sabato 20 dicembre 2008
Quest'anno, come spesso accade, Channukkà cade nello stesso periodo del Natale. Ho pensato che queste notizie "natalizie" fossero interessanti e ringrazio la persona che me le ha inviate:
Pensiamo di sapere tutto sul Natale. Una sorta di ricorrenza storica con dono per l'intera umanità, volendo ridurre le cose all'essenziale. A ripercorrerne l'affascinante evoluzione c'è da rimanere sorpresi. Pochi, infatti, sanno che in realtà è il frutto di una lenta stratificazione di credenze, miti, riti pagani, ed antichi simbolismi.
Può sembrare incredibile, ma la data di nascita di Cristo non è nota. I Vangeli semplicemente non riportano indicazioni né del giorno né dell'anno. Perché allora festeggiare proprio il 25 dicembre? Per tutta una serie di implicazioni simboliche che andremo ad analizzare. E' una storia complessa, legata al solstizio d'inverno che avviene pochi giorni prima (il 21 dicembre). Il solstizio d'inverno è la notte più lunga e il giorno più breve dell'anno. Fin dall'antichità era considerata la notte più magica dell'anno. Celebrata con enormi falò e sacrifici in onore degli dei. Data esoterica per eccellenza: pare che dal profondo dell'universo un misterioso raggio verde attraversi la Terra per qualche breve istante. Si tratterebbe del cosiddetto raggio del puro spirito, mezzo di contatto con le forze superiori. Dal 22 al 24 dicembre sembra che il Sole giunga al suo massimo declino. Il 24 riprende il suo cammino di risalita fino al suo apice che si concretizza nel solstizio d'estate. Il 25 dicembre poi, in molte parti del mondo si celebrava la nascita di un dio. Citiamo quelli che dovevano esser noti ai primi cristiani che ne hanno subito il fascino e l'influsso:
Il dio Horus; mosaici ed affreschi lo raffigurano spesso in braccio a Iside ricordano l'iconografia cristiana della Madonna col bambino- Il dio Mitra indo-persiano; partorito da una vergine, che aveva dodici discepoli e veniva soprannominato "il Salvatore"- Gli dei babilonesi Tammuz e Shamas; nel 3000 a.C. circa, veniva festeggiato il dio del Sole, della giustizia e della predizione Shamash. Successivamente comparve il culto della dea Ishtar e di suo figlio Tammuz, considerato l'incarnazione del Sole. Tammuz muore per risorgere dopo tre giorni- In Grecia nasce Bacco- In Siria nasce Adone
Importante notare che sono tutte divinità legate alla simbologia del Sole. Nell'antica Roma si usava celebrare il solstizio d'inverno con i Saturnali, in onore di Saturno, dio dell'agricoltura. Scuole e tribunali chiusi. Doni e scambi di visite contrassegnavano il periodo. Il giorno 24 si teneva un grande banchetto allietato da brindisi e auguri. Il culto di Mitra arrivo fino a Roma grazie al'espansione dell'impero. Fu un tale successo che venne presto ufficializzato (nel 274 d.C). dall'Imperatore Aureliano. E poiché anche Mitra, simboleggiava il Sole, la sua festa fu sovrapposta a quella del Sole Invicto; il 25 dicembre. Mitra presenta innegabili analogie con il culto di Cristo. Nasce in una grotta, da una vergine, e gli viene affidato dal Padre Sole il compito di sconfiggere il male. Mitra, quando la sua missione é compiuta, partecipa con i suoi adepti ad un banchetto; dopo l'atto sacrificale, sale al cielo su un Carro di Luce. Separati il Bene dal Male, la vita sulla Terra sarebbe andata avanti sino all'Armageddon. Mitra sarebbe allora tornato sulla terra per separare i giusti dai peccatori: ai primi donato l'immortalità, resuscitando anche i loro corpi fisici; i secondi sarebbero stati distrutti dal fuoco. Il culto di Mitra contemplava anche il battesimo.
Nel 353 d.C., il culto di Mitra venne sostituito con quello di Cristo. L'aderenza fra i due culti insinuano il dubbio che il Cristianesimo altro non è stato che un cambio di nome di divinità. Forse non c'è stata sostituzione, ma il profondo radicamento del culto di Mitra nell'animo del popolo e le scarse notizie su Gesù hanno reso possibile una parziale sovrapposizione.
Bestiario natalizio: l'incredibile più vero, il kitsch più sfrenato
Correva l'anno 1223: San Francesco, due settimane prima del Natale, in accordo con il signore di Greccio, creò il primo presepe vivente della storia. L'idea era di celebrare la nascita di Gesù, ricreando l'atmosfera di Betlemme.I soliti precisini spesso contestano il presepe a partire dalla scarsa veridicità delle ambientazioni. Quello che sappiamo però è che, tali rappresentazioni, attingono a piene mani dai vangeli apocrifi e da antiche tradizioni ormai dimenticate. Prendiamo due personaggi immancabilmente presenti: Il bue a l'asinello. Tutti sappiamo che hanno un posto di primo piano sulla scena della natività ma ne ignoriamo in massa il significato.
Pare che derivino da un'antica profezia di Isaia: "Il bue ha riconosciuto il suo proprietario e l'asino la greppia del suo padrone". Sebbene il profeta Isaia non si riferisse alla nascita di Cristo, i due animali vennero utilizzati comunque come simbolo degli ebrei (il bue) e dei pagani (l'asinello). Anche l'indicazione della grotta non compare nei Vangeli canonici. Un'altra informazione che ci è pervenuta grazie ai Vangeli apocrifi. E' bene ricordare che la grotta è un simbolo mistico e religioso per molti popoli mediorientali: Mitra, una famosa divinità persiana, nacque proprio in una grotta, il 25 dicembre.La tradizione impone di allestire il presepe il giorno di Santa Lucia, avendo cura però di lasciare la mangiatoria vuota fino alla notte di Natale. Stesso discorso per i Re Magi, accorsi dall'Oriente per portare in dono oro, incenso e mirra, faranno la loro comparsa sulla scena solamente il 6 gennaio, guidati dalla stella cometa. Questo dice la tradizione, a grandi linee.
Effettivamente personaggi come Maradona o come Moana non sembrerebbero pertinenti eppure, grazie alla più libera delle interpretazioni, vi campeggiano allegramente. Di anno in anno, l'ossessione della visibilità ad ogni costo, ha arricchito il repertorio classico con invadenti ospiti speciali presi direttamente dalla contemporaneità. Attendiamo trepidanti la notizia dei nuovi arrivi. La tradizione vi ha stufato? Evidentemente non risponde più alle vostre esigenze di modernità. Desiderate il più kitsch dei presepi e vi state scervellando da tempo per scegliere chi aggiungere quest'anno per sollazzare amici e parenti? Non temete, non rimarrete delusi.
Barack Obama e il ministro dell'Istruzione Maria Stella Gelmini freschi freschi per voi. Certo, solo se riuscirete ad accapparrarveli per tempo perchè le cose belle, si sa, finiscono subito. Lo stress natalizio ha accentuato in voi una piccola, ma non trascurabile, vena di sadismo? Bene, potreste emulare uno di quesi presepi dove le bestiole sono vere ed imbalsamate! Ad ammirare la vostra opera rimarranno tutti a bocca aperta. In gara con il vicinato per l'effetto più strabiliante potreste addirittura pensare di sostituire l'ormai scontato ed obsoleto Babbo Natale rampicante con un vero Babbo Natale impagliato con tanto di slitta, renna impagliata e piccolo aiutante impagliato. Che invidia susciterete! vi ricorderanno a lungo per questo. E che dire degli assolutamente favolosiiii, con quattro i (come meritano tali meraviglie dell'ingegno), alberi di Natale canterini? White Christmas, Jingle Bells e tutti i canti della tradizione nella più soprendente delle interpretazioni! E Babbo Natale pedalante? Che tenerezza! Su uno scassone di bici (che ha il sapore di una previsione sui mesi futuri), una barbetta rada ed un vestitino sciatto. Roba da far venire la depressione fulminante al primo sguardo... E le renne Danzanti? E il Babbo Natale ambiguo,con il braccio destro alzato, in un simil saluto nazista. E via discorrendo. Da tutto il mondo arrivano notizie sconcertanti. Essere Babbo Natale oggi comporta indubbiamente dei rischi. Non è cosa da ridere! In un quartiere malfamato di Rio de Janeiro, trafficanti di droga hanno cercato di abbattere il suo elicottero. Pare che abbiano aperto il fuoco contro lo sventurato dopo averlo scambiato per un elicottero della polizia. Braccato e additato come grassone. Un chirurgo americano si è preso la briga si sostenere che un Babbo Natale magro sarebbe un miglior modello per i bambini (Acuta osservazione:quale bambino, in fondo, non sogna di essere tale e quale a Babbo Natale?). Il povero presepe è sempre più spesso sotto tiro perchè non sufficientemente multiculturale. Esisterebbe anche una malattia a tema: la Sindrome di Gerusalemme. La polizia ha dovuto istituire un'unità speciale nella città santa per aiutare quei turisti che, improvvisamente, si convincono di essere personaggi della Bibbia. Ma al contrario, esistono anche tentativi edificanti. E' il caso di un acquario giapponese che ha deciso di risparmiare energia in un modo decisamente inusuale, sfruttando le peculiarità delle anguille elettriche per illuminare l'albero di Natale. Non sappiamo se le anguille hanno gradito. Nobilitati da sfavillanti etichette che strizzano l'occhio all'arte e alla moda gli oggetti ed i miti più improbabili sono fra noi e ci tengono sotto assedio. Ma a Natale, siamo tutti più scemi?Da Federico Falconi , di Yahoo! Italy
venerdì 19 dicembre 2008
-1 bicchiere d'acqua - 1 bicchiere di olio - 2 cucchiai grandi di zucchero - farina (quanta ce ne vuole) - 1 cubetto di lievito di birra sciolto nell'acqua tiepida
Preparazione:
Mescolare tutti gli ingredienti e lasciar lievitare fino a che la pasta non raddoppia di volume. Fare le palline con la pasta e friggere in olio bollente. Sono consigliabili le palline piccole così riesce a friggere meglio. http://sharong.blog.lastampa.it/
Vi sono diversi usi. Le famiglie ashkenazite (cioè di orgine est-europea) usano accendere una channukià per ogni membro della famiglia. Mentre le famiglie sefardite (cioè di origine spagnola) usano accendere una channukià per tutta la famiglia. La cosa fondamentale è accendere i lumi nel proprio focolare domestico, perchè è importante festeggiare in famiglia. Oltre ad accendere le candele, si usa cantare diverse canzoni di channukà, che parlano del piccolo kad, ampollina trovata dai Maccabei, del sevivon, del miracolo di channukà.... non c'è una vera e propria usanza del fare i regali (come c'è invece ad altre feste come Purim), ma in molte famiglie si fanno e c'è chi usa fare un piccolo regalino per ogni sera. E' molto importante far partecipare tutti i bambini ai festeggiamenti e si usa regalare un sevivon ad ogni bambino; quelli un po' più grandi oltre a festeggiare è bene che studino la festa di Channukà, quindi ci sono semrpe lezioni organizzate, perchè per festeggiare a pieno si deve capire il significato di Channukà.Si mangiano le sufganiot e c'è l'usanza in molte città di tutto il mondo di rendere pubblico il miracolo festeggiando in una piazza con tanta gente. Chag Sameach a tutti!

andate a vedere questo interessante video:
mercoledì 17 dicembre 2008

di Eran Riklis (Titolo originario: Etz Limon / Lemon Tree; Israele/ Germania/Francia, 2008
Eran Riklis, regista israeliano, autore di “Zohar” e “La sposa siriana”, ci propone un’opera cinematografica che, presentata in anteprima al Festival di Berlino 2008 e nella sezione “Fuori concorso” all’ultimo Festival di Torino, ha riscosso un notevole consenso di pubblico e critica.
La vicenda narrata in “Il giardino di limoni” si può riassumere con facilità. Salma Zidane è una vedova palestinese di circa quarantacinque anni che abita da sola in un villaggio della Cisgiordania, a cavallo della c.d. “Linea Verde”. L’amato marito è deceduto dieci anni prima per cardiopatia; dei tre figli, le ragazze sono sposate con prole e vivono in centri vicini, ma separate da lei a causa della difficile situazione in quei luoghi; mentre il maschio è emigrato negli USA e si guadagna da vivere come cuoco. L’unica consolazione e mezzo di sostentamento per la donna è uno stupendo giardino di limoni che ella ha ereditato da suo padre. Il giardino esprime il legame con la famiglia d’origine, con la terra da cui Salma proviene: non potrebbe mai separarsene, nonostante il figlio, durante le periodiche telefonate, la preghi di raggiungerlo in quel mondo ricco di opportunità, nel quale lei “si sentirebbe come una regina”. Un giorno il Ministro della Difesa israeliano, Israel Navon, si trasferisce con la consorte proprio nella casa di fronte alla sua: vengono innalzate torrette di sorveglianza e posizionato un nutrito gruppo di guardie del corpo, ma i servizi segreti non sono affatto tranquilli: quel frutteto potrebbe costituire un ottimo rifugio e base di partenza per un terrorista pronto a compiere un attentato ai danni del Ministro. Dunque poiché “…il giardino di limoni rappresenta una minaccia reale e immediata per la casa del Ministro e per lo Stato di Israele” se ne dispone il totale sradicamento. Salma si ribella con forza a tale ordine, che ritiene sia ingiusto che assurdo, visto che, in tanti decenni, il podere non ha rappresentato un pericolo per nessuno. Ella corre dai maggiorenti della sua comunità in cerca di aiuto: il principale di essi, dopo averle lanciato un avvertimento, per nulla larvato, di non accettare risarcimenti di sorta ”dagli Ebrei”, la indirizza ad un giovane ed ambizioso avvocato, Ziad Daud. Questi prende a cuore il problema, sia perché è attratto da Salma, donna ancora affascinante, sia soprattutto perché vede nella storia un’occasione per mettersi in luce di fronte agli esponenti politici locali. Dopo che il Tribunale, annesso all’amministrazione militare israeliana, ha dato loro torto, legale e cliente decidono di adire la Corte Suprema di Gerusalemme: grazie all’abilità di Ziad, ben introdotto negli ambienti dell’Autorità Palestinese, l’ ”affaire Giardino di limoni” diventa prima un caso nazionale -ne parlano a lungo gli organi di informazione, mettendo in palese imbarazzo il Ministro Navon-, poi varca i confini di Israele, al punto che perfino il figlio di Salma, stupefatto, assiste dal luogo di lavoro ad una trasmissione televisiva in cui si parla della vicenda che vede come protagonista la madre. Inutile dire che, da quel momento, il prestigio del giovane cresce alla grande presso i suoi datori di lavoro, i quali, fino ad un istante prima, lo squadravano dall’alto in basso. C’è qualcuno che guarda a Salma con partecipazione e simpatia: si tratta di Mira, la moglie del Ministro. Ella è una donna inquieta nell’animo, alla quale la posizione di potere di cui gode presso le amiche non porta serenità: il marito è troppo preso dagli impegni politici, dalla propria immagine pubblica di inflessibile custode della sicurezza del Paese (oltre che dalle grazie di una seducente soldatessa che gli ronza sempre attorno). Mira vede nella vicina palestinese, che lotta per difendere la sua ragione di vita, una persona autentica, sincera. Le due donne non si parlano mai, ma, tra loro, pian piano si crea una silenziosa, all’inizio inconscia, solidarietà, fatta di sguardi che s’incrociano di lontano. Una comunanza di pensieri e di sentimenti che non ha bisogno di parole per esprimersi; a volte ostacolata, come quando l’israeliana, penetrata di nascosto nel giardino di limoni, viene indotta ad allontanarsene dagli uomini della sicurezza. Fino alla scena più toccante del film, il giorno del processo davanti alla Corte Suprema: un attimo, una scintilla di arte pura, Mira e Salma una di fronte all’altra, occhi negli occhi, che si stringono la mano. La pellicola va vista per lo studio psicologico dei diversi caratteri, ben tratteggiati ed espressi in maniera efficace, a cominciare dalle protagoniste: le attrici Hiam Abbas e Rona Lipaz Michael sono superbe nelle rispettive parti. Commuove poi la figura dell’anziano contadino palestinese, che vuol bene a Salma come ad una figlia e racconta con semplici parole ai giudici che gli alberi sono come le persone: vanno curati, amati, altrimenti, giorno dopo giorno, muoiono, dopo che i loro frutti sono caduti. E difatti i limoni, dopo che il giardino è stato recintato e viene impedito alla legittima proprietaria di accedervi per le cure necessarie, cominciano inesorabilmente a staccarsi dai rami per rotolare malinconici sul terreno. La saggezza antica di un popolo il cui dramma è di essere guidato da una leadership estremista che non gli dà speranze, che gl’instilla odio quotidiano nei confronti del vicino, da sempre considerato nemico; vicino dal quale pretenderebbe il rispetto, mentre, in compenso, ne irride i sentimenti più intimi: ultimo esempio di questi giorni, per lo più strumentalmente ignorato dai nostri organi di informazione, la messa in scena ripugnante, ad opera di Hamas, con una comparsa nella parte di un piagnucolante Gilad Shalit. Il regista ha ben rappresentato -che se ne sia reso conto o meno, poco importa- il contrasto tra il dolore di Salma, e delle persone comuni come lei, e la cinica strumentalizzazione di esso da parte di chi detiene il potere nel mondo palestinese: l’avvocato, in primo luogo, che lascerà sola la donna al termine del processo, dopo averne ricavato per sé un certo lustro d’immagine; o quel capoclan, preoccupato in modo ossessivo per l’onore della vedova, che guarda la fotografia del figlio della donna con occhio famelico, mentre stigmatizza che sia andato in America. Non si fatica ad immaginare che già lo sogni con una bella cintura di esplosivo legata alla vita. Simpatico il soldatino Itamar, messo a guardia sulla torretta di sorveglianza, che passa le sue giornate ad ascoltare trasmissioni radio con quiz; tra lui e Salma scocca un’istantanea scintilla di simpatia, subito repressa con sgarbo dagli ottusi superiori di lui. L’urtante sicumera del Ministro Navon ben esprime il cinismo e l’ipocrisia del politico di professione, che finge di non vedere l’ansia di giustizia della moglie. Alla fine egli si troverà solo, in una casa vuota. La conclusione, con l’inquadratura del muro che divide le due proprietà, anzi del Muro per antonomasia, sta a significare l’incapacità di andare oltre, di vedere che cosa c’è “al di là”, pur nell’estrema difficoltà di ciò. Purtroppo la disinformazione, la leggenda nera, per così dire, che è stata creata intorno a quest’opera di difesa dal terrorismo -che ha salvato tante vite umane-, in muratura per una percentuale irrisoria della sua lunghezza -ma è la parte in muratura che viene ossessivamente inquadrata dai mass media!-, contribuisce a rendere il messaggio conformista e un po’ falso. Almeno a giudizio di chi scrive. Molto più densa di significato è la scena successiva. La protagonista si aggira sola, nel suo frutteto, i cui alberi sono stati potati in modo drastico e ricordano un paziente sottoposto ad una cura severissima che, con un po’ di buonsenso, si sarebbe potuta modulare. Ma di lontano s’intravvede una speranza di guarigione; una nuova crescita degli alberi.
Mara Marantonio Bernardini, 16 dicembre 2008 http://www.mara.free.bm/
domenica 14 dicembre 2008

Storia degli ebrei nel Lazio e nello Stato della Chiesa – Call for papers per una giornata di studio.
In vista del secondo incontro seminariale della costituenda Associazione per la storia degli ebrei nel Lazio e nello Stato della Chiesa, viene lanciato un call for papers rivolto a tutti gli studiosi interessati al tema “Gli ebrei nel territorio: sistemi di relazioni e rapporti istituzionali nello Stato della Chiesa (secc. XIV-XIX)”.
Si prevede che il convegno si svolga a Rieti, in collaborazione con le locali istituzioni culturali, nel mese di novembre 2009. La data esatta verrà comunicata quanto prima.
Il centro della riflessione vuole essere l'analisi delle dinamiche dei sistemi di relazione messi in atto dagli ebrei, sia nei confronti degli altri ebrei sia dei cristiani, nel territorio dello Stato della Chiesa in età medievale e moderna (intesa fino a tutto il XIX secolo). Ciò che ci si propone di esaminare è la ricostruzione del variegato profilo dei rapporti maggioranza-minoranza tessuti nelle piccole realtà locali grazie all’analisi delle diverse fonti archivistiche disponibili (carte notarili, scritture private, atti pubblici) prodotte sia in loco, sia dalle magistrature centrali dello Stato. I temi su cui si intende articolare la discussione sono molteplici:
- le condizioni della presenza ebraica, diverse per tempo e luogo,
- la rete familiare ed economica delle piccole universitates iudaeorum ed i rapporti con la comunità romana fino alle espulsioni cinquecentesche,
- le modalità di “infiltrazione” ebraica nel territorio dopo le espulsioni del XVI secolo
- la definizione delle giurisdizioni competenti in materia di ebrei ed i conflitti tra le istituzioni che ne reclamavano privativamente la titolarità (Inquisizione, vescovi, Reverenda Camera Apostolica, governatori e delegati apostolici, autorità locali).
- la rilevanza delle attività economiche ebraiche,
- il ruolo delle istituzioni nell'incoraggiare o reprimere l’impegno degli israeliti nelle attività produttive e commerciali.
Le proposte dovranno essere inviate – con una sintetica descrizione - entro il prossimo mese di febbraio 2009 a Fausto Piola Caselli (piola@unicas.it). Il comitato scientifico si riserva di valutare e di accettare le proposte pervenute, informandone tempestivamente i proponenti. Inoltre, a seconda del numero delle risposte pervenute e degli argomenti che saranno suggeriti, è prevista fin d'ora la possibilità di mettere in programma una seconda giornata di studio per l'autunno del 2010, centrata prevalentemente su argomenti di carattere economico e sociale, con il proposito di dare un'alternanza tematica ed una prospettiva di più ampio respiro ai nostri incontri. Per questo motivo alcuni dei papers proposti potranno essere accettati già in vista della seconda giornata di studio del 2010. Con un cordiale saluto Fausto Piola Caselli - coordinatore