sabato 4 aprile 2009


Tel Aviv, la prima Paperopoli ebraica

Sta per accadere l’improbabile. L’idea che l’artista e fumettista Dudu Geva suggerì tre anni e mezzo fa, respinta a quell’epoca, sta per essere realizzata. Nel quadro delle celebrazioni per il 100esimo anniversario della nascita di Tel Aviv, un papero gigante giallo sarà posto sul tetto del municipio di Tel Aviv e sorriderà benevolmente ai passanti per un mese.“E’ come un’operazione militare. Almeno 10 artisti stanno lavorando 24 ore al giorno come volontari, oltre ad alcuni funzionari del municipio e a molte altre persone che si sono unite al progetto”, dice l’artista Yuval Caspi che ha coordinato il lavoro del progetto con i due figli di Geva, Tami e Aharon. Per ragioni pratiche, i tre hanno deciso di trasformare la figura del papero che riempiva i sogni di Geva in un pallone di stoffa gigante, lungo 10 metri. Gli organizzatori vogliono coordinare l’entrata trionfale del pallone con un evento artistico aperto al pubblico, che avrà luogo in piazza Rabin, con esecuzioni live di musica rock.Poiché il costo di produzione del pallone gigante è di circa 50.000 shekel, gli organizzatori e i loro amici hanno cominciato qualche mese fa a raccogliere fondi. Due gruppi, uno capeggiato dall’artista Ido Shemi e l’altro dal Dada Club di Tel Aviv, hanno aiutato nella raccolta fondi. Gli amici di Geva e quelli che avevano apprezzato il suo lavoro hanno contribuito anch’essi. Ed è stato aperto un conto speciale per l’evento. Due gruppi hanno contribuito con 10.000 shekel ciascuno: il gruppo municipale incaricato delle celebrazioni per il 100esimo anniversario della città e il Museo delle caricature e dei fumetti di Holon. Il museo accoglierà il papero come presenza permanente sul suo tetto dopo il mese trascorso sul municipio.L’idea di mettere il papero gigante sul tetto del municipio fu presentata per la prima volta da Geva nel 2003 come parte di un’iniziativa degli artisti di Tel Aviv che proponevano ironicamente che la città si dichiarasse stato autonomo. In un articolo apparso nel giornale locale Ha'Ir, Geva propose di rinfrescare l’immagine della città: porre statue giganti di papere e altri animali sugli edifici pubblici; appendere drappi divertenti nelle strade ; decorare gli alberi con carta colorata e eseguire musica nelle piazze. “La mia iniziativa nasce dal fatto che la città è perduta – avrebbe detto il caustico Geva – Tel Aviv è così triste che strade intere dovrebbero essere spazzate via e ricostruite da capo. E’ impossibile farlo e costa una fortuna, ma almeno si possono decorare le strade e renderle più allegre. L’edificio del municipio è una causa persa. Se almeno un papero gigante venisse posto sul tetto, tutto si ribalterebbe. L’idea è quella di portare gioia al cuore della gente e fare dell’arte parte della vita quotidiana”.Quattro mesi prima di morire, racconta la figlia Tami, Geva incontrò il sindaco di Tel Aviv Ron Huldai e illustrò di nuovo la sua idea del papero sul tetto. “Il progetto consisteva nel trasformare Tel Aviv in una papero poli” dice Tami, e spiega che suo padre sognava di costituire un movimento artistico e sociale indipendente che portasse l’arte alle masse. "Anche se al municipio amano dire che approvarono la sua proposta, non fu esattamente così. In realtà Huldai era piuttosto scettico”.Il progetto di trasformare Tel Aviv in una "paperopoli" sembrava divertente ma aveva uno scopo serio, dice ancora Tami. "Mio padre faceva sul serio. Parlava di usare gli spazi pubblici per divertimenti e arte e diceva che qualunque posto che sia divertente per i bambini è divertente per tutti. Mai, in nessun momento, pensò che lo potessero prendere sul serio, ma voleva diffondere il ‘movimento delle papere’ come un movimento artistico e sociale”.“Era solo un’altra delle folli idee di papà, che proponeva solo per farsi dire di no – scherza il figlio Aharon – Abbiamo cassetti piene di queste sue idee, come quella mettere un serpente gigante sui tetti delle case di Rothschild Boulevard, o far sedere cantanti d’opera sui camion dell’immondizia e farli cantare”.Dopo la morte di suo padre nel febbraio 2005, Aharon inoltrò una richiesta al municipio di Tel Aviv perché il papero fosse posto sul municipio. “Una settimana dopo mi telefonarono per dire che la richiesta era stata accettata”.I contatti con i vari funzionari municipali continuarono per tre anni finché tutto fu risolto. Alla fine, i gruppi decisero di mettere il papero gigante sul tetto del municipio esattamente 100 anni dopo la storica estrazione che assegnò appezzamenti di terra lungo la spiaggia di Tel Aviv, l’11 aprile 1909. "Non vogliamo che l’evento sia sentito come una commemorazione – dice Tami Geva – Vogliamo che l’idea di mio padre di mettere l’arte negli spazi pubblici aperti continui a esistere, con senso dell’umorismo, nello spirito del papero”.(Da: Ha’aretz, 12.03.08) da http://www.israele.net/

Le due foto a confronto (Ap)

La scelta ha provocato un duro attacco da parte del piu' diffuso giornale israeliano
Israele: le donne del governo Netanyahu «fatte sparire » sui giornali ortodossi

Le due donne ministro cancellate dalla foto ufficiale pubblicata su 2 quotidiani ebraico-fondamentalisti
Sono solo due su trenta le donne ministro nel nuovo governo di Benyamin Netanyahu: Limor Livnat alla Cultura e allo Sport, e Sofa Landver all'Immigrazione. Ma sono già due di troppo per qualche ebreo ultra-ortodosso. E se i precetti rabbinici proibiscono la pubblicazione di foto di figure femminili per ragioni di modestia, e un aiuto in tal senso può arrivare dal programma Photoshop, il gioco è subito fatto: nella foto ufficiale di gruppo pubblicata su due quotidiani ultra-ortodossi, scattata mercoledì scorso subito dopo l'insediamento dell'esecutivo, le due donne sono misteriosamente scomparse. O meglio, oscurate con due macchie nere o in un altro caso addirittura sostituite da due colleghi maschi che così appaiono due volte. OSCURATE - Le foto così alterate sono apparse su due giornali ultra-ortodossi: la prima sul settimanale «Sha'a Tovah», la seconda sul quotidiano «Yated Ne'eman». Una scelta che ha portato ad un attacco senza riserve da parte di «Yedioth Ahronoth», il più diffuso quotidiano israeliano che messo a confronto le due foto titolando ironicamente: «Cerca la donna». Gli ebrei ultra-ortodossi in Israele sono tra l'8% e il 15% della popolazione. http://www.corriere.it/ 04 aprile 2009


Qui Trieste - Un capolavoro di vetro d'oro riemerso dagli scavi di Caesarea

Forse era un lussuoso tavolo. Forse l’ornamento della nicchia di una cappella. Il suo utilizzo rimane ancora misterioso. Ma il magnifico pannello di vetro dorato ritrovato tre anni fa in uno scavo a Caesarea, nel palazzo del Mosaico dell’Uccello, è senz’altro uno dei più importanti ritrovamenti registrati in quest’area ancora così ricca dal punto di vista archeologico. Un reperto unico nel suo genere. La sua scoperta e il restauro, portato a termine di recente dall’Israel Antiquities Authority, sono stati presentati a Trieste in un incontro promosso dall'Adei da uno dei principali artefici, Jacques Neguer, sovrintendente del Dipartimento di restauro del ministero israeliano per le Antichità. “Il pannello di vetro scoperto a Caesarea è il più importante ritrovamento avvenuto nel palazzo di epoca bizantina situato 500 metri al di fuori delle mura orientali della città di Cesarea Marittima”, spiega Jacques Neguer, di origini bulgare, che in passato è stato conservatore all’Istituto nazionale per i monumenti storici di Sofia e si è specializzato nella conservazione dei mosaici all’Istituto centrale di restauro di Roma. Il rinvenimento è avvenuto nel 2005 quasi per caso. Il pannello dorato fu infatti trovato appoggiato sul grande pavimento a mosaico figurativo, noto come il “mosaico dell’uccello”, riaperto allora per il restauro. Il retro, probabilmente realizzato con materiali organici quali legno o tessuto, è stato completamente bruciato. Ma la facciata a vetro rimasta è un vero capolavoro.“Il pannello – dice Neguer - comprende una parte centrale, delimitata da una grande cornice. Entrambe le sezioni sono composte da una combinazione di tessere translucide di vetro dorato e tessere di vetro colorato opaco”. “Le tessere dorate – continua - sono di piccole dimensioni. Le quadrate, decorate con una croce e una rosetta a otto foglie in rilievo, misurano circa cinque centimetri di lato mentre quelle rettangolari e triangolari sono anche più piccole. I motivi sono unici e finora nessun parallelo è stato individuato in altri scavi archeologici o collezioni”. Lungo la composizione le tessere di vetro dorato e quelle di vetro mosaico si alternano a comporre un motivo di grande fascino. E a conferire un tocco di rara preziosità al manufatto è la presenza, in ciascuna delle tessere di vetro dorato, di una lamina d’oro sottilissima.L’uso del pannello è ancora poco chiaro. “Poteva essere usato come tavolo – spiega Jacques Neguer – poiché somiglia ai tavoli di marmo a forma di sigma frequenti nelle costruzioni bizantine. Frammenti di tavoli di marmo della stessa forma e misura sono stati infatti rivenuti nella stessa zona. Ma il pannello poteva essere usato anche per decorare la nicchia di una cappella e i disegni che lo ornano avrebbero dunque un significato religioso, gettando così una nuova luce sull’intero complesso”.
Daniela Gross http://www.moked.it/

venerdì 3 aprile 2009

Gli ebrei visti da Rembrandt

di Giulio Busi , il sole 24 ore - 15/02/2009
Di che cosa è fatto l'ebreo nell'immaginario collettivo europeo? Molto spesso è una silhouette definita per assenza, per sentito dire, per eccesso esacerbato, e vive in uno spazio intermedio tra realtà e finzione. Forse è per questo, perché si tratta di catturare un fantasma, che una giovane scrittrice - ancora non sa di esserlo -riesce laddove i più agguerriti sociologi e critici falliscono. Tanto più se gli ebrei in questione sono macchie di colore, ombre e luci, che da secoli custodiscono il loro mistero.Lo studio di Anna Seghers sugli ebrei nell'opera di Rembrandt è un piccolo capolavoro sul fraintendimento. E soltanto una tesi di laurea, discussa nel 1924 all'università di Heidelberg da una studentessa ebrea di belle speranze. La prosa del volume ha tratti ancora acerbi, e pure riesce a esprimere l'energia intellettuale di una straordinaria stagione del giudaismo tedesco. In una Germania sempre più minacciata dall'antisemitismo, la Seghers si interroga sul filosemitismo di Rembrandt, così caldo e rassicurante. La galleria di ritratti e ambienti ebraici del grande pittore olandese è per lei un richiamo e una sfida.Ma cosa si nasconde dietro queste figure di sefarditi di Amsterdam, entrati come soprapensiero nelle scene bibliche? Dietro questo giudaismo a un tempo sontuoso e quotidiano? È sufficiente riandare ai contenuti del protestantesimo olandese per comprendere l'eccezionale spessore di un tale ebraismo per figure? All'ebrea assimilata Seghers, che sarebbe poi diventata una celebre pasionaria marxista, le ragioni puramente religiose vanno strette e, del resto, l'Amsterdam di Rembrandt è la città in cui si muove anche il miscredente Spinoza e in cui nasce la moderna fede del dubbio. Per la Seghers, Rembrandt non può essere semplicemente un pio calvinista, che recluta gli ebrei per dare maggiore credibilità alle proprie rappresentazioni vetero testamentarie: «Il suo ebraismo non acquista significato in base a una posizione religiosa o culturale, ma è dotato di un proprio valore, tipico solo per lui».Se la Seghers fosse stata una storica dell'arte pura, avrebbe probabilmente cercato questo segreto giudaismo rembrandtiano nella sintassi delle luci e nelle invenzioni iconografiche, ma poiché ciò che le interessa è soprattutto l'arte del racconto, vede nel grande olandese un narratore già premoderno: «Egli dipinge questi volti come aveva dipinto un cortile scuro o un anonimo paesaggio desolato, di cui nessuno prima di lui aveva saputo cogliere la ricchezza, percepibile unicamente nel quadro». Secondo la Seghers, Rembrandt intuisce insomma negli ebrei una qualità nuova, che la studiosa definisce «überwirklich». La traduzione italiana rende questa acuta parola tedesca con "surreale", ma forse sarebbe stato meglio usare il vecchio concetto di "soprasensibile", disceso dalla scuola idealistica di Fichte e Schelling.Non è dunque un Rembrandt filologico, quello che ci viene qui presentato, ma quasi un pittore espressionista, capace di delineare i suoi ebrei in una diafana materia intellettuale, pressoché soprannaturale, in qualche modo libera dai sensi e dalla storia. Anna Seghers, «L'ebreo e l'ebraismo nell'opera di Rembrandt», La Giuntina, Firenze, € 13,00.

Gerusalemme -monumento a Kennedy

TENNIS, DAVIS: PORTE CHIUSE CONTRO ISRAELE, SVEZIA MULTATA

Il comitato della Coppa Davis ha punito con una sanzione pecuniaria di 25mila la Federazione svedese di tennis e proibito alla città di Malmoe di ospitare gare per i prossimi cinque anni, a causa della decisione della città svedese di disputare a porte chiuse il match contro Israele del mese scorso. La federazione svedese aveva deciso di non ammettere gli spettatori agli incontri per motivi di sicurezza e per il timore di manifestazioni anti-israeliane, che poi si erano verificate nel pressi dei campi. Israele si era qualificato ai quarti di finale battendo la Svezia per 3-2. (02/04/2009) (Spr)


Alta tecnologia da Israele agli USA

La statunitense ClickFox di Atlanta ha firmato un accordo con l'israeliana Amdocs di Ra'anana, allo scopo di offrire le proprie soluzioni tecnologiche ai provider di servizi di telecomunicazione.
In base all'accordo, afferma la Camera di Commercio Americana per Israele, Amdocs utilizzerà la soluzione CEA di ClickFox - un motore per l'analisi comportamentale brevettato che sintetizza visivamente tutti i canali di interazione per gestire un' "esperienza totalizzante per il consumatore" - come parte dei suoi servizi per i clienti di consulenza di tutto il mondo.Amdocs è leader di mercato per l'innovazione di sistemi nel settore e permette ai provider di fornire un'esperienza integrata, innovativa e intenzionale ai clienti in qualsiasi momento durante il servizio. L'azienda nel 2008 ha siglato una partnership con la Camera di Commercio Americana per Israele, e ha portato una decina di aziende israeliane ad Atlanta, USA, per l'evento Let's Innovate, che ha visto esporre le tecnologie israeliane agli esecutivi di AT&T, che è uno dei principali clienti di Amdocs.L'azienda israeliana ha una massiccia presenza ad Atlanta. Con ClickFox ha partecipato anche ad un evento nel settore educativo sul CRM, nel 2006. Elena Lattes in Web/Tech

giovedì 2 aprile 2009

Una vignetta antisemita rappresenta l'Europa che è sedotta dal fascino femminile israeliano a danno della comunità araba (www.boomka.org)

ALCUNE CONSIDERAZIONI SULL’ANTISEMITISMO IN ITALIA 2002-2006 A CURA DELLA DOTT. ADRIANA GOLDSTAUB

Il quadro europeo Il pregiudizio antiebraico in Europa è diventato un problema contingente e serio: già dal 2001 infatti, ma soprattutto nel 2002, numerosi paesi dell’Europa Occidentale hanno visto susseguirsi centinaia di segnalazioni tra attacchi fisici e minacce rivolte agli ebrei, profanazioni di cimiteri e tentativi di incendi alle sinagoghe e alle istituzioni ebraiche, vandalismi e graffiti, articoli sulla stampa e pubblicazioni. Teatro di questi episodi sono state particolarmente Francia (solo in Francia sono stati contati 516 episodi nel 2002 di cui 185 atti di violenza contro persone e istituzioni; 503 episodi nel 2003, di cui 233 di violenza; 590 nel 2004, di cui 96 di violenza) e Gran Bretagna, ma si può dire che la maggior parte dei paesi europei ha visto nei primi anni del nuovo secolo aumentare il tasso di aggressività nei confronti degli ebrei. Dopo un periodo di relativa flessione nel fenomeno generale nel 2003, esso si è riacuito nel 2004 e nel 2005 comprendendo stavolta anche Germania e Russia. I paesi europei si sono allertati e hanno preso numerose iniziative politiche e diplomatiche contro quello che le Dichiarazioni di Berlino e di Cordoba nelle Conferenze OSCE sull’antisemitismo del 2004 e del 2005 hanno segnalato come “pericolo per la democrazia”.Questa tendenza si è manifestata, quasi ovunque, più che altro in concomitanza con episodi legati al conflitto israelo-palestinese ed era riconducibile a settori dell’estrema destra, dell’estrema sinistra e del radicalismo islamico.Il problema in Italia Questa premessa sulla situazione in Europa permette di contestualizzare meglio la situazione del nostro paese, dove la situazione è alquanto differente.Dopo il periodo di crisi che ha avuto il suo acme nell’aprile del 2002 in concomitanza con l’assedio della chiesa della Natività a Betlemme da parte dell’esercito israeliano (in quell’anno si sono contate 150 segnalazioni di pregiudizio antiebraico), gli anni successivi hanno visto un ritorno alla “normalità” italiana: 80 segnalazioni nel 2003, 50 nel 2004, 40 nel 2005. Fino alla metà di giugno del 2006 sono state contate 36 segnalazioni di episodi. Il materiale raccolto testimonia un basso tasso di violenza (mediamente si contano all’anno da uno a tre episodi di violenza verso persone o di atti di vandalismo a cimiteri o istituzioni ebraiche). Il pregiudizio è stato espresso quindi in forma verbale o scritta, con una certa predominanza di graffiti sui muri delle città. Ma è stato espresso anche attraverso i libri, gli interventi nei forum e nei blog, i testi nei siti web, piuttosto che nei comportamenti della vita quotidiana verso il vicino di casa ebreo o verso lo studente a scuola.Da quanto emerge, se dovessimo analizzare la presenza del pregiudizio antiebraico in Italia solo dalla bassa incidenza annua di aggressioni a persone o vandalismi alle istituzioni ebraiche, cioè dal tasso di aggressività e dal numero delle segnalazioni, rapportata con quella di altri paesi dovremmo considerare il nostro paese un’oasi felice. Tuttavia un’analisi ravvicinata del tipo di segnali che emerge da alcuni libri, articoli, messaggi inviati ai forum o alle caselle di posta elettronica di privati o delle organizzazioni ebraiche, mostra un’atmosfera molto più densa di aggressività di quanto potrebbe sembrare.Dalla lettura dei segnali di pregiudizio, che naturalmente e fortunatamente non definiscono l’intera cultura del paese, emergono, con più forza negli ultimi anni, due filoni indipendenti ma che si influenzano a vicenda: un pregiudizio, totalmente negativo a priori, sulla politica del governo d’Israele, e nuove riproposizioni del vecchio tradizionale pregiudizio sugli ebrei, riconiugato e adattato secondo le suggestioni della cronaca internazionale.Per quanto riguarda il primo filone, occorre ricordare le polemiche riguardanti le decisioni politiche e militari del governo israeliano nel conflitto con il popolo palestinese, quando tali polemiche attribuiscono a Israele in modo totalmente acritico ogni responsabilità di quanto accade; oppure quando si usa un metro di giudizio squilibrato, non utilizzato per nessun altro Stato per valutare la sua politica o quando, ancora, i giudizi sono arroccati su posizioni preconcette che danno credito solo alla narrazione dei fatti della controparte. Tutto ciò trascende talvolta in una delegittimazione e in una demonizzazione dello Stato israeliano che coinvolge le sue istituzioni e l’intera sua popolazione civile. Vale la pena di ricordare che nell’indagine europea dell’Eurobarometro (ottobre 2003) sull’ ”Iraq e la pace nel mondo” il 48% degli intervistati italiani scelse Israele su 15 paesi quale quello che più minacciava “la pace nel mondo”. Percentuale peraltro tra le più basse d’Europa, dato che la media europea degli intervistati che aveva fatto la stessa scelta era del 59%.Solo per dare qualche esempio, è in questo clima ostile, fatto anche di connessioni arbitrarie e generalizzazioni, ambivalenze e ambiguità, che maturano episodi, come la contestazione – poi condannata dalla Conferenza dei Rettori delle Università - ad opera di alcuni Collettivi politici per impedire le conferenze di alcuni diplomatici israeliani nelle università di Pisa, Firenze e Torino (dall’ottobre 2004 al maggio 2005). O come la proposta di cessare la collaborazione scientifica con alcune università israeliane.E’ appunto in questo clima ostile che si mescolano in un unico contenitore Israele, sionismo, ebrei della diaspora. E così possiamo trovare in un libro (A.Asor Rosa La guerra. Sulle forme attuali della convivenza umana, Torino 2002) che “la razza perseguitata e diversa è divenuta una razza guerriera e persecutrice”, o su un quotidiano di sinistra (Liberazione maggio 2006) una vignetta di E.Apicella (“la fame rende liberi”) che ricolloca in Palestina il cancello di Auschwitz .Alla polemica antisraeliana si intrecciano talvolta le critiche contro la politica “da padroni del mondo” degli Stati Uniti in Medio Oriente. E poiché alcuni consiglieri della prima amministrazione del presidente G.Bush erano ebrei, nelle opinioni che si affidano a una lettura cospirativa della politica e della società, i consiglieri vengono presentati come gli ebrei-sionisti manipolatori della politica presidenziale, tutti gli ebrei americani vengono additati come i nascosti padroni sionisti dell’America, e gli ebrei di tutto il mondo come coloro che dominano il potere economico e politico mondiale.Tutto ciò genera una rinnovata figura globalizzata dell’”ebreo”, figura non nuova che richiama negli stilemi più elementari il modello complottista dei Protocolli dei Savi Anziani di Sion del primo Novecento.Queste opinioni sono spesso formulate in vario modo e secondo vari modelli politici e culturali, possono ispirarsi ai modelli della estrema sinistra o della estrema destra politica , piuttosto che alla cultura cattolica, ma l’immagine dell’”ebreo” ricco e potente nel mondo (“troppo” potente), dell’ebreo che in Palestina uccide i palestinesi è diffusa, come suggeriscono anche le indagini demoscopiche, più di quanto si immagini.Le indagini demoscopiche Un’indicazione utile sulla diffusione del pregiudizio antiebraico anche in quella parte della popolazione che non usa, o non ha possibilità di, esprimere la propria opinione sui mezzi di comunicazione, proviene dai risultati delle indagini demoscopiche.Data l’impossibilità di dare conto per esteso dei risultati delle varie, ci limitiamo a sottolineare alcuni dati indicativi, tratti sia da una serie di indagini dell’ISPO (Istituto per gli studi sull’opinione pubblica), dove alcune domande sono state poste a intervallo annuo, sia da altri istituti d’indagine italiani ed esteri.Nell’immagine collettiva la caratteristica maggiormente attribuita agli ebrei sembra essere ancora quella di avere una “speciale” relazione con il denaro: in tutte le indagini ISPO (2003, 2004, 2005) la quota di consensi si aggira intorno al 40%, vale a dire quasi la metà degli intervistati. Anche la prerogativa degli ebrei di essere “vittimisti” (“Gli ebrei dovrebbero smettere di fare le vittime per le persecuzioni di 60 anni fa”) raccoglie consensi tra più di un terzo degli intervistati. Tuttavia in questo caso la diminuzione dei consensi lungo i tre anni (dal 38% del 2003 al 31% del 2005) fa pensare che le innumerevoli iniziative di diffusione della storia della Shoah abbiano dato qualche risultato positivo. Altre tre domande che vale la pena di segnalare per la percentuale di consensi raccolti (qui sostanzialmente invariati lungo i tre anni) sono quelle che denotano un maggior senso di distanza e di rifiuto nei confronti degli ebrei: poco oltre il 20% degli intervistati dichiara che “gli ebrei non sono veri italiani” mentre circa il 10% dichiara direttamente che “ non mi sono simpatici e non mi ispirano fiducia”. Infine l’asserzione che rivela un radicale rifiuto: “Gli ebrei dovrebbero lasciare la nazione” ha raccolto intorno al 10% di consensi.Una annotazione interessante proviene dall’indagine ISPO del novembre 2003, la quale aveva anche rilevato, con una serie di domande che riguardavano le attitudini degli intervistati verso Israele, e la loro conoscenza della sua storia nonché della storia del conflitto israelo-palestinese, una scarsa conoscenza delle due realtà. La scarsa o nulla conoscenza di queste due realtà sembra inoltre essere correlata in modo direttamente proporzionale alla antipatia verso Israele e a un alto livello di antisemitismo. E viceversa. Questi dati portano un’ulteriore testimonianza su quanto nell’opinione pubblica siano connessi e interdipendenti l’attitudine verso gli ebrei, e quella verso lo Stato d’Israele e la situazione mediorientale. Ma la misurazione dell’antipatia verso Israele e dell’antipatia verso gli ebrei ci dava anche un’indicazione sulle propensioni in relazione all’autocollocazione politica. L’indagine del 2003, così come quella del 2004, rilevavano, in chi si riconosceva nell’ala estrema della sinistra, un’antipatia verso Israele e verso gli ebrei uguale o talvolta inferiore alla media degli intervistati, mentre in chi si riconosceva nell’ala estrema della destra l’indice di antisemitismo e l’indice di antipatia verso Israele erano tendenzialmente superiori alla media.Un’ultima osservazione sui risultati dell’indagine del 2004, che era stata condotta non solo sull’Italia ma anche su altri otto paesi europei. In questa indagine era stato rilevato per l’Italia un indice di antisemitismo superiore alla media europea. Per contro la Francia, paese dove nel 2002 erano stati segnalati 516 episodi antiebraici, e 503 nel 2003, l’indice di antisemitismo era inferiore alla media europea. Questo non solo testimonia la differenza tra attitudine e comportamento, ma ci suggerisce anche che il numero di episodi antiebraici in un paese non è necessariamente collegato con la generale attitudine della popolazione.Alla fine del 2003 ma soprattutto nel 2004, il dibattito sull’antisemitismo è stato più intenso per quanto era accaduto, e in parte stava ancora accadendo, in vari paesi europei. Un senso di allarme e una presa d’atto che il fenomeno stava facendo molti danni in Europa e poteva diventare un pericolo anche in Italia, ha suggerito quindi maggiori richieste di misurazione del pregiudizio antiebraico.Nell’indagine condotta dalla EURISPES nel dicembre2003-gennaio 2004 venne rilevata un’opinione che conferma quanto si diceva nei paragrafi precedenti. Infatti all’affermazione proposta dal questionario “Gli ebrei controllano in modo occulto il potere economico e finanziario nonché i mezzi di informazione” ha risposto affermativamente più di un terzo degli intervistati (34%). Una percentuale simile raggiunge il consenso di un’altra affermazione, molto connessa al dibattito attuale: il 34% pensava che “Il governo Sharon sta compiendo un vero e proprio genocidio e si comporta con i palestinesi come i nazisti si comportarono con gli ebrei”.I dati sull’Italia dell’indagine europea condotta dall’ADL (Anti-Defamation League) dell’aprile 2004, riaffermati peraltro da una successiva ricerca compiuta nel maggio 2005, confermano la presenza dell’opinione sul grande potere degli ebrei e la rafforzano: per un 14% degli intervistati gli ebrei hanno tout court “troppo potere in Italia”.Non ci sono notizie di indagini demoscopiche compiute nel 2006 su questi argomenti.Non vogliamo dimenticare infine una ricerca sociologica di Enzo Campelli sui giovani e il razzismo condotta per conto dell’UCEI e presentata nel giugno 2003. I risultati di questa ricerca, condotta su 2200 giovani dai 14 ai 18 anni, hanno ancora una volta confermato i dati precedenti: il 34.6% era d’accordo con l’affermazione secondo la quale “il potere finanziario nel mondo è in gran parte in mano agli ebrei”; il 17.5% pensava che “gli ebrei devono tornarsene in Israele”; il 22.7% che “non ci si può fidare completamente degli ebrei” e, infine, il 22% che “gli ebrei si sentono superiori a tutti gli altri”.Attitudine nei confronti della Shoà, revisionismo e negazionismoLe manifestazioni per il Giorno della Memoria sono sempre più diffuse. Da quelle organizzate dalle istituzioni parlamentari, alle quali partecipano le più alte cariche dello Stato, a quelle delle varie amministrazioni locali, alle iniziative del mondo scolastico - molto attivi i docenti - o di quello dello spettacolo e dello sport o, ancora, delle numerosissime associazioni private, tutte testimoniano, nella loro diversità, la partecipazione del Paese. I mezzi di comunicazione, televisione, radio, quotidiani e periodici, dedicano grande spazio a trasmissioni apposite, servizi ed articoli, Si organizzano convegni, proiezioni di film e documentari, mostre didattiche, conferenze, concerti, visite degli studenti ai campi di concentramento; si indicono minuti di silenzio in memoria dei deportati. Spesso queste manifestazioni sono organizzate insieme alle stesse istituzioni ebraiche. Talvolta nell’impossibilità di reperire oratori o materiale adatto per il 27 gennaio, la celebrazione viene anticipata o fatta slittare di settimane o di mesi, così che il ricordo della Shoah è presente di fatto nell’arco di molti mesi.Accanto ai vari aspetti della persecuzione, da qualche anno nelle manifestazioni si tende a dare sempre più spazio al ricordo dei casi di salvataggio, alla memoria di alcuni personaggi che rischiarono la vita per salvare gli ebrei, come Giovanni Palatucci e Giorgio Perlasca.Come già notato da vari anni, accanto a questa diffusa partecipazione sentita come l’espletazione di un dovere, si coglie peraltro anche una sensazione di stanchezza verso il tema della Shoah (vedi anche al paragrafo indagini demoscopiche). Da molte parti si lamenta che parlare solo delle persecuzioni antiebraiche sia riduttivo rispetto alle tante persecuzioni avvenute nel mondo. Per questo motivo si comincia ad affermare la tendenza di accostare, nel Giorno della Memoria, anche il racconto degli eccidi di altri popoli.Il negazionismo Il negazionismo, o almeno il dubbio che quanto si racconta sulla Shoah non sia del tutto vero, sembra essere ormai uscito dalle piccole enclave dei negazionisti militanti e diffuso in parte dell’opinione pubblica. A facilitare questa diffusione è probabilmente una certa tendenza minoritaria a voler leggere in chiave cospirativa e a mettere in dubbio la verità raccontata su molti dei grandi accadimenti della storia recente, dall’arrivo dell’uomo sulla luna alle responsabilità del crollo delle torri gemelle a New York. Dubbi più o meno apertamente espressi sull’effettiva dimensione della Shoah appaiono sui forum e sui blog di Internet, in qualche lettera dei lettori ai quotidiani, su qualche articolo a stampa, in qualche dichiarazione di uomo politico e, naturalmente, nelle tesi negazioniste pubblicate da piccole case editrici dell’estrema destra. Accanto alla negazione o al “ridimensionamento” della consistenza delle persecuzioni troviamo un tema già presente da almeno un decennio, ma sviluppato maggiormente negli ultimi sei o sette anni. E’ quello che accusa gli ebrei della diaspora e gli israeliani di avere costruito e utilizzato la Shoah per ricattare moralmente e finanziariamente il mondo non ebraico.Nelle già menzionate indagini ISPO del 2003, 2004, 2005 la domanda “Gli ebrei mentono quando sostengono che il nazismo ne ha sterminati milioni nelle camere a gas” ha raccolto circa il 10 % di consensi tra gli intervistati.Una opinione vicina a questa troviamo nell’indagine Eurispes del 2003-2004, con un 10% di persone che concordavano con l’asserzione “L’Olocausto degli ebrei è avvenuto realmente ma non ha prodotto così tante vittime come si afferma di solito”. Peraltro in questa indagine la frase che indicava il puro negazionismo (“L’Olocausto non è mai avvenuto”) raccoglieva solo il 3% dei consensi. Nella ricerca Campelli su ricordata il 17.4% dei giovani 14-18enni era dell’opinione che “ quando si parla dello sterminio degli ebrei si esagera su quello che è davvero successo”.I siti italiani appositamente dedicati alle tesi negazioniste, lanciati in Internet alcuni anni fa, sono ormai tutti chiusi. Rimangono le pagine italiane di due siti stranieri, l’Aaargh (Association des Anciens Amateurs de Récits de Guerres et d’Holocaustes) e il CODOH-(Committee for Open Debat on the Holocaust). Tuttavia, i siti italiani che contengono testi negazionisti insieme a quelli genericamente antiebraici sono ancora vari, da Holy War a Crimini terrore e repressione dei regimi totalitari comunisti.Dei circa 50 libri specificamente negazionisti raccolti nel dopoguerra, ben 14 sono stati pubblicati dal 2002 al 2005 (non si conoscono ancora pubblicazioni del 2006), pubblicati prevalentemente da una piccola casa editrice di Genova, la Effepi, che raccoglie in varie collane, oltre che testi originali degli anni ’30 e ’40 o saggi su singoli aspetti dell’organizzazione nazista, la polemica antiebraica e negazionista. Gli autori, sono i consueti: Carlo Mattogno, Robert Faurisson, Udo Walendy, ecc.Oltre ai libri appositamente dedicati alla “dimostrazione” dell’inesistenza delle camere a gas o di qualche altro aspetto della Shoah, altri testi contengono singoli capitoli o parti minori che contestano la dimensione dello sterminio o la posizione degli ebrei nel diffondere la sua memoria.I siti e i forum Forum e blog sono il luogo privilegiato dove può essere dato libero sfogo alle opinioni più radicali e irrazionali, sia per lo stile informale di intervento, sia per la possibilità di intervenire in modo anonimo, e nel caso dei forum per l’assenza di un mediatore. I singoli possono perciò facilmente intervenire in un dibattito ed esprimere anche nel modo più grezzo e violento gli stereotipi antiebraici più tradizionali.Per questi motivi queste espressioni possono essere trovate, oltre che in vari blog politicamente vicini all’estrema sinistra o all’estrema destra, in molti thread dei più vari forum di discussione online. Giusto solo per citare qualche esempio possiamo ricordare alcuni thread contenuti in Indymedia; nel forum del quotidiano online L’Unità, nel forum di Alice piuttosto che nel forum del Centro Culturale San Giorgio.I siti che dedicano importanti spazi alla polemica antiebraica sono una ventina, prevalentemente riconducibili alla cultura della destra radicale o al cattolicesimo integrista. Ma non mancano siti contigui al fondamentalismo islamico, alla sinistra radicale o ispirati alle teorie cospirative.Tra quelli attualmente visitabili, quelli particolarmente dedicati alla polemica antiebraica sono 7: alcuni consistono puramente nella versione on line dei periodici omonimi (Avanguardia, Sodalitium) o nel sito di una casa editrice che affianca il giornale online al catalogo delle sue pubblicazioni (Effedieffe). Alcuni siti permettono anche di scaricare testi antiebraici, come I Protocolli dei Savi Anziani di Sion, Il Talmud smascherato, Mein Kampf. Citiamo quale esempio Holy War, Kommando fascista, Crimini terrore e repressione…, Thule Italia. I temi possono essere legati alla cronaca italiana e internazionale, alla polemica antiisraeliana, piuttosto che alla classica polemistica antiebraica, come l’accusa di omicidio rituale o il complotto della giudeomassoneria.Quotidiani e periodici Sui quotidiani e sui periodici di grande diffusione possiamo dire che gli articoli direttamente connotabili come antiebraici, salvo qualche “scivolata” semantica, sono ormai molto rari. Ricordiamo qui solo una polemica (“Ora anche gli Ebrei contro la Croce”) avvenuta recentemente sulla Voce di Mantova. Nel giugno e nell’agosto 2005 il direttore polemizzava vivacemente contro la “tracotanza ebraica” per il fatto che la Croce Rossa stava decidendo di sostituire la croce con un rombo nel suo logo a causa del fatto che sia Israele che i paesi musulmani non accettavano il tradizionale simbolo della Croce Rossa (“per accontentare i sottanoni degli arabi e trecciolini che s’inzuccano contro un muro”). Rispondendo a una lettera di protesta di un esponente della Comunità di Mantova, il direttore terminava con l’ipotesi che un popolo perseguitato per 2000 anni sempre “vittima” non doveva essere stato.Quanto ai periodici che invece sono costantemente dedicati alla polemica antiebraica e che proseguono da anni le loro pubblicazioni, essi sono ormai pochissimi e rintracciabili solo per abbonamento, online o in alcune librerie “militanti” . Sono: il mensile Avanguardia, filofascista e filonazista, che sostiene il fondamentalismo islamico. In esso sono centrali le tematiche esplicitamente antiebraiche; il mensile Orion ,filofascista, filoislamico, antisionista e ostile al modello di società di tipo “occidentale”. Il pregiudizio antiebraico si esprime attraverso la critica al “mondialismo”, dove gli ebrei vengono individuati come importanti artefici di questa visione del mondo digregatrice, antispirituale e antitradizionale; Sodalitium, semestrale, tradizionalmente impegnato in una critica antiebraica sul modello preconciliare della Chiesa dei primi del Novecento. Occorre osservare che negli ultimi anni questo periodico ha sostituito gli interventi mirati con allusioni polemiche ricorrenti in articoli su argomenti apparentemente non strettamente riguardante l’ebraismo.Libri Dei 114 libri raccolti dagli anni Novanta ad oggi (compresi quelli negazionisti) quelli pubblicati negli ultimi quattro anni sono oltre i 50. Pur tenendo presente che alcuni di questi non sono interamente dedicati al tema antiebraico, o che pochi altri contengono tesi che potrebbero essere diversamente giudicate dall’essere propriamente antiebraiche, tuttavia la proporzione appare notevole.In attesa di uno studio più approfondito, potremmo avanzare qualche ipotesi per capire le ragioni di questo aumento della polemistica antiebraica: la liberalizzazione dei temi culturali, propria della cultura degli ultimi anni, piuttosto che la relativa “normalizzazione” dei temi propri dell’estrema destra che trascina con sé una sorta di ”normalizzazione” dei temi antisemiti. Ma forse questi motivi poco si attagliano a editori che solitamente non usufruiscono della grande distribuzione, e a testi che potremmo definire di “nicchia”: potremmo forse considerare queste iniziative quale “risposta” militante al fatto che sui grandi mezzi di comunicazione il tema ebrei/Israele/Shoah è molto presente negli ultimi anniLe case editrici sono soprattutto quelle militanti come Effedieffe, Effepi, Edizioni di Ar.I volumi ricorrenti sono ristampe di classici dell’antisemitismo dei primi del Novecento come I Protocolli o degli anni Trenta e Quaranta come L’ebreo internazionale di H. Ford o La giudeomassoneria e la guerra di A. Rosemberg. Sono autori del passato, come i cattolici I.B.Pranaitis, H.de Vries de Heekelingen o H.Belloc o autori più recenti come don C. Nitoglia, M. Blondet o A. Smith. Temi antichi come quelli che si ispirano al modello cospirativo ritornato in voga, oppure alle “trame” del sionismo internazionale o delle lobby ebraiche che comanderebbero in America o in Italia.Sport All’interno del mondo del tifo sportivo organizzato i gruppi ultras di alcune squadre di calcio usano spesso l’invettiva antiebraica per colpire l’avversario. Lungo questi ultimi quattro anni abbiamo avuto svariate testimonianze che riguardavano soprattutto le tifoserie estreme della Lazio. Ma anche le tifoserie delle squadre della Roma o del Vicenza sono state denunciate sulla stampa per alcuni episodi simili. Slogan, striscioni, scritte sui muri delle città che danno dell’”ebreo”, quale insulto lanciato contro la squadra o la tifoseria avversaria, oppure evocano particolari della Shoà quale minaccia (“Lazio Livorno Stessa Iniziale Stesso Forno”). L’evocazione del tema della Shoah potrebbe essere attribuita al fatto che in alcune tifoserie estremiste vi sono legami con la destra radicale e neofascista.Un episodio particolarmente serio è accaduto nel maggio 2005 durante la partita Maccabi-Pro Calcio Acilia per il girone allievi, quando i giocatori dell’Acilia hanno attaccato con frasi ingiuriose i tifosi del Maccabi a causa della Stella di Davide sulle loro insegne. Nel girone di andata i tifosi dell’Acilia avevano accolto i giocatori del Maccabi con croci celtiche e cori inneggianti al “duce”.Pregiudizio antiebraico nel mondo musulmano in Italia Per quanto riguarda ciò che accade nel mondo musulmano i segnali raccolti sono molto parziali. I motivi sono vari, primo fra tutti quello della barriera linguistica. Ciò premesso può essere utile ricordare le varie testimonianze apparse sulla stampa quotidiana e periodica, attraverso gli articoli di qualche giornalista esperto del mondo islamico, o interviste a singoli personaggi o da quanto emerge da qualche indagine della magistratura.Ricordiamo solo come esempio che solo nel 2005 è stata modificata la versione del Corano più diffusa in Italia (Il Sacro Corano Inimitabile, Imperia 1994) tradotta da Hamza Piccardo, la cui prima versione portava numerosi commenti antiebraici. Così si è avuta notizia che in alcune moschee e centri culturali islamici vicini ai movimenti fondamentalisti si siano potute ascoltare – o siano circolate in cassetta - prediche e conferenze antioccidentali e filojihad completate da osservazioni antiebraiche.Non più visibili, ma in vendita almeno fino ai primi mesi del 2004, erano alcuni libri antiebraici nel bookshop online dell’UCOII (Unione delle Comunità ed Organizzazioni Islamiche in Italia), come Misteri e segreti del B’nai B’rith di Ratier, o Il Talmud e i non ebrei di De Heekelingen. http://moked.it/ucei/

mercoledì 1 aprile 2009

Gerusalemme - zoo

M.O.: PALESTINESI E ISRAELIANI UNITI IN RAPINA A BANCA

Il crimine e' stato piu' forte delle divergenze politiche in Cisgiordania, dove banditi palestinesi hanno rapinato una banca con un'operazione orchestrata da un delinquente israeliano. Un segnale che preoccupa la polizia locale, che parla di pericolose nuove tendenze del crimine organizzato nei territori palestinesi. A Ramallah un gruppo di sei uomini armati ha assaltato un istituto bancario, portando via un bottino di 30mila dollari.31.3.09, http://www.repubblica.it/

Un ritorno alle radici per Krusty, il clown figlio di un rabbino ultraortodosso
I Simpson alle prese con il Medio Oriente

La serie più longeva arriva in Israele con il suo caricodi politicamente scorretto. Ma la produzione sarà cauta
Francesco Battistini , 28 marzo 2009 http://www.corriere.it/
GERUSALEMME - Se il pericolo è il nucleare iraniano, chi meglio di Homer che maneggia il plutonio e s’annoia da una vita a fare l’ispettore di sicurezza nel settore 7G della centrale di Springfield? Se il punto è dirimere torti e ragioni, chi più adatto di sua moglie Marge, del senso della quieta vita familiare che la pervade? E se quel che serve è un autorevole mediatore americano, perché non la piccola Lisa che da sempre sta coi democratici (visto che Bush diceva: «Vorrei un’America di famiglie che non somiglino ai Simpson») e intanto sogna di diventare la prima donna presidente degli Stati Uniti? Gli autori ci hanno pensato un po' e alla fine, massì, hanno deciso: è venuta l’ora che i Simpson la piantino di prendersela solo coi politici corrotti di casa loro ed entrino nell’arena internazionale. E dopo aver viaggiato per piacere in Gran Bretagna e in Australia, in Francia e in Giappone, finalmente partano per una meta assai meno pacifica: il Medio Oriente. ARABI E ISRAELIANI - Arrivano con la prossima serie. A portare feroce humour, a sbugiardare comportamenti ipocriti, a smascherare bugie colossali nell’eterno conflitto arabo-israeliano. «Penso che l’anno venturo andremo a trattare questo tema come non è stato ancora affrontato - dice Al Jean, il produttore esecutivo della più longeva e spietata sitcom animata mai trasmessa -. La premessa è che ebrei, musulmani e cristiani sono accomunati da tutte quelle cose che fanno diventare matto Homer. È l’unica cosa su cui possono finire per trovarsi d’accordo». Quando i Simpson nacquero, era il 1987, si era alla vigilia della prima intifada e il primo episodio della serie s’intitolava «Un Natale da cani». «Ci occuperemo anche della culla della cristianità - spiega Jean -, li faremo andare a Betlemme e poi al Muro del pianto e sulla Spianate delle Moschee. Un ritorno alle radici, anche per Krusty». Dove Krusty è il clown d’origine ebrea che all’anagrafe fa Herschel Shmoikel Pinkus Yerucham Krustofski, figlio d’un rabbino ultraortodosso (che nell’originale americano ha pure la voce d’un vecchio attore della comunità ebraica newyorkese, Jackie Mason): padre e pagliaccio si beccano di continuo, nell’indignazione del genitore per la scellerata vocazione clownesca di Krusty.PIEDI DI PIOMBO - Incompetenti, irriverenti, politicamente scorretti: gli argomenti delicati non mancano, per irritare qualcuno. Anche se non è la prima volta che i Simpson si misurano con grandi temi che escano dal quotidiano americano. Nel 2003 misero becco in Iraq e fu proprio una loro battuta sui francesi contrari alla guerra, «arrendevoli scimmie mangia-formaggio», a essere ripresa dalla stampa più conservatrice e a diventare un tormentone nelle accuse all'«imbelle Europa». Con israeliani e arabi è probabile che la produzione voglia andarci un po' più cauta, ma già si mette in conto che qualcuno s'offenderà. Accadde anche in Giappone, qualche anno fa, con un episodio che satireggiava pesante sull’imperatore Akihito. Intervennero le autorità nipponiche, la serie fu censurata. E per una volta, l’unica, anche Homer dovette tapparsi la bocca.

lago di Tiberiade (Kinnereth)

Giochi del Mediterraneo

Il prossimo 26 Giugno, a Pescara, avranno luogo i Giochi del Mediterraneo. A questa manifestazione, che raccoglie le squadre di tutti i paesi che si affacciano sul bacino del Mediterraneo, è assente la squadra Israeliana.La rappresentativa israeliana è assente per effetto dei veti espressi dai Paesi Arabi che hanno a più riprese minacciato il ritiro delle loro squadre qualora partecipasse quella israeliana.Il Comitato Olimpico italiano, organizzatore dei giochi di quest'anno, non ha posto in essere alcuna azione volta ad includere Israele tra i paesi partecipanti. L'inerzia del CONI è particolarmente grave poiché si tratta di un ente di una nazione, quale l'Italia, storicamente amica di Israele. La stessa nazione che pochi giorni fa ha fatto pesare la propria contrarietà riguardo la bozza di risoluzione della conferenza Durban II, la stessa nazione che si spende per la pace in Medio-Oriente, pace che non si raggiunge certo con l'esclusione.Come reazione a questa esclusione è nato, su Facebook, un gruppo “Contro l’esclusione di Israele dai giochi del Mediterraneo a Pescara” che, anche grazie all'appoggio di importanti esponenti del mondo politico, della cultura e del giornalismo, intende dar vita ad iniziative che sollecitino la risoluzione del problema da parte dell'ente organizzatore, il CONI. Non è infatti accettabile l'indegno scarica barile che gli esponenti del CONI hanno messo in atto per smarcarsi dal problema.E' per questo che chiediamo al CONI, quale rappresentante dell'Italia all'interno del Comitato Olimpico Internazionali, di farsi promotore della partecipazione della rappresentanza Israeliana alle prossime edizioni dei Giochi del Mediterraneo.Chiediamo al riguardo che il CONI ponga quale precondizione alla partecipazione Italiana alle prossime edizione l'ammissione della rappresentativa Israeliana, usando, di fatto, la stessa minaccia ad oggi usata dai paesi arabi.Chiediamo, inoltre, che il CONI stesso colga l'occasione per dedicare le cerimonie di apertura e di chiusura dei Giochi di Pescara agli atleti Israeliani assassinati a Monaco.Su questa richiesta il Gruppo ed i firmatari condurranno la loro battaglia civile.
Daniele Nahum Presidente Unione Giovani Ebrei d’Italia, Enzo Biassoti e Alessio Di Carlo Fondatori Gruppo Contro l’esclusione di Israele dai giochi del Mediterraneo a Pescara
Per adesioni: controesclusionedisraele@gmail.com


Pizza di Pesach

INGREDIENTI: Matzòt grosse (6), melanzane (2), passata di pomodoro (1 bottiglia),formaggio da fondere (350-400g), basilico (6 foglie), olio extra vergine d’oliva, sale. PREPARAZIONE: Tagliare le melanzane a fette sottili e friggerle. Disporle in carta per fritto per assorbire bene l’olio.Mettere le matzòt in una teglia per forno rivestita di carta forno: su ogni matzà distribuire il pomodoro, il basilico, le fette di melanzane, il formaggio, olio e sale. Cuocere in forno a 120° per 20 minuti. Sullam n.28

martedì 31 marzo 2009

Rania Al Abdullah

Israele-Giordania, missione segreta per salvare il cane della regina

Ma il «viaggio della speranza» a Beit Dagan è stato inutile. Al confine era in attesa un' auto che ha portato il cane nella migliore clinica veterinaria dello Stato ebraico . Critiche sul blog «Trovo vergognoso che Abdullah pensi a salvare un animale e non faccia niente per i palestinesi»
Taciuto a lungo, come un segreto di Stato. Sepolto subito, come un affetto segreto. Ignoto ai più, come un agente segreto. Non ne rivelano il nome, né la razza. E al telefono negano particolari: «Non possiamo dire nulla - spiega Orit, cortese portavoce della clinica veterinaria di Beit Dagan -Siamo legati al diritto di privacy d' ogni nostro paziente...». La privacy d' un cane? «Ci siamo capiti: la privacy dei padroni del cane». Can che muore non abbaia, soprattutto se i padroni sono le Loro Altezze Reali Abdullah II Bin al-Hussein e Rania Al Abdullah, i sovrani di Giordania. Che in gennaio, nel pieno del bombardamento israeliano su Gaza - mentre morivano mille e più persone, mentre il re condannava in pubblico l' attacco «che avrà come unico risultato d' infiammare la regione», mentre la regina d' origine palestinese manifestava solidarietà ai «fratelli sofferenti» - qua e là trovavano il tempo di palpitare per un dolore più vicino, l' agonia del loro cane. Fino a osare l' inaudito: portare di nascosto la bestiola oltreconfine, in Israele, perché qualcuno la salvasse. Mors tua, cane mio. Solo chi ci è passato sa che cosa sia, la sofferenza del miglior amico. Però c' è poca privacy da proteggere, qui, e l' affare è diventato anche politico. Nell' imbarazzo nella reggia hashemita, ora che la storia è stata resa pubblica da un incauto veterinario di corte. Le cose sono andate più o meno così. Il fidato quattrozampe stava sempre peggio, probabilmente per un tumore. La razza l' ha poi rivelata il giornale del Qatar Alraya: un saluki (levriero persiano), animale bellissimo che il bisnonno del re, Abdullah, allevava con passione. Rania, disperata, ha chiesto al suo consigliere il daffarsi, ottenendo un consiglio prezioso: c' è una sola clinica in tutto il Medio Oriente che possa qualcosa per casi come questo, l' Università ebraica di Beit Dagan. Una telefonata, la disponibilità. La regina ne avrebbe parlato col re, poche ore e il viaggio della speranza era bell' e organizzato: una vettura speciale, due militari di scorta, ha accompagnato la povera bestia al confine, consegnandola a una staffetta israeliana. Tutto inutile, però. Tempo un paio di giorni, e il cane è morto. Un' altra telefonata dei veterinari di Beit Dagan, di cortesia stavolta - «ci dispiace, era troppo malato» - e il mesto corteo è tornato ad Amman, per la sepoltura. Scatenati i blog arabi, dove l' impuro scodinzola e ha quattro zampe: «Trovo vergognoso che Abdullah, l' amico degli israeliani, pensi a salvare un animale e non faccia niente per i palestinesi» (lohyi79); «cani figli di cani che piangono per i cani» (rshihabi.net). Silenzio assoluto da palazzo reale. «Non c' è da stupirsi - commenta un diplomatico ad Amman -. Italiani, olandesi, inglesi: i cani degli ambasciatori in Giordania giocano spesso insieme, nel giardino dell' ambasciata israeliana, ma quello del re non abbiamo mai avuto il piacere di vederlo. C' è una tradizionale riservatezza, negli affari privati, che s' estende anche agli animali della corte». La passione animalista di Rania è nota. Tre anni fa, per la festa islamica del sacrificio, trovò udienza una protesta ambientalista contro l' importazione e lo sgozzamento di 900mila pecore australiane. E nel 2007 è stata la regina, con lungimiranza sociale, a fondare il «Garden Sanctuary» di Amman per l' assistenza agli animali: sale operatorie, farmacie, pronto soccorso, laboratori ai raggi X, cure veterinarie gratuite a tutti quegli asini, quelle galline, quegli ovini che sono l' unica fonte di reddito per 45mila famiglie giordane. «È un centro che non ha rivali in tutto il Medio Oriente», disse all' inaugurazione: in tutto, meno che in Israele. Francesco Battistini (30 marzo 2009) - Corriere della Sera

Donatella Di Cesare

La tradizione, anima universale e permanente della coscienza ebraica

Nell’ebraismo, molto più che altrove, la tradizione svolge un ruolo – è il caso di dire – fondamentale. Non sono pochi i precetti o anche le consuetudini riconducibili solo alla tradizione. E se si pretende di trovare una spiegazione razionale, ci si trova in grande imbarazzo. Questo porta alcuni a credere che la tradizione sia qualcosa di fermo e statico. Perciò dovrebbe essere sottoposta al vaglio critico della ragione, riformata e alla fin fine respinta. Questo è l’atteggiamento dell’uomo che crede di essere illuminato e che chiama la tradizione a rispondere davanti al tribunale della ragione. Ma di quale ragione? La sua? O una ragione che si vuole a tutti i costi universale? E soprattutto: c’è davvero una alternativa fra tradizione e ragione? Quanta tradizione è già confluita nella nostra ragione che è sempre finita e storica? È sbagliato prendere per tradizionalismo un concetto positivo di tradizione. Perché la tradizione è un processo vivo di trasmissione storica del passato. È come un dialogo ininterrotto a cui tutti prendiamo parte. Nell’ebraismo la tradizione è quel momento riflessivo che si inserisce fra l’assoluto del Sinai e l’oggi peculiare di ciascuno, fra la rivelazione e la ricettività spontanea e creativa di ogni ebreo.Donatella Di Cesare, filosofa http://www.moked.it/

Gerusalemme

Glossario

ABU MAZEN Mahmūd Abbās - conosciuto anche come Abū Māzen (Safad, 26 marzo 1935) è un politico palestinese. Il 9 gennaio 2005 è stato eletto alla presidenza dell' Autorità Nazionale Palestinese, carica precedentemente ricoperta fino alla morte dal leader palestinese Yasser Arafat. Mahmūd Abbās è il primo presidente palestinese nominato sulla base dell'esito di una tornata elettorale.
ACCORDI DI OSLO Ufficialmente denominati Dichiarazione dei Principi riguardanti progetti di auto-governo Interinali o Dichiarazione di Principi (DOP), furono conclusi a Oslo, in Norvegia il 20 agosto 1993, e subito dopo ebbe luogo la cerimonia pubblica ufficiale di firma a Washington D.C. il 13 settembre1993 con Yasser Arafat che siglò i documenti per conto dell' Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP) e Shimon Peres che firmò per conto dello Stato d'Israele.
AL-FATAHAl-Fatah o, più comunemente, Fatah è un'organizzazione facente parte dell'Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP). Al-Fatḥ è stata fondata nel 1959 da Yāser Arafāt.Il nome deriva da FTH, acronimo inverso dell'espressione araba Harakat al-Tahrīr al-Filastīnī (Movimento di Liberazione Palestinese, quindi parole molto simili a quelle che compongono l'acronimo OLP). L'acronimo "HATF"avrebbe avuto lo stesso suono di un sostantivo che significa "morte", e perciò Arafāt preferì invertire l'acronimo che,come "F[A]TH”, può venire così anche a significare "conquista" o "vittoria in battaglia".
ANP L'Autorità Nazionale Palestinese, in sigla ANP, è un'istituzione stabilita per disciplinare il controllo di determinate aree nella Striscia di Gaza ed in Cisgiordania.
ANTIOSINISMOL' antisionismo è l'atteggiamento politico di coloro che si oppongono al sionismo ed allo Stato d'Israele. Costituisce un'obiezione di fondo all'esistenza stessa dello stato ebraico e non già l'esercizio di una legittima critica all'operato del suo governo, sebbene la questione sia sovente disputata. Negli ultimi decenni l'antisionismo ha conosciuto ampia diffusione negli ambienti dell'Integralismo religioso di matrice islamica (e, sebbene in misura assai minore, in ambienti del fondamentalismo cristiano) e in settori dell'estremismo politico di sinistra. A volte l’Antisionismo è divenuto copertura per forme di vero e proprio antisemitismo, nascondendo dietro la critica violenta di Israele unatteggiamento di odio nei confronti degli ebrei.
BOMBE ALL’INDROGENO Le bombe all'idrogeno o bomba H (più propriamente bomba a fusione termonucleare incontrollata, in gergo"la superbomba") è una bomba a fissione-fusione-fissione in cui una normale bomba atomica, che serve da innesco,viene posta all'interno di un contenitore di materiale fissile insieme a degli atomi leggeri. Quando la bomba A esplode, innesca la fusione termonucleare dei nuclei degli atomi leggeri; questo processo provoca a sua volta la
fissione nucleare del materiale che la circonda.
CAMP DAVID Gli accordi di Camp David furono firmati dal presidente egiziano Anwar al-Sadat e dal Primo Ministro israeliano Menachem Begin il 17 Settembre 1978, dopo dodici giorni di negoziati segreti a Camp David. La firma ebbe luogo alla Casa Bianca sotto l’auspicio del Presidente degli Stati Uniti Jimmy Carter. Gli accordi portarono direttamente alTrattato di pace israelo-egiziano del 1979.
GAZA-STRISCIA DI GAZA Col termine Striscia di Gaza si indica un territorio palestinese confinante con Israele e Egitto nei pressi della città di Gaza. Si tratta di una regione costiera di 360 km² di superficie popolata da circa 1.400.000 abitanti di etnia arabo palestinese. Quest'area non è riconosciuta internazionalmente come uno Stato sovrano, ma è reclamata dall'Autorità Nazionale Palestinese come parte dei Territori palestinesi. Dalla battaglia di Gaza del 2007 il governo della striscia è oggi nelle mani dell'organizzazione palestinese Hamas.
GERUSALEMME EST Gerusalemme Est è la parte orientale di Gerusalemme che, prima occupata e poi annessa dalla Giordania a seguito della Guerra arabo-israeliana del 1948, fu a propria volta occupata ed annessa da Israele con la Guerra dei sei giorni del 1967. La sovranità territoriale su Gerusalemme Est è ancora oggetto di controversia internazionale, e la determinazione del suo status permanente costituisce probabilmente il principale ostacolo al processo di pace in Medio Oriente
HAMAS Ḥamās, acronimo di Ḥarakat al-Muqāwama al-Islāmiyya è un'organizzazione religiosa islamica, palestinese di carattere paramilitare e politico,che attualmente detiene la maggioranza dei seggi dell'Autorità Nazionale Palestinese.Fondata dallo Shaykh Ahmad Yasin, Abd al-Aziz al-Rantissi e Mohammad Taha nel 1987 come appendice dei Fratelli Musulmani, nella creazione di uno Stato islamico in Palestina, effettuava inizialmente attentati suicidi contro civili ed esercito israeliano. Hamas gestisce anche ampi programmi sociali, e ha guadagnato popolarità nella società palestinese con l'istituzione di ospedali, sistemi di istruzione, biblioteche e altri servizi in tutta la Cisgiordania e Striscia di Gaza. Lo Statuto di Hamas richiede la distruzione dello Stato di Israele e la sua sostituzione con un Stato islamico palestinese nella zona che ora è Israele, la Cisgiordania e la Striscia di Gaza. La stessa carta dichiara che "Non esiste soluzione alla questione palestinese se non nel jihad".
HEZBOLLAH Hezbollah o Ḥizb Allāh, ossia “Partito di Dio” è un partito politico sciita del Libano fondato nel giugno 1982, dotato di un'ala militare, creata con l'appoggio della Repubblica Islamica dell'Iran per opporre una resistenza armata all'invasione e all'occupazione israeliana del Libano. L'emblema a bandiera di Hezbollah è caratterizzato da un drappo giallo al cui centro campeggia parte di un versetto del Corano, Sura V, versetto 56, che recita: "E coloro che scelgono per alleati Dio e il Suo Messaggero e i credenti, in verità il partito di Dio saranno i vittoriosi." La lettera alif, prima lettera del nome di Dio, è graficamente resa come una mano che stringe un fucile AK-47 ed è affiancata da una rappresentazione schematica del globo terrestre.
IDF Le forze armate israeliane sono internazionalmente note con l’acronimo IDF, cioè Israel Defence Forces, Tseva Haganah le Israel (Esercito di difesa di Israele) e sono citate anche come Tzahal o Tsahal.
INTIFADA Intifāda è un termine arabo che vuol significare nella fattispecie "rivolta", "sollevazione".Il termine è entrato nell'uso comune come nome con cui sono conosciute due recenti campagne dirette a porre fine alla presenza israeliana in Palestina, presenza considerata legittima dagli israeliani e occupazione militare dalla controparte.L'Intifāda è uno degli aspetti più significativi degli anni recenti del conflitto israelo-palestinese.
JIHAD Jihad è una parola araba che significa "esercitare il massimo sforzo" o "combattere". La parola connota un ampio spettro di significati, dalla lotta interiore spirituale per attingere una perfetta fede fino alla guerra santa. In quanto termine istituzionale si raccomanda di conservare il genere maschile, originario arabo (il jihād), anche alla luce del suo primario significato letterale di "sforzo" o "impegno". Ciò consentirà inoltre di rendere invece femminile la parola (la jihād) quando si voglia parlare di un'organizzazione militante, tradizionalista o terrorista che faccia uso appropriato o strumentale di questo termine, intendendolo chiaramente come "guerra santa".
LA LEGA ARABALa Lega Araba o Lega degli Stati Arabi è un’organizzazione internazionale politica di stati nata il 22 marzo 1945, simile all’Unione Europea ma, diversamente da quest’ultima, non in grado finora di conseguire una significativa integrazione anche solo economica e monetaria- tra i suoi paesi membri. Principali attività sono, invece, il semplice(ancorché importante) coordinamento dell’economia, della difesa, delle attività culturali e sociali e della salute pubblica.
MAHMUD AHMADINEJAD Mahmud Ahmadinejad (Aradan 28 ottobre 1956) è un politico iraniano, sesto ed attuale Presidente della Repubblica Islamica dell’Iran dal 3 agosto 2005. Ahmadinejad è stato sindaco di Teheran dal 3 maggio 2003 fino al 28 giugno 2005, ed è considerato un conservatore religioso; prima di diventare sindaco era ingegnere civile e professore all’Università Iraniana di Scienza e Tecnologia. Politicamente, è un membro del Consiglio Centrale degli Ingegneri della Società Islamica, ma ha una base politica molto più potente all’interno dell’Alleanza dei Costruttori dell’Iran islamico, (chiamato anche Abadqaran). E’ considerato una delle figure principali all’interno di questa formazione.L’alleanza si è divisa durante le prime elezioni del 2005 sostenendo lui e Mohammad Bagher Ghalibaf ma, mentre i membri del Consiglio Cittadino di Teheran appoggiavano Ahmadinejad, i rappresentanti parlamentari di Teheran si esprimevano a favore di Ghalibaf.
MOSCHEA AL-AQSA Fa parte del complesso di edifici religiosi di Gerusalemme noto sia come Monte Majid o al-Haram al-Sarif (il Nobile Santuario) da parte dei musulmani e Har ha-Bayit (Monte del Tempio) dagli Ebrei. E’ situato nella parte orientale di Gerusalemme, un territorio disputato, governato da Israele da quando è stato occupato nel 1967, ma rivendicato dai palestinesi come parte del futuro Stato di Palestina. E’ la più grande moschea di Gerusalemme e può ospitare circa 5.000 fedeli all’interno e attorno ad essa.
NATO Il North Atlantic Treaty Organization, acronimo NATO, o Organisation du Traité de l’Atlantique du Nord, acronimo OTAN, in italiano Organizzazione del Trattato Nord Atlantico, è un’organizzazione internazionale per la collaborazione nella difesa. Costituita nel 1949 in supporto del Patto Atlantico firmato a Washiongton D.C., il 4 aprile 1949.
OLP L’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP) è un’organizzazione politica e paramilitare palestinese, considerata dalla Lega araba a partire dal 1974 la legittima “rappresentante del popolo palestinese”. Fondata a Gerusalemme nel maggio del 1964 da una riunione di 422 figure nazionali palestinesi a seguito di una precedente decisione della Lega araba, il suo obiettivo era la liberazione della Palestina attraverso la lotta armata. L’originale Statuto dell’OLP (del maggio 1964) dichiarava che “la Palestina all’interno dei confini che esistevano al momento del mandato britannico è una singola unità regionale” e ha cercato di “vietare … l’esistenza e l’attività” del sionismo.Ciò è stato inteso come riferimento alla distruzione di Israele.
ONU L’Organizzazione delle Nazioni Unite, in sigla ONU, spesso abbreviata in Nazioni Unite, è la più importante organizzazione internazionale, in particolare è un’organizzazione intergovernativa. Le Nazioni Unite hanno come fine il conseguimento della cooperazione internazionale in ambito di sviluppo economico, progresso socioculturale,diritti umani e sicurezza internazionale. Relativamente alla sicurezza internazionale in particolare ha come fine il mantenimento della pace mondiale anche attraverso efficaci misure di prevenzione e repressione delle minacce e violazioni ad essa rivolte.
RAZZO QASSAM E’ un rudimentale razzo in acciaio pieno di esplosivo, prodotto da Hamas. Non ha bisogno di artiglieria per essere lanciato ed è privo di qualsiasi sistema di guida.
Comunità Ebraica di Roma Dipartimento Educativo Giovani Fonte: www.wikipedia.org


Cedrini di Purim

INGREDIENTI: 330gr di mandorle dolci, 320gr di zucchero a velo, 50gr di cedro candito, 80 gr di cioccolato fondente, 2 bicchierini di liquore dolce (tipo gran marnier...), 1 uovo, un pizzico di vanillina.PREPARAZIONE:Tritare finissime le mandorle e mescolarle con lo zucchero, l'albume ed il liquore. Fare un impasto liscio da stendere con il mattarello e tagliarlo a piccoli dischi che verranno riempiti con un impasto fatto di cedrini, cioccolata grattugiata insieme al rosso d'uovo e a una puntina di zucchero. Chiudere i dischi come i ravioli. Non necessitano cottura. Beteavòn
Sullam n.26

forno ghetto romano

Biscottini di Purim

INGREDIENTI: 5 hg. di noci, 1,5 hg. di cacao dolcificato in p o l v e r e , 3 h g . d i z u c c h e r o , 4 u o v a ,1/2 bicchiere di olio. PREPARAZIONE: Tostate le noci e tritatele finemente. In una ciotola mescolate le uova con lo zucchero, quindi aggiungete le noci tritate, il cacao, il cedro tagliato a pezzetti, la farina: quando l'impasto sarà omogeneo formate con le mani unte d'olio tante palline grandi come noci e mettetele su di una piastra unta d'olio. Cuocete a forno moderato.

Lago Tiberiade (Kinnereth)

Per l’Halachà, l’omosessualità non è una malattia

Tutt’altro che sessuofobo, l’ebraismo mette la sessualità al centro dell’unione di coppia. In ognuno di noi la libido oscilla tra maschile e femminile Gay, omosessuale, lesbica. Qual è la posizione dell’ebraismo al riguardo? Un acceso e recente dibattito sull’argomento ha visto protagonisti un gruppo di 40 ragazzi di Efes2 e Rav Shalom (Mino) Bahbout, figura storica dell’ebraismo italiano, docente universitario di Fisica e Statistica. Argomento di grande attualità, specie dopo la polemica sul cosiddetto Homocaust, l’olocausto degli omosessuali nei lager nazisti. Tutt’altro che sessuobo, l’ebraismo da sempre mette la sessualità al centro dell’unione di coppia e del concetto di famiglia, ha spiegato Bahbout.Tuttavia, nella Torà, i comportamenti omosessuali vengono fortemente stigmatizzati: secondo il Midràsh, Cam viene maledetto per aver abusato sessualmente del padre Noach ubriaco; ma ben più esplicito è l’episodio di Sodoma e Gomorra. In entrambi i casi però, non si trova una condanna diretta alla natura omosessuale, ma esclusivamente all’atto fisico in sé, che in questi due casi è meno grave rispetto ad altre mancanze (quella dell’ospitalità dei Sodomiti e quella del rispetto verso la figura paterna). In generale possono esistere poi pulsioni sessuali così forti da non poter essere controllate e quindi l’omosessuale può essere considerato una sorta di anùs (“costretto”), reso schiavo dalla propria natura e dalla compulsività, spiega Bahbout. Ma anche così l’atto rimane proibito. Va precisato che parliamo di persone che fin dalla nascita manifestano interesse per l’altro sesso e non di coloro che possono farlo per motivi episodici (prostituzione, gusto dell’avventura, per moda...). E che dire poi del problema della diversità fisica? Ossia quando una persona presenta attributi del sesso opposto, oppure non li ha sviluppati verso nessuno dei due sessi? Nella Mishnà si trovano riferimenti al caso dell’androghinòs (ermafrodita) e dei tumtum (persone il cui sesso non si è ancora rivelato): su queste due figure non è stata trovata una definizione condivisa e anche nell’ebraismo vale qualcosa di simile al principio freudiano: “In ognuno di noi, attraverso tutta la vita, la libido normalmente oscilla tra l’oggetto maschile e quello femminile”. Scendendo nella normativa halakhica, conclude Bahbout, è l’atto in sé ad essere proibito, ma non sono in genere sanzionate le tendenze ed i pensieri. Inoltre anche per un omosessuale non vengono meno i doveri religiosi (come ad esempio salire al Sefer di shabbat), anche se posizioni più estreme non condividono questa impostazione. L’omosessualità femminile è invece meno vincolata a restrizioni: non esistono divieti espliciti nella Torà e l’obbligo della procreazione rimane di primaria responsabilità maschile. Tuttavia i Maestri proibiscono anche le pratiche lesbiche (era tra i comportamenti sessuali abominevoli praticati in Egitto ai tempi della schiavitù, Maimonide, Hilchot Isuré Bià 21,8), riconoscendone ai fini della procreazione il forte potenziale negativo, pericoloso per la trasmissione identitaria. In ogni caso, nell’ebraismo, l’omosessualità non viene certamente considerata una malattia da curare. Marzo 2009, da Bollettino Com. Ebraica di Milano n. 12/2009

lunedì 30 marzo 2009

Idan Raichel

MUSICA: ESCE IN ITALIA 'WITHIN MY WALLS' NUOVO ALBUM DI 'THE IDAN RAICHEL PROJECT'

Roma, 28 mar. - (Adnkronos) - Esce in Italia ''Within My Walls'' il nuovo album di The Idan Raichel Project, uno dei piu' acclamati gruppi di world music a livello internazionale, guidato dalla pop star israeliana Idan Raichel, trentunenne tastierista, compositore, produttore e arrangiatore. The Idan Raichel Project e' esploso sulla scena musicale nel 2002, rivoluzionando, fin dal suo esordio, il volto della musica popolare israeliana grazie alla contaminazione tra la pop music israeliana e una suggestiva miscela di musica etiope tradizionale, poesia araba, canti yemeniti, ebraici e ritmi caraibici. Il primo album pubblicato in Israele ha venduto oltre 150.000 copie diventando velocemente uno dei piu' grandi successi nella storia della musica israeliana popolare, e conseguendo numerosi dischi di platino. Sulla scia di questa esplosiva ascesa di popolarita', di record di vendite battuti in Israele e concerti sold-out intorno al mondo, Idan Raichel e' tornato al dirigere The Idan Raichel Project per il suo secondo album internazionale ''Within My Walls'', in uscita negli US e in Canada il 24 febbraio 2009 e nel resto del mondo e in Italia a marzo. Nel frattempo The Idan Raichel Project si sta attrezzando per affrontare, nel corso del prossimo anno, nuovi tour internazionali per portare sui principali palcoscenici una miscela sempre meglio assortita di musicisti. Alla base del nuovo album di Idan Raichel ci sono il tema del conflitto tra sogno e realta', tra il desiderio di esplorare il mondo e quello di restare al sicuro nella propria casa e questioni universali come la ricerca della soddisfazione personale e il profondo significato dell'amore in un mondo sempre difficile e in conflitto.

Lago Tiberiade (Kinnereth)

Cari amici inviandovi i migliori auguri per la vicina festa di Pasqua che coincide quest'anno durante i giorni della Pasqua ebraica festa della liberta' festa della Primavera e della rinascita dopo l'inverno vi segnalo l'album fotografico che riassume la serata del 19 marzo a Gerusalemme annuale serata di "Tsad Kadima "che ho organizzato quest'annocol valido aiuto di mio figlio Yoel http://www.facebook.com/album.php?aid=98596&id=787730311&l=fd323706fc il link e' apribile senza legame col facebook mi auguro di continuare con tutti un sincero legame di amicizia e collaborazione a tutti un affettuoso abbraccio Alessandro Viterbo

Israele deve fare la pace... Due popoli per due stati, anzi, meglio un solo stato per due popoli (!?!)...


Israele deve smantellare il "muro"... Israele deve aprire i valichi... Israele deve rispettare le risoluzioni Onu... Le risposte d'Israele devono essere proporzionate... Israele qui, Israele là... Bla bla bla... Pace, pace, pace.... Già, la pace. Ma con chi? Con Hamas che lancia dozzine e dozzine di missili dalla Striscia di Gaza inutilmente evacuata dagli israeliani nel 2005 che, in nome della pace, ha deportato i suoi cittadini nel Negev? No, certo che no! Con L'Autorità Palestinese di Abu Mazen? Ovvio che sì... O no?No, decisamente meglio di no. Leggete qui sotto. Per una buona volta - e dico una - che la controparte palestinese NON ha indottrinato la gioventù all'odio e alla menzogna, apriti cielo! Un'orchestra di giovani palestinesi ha suonato ad un concerto in onore dei sopravvissuti dell'Olocausto e... per punizione, l'Autorità Palestinese ha smantellato l'orchestra. L'Olocausto è una questione politica, ha sostenuto Adnan Hindi, e i giovani non devono essere coinvolti in questioni politiche (evidentemente i campi d'addestramento per terroristi bambini non sono questioni politiche!). Di qui lo smantellamento e non poche grane per Wafa Younis, direttore della giovane orchestra palestinese.Intanto, buona notizia davvero, l'Italia non espellerà i tre terroristi palestinesi (e relative famiglie) che avevano posto sotto assedio la chiesa della Natività di Betlemme. Sono con noi dal 2002: avrebbero dovuto restare un anno soltanto, ma evidentemente si trovano bene e non se ne vogliono andare. Pensavate che l'Italia non sarebbe stata in grado di trovare altro denaro per foraggiarne la lussuosa permanenza? Mica sono insegnanti, operai, precari o poliziotti... per i terroristi della Natività i soldini si trovano sempre. E così, evviva evviva, resteranno qui a spese degli italiani (che hanno votato il governo più amico d'Israele di tutti i tempi...): parola di S. Erekat, capo negoziatore palestinese, che avrebbe avuto l'ok dal Ministro Frattini in persona. Ma chi sono i nostri tre graditi ospiti? Mohammed Said Salem (30 anni) accusato da Israele di essere coinvolto in "operazioni di martirio"; Ibrahim Salem Obaiat (48 anni) ritenuto dal Mossad "un capo delle Brigate Ezzedine al Qassam" braccio armato di Hamas; e Khalid Abu Najma (42 anni) "membro dell'intelligence palestinese" accusato di essere anche "attivista nelle file delle Brigate al Aqsa", braccio armato del movimento al Fatah e che avrebbe "partecipato in azioni di martirio nella seconda intifada". Mah, ho le idee confuse. Una cosa però l'ho capita anch'io: se hai un figlio, meglio terrorista che musicista! Shalom e salam aleikhum a tutti, Daniela.
Palestinian authorities disbanded a youth orchestra from a West Bank refugee camp after it played for a group of Holocaust survivors in Israel, a local official said on Sunday. Palestinian children from the Jenin refugee camp in the West Bank play for Holocaust survivors at a center in Holon, last Wednesday.Adnan Hindi of the Jenin camp called the Holocaust a "political issue" and accused conductor Wafa Younis of unknowingly dragging the children into a political dispute. He added that Younis has been barred from the camp and the apartment where she taught the 13-member Strings of Freedom orchestra has been boarded up. On Saturday, The Jerusalem Post found that leaders and representatives of the Jenin refugee camp condemned the participation of Palestinian teenagers from the camp in a concert honoring Holocaust survivors in Holon last week

kascerut in Cina

EBREI GLOBALI Beijing: gli ebrei della città proibita

Sono 1500 anime. Imprenditori, manager, giornalisti. Con famiglia. Ecco come vivono nella capitale del business planetario.Nel 1996 abbiamo celebrato il nostro primo bar mitzvah e nel 1997 il nostro primo b’rit milah, una bella impresa in una città senza neanche un rabbino”. C’è ancora chi, a Pechino, ricorda con emozione quei tempi da pionieri. Perché rispetto ad altri insediamenti in Cina, qui la comunità ebraica si è sviluppata molto di recente. Per l’esattezza dal 1979, quando, dopo la politica di apertura di Deng Xiaoping, cominciano ad arrivare i primi uomini d’affari e diplomatici, tutti americani. Per il resto non c’è molto altro. “Appena giunta qui, c’erano solo pochi ebrei che vivevano negli alberghi” dice Roberta Lipson, americana, amministratore delegato di una società di tecnologia medica e una delle fondatrici di Kehillat Beijing. Kehillat è un’associazione reformed americana che comincia a riunire i primi ebrei per pregare e mangiare insieme a casa dell’uno o dell’altro. Nel 1992, quando Cina e Israele stabiliscono relazioni diplomatiche, Kehillat Beijing organizza il primo Seder insieme all’ambasciata israeliana. L’associazione cresce fino a seguire una cinquantina di famiglie e a istituire una scuola domenicale, Ahavat Ytzchak, che oggi istruisce 40 bambini. Tuttavia la vita a Pechino è più difficile per il crescente numero di ebrei osservanti che vogliono seguire la kashrut: non c’è il rabbino né una sinagoga né una scuola. Di cibi kasher neanche l’ombra, a meno di mangiare vegetariano nei ristoranti cinesi. La lingua impenetrabile, le vaghissime nozioni d’igiene e un sistema a dir poco opaco di produzione, controllo e distribuzione delle merci, rendono avventurose anche le azioni più banali. “Una piega dal parrucchiere o l’acquisto di un petto di pollo qui sono cose a rischio, finché non si trova l’indirizzo giusto”. Per dirla con Rachel Vantoben, venuta dalla Svizzera in sabbatico postlaurea e neoiscritta al corso Survival Chinese: “Come fai a preoccuparti del cibo kosher se devi controllare che il latte che compri non sia già scaduto da una settimana?”. “In effetti all’inizio, gli unici due alimenti kosher qui a Pechino erano lemon juice e ketchup”, ammette Rabbi Freundlich con un sorriso, “le cose sono molto cambiate da allora”. Shimon Freundlich e sua moglie Dini, lui di origine inglese, lei sudafricana, arrivano a Pechino nel 2001, dopo otto anni a Hong Kong. A differenza di Shanghai, Canton, Shenzhen, e persino della gelida Harbin, Pechino è priva di un vero centro religioso e comunitario che possa soddisfare anche gli ebrei più osservanti. Fondano quindi la Chabad Lubavitch Beijing, che negli anni è diventata il cuore della numerosa e sempre più cosmopolita comunità locale (circa 1500 persone, di cui 900 residenti fissi). Azerbaijian, Usa, Russia, Israele, Canada, Australia, Francia, Germania, Ungheria e Polonia sono i principali paesi di provenienza di un gruppo di diplomatici, giornalisti, uomini d’affari, esperti di high-tech, insegnanti e ingegneri, con le loro famiglie. “Volevamo creare una casa per tutti gli ebrei fuori casa”, aggiunge Dini, “ecco perché ci siamo mossi su più fronti”. La Chabad House, dimora della famiglia Freundlich, è una villetta in perfetto stile americano (Shimon e Dini hanno cinque figli). Da fuori sembra identica a tutte le altre case, dentro invece ospita un piccolo museo sino-giudaico, la sinagoga (in Cina ci sono cinque religioni riconosciute, e l’ebraismo non è fra queste, ed è vietato costruire edifici per i culti non autorizzati), dove viene celebrato lo Shabbat con rito ortodosso. Al tramonto del venerdì e alle 11 del giorno dopo vengono offerti i pasti dello Shabbat. Il Chabad Community Center, è dove hanno sede Mei Tovah, un mikveh e, dal 2002, la Ganeinu International School, una scuola montessoriana riconosciuta che educa oggi circa 50 bambini, da un anno e mezzo fino ai 12, 13 anni. Chabad Yabaolu è la terza sede, che serve soprattutto gli ebrei del centro città e i circa 2-300 russi, ed è infatti gestita da Rabbi Mendi Raskin, israeliano di lingua russa, sotto la supervisione di Freundlich. Il “quarto polo” per Chabad Lubavitch, è senz’altro il Dini’s, vicino all’ambasciata israeliana, unico ristorante kasher della città inaugurato nel 2007. Intelligentemente, Dini’s non si limita a offrire piatti della tradizione ebraica, ma spazia da specialità mediorientali a piatti occidentali e cinesi, persino del sushi. In questo modo riesce a soddisfare una clientela piuttosto ampia e non necessariamente osservante: il 30% dei clienti sono cinesi. Con il progredire dell’apertura verso l’Occidente e del numero di negozi che vendono specialità importate, oggi è diventato molto più facile procurarsi del cibo kosher. Il latte a lunga conservazione arriva da Australia o Francia, mentre un macellaio ogni tre mesi vola in Sudafrica per preparare carne di manzo e pollo, e portarla a Pechino. Ma non basta: l’infaticabile rabbino vola continuamente su e giù per tutta la Cina per certificare l’idoneità di oltre 500 fattorie e coltivazioni che possano così spedire prodotti kosher a tutte le comunità in Asia. L’atteggiamento cinese verso gli ebrei è soprattutto di curiosità: per la lunga barba del Rabbino ogni volta che va al supermercato, ma soprattutto perché nella percezione pragmatico-materialistica cinese gli ebrei sono “bravi a fare soldi”, quindi evidentemente assistiti da una “buona” religione. Dal canto suo, il governo monitora con attenzione e discrezione la comunità, spesso mandando “in visita” un paio di osservatori, per evitare ogni forma di proselitismo. Pur nelle sensibili differenze, Kehillat Beijing e Chabad Lubavitch Beijing sembrano accomunate da una certa apertura, nel tentativo di accogliere e far convivere ebrei provenienti da situazioni molto diverse. “Cerchiamo di concentrarci su quello che ci unisce, non su quello che ci divide” dice Freundlich. “Io non chiedo le credenziali a nessuno. Sono uno strumento di Dio, non il suo poliziotto”. Sante parole, Rabbi.
Nel paese del dragone dai tempi di Marco Polo A Kaifeng, nello Shandong, ha sede una piccola comunità di cinesi che sostengono di essere ebrei.Un’ipotesi parla di una piccola tribù che un millennio fa lasciò la Terra Promessa per arrivare in Cina dopo un viaggio di 7000 km. Un’altra li vuole discendenti di mercanti arrivati in Cina nell’VIII secolo, lungo le Vie della Seta. Marco Polo scrisse di avere incontrato degli ebrei all’epoca della dinastia Yuan. Secondo altri studi la comunità era in realtà islamica: tutto nacque da un errore del gesuita Matteo Ricci, che incontrò uno studente di Kaifeng, A Tian. Costui, visitando la missione gesuita di Pechino nel 1605, disse a Ricci di appartenere a una religione che venerava un unico Dio. Queste parole, e un cappello blu indossato dallo studente, quando i musulmani li portavano bianchi, indussero il missionario a considerarlo un ebreo. In realtà non esistono prove inconfutabili di una Torà. Ma la comunità continua a sentirsi tale, e a sperare in un riconoscimento ufficiale. M. C. di Mavì Cerenza e Marco del Corona, da Pechino (Marzo 2009, da Bollettino Com. Ebraica di Milano n. 12/2009)