sabato 4 febbraio 2012
venerdì 3 febbraio 2012
Incoraggiare israeliani e palestinesi a “re-impegnarsi” per far progredire il processo di pace è uno degli obiettivi dichiarati della visita, questa settimana in Medio Oriente, del Segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon.Tuttavia, da quando il mese scorso ad Amman sono riprese fra le due parti delle trattative di “basso profilo”, è tornata a galla tutta una serie di importanti ostacoli che minacciano di far finire in un vicolo cieco anche questa tornata di colloqui. Perché la sua missione abbia successo, è importante che il segretario generale dell’Onu capisca che, nonostante due decenni di negoziati, vi sono ancora grandi gap da colmare.Un buon esempio è il concetto di “blocchi di insediamenti”. Per gli israeliani, per le amministrazioni americane almeno dai tempi di Clinton e per diversi paesi europei, tra cui Germania e Francia, l’idea che Israele debba ritirarsi esattamente sulle linee armistiziali del 1949, e che Giudea e Samaria (Cisgiordania), culla della storia ebraica, debbano essere “ripulite” fino all’ultimo israeliano, non è una posizione accettabile. I parametri di Clinton del 2000, la lettera del 2004 dell’allora presidente George W. Bush (approvata da entrambe le camere del Congresso americano), i negoziati condotti dall’allora primo ministro israeliano Ehud Olmert nel 2008 si basavano tutti sul principio che, in qualunque futura soluzione a due stati, Israele avrebbe mantenuto i principali blocchi di insediamenti. Un ampio ventaglio di politici israeliani, da Yossi Sarid e Yossi Beilin sulla sinistra, ad Ariel Sharon e Ehud Olmert nel centro-destra, hanno messo in chiaro che blocchi come Ma’aleh Adumim sarebbero rimasti parte di Israele nel quadro di qualunque futuro accordo di pace. Per i palestinesi, invece, i blocchi di insediamenti non sono affatto “scontati”. La cosa è apparsa evidente nei cosiddetti “Palestine Papers” fatti trapelare nel gennaio dello scorso anno dalla tv Al Jazeera: si trattava di documenti che rivelavano il contenuto dei negoziati condotti nel 2008 fra alti rappresentanti d'Israele e dell’Autorità Palestinese. Da essi è emerso chiaramente che il concetto, presente persino negli accordi ufficiosi di Ginevra, che Israele debba mantenere i blocchi di insediamenti veniva respinto senza mezzi termini dalla parte palestinese, quantunque sembrassero disposti a concedere a Israele qualche quartiere ebraico nella parte est di Gerusalemme. La scorsa settimana i palestinesi hanno ribadito la loro posizione contro i blocchi di insediamenti.Non basta. Ban Ki-moon deve anche capire la centralità delle misure di sicurezza. Alla luce della cosiddetta “primavera araba”, Israele è più preoccupato che mai che un futuro stato palestinese in Cisgiordania possa finire sotto il controllo di Hamas, affiliata alla risorgente Fratellanza Musulmana: qualcosa di simile a quanto è accaduto nella striscia di Gaza dopo che Israele, con una dolorosa scelta volta a porre fine all’“occupazione”, vi aveva unilateralmente ritirato tutte le sue forze armate, sgomberato tutti i civili israeliani e smantellato tutti gli insediamenti. Ecco perché, dal punto di vista israeliano, sono essenziali una significativa presenza delle Forze di Difesa israeliane nella Valle del Giordano, e il fatto che il futuro stato palestinese sia smilitarizzato. Purtroppo il presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) ha ripetutamente dichiarato che non intende permettere ad alcun soldato israeliano di rimanere nell’area del futuro stato palestinese, pur non escludendo del tutto l’eventuale presenza di una forza internazionale di peacekeeping. Ma le forze internazionali di peacekeeping sono notoriamente inefficaci e inaffidabili: basti l’esempio dell’incapacità dell’Unifil di impedire un massiccio riarmo di Hezbollah dopo la seconda guerra in Libano del 2006, come era invece previsto dalla risoluzione Onu 1701.Un altro ostacolo alla pace che Ban Ki-moon dovrebbe tenere in considerazione è l'immarcescibile glorificazione che fa l’Autorità Palestinese di scellerati terroristi dediti al deliberato assassinio di civili israeliani. L’esempio più recente, e più scioccante, documentato da Palestinian Media Watch, è una trasmissione della tv ufficiale dell’Autorità Palestinese in cui sono stati decantati come “eroi” i terroristi che hanno assassinato con le loro mani Udi e Ruth Fogel e i loro tre bambini Yoav di 11 anni, Elad di 4 anni e Hadas di pochi mesi. Solo una settimana prima di quella trasmissione, il mufti dell’Autorità Palestinese, Mohammed Hussein, citava pubblicamente (diffuso dalla tv) un testo islamico che incita all’assassinio di tutti gli ebrei. E un mese prima, lo stesso Abu Mazen, in visita in Turchia, si era fatto fotografare mentre ossequioso incontrava alcuni dei terroristi rilasciati da Israele nel quadro del ricatto per la liberazione dell’ostaggio Gilad Shalit, compresa Amana Muna, una delle più odiose assassine, colei che nel 2001 sequestrò e uccise il 16enne israeliano Ofir Rahum dopo averlo attirato in trappola con le sue profferte sessuali via internet.Nel frattempo Fatah, il movimento che controlla l’Autorità Palestinese in Cisgiordania, continua a portare avanti il processo per la formazione di un governo di unità nazionale con Hamas, un’organizzazione terrorista dichiaratamente antisemita e che invoca la distruzione di Israele.Ban Ki-moon deve affrontare molte sfide nel lanciare il suo tentativo di “re-impegnare” israeliani e palestinesi, e non abbiamo nemmeno menzionato la questione dei “profughi” palestinesi e del cosiddetto “diritto al ritorno”. Dunque, mentre accogliamo con favore il Segretario generale dell’Onu e i suoi sforzi e gli auguriamo buona fortuna, non possiamo fare a meno di dirci pessimisti circa le sue reali prospettive di successo.(Da: Jerusalem Post, 31.1.12) http://www.israele.net/
Ad Herzliya, in Israele, sorge una villa di lusso di nuova costruzione che si presenta allo sguardo con ottime credenziali per suscitare un forte interesse da parte di chi può permettersi lo sfizio.Questa dimora con sette camere da letto è un’inno allo stile contemporaneo, di cui segue l’impronta filosofica sia sul piano architettonico che dell’allestimento.Una qualità senza compromessi è il filo conduttore della tela, ricca e preziosa, con caratteristiche costruttive degne di note. Ogni elemento sembra pronto a catturare l’attenzione, in un continuo gioco di seduzioni. Bella da vivere e da ammirare, viene proposta a 9 milioni di dollari.http://www.deluxeblog.it/
American Eagle Outfitters si espande in Israele con Fox-Wizel
American Eagle Outfitters, Inc. aprirà il suo primo negozio in Israele oggi, giovedì 2 febbraio, all'interno del centro commerciale Ramat Aviv a Tel Aviv. Ulteriori 10 store sono previsti nel prossimo mese, in luoghi come il Big Mall a Petach Tikva, il Kiryat Ono Mall, e il Mall di Haifa. La catena in franchising sarà gestita da Fox-Wizel Ltd., uno dei principali rivenditori e distributori presenti sul territorio.Il marchio americano ha ampliato la sua presenza internazionale in particolare negli ultimi tre anni, ed ora conta 21 punti vendita in franchising in 10 Paesi come Russia, Cina, Hong Kong e Medio Oriente. I primi negozi in Giappone sono in programma per i prossimi mesi.http://fuoridalghetto.blogosfere.it
La Sol Project 7 Ltd. che appartiene alla Solaer Israel (rappresentante locale della Solaer spagnola) ha vinto in data 30/1/2012 l’appalto del comune di Ramat Hovav per realizzare il progetto solare piu’ grande del paese. Il costo stimato del progetto ammonta a 400 milioni di NISH (circa 80 milioni di Euro). Ramat Hovav è una zona industriale, situata nel sud del Paese, in cui operano le principali industrie chimiche.Gli impianti solari (fotovoltaici) saranno costruiti su una superficie di circa 500 dunami (pari a 500.000 mq), dove erano posizionati in passato stagni di evaporazione per lo smaltimento dei rifiuti delle industrie chimiche della zona. La costruzione degli impianti dovrebbe durare un anno e mezzo ed al termine del progetto si stima che l’impianti produrranno circa 30 MW per un periodo di 22 anni. I profitti della produzione di elettricità saranno utilizzati per investimenti ambientali e per la ricostruzione dei restanti stagni di evaporazione nella zona.http://www.focusmo.it
La Malesia “apre” a Israele. Ma i musulmani non ci stanno
Razzo palestinese contro Israele, Ban Ki Moon in visita
(TMNews) - Un razzo sparato dalla striscia di Gaza ha colpito il territorio di Israele, senza provocare danni o vittime. Il missile "è finito su uno dei kibbutz, vicino al confine. E' atterrato su un'area aperta e non si registrano danni o vittime", ha spiegato il portavoce della polizia israeliana, Micky Rosenfeld.Il tiro del razzo avviene tuttavia mentre il segretario delle Nazioni Unite, Ban Ki Moon, è in visita in Israele e nei territori Palestinesi. Giovedì il numero uno di Palazzo di Vetro è a Gaza.
Mo: Israele, grandi cuochi del mondo firmano 'cena di pace'
Almeno in cucina, fratellanza israelo-palestinese
(ANSAmed) - TEL AVIV, 1 FEB - Hanno disertato per alcuni giorni le rispettive cucine nella Casa Bianca, all'Eliseo, al Cremlino e nel Bundestag alcuni grandissimi chef, convenuti oggi a Tel Aviv per realizzare - assieme con colleghi israeliani e palestinesi - una straordinaria 'Cena di Pace'. I proventi della stimolante iniziativa - elaborata dal 'Club des Chefs des Chefs' (Ccc), che comprende 26 cuochi di rinomanza internazionale - saranno devoluti ad una serie di programmi educativi del Centro Peres per la Pace. A ciascun cuoco è stato richiesto di preparare un piatto tipico del Paese di provenienza. Gli organizzatori hanno chiesto loro di astenersi dal proporre piatti di carne e tutti hanno dovuto rispettare i limiti imposti dalla ortodossia ebraica. Durante il loro soggiorno, i cuochi dei Grandi della Terra visiteranno poi località israeliane e palestinesi, per incontrare i maestri locali di gastronomia. In una conferenza stampa, gli organizzatori hanno sostenuto che la gastronomia può appunto essere strumento di comprensione e una volta che i convitati sono seduti assieme allo stesso tavolo molte barriere vengono rimosse
Di Paul Hirschson http://www.israele.net
Nell’ipotesi che un accordo fra Israele e palestinesi comprenderà la fondazione di uno stato arabo palestinese, è ovvio che la demarcazione del confine fra Israele e il nascituro stato palestinese è cruciale per il raggiungimento dell’accordo. Un logico corollario è che ciò avrà un significativo impatto sugli insediamenti israeliani nel territorio in discussione, cioè in Cisgiordania. La striscia di Gaza, sgomberata da Israele sin dal 2005, non è più oggetto di discussione: essa farà interamente parte del futuro stato palestinese.Non è mai esistita un’entità sovrana in Cisgiordania. Israele la conquistò alla Giordania, che l’aveva occupata nel 1948 dopo la fine dell’amministrazione britannica su tutta l'area. Stiamo dunque parlando dell’assegnazione di sovranità a una “terra nullius”, una terra senza nessuna attribuzione di sovranità.Se è vero che i palestinesi hanno legittime rivendicazioni, è altrettanto vero che ne ha anche Israele. Israele naturalmente può scegliere di non avanzare le proprie rivendicazioni, di sospendere i propri diritti o di cederne alcuni: tutte opzioni che ricadono fra i diritti di chi avanza rivendicazioni. Dal momento che Israele ha adottato la politica della creazione di uno stato palestinese, questo sembra essere effettivamente lo scenario più probabile. Il che tuttavia non annulla le legittime rivendicazioni d’Israele, tant’è vero che alcune porzioni della Cisgiordania verranno indubbiamente incorporate nello Stato di Israele.Stando a quanto vanno dicendo sia in pubblico sia nei cosiddetti “Palestine Papers” fatti trapelare dalla tv Al Jazeera, i palestinesi sembrano accettare questo dato di fatto (sebbene sia legittimo dubitare di tale ipotesi se si presta ascolta a ciò che dice in proposito Hamas).La comunità internazionale, sotto gli auspici del Quartetto (Usa, Ue, Russia e Onu), ha invitato Israele e palestinesi a formulare delle proposte riguardo a confini e sicurezza. Non a caso questi due temi compaiono appaiati: al di là delle legittime rivendicazioni territoriali d’Israele, e forse al di sopra di esse, c’è la questione della sicurezza di Israele. Le Nazioni Unite e tutti i soggetti responsabili hanno inscritto nella loro politica le legittime preoccupazioni d’Israele. La risoluzione 242 del Consiglio di Sicurezza prevede esplicitamente “confini sicuri”, e a proposito del ritiro israeliano vi è intenzionalmente scritto “da” e non “dai” territori.Date queste circostanze, non si può che restare sconcertati dalla soverchiante attenzione che viene data agli insediamenti israeliani in Cisgiordania, certamente rilevanti per l’attribuzione di sovranità su quel territorio, mentre la tutela delle esigenze di sicurezza di Israele viene dibattuta così poco e in modo così approssimativo e senza convinzione.A cosa si deve un approccio così squilibrato, soprattutto a fronte della politica dichiarata e attuata da Israele riguardo agli insediamenti? Nelle elezioni all'inizio del 2009 il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu affermò che non aveva autorizzato nessun nuovo insediamento in Cisgiordania durante il suo precedente mandato e che non aveva intenzione di autorizzarne durante il successivo. Alla fine del 2009, nel tentativo di spronare i palestinesi a tornare al tavolo negoziale Netanyahu deliberò una moratoria di dieci mesi sulle attività edilizie negli insediamenti in tutta la Cisgiordania. Dopo che questa misura non sortì l’effetto di rilanciare i negoziati, Israele, pur riprendendo le attività edilizie (che mai prima d’allora erano state d’ostacolo alle trattative), si impegnò affinché esse non influissero sul processo di pace: le attività edilizie vennero limitate all’interno degli insediamenti (già esistenti) che saranno in ogni caso incorporati nello Stato di Israele.La comunità internazionale, che giustamente cerca di riconciliare le due parti, non fa un favore a nessuno quando asseconda o addirittura – secondo alcuni – incoraggia un travisamento dei fatti circa le attività edilizie negli insediamenti israeliani in Cisgiordania.Ricapitoliamo i fatti: un impegno a non creare nuovi insediamenti; l’imposizione di limiti alle attività edilizie all’interno di quelli già esistenti; una moratoria temporanea (di quasi un anno) di tutte le attività edilizie ebraiche in Cisgiordania; la ripresa delle attività edilizie limitatamente agli insediamenti che tutti sanno che verranno incorporati nello stato d’Israele, lasciando il resto ai negoziati; la cancellazione degli incentivi fiscali che incoraggiavano la gente a trasferirsi in Cisgiordania.L’unica spiegazione del modo in cui viene travisata la politica d’Israele sugli insediamenti in Cisgiordania, eccetto forse per coloro che mirano a perpetuare il conflitto, è quell’atteggiamento di cui ci ha parlato un giornalista della stampa estera spiegando che loro lo indicano simpaticamente con la frase: “Non stare a pensare, dai tutta la colpa a Israele”.(Da: Jerusalem Post, 26.1.12)
Ingredienti: 500 gr di merluzzo o nasello; 1 cipolla; 1 panino; Pan grattato; 2 uova; Cannella; Chiodi di garofano; Mandorle; Sale; Pepe; Farina; Olio per friggere.Preparazione:Mettere a bagno il panino; stirzzarlobene e frullarlo con il pesce crudo, cipolla, chiodi di garofano.Aggiungere le uova, cannella, sale, un pizzico di pepe, e le madorle spezzettate.Aggiustare con il pan grattato se la consistenza del tutto è troppo molle.Fare delle polpettine, infarinarle e metterle nell’olio bollente.
Toglierle quando ben abbrustolite e porle su uno scottex per togliere l’olio in eccesso.Sullam n.87
Un altro realismo per Yehoshua
Il suo romanzo «La scena perduta»
È a due terzi del suo ultimo romanzo, per l'esattezza a pagina 209 de La scena perduta (Einaudi, pp. 372, 21, traduzione di Alessandra Shomroni) che Abraham B. Yehoshua si autobacchetta, o forse getta la maschera, comunque sia ingrana una marcia più «sprintosa» per correre verso il traguardo della storia. Lo scatto sta in una verità pronunciata da Amsalem, il vecchio produttore amico di Yair Moses, il regista protagonista del racconto: «Non siamo più giovani, e con le poche forze che ci rimangono dobbiamo guardare avanti, non indietro».Fino a quel punto Yehoshua, tramite il suo alter ego Moses, aveva fatto esattamente il contrario: aveva tenuto la testa girata all'indietro, indulgendo sull'esplorazione e sulla memoria della propria creazione artistica - cinematografica o letteraria poco cambia, il romanziere è regista, sceneggiatore, attore, scenografo. Aveva insomma riflettuto sul destino e sul mistero dell'arte, della propria arte.In un intreccio dove gelosia e passione, malinconia, invidia e rancori, ma anche tenerezza e un poco di suspence si mescolano per dar corpo a una trama che è principalmente percorso analitico, gli attori de La scena perduta sono alle prese con quell'azione che banalmente chiamiamo «fare bilanci», personali, professionali o, più spesso, personali e professionali insieme.Tutto ruota intorno al settantenne Yair Moses: invitato in Spagna, a Santiago di Compostela, per una retrospettiva di tre giorni a lui dedicata, si fa accompagnare da Ruth, sua attrice preferita e in qualche modo sua «compagna» dopo il divorzio dalla moglie.Quando tornano a Tel Aviv, però, la retrospettiva continua e diventa un lungo percorso alla ricerca del passaggio dalla potenza creativa iniziale, surreale, a una maturità esasperatamente realistica.Per dare un volto al mutamento - in cui si intravedono anche il cammino e il cambiamento di Israele dalla nascita a oggi - Yehoshua ricorre alle due tipologie cardine israeliane: l'ashkenazita colto, solido, frutto della generazione pionieristica che costruì lo Stato, il regista Moses appunto, e lo sceneggiatore dalla fantasia visionaria, fuori dagli schemi, Shaul Trigano, figlio delle prime immigrazioni magrebine.Misteriosamente, perennemente, sullo sfondo appare un'immagine sconvolgente e sensuale, la riproduzione della Caritas romana, raffigurazione della giovane nell'atto di allattare il padre condannato a morire di fame... una scena pensata, studiata, discussa, sofferta, urlata, mai girata, mai dimenticata.È forse lo Yehoshua più riflessivo e simbolico che si sia mai letto. Ma La scena perduta è anche la confessione (pentimento? espiazione?) della perdita avvenuta nel passaggio da genio inventivo che mina un sistema di valori, a realismo, costanza, metodo e difesa della costruzione. E l'accusa di Trigano a Moses è di non avere nemmeno capito come i primi film girati insieme volessero combattere il fanatismo religioso.Direbbero i critici letterari: il grottesco, l'onirico come dissenso sociale. Kafka torna spesso nei dialoghi, si respira qua e là nostalgia di Ionesco, di Beckett, di Camus.Poi Yehoshua getta la maschera: «Non siamo più giovani, e con le poche forze che ci rimangono dobbiamo guardare avanti, non indietro».Ed ecco, finalmente, di nuovo le atmosfere simboliche, le metafore necessarie a tener duro rispetto alla realtà quotidiana. Ecco Trigano e Moses compensarsi l'un l'altro, precipitarsi fuori dall'automobile a pochi chilometri da Gaza, gettarsi in un fossato per mettersi al riparo dai missili che piovono dal cielo. E nella notte squarciata dal bagliore dei razzi Qassam parlare di pace, della pace che ci sarà.Stefano Jesurum, http://www.corriere.it/
Mo:liberato per Shalit,di nuovo in cella
Yman Sharawneh era stato condannato a 38 anni
(ANSA) - TEL AVIV, 31 GEN - Un militante palestinese e' stato arrestato presso Hebron (Cisgiordania), tre mesi dopo essere stato rilasciato da un carcere israeliano nell'ambito dello scambio di prigionieri che ha garantito la liberazione del caporale Ghilad Shalit. Ayman Sharawneh era stato condannato a 38 anni per attivita' legate alla intifada armata e aveva riottenuto la liberta' grazie all'intesa raggiunta - con la mediazione di Egitto,Germania - in Israele. La notizia non ha ancora conferma ufficiale in Israele.
Israele: omicidio leader cristiano a Jaffa, dovuto a disputa su proprieta'
Israele; stampa, intelligence non segue tv palestinese
(ANSAmed) - TEL AVIV, 31 GEN - Quando il premier Benyamin Netanyahu e il ministro degli esteri Avigdor Lieberman si lamentano della 'incitazione anti-israeliana' dei mezzi di comunicazione palestinesi si basano non tanto su rapporti elaborati dai ricercatori dell'intelligence militare quanto - in misura crescente - sui dispacci di una Ong nazionalista ebraica, 'Palestinian Media Watch' (Pmw). Queste affermazioni, pubblicate oggi con grande evidenza dal quotidiano Haaretz, sono state tuttavie smentite dal portavoce militare.All'origine dell'interessamento del giornale vi e' stato un recente scambio di accuse fra Israele e Anp per la divulgazione da parte della Tv palestinese di un acceso sermone pronunciato dal Mufti di Gerusalemme, sceicco Muhammad Hussein, da cui poteva trasparire una esortazione alla uccisione indistinta di ebrei: accusa peraltro respinta dal diretto interessato.Haaretz ha constatato che anche in recenti episodi analoghi (ad esempio nelle polemiche per l'incontro in Turchia fra il presidente Abu Mazen ed una palestinese condannata da Israele per attivita' terroristica) dietro alle dichiarazioni dei dirigenti di Israele c'erano dispacci distribuiti dalla Pmw o dal sito Memri di monitoraggio dei mass media arabi. Con grande stupore Haaretz ha appreso che l'intelligence militare non sembra disporre piu' delle risorse necessarie per seguire i programmi della Tv palestinese (o anche di emittenti di grande rilevanza quali al-Jazira ed al-Manar, la tv degli Hezbollah), avendo privilegiato l'anno scorso necessita' piu' impellenti. Fra queste: il monitoraggio di reti sociali, blog e forum nei Paesi arabi investiti dalle proteste sociali.Il portavoce militare ha tuttavia negato la fondatezza delle critiche mosse dal giornale. Da parte sua l'ufficio di Netanyahu ha precisato che, anche quando i dispacci di Pmw attirano la attenzione del premier, il loro contenuto viene sempre vagliato prima di essere evocato dai dirigenti del Paese.
Israele, ottimi dati economici e culturali. Il segreto delle nazioni
Straordinari dati economici e culturali di Israele. Gli investimenti in venture capital sono 80 volte quelli cinesi. Il 45% della popolazione è laureato, contro il 15% in Italia. Cina: 600.000 nuovi ingegneri ogni anno. Il segreto di altre nazioni.
Esce anche in Italia un libro sconvolgente (ma non troppo, per chi segue senza prevenzioni la storia degli israeliani).Si tratta di Start up Nation, di Dan Senor e Saul Singer, ora pubblicato da Mondadori.Israele segue le stesse policy di espansionismo economico all'estero di Turchia, Cina e Stati Uniti. Ma non si pensi che ciò sia limitato alla "repressione" dei palestinesi. Nell'economia israeliana contano molto di più gli accordi strategici con Cipro per lo sfruttamento dei fondali del bacino del Mediterraneo sudorientale, ricchi di gas e petrolio.Inoltre Israele -come fa in parte l'India, ma con una parte limitata delle sue caste, puntando sulla Information Technology- ha puntato sull'oro dei popoli: la cultura.La cultura, la competenza, il sapere sono un fattore di ricchezza straordinario, per Paesi che non hanno petrolio né gas.1- La Cina sforna oltre 600.000 ingegneri all'anno. La gran parte dei dirigenti della Banca centrale cinese è formata da ingegneri. La Cina è un engineer State.2- L'Italia è stata una grande potenza scientifica finché ha mantenuto elevato lo standard dell'insegnamento del latino nelle scuole pubbliche. Il latino è la materia scientifica per eccellenza.3- In ogni casa del Sud Corea si studia il Talmud ebraico. Circa 50 milioni di persone vivono in Corea del Sud, dove tutti imparano Ghemara (il Talmud) a scuola. Tutte le famiglie ne hanno una copia in coreano, non per fede, ma perché il sistema-Paese ha ragionato e ha valutato che il Talmud rende più intelligenti.4- Lo stesso succede(va?) nelle nazioni protestanti, dove ogni bambino a dieci anni conosceva perfettamente la Bibbia (e ne comprendeva il difficile lessico, la retorica, gli stilemi, il simbolismo etc.). E' lo stesso nelle nazioni coraniche, dove il limite però consiste nel fatto che il Corano viene imparato a memoria (tranne in alcune scuole coraniche), e dove di conseguenza non c'è discussione, non c'è confutazione, elementi fondamentali per il ragionare-concatenare-dedurre di Sherlock Holmes. Anche il cattolico segue troppo spesso una formazione da rosario e non esegetica sui testi biblici e -di conseguenza- sugli altri testi, dalla scuola ai saggi all'interpretazione di film o eventi politici.Alcuni dati:Israele ha più alta densità di start-up al mondo (una ogni 1.844 cittadini). Israele ha investimenti in venture capital (=investimenti in imprese non quotate in Borsa ad alto potenziale di sviluppo -ma con rischio di'impresa) che nel 2008 erano più del doppio degli Stati Uniti, 30 volte più dell'Europa, 80 volte più degli investimenti in Cina. A proposito di IT: Israele è seconda solo agli USA per numero di imprese quotate al Nasdaq, e da sola supera tutte le imprese dell'intera Europa (Europa= Età della Pietra, grazie alla burocrazia). Merito di liberalizzazioni serie. Di una riforma delle banche.Merito del capitale umano nazionale: il 45% della popolazione è laureato, contro il 15% dell'Italia.http://lapulcedivoltaire.blogosfere.it/
Israele, Netanyahu è il candidato alle prossime elezioni
Il premier israeliano Benjamin Netanyahu esce vittorioso dalle primarie del Likud, il partito della destra israeliana, oggi al governo. Netanyahu ha fatto registrare un netto distacco dal suo unico avversario, Moshé Feiglin, esponente dell'ala più oltranzista del partito, sostenuto dalla lobby dei coloni, che comunque ha incassato almeno un quarto delle preferenze espresse."Vi ringrazio per la fiducia e il sostegno che mi avete dato", ha commentato Netanyahu da Tel Aviv, ancor prima della pubblicazione ufficiale dei risultati. "Oggi ha vinto il vero Likud. Abbiamo dimostrato che la nostra forza è la nostra unità.Continueremo a guidare il paese in modo responsabile, per l'istruzione, l'economia, la sicurezza, per il bene di tutti gli israeliani", ha affermato il premier.Secondo la radio pubblica israeliana, Netanyahu avrebbe ottenuto il 75% dei voti, mentre puntava a superare l'80%. Il 25% è andato a Feigl.http://affaritaliani.libero.it/
Come hanno reagito i milioni di ebrei coinvolti nel tragico vortice della persecuzione di annientamento totale di un Popolo, che da secoli aveva superato le pur drammatiche prove della vicenda di Israele, sorretto da una fede tramandata dai Padri lungo le generazioni? Nell'inferno dei ghetti e dei campi di sterminio, molti si cimentarono, anche nei momenti estremi, con i dilemmi più profondi della loro condizione, in una disperazione senza speranza, pur in momenti di fedeltà alla Tradizione, fosse la celebrazione, sia pure al minimo, di une festività, o la recita di tefillot prima della marcia verso le camere della morte. Rabbini e dotti sopravvissuti hanno raccolto responsi allucinanti per noi posteri di una o due generazioni. Ancora più rilevante è l'approccio "teologico"da parte di Maestri che hanno osato affrontare il lancinante interrogativo del perché la Shoah ebbe luogo, con risposte per molti shoccanti, espressione di radicali convincimenti, spesso opposti. Rabbini ultraortodossi, oltre il considerare l'immane massacro come un ennesimo capitolo del millenario martirio di Israele tra i popoli, hanno considerato l'eclisse di D-O quale castigo per le trasgressioni nei confronti dell'osservanza della Legge divina, per la “laicizzazione" della nostra vita, in conseguenza dell’emancipazione, e, i più estremisti, per la "sfida" del Sionismo, profano ai disegni del Creatore, precedendo con strumenti umani la concretizzazione della Gheullah, della Redenzione, anticipando l'età messianica. Al lato opposto, il rav Zevi Yehudah Kookz. z.l., il Padre spirituale del Sionismo messianico, ha considerato la Shoah come operazione dolorosissima, ma necessaria per guarire il Popolo dalle scorie della Golah, per purificarlo dal fango della dispersione, verso la salita materiale e spirituale a Sion. Ma altri, non meno insigni per livello intellettuale e spirituale, ci hanno insegnato che non possiamo penetrare i disegni del Cielo, i motivi di un Silenzio trascendente la nostra comprensione umana. Un appello al raccoglimento, alla riflessione, all'impegno di superare con il nostro operato le scorie del passato, testimoniando giorno per giorno la Memoria dei sei e più milioni di fratelli che hanno santificato il Nome. Come chi scrive ha percepito anni addietro, sulla rampa di Auschwitz, recitando il Kadish per i suoi Cari, che hanno santificato il Nome, uniti a miriadi di fratelli, in quel luogo maledetto e negli altri lager dell'Europa. Reuven Ravenna, http://www.moked.it/
Ci sono giornalisti che con un atteggiamento da scienziati del reale osservano possibilità virtuali di guerra tra Israele e Iran, Iran e America, Europa e Iran, Iran e India, Pakistan e Inghilterra, Egitto e Libia, Turchi e Curdi, Cina e Tibet, Giappone e Laos, Corea del Nord e Corea del Sud e mi pare che non ci sia rimasto altro. Quei giornali e quei giornalisti prendono il mondo, lo distendono come un corpo sulle loro scrivanie e con un distacco morbido, come se fossero amici a una scampagnata e stessero mangiando panini al burro e tartufo al tempo del circolo Pickwick, e seduti sull'erba osservassero un'esercitazione militare, dicono che l’Iran potrebbe tirare missili sull’Occidente e l’Occidente reagire in modo medio, oppure in forze, o lasciar fare, o glissare, o mediare, o andare per sanzioni, o essere contrario alle sanzioni; che l’Iran non si impegnerebbe mai in una guerra regionale, o forse lo farebbe, e l’ America potrebbe farlo come non farlo, dipende dalle condizioni meteorologiche, dalle primarie repubblicane, dal calo delle prezzo delle zucchine in Dakota, e poi l’Iran non è così pericoloso e non ce la fanno ad arrivare in Europa con quei missiletti – in privato Loro dicono così: “missiletti”, e con sussiego danno un morso a un panino al tonno e maionese, non al tartufo, quello costa, e il sussiego si arena. Questo distacco dal fatto delle case e delle città a un tratto svanite, le città svanite di altri, le vie svanite di sconosciuti, o mediamente svanite e abitate da sconosciuti medi, o minimamente svanite abitate da cani pechinesi, o potenzialmente minacciate di svanire ma non destinate a svanire, questa distanza critica, questa forbita fluidità dialettica dovrebbe essere la garanzia che Loro sanno di cosa parlano: geo-politica, capacità militari, diplomazie, economia planetaria, avvertimenti cifrati - non speculano su gente che un domani potrebbe rimanere maciullata come per una guerra tecnologicamente arretrata, fatta davvero col sangue e il ventre squarciato che duole e gli arti che si spezzano. Se un giorno quei giornali e quei giornalisti dovessero essere personalmente coinvolti da bombardamenti, raggi-laser, neutroni, missili tattici, droni, reagirebbero con analogo distacco, come se al posto dei panini tartufati mangiassero missiletti. Ecco che ora abbiamo la possibilità di vedere gli effetti di una bomba tattica di provenienza salafita, o turca, o siriana, o greca, o iraniana, o al limite americana, o bada bene russa, o russa per mano cecena, o cecena rimasta senza mani, oppure americana per mano israeliana. E abbiamo la possibilità di vedere un tale missiletto cadere sulla Loro redazione. Il fumo, una radiazione tossica di kz intelligente pervade l’aria e sa perfettamente dove andare a corrodere: sui muri e non sui volti, sulla calce e non sui vasi sanguigni, sulle strutture cibernetiche e non sui capelli. Il kz entra nelle stanze, la gente tossisce violacea e guarda scettica il buco nel soffitto e quelle travi che penzolano, a dire il vero in modo sconnesso, sporcando tutto. “Hai visto come è piccolo il buco nel tetto?”. “Sì: il materiale fissile è scadente, la grondaia è intatta, mi viene da ridere”. “Noi lo abbiamo sempre detto: l’armamento che hanno è insufficiente. Sono burini”. “E la provenienza?”. ”Bisogna vedere quali servizi hanno agito”. "Certo: potrebbero essere stati i turchi per conto degli Israeliani, Al Qaeda per fare un piacere alla Cia, il Mossad per conto del Giappone, in cambio di uno scenario diverso in Pakistan e l’Inghilterra per una Polonia libera dalle patate”. "Sì. Hai lo stomaco forato”. “Vero, ma il buco investe un’area estremamente limitata. Tu domani vai alla partita?”. “Non lo so. Lilli ha una festa all’ambasciata cinese. Piuttosto: noti per caso che materia sia quella che adesso sta uscendo da un orecchio del direttore?”. “Sì: materia grigia”. "Allora non è niente”.Il Tizio della Sera, http://www.moked.it/
Claims Conference: quale assistenza ai perseguitati nelle relazioni con le autorità tedesche
Il governo tedesco mette a disposizione nuove possibilità di risarcimento per coloro due durante la seconda guerra mondiale patirono a causa del nazismo o dei suoi alleati. A darne notizia è la Claims Conference (Conference on Jewish Material Claims Against Germany), l’organizzazione che si occupa delle richieste di risarcimento nei confronti della Germania. Potenziali beneficiari sono tutti coloro con reddito annuo inferiore a 16 mila euro, che possono provare di aver trascorso almeno sei mesi di prigionia in un campo di concentramento o di lavoro forzato (anche in Tunisia, Marocco e Algeria), o in alternativa almeno 12 mesi in un ghetto, in un nascondiglio senza accesso all’esterno o sotto falsa identità e in condizioni disumane, sia nei territori occupati dai nazisti sia in quelli dei paesi loro alleati. La Claims Conferenze fu creata a New York nel 1951 dopo che l’allora cancelliere tedesco Konrad Adenauer riconobbe i delitti perpetrati dalla Germania e si disse pronto a offrire riparazione economica (“indicibili crimini sono stati commessi nel nome del popolo tedesco, che richiedono riparazione morale e materiale (…) Il Governo federale è pronto, insieme ai rappresentanti dell’ebraismo e dello Stato d’Israele, a offrire una soluzione al problema della riparazione materiale, tentando così di agevolare il cammino verso la pacificazione spirituale dell’infinita sofferenza”). Dopo alcuni mesi di lavoro, furono firmati due protocolli fra l’organizzazione stessa, la Repubblica federale tedesca e lo Stato d’Israele, in cui la Germania si impegnò sia al risarcimento diretto delle vittime del nazismo sia a versare 450 milioni di marchi alla Claims Conferenze per aiutare i sopravvissuti a reinserirsi nella società.Da allora circa 278 mila reduci hanno ricevuto vitalizi e compensazioni di vario genere dal governo tedesco. L’articolo 2 del Trattato di unificazione della Germania firmato del 1990 ha impegnato la Repubblica federale tedesca a proseguire nel suo impegno di indennizzare le vittime della Shoah. Nel corso degli anni Claims Conference ha negoziato molte ulteriori possibilità di riparazione economica.
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mercoledì 1 febbraio 2012
Per due volte, la scorsa settimana, la televisione ufficiale dell’Autorità Palestinese ha celebrato i terroristi responsabili del massacro a sangue freddo della famiglia Fogel.Lo scorso 11 marzo, cinque membri della famiglia israeliana Fogel vennero aggrediti e uccisi nella loro casa, nella cittadina di Itamar, per mano di terroristi palestinesi appartenenti alla famiglia Awad. Nell’attentato, guidato da Hakim Awad, vennero brutalmente assassinati i genitori Ehud e Ruth e tre loro figli di 11 anni, 4 anni e 2 mesi di vita.Il programma settimanale della tv dell’Autorità Palestinese “Per voi”, dedicato ai detenuti palestinesi in carceri israeliane, ha dato voce alla madre e alla zia di uno degli assassini della famiglia Fogel, le quali hanno elogiato i terroristi come “eroi”.Benché normalmente i partecipanti al programma non usino menzionare gli specifici attentati terroristici per cui i loro congiunti scontano condanne nelle carceri israeliane, in questo caso la madre di Hakim Awad, intervenendo via telefono, ha rivendicato con orgoglio il fatto che suo figlio è colui che “ha realizzato l’operazione a Itamar ed è stato condannato a cinque ergastoli”, con chiaro riferimento alla spietata uccisione dei cinque membri della famiglia Fogel.Anche la zia di Hakim Awad è intervenuta nel programma, riferendosi ai terroristi responsabili della strage come “eroi” e definendo “un eroe, un mito” il nipote Hakim Awad. Cosa che ha spinto la conduttrice del programma della tv dell’Autorità Palestinese a chiosare: “Anche noi, da parte nostra, mandiamo loro i nostri saluti”.Hakim Awad è colui che ha personalmente ucciso con un coltello Ehud e Ruth Fogel e i loro tre piccoli figli. Gli altri membri della famiglia Awad elogiati nel programma come “eroi” si sono resi complici nell’assassinio o nel cercare di distruggere le prove.Benché si sia trattato di interventi telefonici, i curatori e la conduttrice del programma tv sapevano in anticipo che al telefono c’erano i famigliari degli assassini della famiglia Fogel. La conduttrice li ha presentati prima di iniziare la conversazione, mentre alla base dello schermo compariva la scritta: “Famigliari del prigioniero Hakim Awad / Awarta – Nablus”.
Il programma è stato trasmesso dalla tv ufficiale dell’Autorità Palestinese il 19 e il 21 gennaio 2012.Questa è la trascrizione del brano (dalla traduzione in inglese a cura di PMW):«Conduttrice tv: Abbiamo una chiamata dalla famiglia del prigioniero Hakim Awad.
Madre di Hakim Awad: Vi ringrazio per avermi collegata con mio figlio, perché a me e a tutta la famiglia viene impedito per motivi di sicurezza.Conduttrice: Va’ avanti, sorella, siamo in grado di far arrivare la vostra voce.Madre di Hakim Awad: Il mio saluto al caro Hakim, pupilla dei miei occhi, originario del villaggio di Awarta, 17 anni, che ha realizzato l'operazione di Itamar, condannato a 5 ergastoli più altri 5 anni di prigione.La zia di Hakim Awad: Sono la sorella del prigioniero Hassan Awad e di Salah Awad, [sono] Um Habib, del villaggio di Awarta. Il mio caloroso saluto a tutti i grandi eroici prigionieri, a mio fratello Hassan Awad, capo del consiglio di villaggio; a mio fratello Salah Awad, l’eroico prigioniero giornalista; all'eroico, ardito prigioniero, il leone Yazid Awad, mio nipote; e a mio nipote Hakim Awad, l'eroe, il mito.Conduttrice: Anche noi [della tv dell’Autorità Palestinese] da parte nostra mandiamo loro i nostri saluti.La zia di Hakim Awad: Dedico questa canzone a Hassan Awad, Yazid Awad, Hakim Awad e Salah Awad, in carcere:“Fratello mio, in isolamento, la tua voce mi chiama.Tu non ardire di abbandonare il fucile
Questo è ciò che la patria mi ha chiesto.Ai tuoi occhi, siamo tutti combattenti martiri.Vi saluto al suono dei proiettili di Ahmad Sa'adat e Hakim Awad”.Conduttrice: Grazie per essere stati con noi, famigliari dei prigionieri Hassan e Salah Awad, di Awarta.»(Dalla tv dell’Autorità Palestinese-Fatah, 19-21.1.12)
Ahmad Sa'adat, citato nella canzone recitata dalla zia di Hakim Awad, sta scontando una condanna a 30 anni aver guidato l'organizzazione terroristica Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina e in questa veste aver organizzato l'assassinio del ministro israeliano del turismo, Rehavam Ze'evi, nel 2001.(Da: PMW, 29.1.12)Per vedere il filmato (con sottotitoli in inglese) http://www.palwatch.org/main.aspx?fi=157&doc_id=6245 oppure: http://www.youtube.com/watch?v=cotwZxJdaeg http://www.israele.net/
Worldcom PR si rafforza in Israele e Svezia con due nuovi partner
Uno dei più sofisticati droni nelle forze armate israeliane per caso si è schiantato in un campo domenica, senza causare vittime, ha detto un portavoce dell'esercito . "A Eytan" (che significa" forte "in ebraico) per caso si è schiantato in un campo oggi in Israele durante un test in corso congiuntamente dall'esercito e Israel Aerospace Industries. Non ci sono stati feriti", ha detto il portavoce all’AFP. La televisione privata Canale 10, ha detto che un ala rotta, apparentemente a causa di un carico pesante,ha provocato una perdita stimata a 10 milioni di dollari. Il drone enorme, di cui l'esercito ne ha solo pochi in servizio, ha le dimensioni di un Boeing 737, in grado di volare 36 ore non-stop - portando l’arci-nemico di Israele, iraniano nel raggio d'azione - e trasportare un carico utile ad una altitudine di 13.000 metri (40.000 piedi)http://www.focusmo.it/
Miracolo, ora Gesù va bene anche agli ebrei
Un libro controcorrente, scritto da Rav Shmuley Boteach, racconta un Messia patriota e molto devoto alla legge mosaica. E sui giornali di Gerusalemme scoppia la polemica
di Vittorio Dan Segre -http://www.ilgiornale.it/
Nel 1954 ebbi occasione di intervistare l’ambasciatore, accademico di Francia, Paul Claudel. Alla fine dell’incontro sapendo che venivo da Israele mi disse: «Ora che gli ebrei hanno uno stato daranno la cittadinanza a Gesù mettendo fine alla sua situazione di “apolide” tanto per gli ebrei che per i cristiani».Mi sono ricordato di questa ormai lontana conversazione leggendo sulla stampa israeliana che un rabbino sta per pubblicare un libro dal titolo Kosher Jesus. Kosher è un termine ebraico che indica che l’uso di qualcosa - specialmente nel campo del cibo e della cucina - è religiosamente permesso.Il rabbino in questione è tutt’altro che uno sconosciuto. Si chiama Shmuley Boteach e di lui si è parlato come possibile rabbino capo d’Inghilterra, una carica di grande prestigio che generalmente è accompagnata dalla concessione del titolo di Lord da parte del monarca britannico. Ma Boteach, oltre che grande oratore e un personaggio televisivo di successo, è famoso per i libri che ha pubblicato. Sollevano scandalo nel mondo ebraico non tanto per il loro contenuto, sempre strettamente canonico, quanto per gli argomenti scabrosi che tocca. Come un testo che ha avuto grande risonanza intitolato Kosher sex, una specie di Kamasutra ebraico.Kosher Jesus avrà di certo una simile rinomanza ma rischia di procurargli molti guai nel mondo ortodosso ebraico dove la questione di Gesù continua a essere, per molti, un tabù anche se in merito sono stati scritti molti libri, soprattutto per smentire la responsabilità della sua morte, sino a non tantissimo tempo fa addossata dalla Chiesa al popolo ebraico.Una delle tesi di Rav Boteach è che dal momento che i cristiani non considerano più gli ebrei come dei nemici è giunta l’ora per gli ebrei di riconoscere quello che Gesù è storicamente stato: un patriota devoto alla Legge ebraica. «I Vangeli danno una descrizione abbellita di Gesù e non si deve dimenticare che l’apostolo Paolo non l’ha mai incontratoD’altra parte il fatto che Gesù si sia proclamato Messia (Cristos in greco) non deve turbare gli ebrei dal momento che non c’è nulla di blasfemo in questo. Io stesso - dice - potrei farlo e ho spesso incoraggiato persone a sviluppare un senso messianico nella loro vita, un desiderio di salvare il mondo». Il libro di Boteach creerà senza dubbio molte critiche e discussioni. Ma a questo rabbino le discussioni piacciono. «Ho passato tutta la mia vita fra i critici e il Talmud dice che si impara di più dai critici che dai propri tifosi». L’idea cristiana della divinità di Gesù è secondo lui - emersa come una delle conseguenze della distruzione del Tempio di Gerusalemme per mano di Tito nell’anno ’70. Quando gli ebrei lo comprenderanno - dice - allora «potranno trarre ispirazione dagli insegnamenti etici di Gesù, in quanto devoto ebreo martirizzato per il suo sforzo di sollevare il giogo dell’oppressione romana dal suo amato popolo». I cristiani, dice ancora, sono oggi i nostri migliori amici. È necessario aprire con loro una discussione teologica. Come si può avere un relazione con un amico se non si può parlare della cosa più importante nella sua vita e del più famoso ebreo che è mai vissuto? Per lui Gesù è «un rabbino modello».Una affermazione per la quale in America molti lo ammirano, altri lo considerano un personaggio arrogante. A lui questo non importa. Importa invece che Papa Benedetto XVI abbia chiesto una sua fotografia autografata. Così almeno scrive in un suo libro.
La viticultura esiste in Israele sin dall’età biblica: la Torah ci dice che Noè, dopo la salvezza dal diluvio universale, piantò dei vigneti e preparò del vino. Nell’ebraismo, infatti, l’uva era ed è ancora oggi un simbolo di prosperità, accompagna le celebrazioni religiose ed è sinonimo di gioia. Nel 7 secolo A.E.V. con la conquista del Medio Oriente da parte dell’Islam la produzione di vino fu completamente cessata, e le vigne furono distrutte.La produzuone riprese realmente solo nel 19° secolo, quando il Barone Edmond de Rothschild, proprietario del Chateau Lafite-Rothschild, iniziò a importare in Israele vitigni francesi e nuove tecnologie per la viticultura. Egli piantò vitigni nella zona di Rishon Le Zion e Zikhron Ya’akov vicino a Haifa.Da qui inizia in Israele un’importante produzione vinicola facilitata anche da un clima e da un terreno capaci di dar vita a diversi tipi di vino come Cabernet, Merlot, Shiraz, Riesling e Chardonnay per nominarne qualcuno. Si tratta di una produzione che, sino agli anni 90, vede come principale mercato di riferimento quello degli Ebrei del mondo alla ricerca di vino Kosher.E’ solo recentemente che questa produzione si è spostata verso un bacino di utenza più ampio capace di coinvolgere gli estimatori più attenti.In particolare la rivoluzione a cui si assiste oggi, consiste nella nascita e nella sucessiva esportazione in Italia di vere e proprie boutique di vino, ossia piccole aziende nate nei Kibbutz o nei Moshav dove viene prodotta un quantità relativamente bassa di bottiglie (dalle 20.000 alle 100.000 all’anno) che però nascono da una profonda e scurpolosa ricerca delle materie prime allo scopo di realizzare un prodotto di alta qualità.Quella che si realizza, dunque, è una produzione volutamente ristretta caratterizzata da una lavorazione ancora artigianale e attenta ai dettagli. Una lavorazione che può svilupparsi solo con numeri relativamente bassi dove è ancora l’uomo e non la macchina il fautore di tutto il processo.I vini nati all’interno di queste cantine/boutique arrivano oggi in Italia per dimostrare la loro vivacità e la loro ricchezza. Bianchi, rosati e rossi delle cantine Rimon, Ben Haim, Ramon Naftali, Tzora, Kadesh Barnea, Shilo, Naaman, Tulip, Odem, Adir e Granada, Recanati e Benyamina daranno la possibilità di conoscere i sapori delicati ma energici di questi vini dalle sfumature inedite e creative.Vini capaci di sottolineare l’infinito amore del popolo d’Israele verso la loro terra e il loro lavoro.http://www.ilnord.com/
Tzipi Hotovely
Israele: giudici rabbinici, una legge impone le donne nelle commissioni di nomina
di Serena Grassia http://www.atlasweb.it/
La Knesset si appresta ad approvare una legge che impone la presenza di almeno due donne nelle commissioni che nominano i giudici rabbinici.Tzipi Hotovely, del Likud, tra le promotrici dell’iniziativa legislativa, ha accolto la notizia con entusiasmo, definendola “un cambiamento significativo per i diritti delle donne, in funzione soprattutto del fatto che i giudici rabbinici esercitano un’influenza considerevole sulle procedure di divorzio.”All’inizio di Gennaio, infatti, l’Alta Corte di Giustizia israeliana aveva dichiarato inaccettabile il fatto che la commissione di nomina dei giudici rabbinici fosse composta esclusivamente da uomini, sollecitando in questo senso un intervento politico.
Netanyahu a blogger arabi su Fb, visitate Israele
(ANSAmed) - GERUSALEMME, 30 GEN - Un singolare invito a oltre 200 interlocutori arabi a ''visitare Israele'', anche per superare ''le idee preconcette'' sullo Stato ebraico, e' stato lanciato oggi da Benyamin Netanyahu nel corso di un serrato scambio di messaggi, in lingua araba, realizzato mediante la pagina Facebook del primo ministro.In un angolo del suo ufficio, seduto su una poltrona a braccia conserte, il capo del governo israeliano ha ascoltato a lungo assorto le domande in arabo che fioccavano da diversi Paesi della regione, lette e tradotte da un suo collaboratore.Poi in ebraico, ha elaborato una serie di risposte che sono state subito tradotte e diffuse sul web. Un tentativo - non il primo del suo genere - del primo ministro di Israele di parlare direttamente all'opinione pubblica della Regione: senza i filtri dei dirigenti dei vari Paesi o delle grandi reti televisive arabe, in genere poco benevoli nei confronti dello Stato ebraico e del suo governo.In questa insolita mattinata si e' discusso molto della 'Primavera araba', guardata generalmente con sospetto in Israele, con speranza nei Paesi vicini. Netanyahu ha previsto che ci saranno altri sommovimenti nel prossimo futuro, ma in linea generale ha notato fiducioso che ''un aumento di liberta' genera aumento di prosperita' ''. Occorre pero' - ha sostenuto - anche un maggior passaggio di informazioni ''perche' nel mondo arabo ci sono stereotipi riguardo a Israele che non hanno alcun legame con la realta' ''. Ha citato ad esempio le condizioni degli arabi di Israele, il 20 per cento della popolazione che - a suo dire - ''beneficiano di pieni diritti civili'' nel Paese.Riferendosi alle relazioni con i palestinesi - dopo un mese di colloqui preliminari in apparenza sterili ad Amman fra i negoziatori delle due parti - Netanyahu ha rilevato che ''a dieci minuti dal mio ufficio c'e' Ramallah (Cisgiordania). Sono pronto ad andarci anche subito - ha ribadito - per incontrare il presidente Abu Mazen e negoziare senza precondizioni''. Poi, come di consueto, ha attribuito allo stesso Abu Mazen la colpa dello stallo attuale. E tuttavia ha aggiunto di non ritenere il quadro esclusivamente negativo: grazie anche alla cooperazione d'Israele e alla rimozione di posti di blocco in Cisgiordania l'economia palestinese si e' risollevata, ha affermato, evocando una politica di ''pace economica'' quale anticamera di quella ''pace politica'' che pur dovra' seguire.Sull'Iran il premier ha insistito che esso rappresenta invece ''una minaccia non solo per Israele, ma per l'intero Medio Oriente e oltre''. Quindi, rivolgendosi a un internauta saudita, si e' detto certo che esistano convergenze d'interessi fra i rispettivi Paesi, ''anche nella lotta al terrorismo''.A tempo scaduto, Netanyahu ha salutato i suoi interlocutori arabi - non si sa quanto persuasi - facendo riferimento alle ''molte questioni ancora da approfondire. ''Vi ringrazio della partecipazione. Torneremo a sentirci presto'', ha promesso.
Abdullah Gul
Turchia: altro sgarbo a Israele, Ankara apre le porte a Hamas
Il presidente della Turchia, Abdullah Gul, si è detto favorevole alla possibilità che Hamas possa aprire un ufficio di rappresentanza in Turchia. “Ankara è uno dei più convinti sostenitori della causa palestinese e Hamas è un grande gruppo politico che ha vinto le elezioni”, ha dichiarato Gul ai giornalisti in una conferenza stampa tenutasi domenica in cui ha ricordato l’affermazione elettorale del movimento di ispirazione islamica prima che venisse esautorato da Fatah, almeno in Cisgiordania.La possibilità dell’apertura di uffici di Hamas in Turchia arriva nel momento in cui si accavallano notizie sulla chiusura degli uffici di Hamas a Damasco, a causa delle proteste in corso in Siria.Hamas – che da 2008 governa di fatto la Striscia di Gaza – è considerata un’organizzazione terroristica da Israele e dall’Occidente, ma non dalla Turchia. Quest’ultima attualmente è impegnata in progetti umanitari a Gaza, tra cui la ricostruzione di parte del territorio palestinese distrutto dall’offensiva israeliana del 2008. Il capo del governo de facto di Hamas, Ismail Haniyeh, è stato accolto in pompa magna nel corso di una visita in Turchia ai primi di gennaio, come prima tappa di un tour regionale durante il quale ha reso omaggio ai nove turchi uccisi durante un raid israeliano contro una flottiglia di aiuti umanitari diretti a Gaza, a maggio 2010. I legami tra Turchia e Israele, paesi un tempo alleati, si sono bruscamente deteriorati dopo l’assalto contro la nave turca diretta, appunto, a Gaza.Molti osservatori sostengono però che il repentino cambiamento della Turchia sia stato dettato da altre considerazioni, più di natura politica ed economica.