni guerra nessuno è vincitore. Vorrei tanto che potesse trionfare un bel motto di una indomita e coraggiosa italiana in Israele, che vuole educare ragazzi israeliani di ogni religione, ebrei-cristiani-musulmani, a convivere, attraverso le arti, in specie attraverso l’allestimento di una compagnia di teatro, dal nome auspicante, Teatro dell’Arcobaleno, che fa spettacoli di profondo significato simbolico. Angelica Calò Livnè ci manda questo semplice ma altissimo messaggio: “Solo in pace vincono tutti! “. (a cura di Luisa Fazzini)

Gerusalemme

La Fondazione Wallenberg cerca informazioni sugli italiani che aiutarono gli ebrei durante la II Guerra Mondiale

La Fondazione Internazionale Raoul Wallenberg (IRWF), un'organizzazione non governativa (ONG) con base a New York, che si dedica a onorare, preservare e diffondere l'eredità di coloro che prestarono soccorso alle vittime dell'Olocausto, sta raccogliendo informazioni sui cittadini italiani che contribuirono a mettere in salvo gli ebrei perseguitati durante la Seconda Guerra Mondiale. Tra i molti eroi italiani si ricordano; Angelo Giuseppe Roncalli, futuro Papa Giovanni XXIII, che durante il suo incarico come delegato apostolico a Istanbul nel 1944, contribuì al salvataggio di migliaia di ebrei e non, perseguitati; Giovanni Palatucci, un poliziotto che salvò la vita a circa 5.000 ebrei; Giorgio Perlasca, che si presentò come ambasciatore spagnolo a Budapest e riuscì a mettere sotto la sua custodia migliaia di rifugiati condannati a morte nei campi di sterminio e Beniamino Schivo, un sacerdote cattolico che fornì alloggio, vestiario e cibo a un'intera famiglia. Baruch Tenembaum, fondatore della IRWF, il 4 novembre scorso, ha proposto il conferimento a Papa Roncalli del titolo di "Giusto tra le Nazioni" da parte dello Yad Vashem, l'autorità per il ricordo dei martiri e degli eroi dell'Olocausto. La Fondazione Wallenberg, come ricorda l'agenzia Zenit, ha anche lanciato una campagna che propone ai neo genitori la possibilità di chiamare i loro bambini con il nome di quegli italiani che si presero cura degli ebrei perseguitati, spesso a costo della vita. Chiunque abbia notizie e testimonianze in proposito, o voglia ulteriori informazioni, può visitare il sito internet: http://www.raoulwallenberg.net/. (F.C.)

Gerusalemme - Muro occidentale (Kotel)

VISITA IN ISRAELE DI UN POLITICO ITALIANO

Camera dei Deputati On. le Alessandro Pagano

VIVERE AL CONFINE DI GAZA LA MIA CRONACA DI 3 GIORNI VISSUTI LA' DOVE L'OCCIDENTE RISCHIA DI PERDERE LA LIBERTA'
Sono stato in Israele per 3 giorni, al confine con la Striscia di Gaza, in missione come osservatore per conto del PDL e assieme ad uno stimato collega del PD, l'On. Gianni Vernetti.Vi voglio raccontare le mie impressioni, le mie emozioni e il mio stato d'animo per farvi capire che cosa si prova a visitare i luoghi dove in questo momento gli occhi del mondo sono puntati.La guerra, come sapete, per il momento è finita. Israele unilateralmente ha offerto la tregua e si è ritirata dai territori palestinesi dopo aver inferto una dura lezione militare ad Hamas. Una lezione che i terroristi ricorderanno a lungo, anche se difficilmente cambieranno il loro atteggiamento tant'è che, appena è iniziata la tregua, hanno gambizzato, cavato gli occhi, torturato e ucciso molti palestinesi moderati perchè colpevoli di ricercare la pace con Israele.
Ma torniamo alla cronaca. Arriviamo martedì 20 gennaio ad Ashkelon, nel sud d'Israele e in albergo ci danno le istruzioni nel caso di attacco missilistico: " i rifugi sono nei piani 1, 4, 5 e 6 ma anche le scale, dicono le note, sono ben protette. Se invece si è fuori bisogna distendersi per terra con le mani a protezione della testa ". Come inizio non c'è male!Anche la visita della casa municipale di Ashkelon ricalca le prime impressioni. La stanza del Sindaco e del suo staff è in un sotterraneo disadorno in cemento armato. D'altronde in quale altro modo si potrebbe gestire un comune di 120.000 abitanti quando negli ultimi anni sono piovuti migliaia di missili in tutta l'area? Per tutti voi che leggete, sappiate che ogni volta che da Gaza viene lanciato un razzo, una sirena avverte la popolazione israeliana e da quel momento i civili hanno solo 30'' (avete letto bene, 30 secondi) per rifugiarsi nei sotterranei.I bambini ormai non vanno a scuola con regolarità da anni. Cinque scuole sono state colpite e se le vittime sono state appena una decina è solo perché i sistemi di sicurezza e protezione sono eccezionali, ma i danni economici e psicologici sono incalcolabili.Quasi nessuno però è emigrato, perché ciò significherebbe darla vinta ai terroristi. Questa è gente con gli attributi, ma il prezzo pagato è stato altissimo. A Sderot (3 km da Gaza city) su 6500 abitanti, quasi 5000 sono stati in cura dagli psicologi.
E chi si sorprende di questa notizia, provi ad immaginare sulla propria pelle cosa significhi passare anni e anni con le sirene che suonano, e migliaia di Qassam che ti scoppiano a due passi da te distruggendo case e affetti. Eppure quanto amore ho colto nel popolo Israeliano! Per strada la gente ti sorride, non ha perso l'ottimismo, nè la speranza per un futuro migliore.Nella ridente città di Beer-Sheva ho visitato l'ospedale Soroka, uno fra i più belli ed efficienti che abbia mai visto in vita mia; ho visto centinaia di arabi (palestinesi e beduini) utilizzare la struttura con una naturalezza sorprendente. La professionalità e l'amore che medici e infermieri israeliani davano loro è da esempio per tanti nostri operatori sanitari che invece la parola Amore l'hanno cancellata dal loro vocabolario. Nessun sentimento diverso dalla solidarietà più autentica e generosa ho visto in loro.In un altro incontro facciamo visita ad un Moshav (fattoria autogestita, ndr) nella regione del Negev, in pieno deserto e a pochissimi chilometri da Gaza. Vi operano 50 volontari, tutti sotto i 25 anni, che lavorano ad un progetto denominato Ayalim e da loro stessi concepito. Il progetto, mira a popolare il deserto trasformandolo in terre fertili e città ricche. Contemporaneamente gli stessi giovani, che sono le classi dirigenti future, si stanno forgiando, non solo studiando ma anche coltivando in loro stessi un alto senso di responsabilità. Pensateci un attimo! Esattamente il modello pedagogico opposto a quello italiano, che invece da anni ha smesso di investire sulle aree deboli del nostro Paese e che sta allevando una generazione futura che qualcuno ha già definito di bamboccioniChiudiamo giovedì incontrando il Presidente della Repubblica Israeliana Shimon Peres, alla presenza dell'ambasciatore italiano in Israele Luigi Mattiolo, dell'ex ambasciatore israeliano in Italia, il mitico Avi Pazner e dei rappresentanti della comunità ebraica italiana. Ho l'onore e il privilegio di parlare in nome e per conto del gruppo PDL della Camera. Nel mio breve discorso ricordo che nessuno può rinunciare alla difesa degli inermi, men che meno le Pubbliche Autorità che della protezione dei propri popoli e dei deboli trovano la loro ragion d'essere, ciò anche se questo può, con dolore, costare l'uso delle armi. La legittima difesa, fondata sulla verità e sulla giustizia infatti, è un diritto inviolabile e inalienabile. Concludo il mio discorso ringraziando il Presidente per quanto sta facendo Israele per la libertà del mondo; senza di loro oggi il terrorismo internazionale avrebbe invaso l'Occidente.Il Presidente Shimon Perez ci risponde con un discorso tanto intenso quanto commovente: "Molti, nel mondo, non capiscono le ragioni di Israele, ma Israele non capisce perchè questi molti non comprendano. Cosa vuole Hamas? Cosa propone? Quindicimila coloni israeliani - spiega,- si ritirarono unilateralmente dalla Striscia di Gaza nel 2005. Lasciarono Gaza per decisione di Israele. Furono investiti miliardi dalla comunità internazionale. La Striscia era libera, così come i suoi valichi. Io stesso ho pensato che fosse una cosa giusta. E cosa e' successo dopo? E' stato costruito un sistema sotterraneo dove far passare le armi. Hamas e' giunta a lanciare missili contro di noi." Il Presidente ha continuato ricordando la presenza nefasta dell'Iran, che vuole controllare il Medio Oriente per mezzo delle " sue succursali terroristiche " Hamas ed Hezbollah. Sul conflitto ha sottolineato poi le modalità usate: gli avvisi dell'esercito israeliano ai civili mediante telefonate e biglietti. Le precauzioni per evitare quante più vittime possibili tra i civili. Il tutto esattamente al contrario di Hamas che invece i bambini e le donne li ha usati come scudi umani. "Abbiamo atteso - ha aggiunto Peres - ben otto anni prima di reagire ". E ha concluso il suo discorso ricordando la posizione dei Paesi arabi moderati, come l'Egitto, che ha condannato Hamas riconoscendo le sacrosante ragioni di Israele.Delle sue parole capisco la grandezza di questo popolo e la sua capacità di resistere alle difficoltà, anche le più inaudite.Sulla strada del ritorno penso a tutto quello che ho visto e capisco che l'Occidente non deve cedere, che deve continuare a difendere le proprie radici, la propria storia, la propria identità e la propria libertà. Penso che anche se in Italia le difficoltà che stiamo vivendo sono notevoli, Israele ci sta insegnando, giorno dopo giorno, che tutto si può superare se i grandi ideali sono la ragione della propria vita, sia essa individuale, sia essa come popolo.
.....E alla fine penso che i miracoli di cambiare le cose si possono realizzare. Mi aiuta in questo mio pensiero, Ben Gurion che fu il Padre fondatore dello Stato di Israele: "Un popolo che non crede nei miracoli, non è un popolo realistico! " Alessandro Pagano

Comitato degli Italiani Residenti all'Estero (Comites) Israele www.comites.org.il info@comites.org.il mercoledì 04/02/2009

martedì 3 febbraio 2009

Gerusalemme - spianata moschee

Intervento nella sessione su Gaza dell'Assemblea del Consiglio d'Europa

ON. Fiamma Nirenstein,componente della Delegazione Italiana presso il Consiglio d'Europa (Strasburgo) (Discorso consegnato agli atti dell'Assemblea)
La commozione, la pietas che naturalmente suscitano morti e feriti, non possono e non devono essere usati come una cortina dietro cui si nasconde la ragione e si oblitera la coscienza. Così, invece, salvo rari casi, e, avvenuto nel nostro dibattito.Data la necessità di essere brevi mi esprimerò per punti, affermando prioritariamente che gli aiuti umanitari devono essere potenziati e veicolati nelle mani giuste, come del resto sta cercando di fare il governo italiano.1. Chiunque sottovaluti la disumana condizione in cui hanno vissuto centinaia di migliaia di abitanti della zona israeliana circumvicina a Gaza per otto anni, non consoce la situazione, purtroppo spesso ignorata dai media. Solo la solidarietà e la forza d’animo ha permesso a quegli uomini, donne, bambini, anziani di seguitare a vivere sotto bombardamenti continui. Morti e feriti il cui numero è stato limitato solo dalla estrema vigilanza verso la popolazione civili, case e beni distrutti, scuole e strutture pubbliche chiuse, continue sirene... Noi, come Consiglio d’Europa, e quindi guardiani dei diritti umani, avremmo dovuto essere là da anni a difendere la violazione di tutti i basilari diritti degli israeliani a causa dei bombardamenti, come avremmo dovuto essere là nella stessa funzione quando gli attentati dei terroristi suicidi, nella maggior parte di Hamas, hanno fatto più di mille morti, sugli bus, nei supermarket, nei caffè.2. La guerra di Gaza non è parte del conflitto israeliano palestinese ma dell’attacco dell’islamismo estremista che non cerca nessuna soluzione concordata, ma la distruzione dello Stato degli ebrei. Hamas ha rifiutato il rinnovo della tregua e, nella notte del 24 dicembre, ha colpito Sderot e Ashkelon con 100 missili. Intanto, il primo ministro Olmert pregava dalla tv Al Arabja la gente di Gaza perché accettassero la tregua. Ma, recita lo Statuto di Hamas, che la sua battaglia proseguirà “fino all’uccisione dell’ultimo ebreo” (non israeliano, notare). L’Iran è stato determinante nel fare di Hamas una pedina strategica volta a perseguire l'egemonia dell’islam fondamentalista sul Mediorente, una forza antagonista rispetto a tutti i Paesi moderati sunniti dell'area, primo fra tutti l’Egitto; e, soprattutto, una forza invisa ai suoi stessi fratelli palestinesi laici, che ha torturato e perseguitato. Essi oggi, nella forma politica del Fatah, guidato da Abu Mazen, sono l’unico interlocutore per un processo di pace, e certo non lo è Hamas, terrorista e islamista. Hamas, sorta nel 1987, inoltre non è affatto il rappresentante legittimo di Gaza perché, benché vittorioso alle elezioni del 2006, ha subito impugnato le armi, ha cacciato Fatah e si è impossessato col fuoco del potere assoluto che esercita con estrema crudeltà e fanatismo, perseguitando i dissidenti fino all’uccisione extragiudiziaria e alla tortura.3. Gaza non è affatto occupata, il tema dell’occupazione israeliana è stato qui sventolato del tutto strumentalmente, è stata sgomberata fino all’ultimo israeliano nell'agosto 2005, è stata lasciata ricca di strutture, infrastrutture e aiuti e anche aperta ai varchi secondo regole internazionali. La folle determinazione di Hamas a perseguire scopi terroristici, ha distrutto le sue possibilità economiche e civili. Hamas sacrifica e distrugge i suoi cittadini.4. Il fatto che in guerra a Gaza ci sia stato un alto numero di morti e che invece gli israeliani ne abbiano avuti pochi è legato a una tragica realtà: Hamas, come si legge in molti reportages, ha usato massicciamente scudi umani, famiglie, bambini, strutture pubbliche, come moschee e ospedali, per coprire guerriglieri e depositi di esplosivo e armi. La sua leadership è rimasta nascosta negli ospedali, le sue ambulanze sono state usate per trasportare i guerriglieri, le sedi ONU come copertura di postazioni belliche. Israele, per contro, ha quasi ossessivamente protetto la sua popolazione con aiuto militare e civile in gran parte volontario, non lasciando mai indietro un vecchio o un bambino.5. Israele ha certamente, dopo l’ingresso di terra dell’esercito, usato metodi severi per evitare perdite fra i militari, a differenza di quello che fece nel Libano del Sud. Tuttavia le accuse di aver sparato deliberatamente contro la popolazione civile appaiono fantasiose e criminalizzanti anche alla luce delle pubbliche dichiarazioni dei politici israeliani che ribadiscono regole ferree di rispetto per i civili. Per quanto riguarda il numero dei morti, anche in questo caso, nonostante i precedenti di Jenin e Qana, viene data per buona solo la versione palestinese, che peraltro comincia a presentare dati discordanti.Qui ci preme ricordare che Hamas invece ha sparato per anni deliberatamente contro la popolazione civile israeliana, dischiarandolo senza vergogna.6. L’aiuto che possiamo dare noi, è cercare di essere in sintonia con una verità meno fantastica e più reale, individuando il problema nella sua dimensione regionale e cercando di riportare la questione israelo-palestinese ai suoi interessi reali, che non sono certo quelli della jihad islamica praticata con l’aiuto dell’Iran; bisogna aiutare il popolo palestinese disponibile a una stabilizzazione politica, ovvero quello che fa capo alla leadership di Abu Mazen, a costruire le proprie istituzioni, a divenire un interlocutore economico, civile, politico per tutto il mondo democratico. “Nation building” deve essere la nostra parola d’ordine, e questo comporta interventi nel campo della cultura, dell'economia, del diritto... Tutte cose che riguardano il Consiglio d’Europa molto più della criminalizzazione, che in troppi interventi ho sentito, quando si è definito Israele come un criminale di guerra. E’ del tutto evidente che Hamas si è macchiato di violazioni essenziali che vanno dall’uso degli scudi umani alla scelta dei civili come obiettivi di guerra. Concludo ricordando un ventenne che è nelle mani di Hamas da quasi tre anni, Ghilad Shalit, di cui i genitori non hanno alcuna notizia e invito il Consiglio d'Europa a dimostrare un interesse e un coinvolgimento diretto nel suo caso.Sul sito il dibattito integrale svoltosi in Assemblea sui fatti di Gaza (in inglese)