venerdì 28 settembre 2012

Clasico, Barca invita soldato israeliano

 (ANSA) – BARCELLONA, 26 SET – Il soldato franco-israelianoGilad Shalit, tenuto prigioniero dal movimento di Hamas dal 2006al 2011, ha ricevuto un invito del Barcellona per assistere al’clasico’ contro il Real Madrid, in programma domenica 7 ottobrenel Camp Nou. L’annuncio e’ stato dato dal club blaugrana.’‘Abbiamo ricevuto una richiesta di invito da parte di unministro israeliano per questa persona – ha spiegato una fontedel Barcellona – e il club ha deciso di fare questo invito, comeha fatto per molti altri’‘.

Obama e Romney da un punto di vista ebraico

Barack Obama verrà rieletto alla presidenza degli Stati Uniti per un ulteriore quadriennio. E questo accadrà grazie al voto degli ebrei americani.


E’ quanto scrive il portale d’informazione israeliano JSSNews.com : “Malgrado la sua catastrofica politica nei confronti di Israele, malgrado la sua diplomazia che spinge i palestinesi a chiedere sempre di più, malgrado un Iran presto dotato dell’arma atomica, malgrado il suo sostegno agli islamisti che hanno rovesciato Hosni Moubarak, gli ebrei americani voteranno massicciamente per Barack Obama.Un sondaggio Gallup pubblicato da BuzzFeed mostra che gli elettori ebrei sostengono Obama contro Romney in un rapporto di 70% contro 25%.Quattro anni fa, Obama aveva vinto la Casa Bianca grazie a un 69% di voti ebrei, contro appena il 25% raccolto dal suo rivale repubblicano McCain.Sempre su JSSNews.com si legge che “il biglietto che Mitt Romney ha lasciato in una fessura del Muro del pianto (durante una sua recente visita in Israele, ndr) è stato discretamente ritirato dagli agenti della Fondazione del Patrimonio per il Muro Occidentale.La Fondazione ha precisato di averlo messo in un posto diverso del Muro, protetto da sguardi indiscreti e giornalisti curiosi per mantenere il riserbo su quanto scritto da Romney.Di fatto, si voleva evitare una replica di quanto era accaduto nel 2008, quando l’ex senatore (e candidato alla presidenza) Barack Obama si era recato al Muro del pianto per lasciarvi un biglietto.Pochi minuti dopo la sua partenza, il biglietto era stato preso da un giornalista, che lo aveva fatto pubblicare nel quotidiano Maariv.La pubblicazione dei pensieri di Obama sul giornale aveva attirato l’ira di tutti i commentatori israeliani.Il rabbino preposto al Muro Occidentale, Shmuel Rabinovitz, aveva ricordato che “i biglietti lasciati nel Muro sono un contatto tra la persona e il suo Creatore. E’ proibito leggerli o farne un qualunque uso.”http://www.ticinolive.ch/

Yossi Gal : bilancio di due anni di Primavera araba

Yossi Gal, ambasciatore d’Israele in Francia, stila un bilancio di due anni di Primavera araba in Medio Oriente.Dal portale d’informazione Slate.fr.. http://www.ticinolive.ch/

 “Circa due anni sono passati dalle prime manifestazioni della Primavera araba – scrive Gal (nella foto) – un periodo vissuto intensamente, colmo di speranza…Che bilancio possiamo fare di questi due anni? Molti ieri evocavano le grandi speranze per il futuro dei popoli del Maghreb e del Medio Oriente. Oggi molti commentatori parlano di illusione, incertezze e dubbi e non è facile tracciare un bilancio.Era parso evidente che andava incoraggiata la rivolta dei giovani disperatamente in cerca di migliori condizioni di vita, di libertà, di nuove opportunità a favore della democrazia nascente.A lato di questo, siamo testimoni del sorgere di autorità che predicano rigorosi dogmi religiosi, spesso in contraddizione con i valori di uguaglianza e di libertà che noi portiamo.Dal nostro punto di vista è difficile fare un bilancio entusiasta. In Libano, il leader di Hezbollah continua impunemente a minacciare Israele di una nuova guerra, mentre nessun conflitto territoriale o altro esiste tra Israele e Libano.Hezbollah si caratterizza in maniera sinistra per gli attentati terroristici che ha fomentato e che continua a pianificare in Europa e altrove nel mondo.D’altronde ha portato un evidente sostegno al dirigente siriano. Da anni chiediamo che questa organizzazione terrorista sia considerata come tale dall’Unione europea e repertoriata in questo senso.Riguardo alla Siria, approviamo gli incessanti sforzi della Francia per mettere fine al regime repressivo di al Assad, che non esita a assassinare migliaia di connazionali innocenti.Non vi è alcun dubbio che questo regime abbia perso qualsiasi legittimità.In Egitto, il presidente Morsi si è espresso recentemente a favore del proseguimento degli accordi internazionali siglati dal suo paese. Israele ha espresso il suo impegno a lavorare con l’Egitto per un futuro economico migliore e accoglierà con entusiasmo ogni iniziativa che vada nel senso del rafforzamento delle relazioni tra i due paesi.
Il presidente Hollande si è espresso sul futuro del processo di pace tra Israele e i palestinesi. Ha chiaramente espresso il suo desiderio di vedere le parti al tavolo dei negoziati, al più presto e senza condizioni.Si è anche espresso sul diritto di Israele alla sicurezza e su quello dei palestinesi all’auto-determinazione. Siamo in totale accordo con i suoi propositi.Purtroppo, a Gaza il regime terrorista di Hamas, gruppo equipaggiato e formato dall’Iran, opera contro ogni tentativo di pacificazione, dando libero corso a attività terroristiche che portano pregiudizio a Israele e anche all’Egitto, desideroso di mantenere frontiere sicure con i paesi vicini.Per quel che riguarda l’Iran, oggi la comunità internazionale capisce che un Iran nucleare rappresenterebbe una minaccia per la pace mondiale e la stabilità della regione.Nessuno prenderebbe il rischio di vedere il Medio Oriente in balia di una corsa all’armamento nucleare, né vorrebbe che armi nucleari cadessero in mano ai terroristi. Il rischio è molto reale.… Siamo persuasi che la Francia, quale potenza europea e mondiale, abbia un ruolo primario nella pace nell’Africa del nord, in Libano, in Siria e in Egitto. Non unicamente a causa dei legami storici ma anche per la sua influenza sul resto del mondo.”

Netanyahu su Iran all'Onu: Voce a dittatore che vuole morte Israele

 Gerusalemme, 26 set. (LaPresse/AP) - "Nel giorno in cui preghiamo per essere inseriti nel libro della vita, è stato dato un palcoscenico a un regime dittatoriale che, ogni volta che gli è possibile, si batte per condannarci a morte". Così il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, in una nota di condanna del discorso tenuto dal presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad all'Assemblea generale delle Nazioni Unite a New York, nel giorno dello Yom Kippur, sacro agli ebrei. "Nelle mie dichiarazioni all'Assemblea, ascolteranno la mia risposta. La storia ha provato che quelli che hanno tentato di estrometterci dalle mappe hanno fallito, perché il popolo ebraico ha superato ogni ostacolo", ha dichiarato ancora.Netanyahu è partito nel pomeriggio per New York, in vista dell'intervento di domani. Durante la sua visita di tre giorni incontrerà il segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon, l'alto rappresentante Ue per la politica estera Catherine Ashton, il primo ministro canadese Stephen Harper, che di recente ha espulso l'ambasciatore iraniano dal Paese, e il segretario di Stato Usa Hillary Clinton.


Israele-Egitto: scontro a fuoco sul confine, 4 morti 

 VIDEO:http://www.youtube.com/watch?v=Jz8qnqx29CY

Solo ora, molti mesi dopo, vediamo su UTube un filmato del Fatto Quotidiano dello scorso aprile in cui il francescano Atermio Victores, Vicario della Custodia di Terra Santa, parla della riduzione dalla popolazione cristiana a Gerusalemme e nella zona circostante. Victores attribuisce il calo demografico alla discriminazione di cui sarebbero vittime i cristiani in Israele. I fatti sono ben diversi. Nella città di Gerusalemme nel 1947, prima dell'occupazione della città vecchia e dei quartieri orientali da parte della Legione Araba, i cristiani erano 32.700. Nel 1967, al momento dell'annessione di quegli stessi quartieri orientali da parte di Israele dopo la guerra dei Sei Giorni, i cristiani erano ridotti a 12.900. Oggi sono 14.600. In tutta Israele, al momento dell'indipendenza nel 1948, vivevano 34.000 cristiani e all'inizio del 2012 il loro numero era aumentato a 154.000. Dunque sotto regime israeliano i cristiani sono aumentati, anche se meno di fronte all'enorme crescita proporzionale e assoluta dei musulmani. La fuga dei cristiani è avvenuta interamente dai territori governati dall'Autorità palestinese. Città storicamente cristiane come Betlemme-Beit Jalah e Ramallah-El Bireh, sono diventate roccaforti musulmane. Atermio Victores dica allora tutta la verità: la fuga dei cristiani non è dalle aree ebraiche, è dalle aree islamiche sotto la spinta della continua intimidazione retorica e fisica della dirigenza politica e religiosa e dei movimenti terroristici palestinesi. Il Fra Victores che attribuisce il calo demografico dei suoi correligionari agli israeliani è un rozzo polemista, un demagogo manipolatore di mezze verità, e un seminatore di odio e di discordia che fanno molto male al dialogo inter-religioso. Concediamo pure a Fra Victores di essersi espresso a titolo personale, magari per far piacere alla redazione del Fatto Quotidiano. Ma ci aspettiamo dal Custode di Terra Santa, Monsignor Pierbattista Pizzaballa, un autorevole esplicito cenno di rettifica delle false e nocive esternazioni del suo vicario.Sergio Della Pergola, univ. Gerusalemme. http://www.moked.it

Voci a confronto

Prosegue il dibattito a proposito dell’ora di religione. Alle considerazioni sulle opportunità di cambiare il programma della materia, per renderla meno legata alla religione cattolica, espresse negli scorsi giorni dal ministro dell’Istruzione Francesco Profumo (che nel frattempo ha rettificato le sue dichiarazioni) risponde, con un’intervista al quotidiano la Stampa, il ministro per la Cooperazione internazionale Andrea Riccardi, fondatore e leader della Comunità di Sant’Egidio “Non dimentichiamo che il 90 per cento dei ragazzi sceglie volontariamente di frequentare l’ora di religione che fa parte della particolare storia del nostro Paese” dichiara, invitando però a promuovere la sensibilità interculturale dei docenti e della scuola.Spazio sui giornali di oggi anche a due particolari questioni che toccano la vita ebraica in Italia e in Europa.L’International Herald Tribune riporta i primi passi mossi dal ministro della Giustizia tedesco per proteggere il diritto alla circoncisione dei neonati per motivi religiosi. Sull’Osservatore Romano invece la storica Anna Foa si occupa del tema della Mechitza, la separazione tra uomini e donne nelle sinagoghe per la preghiera.Sul fronte della politica estera, in primo piano su quanto è accaduto ieri all’Assemblea generale delle Nazioni Unite, con il discorso del presidente iraniano Ahmadinejad e del neo presidente egiziano Morsi. Alessandra Farkas sul Corriere della Sera spiega come il discorso dell’iraniano sia stato definito dai media americani “meno farneticante del previsto”, mentre tutti i riflettori erano puntati su Morsi, che, con un intervento accolto da applausi scroscianti, ha auspicato una maggiore collaborazione fra Occidente e mondo islamico, condannando poi il massacro in Siria e rivolgendosi con toni duri allo Stato ebraico a proposito della questione israelo-palestinese.http://moked.it/

Responsabilità

Alla presentazione delle lettere di Rav Sacks, il Rav Di Segni ha ricordato come con  Kippur espiamo unicamente le colpe nei confronti di D-o e non invece nei confronti del prossimo. Un insegnamento decisamente interessante che ci ricorda come la responsabilità individuale rappresenti un principio cardine dell’ebraismo e che il nostro scopo in questo mondo non possa ridursi alla mera trascendenza. Spetta a noi in questo mondo e con le persone che ci sono intorno adoperarci affinché le cose cambino. E per farlo, il primo passo di un nuovo cammino come quello dell’anno nuovo, non può essere altro che la riconciliazione tra persone della stessa comunità che condividono insieme lo stesso destino. Speriamo che questo possa essere l’auspicio per l’ebraismo italiano e per tutti noi.Daniel Funaro, studente, http://www.moked.it/

In ricordo del garibaldino Eugenio Ravà 
 

 Il ricordo dei defunti della Comunità ebraica di Parma nei giorni tra Rosh haShana e Yom Kippur si è intrecciato con la commemorazione del patriota garibaldino Eugenio Ravà, sepolto nel Cimitero ebraico all’interno del cimitero monumentale della Villetta in una tomba appena restaurata dal Comune di Parma. Hanno preso parte alla celebrazione il neo-nominato rabbino di Parma David Sciunnach, il presidente della Comunità Giorgio Yehuda Giavarini, il vice Riccardo Yoshua Moretti, il sindaco di Parma, Federico Pizzarotti che ha auspicato una continuità nella collaborazione tra le Comunità in un periodo di crisi come l’attuale. Il direttore dell’Archivio storico comunale di Parma, Roberto Spocci, ha tenuto un ricordo di Ravà, nato a Reggio Emilia nel 1840, morto a Parma nel 1901, che lottò per l’unità d’Italia partecipando anche alla spedizione dei Mille, e collaborò con gli unionisti nella Guerra di secessione americana.Il presidente Giavarini ha contestualizzato la vicenda di Ravà nell’ambito della presenza ebraica italiana che fu una componente importante del movimento risorgimentale. Gli ebrei italiani presero parte all’attività cospirativa mazziniana, furono attivi nei moti del 1820-21 e del 1830-31, e nella Repubblica romana del 1848, parteciparono alle guerre del Risorgimento e alla presa di Roma il 20 settembre 1870. Alla cerimonia ha partecipato un parente di Eugenio, Tobia Ravà, noto artista di Venezia, che ha ricordato altri membri della famiglia che si dedicarono alle lotte risorgimentali. Sulla lapide del patriota a Parma, sapientemente restaurata dopo un periodo di incuria, sono incise parole di una lettera del 1863 in cui Giuseppe Garibaldi raccomanda il capitano Ravà ad amici in America durante il suo esilio ricordando la sua partecipazione alle lotte per la libertà. Laura Caffagnini http://www.moked.it/

Maya Zack e le nuove tendenze israeliane 

 Terza tappa del progetto About Paper. Israeli Contemporary Art a Roma. L'iniziativa, curata da Giorgia Calò, vuol essere un ponte sulle ultime tendenze israeliane attraverso il talento di sette artiste impegnate su diversi fronti dell'esplorazione tematica ma unite dal mezzo comune utilizzato per raggiungere l'obiettivo: la carta. Dopo Maya Attoun e Hilla Ben Ari, protagoniste a gennaio con Failing in line, e le suggestioni primaverili della Sought City di Yifat Bezalel, è adesso la volta di Maya Zack, classe 1976 da Tel Aviv, di cui si inaugura domani pomeriggio la personale Made to Measure / videos and drawings. L'appuntamento è alle 18 alla Galleria Marie-Laure Fleisch, teatro delle precedenti performance e pronta ad ospitare prossimamente anche le opere di Etti Abergel, Yael Balaban e Ofri Cnaani. Ad accogliere il pubblico un'installazione che si presenta come un ufficio ricolmo di scartoffie, scaffalature metalliche e scatole di cartone che vogliono ricreare parte dell'ambientazione che appare nel video Black and White Rule (2011). L'obiettivo della Zack, vincitrice lo scorso anno dell'Hayetzira Award del Ministero israeliano della cultura e del Tel Aviv Museum of Art Prize, è quello di esplorare il rapporto tra video e disegno, due mezzi ricorrenti nel suo linguaggio artistico. Nel video, spiega la curatrice, i disegni sono lo strumento pratico utilizzato dai personaggi per misurare le cose apparendo sotto forma di equazioni, immagini di archivio e diagrammi, mentre i disegni su carta di varie dimensioni, accompagnano e proseguono lungo la galleria la trama del video che si fa così significato e significante. “La distorsione percettiva tra realtà e rappresentazione – afferma Calò – è enfatizzata anche dall’esposizione di carte raffiguranti personaggi disegnati in scala reale nell’atto di misurare ciò che li circonda. Il loro modo di mappare e ridefinire lo spazio in maniera quasi ossessiva, provoca nello spettatore uno stato di suspense che ritroviamo come elemento dominante anche nel video stesso, tutto giocato sul concetto di pausa narrativa in corrispondenza di un momento di tensione, in cui i personaggi compiono ancora una volta gesti precisi. L’intera mostra verte quindi sul dialogo continuo tra dentro e fuori, senso e non senso, mediante la realizzazione di ambienti reali e fittizi che si mostrano come luoghi algidi e asettici, saturi della presenza/assenza dell’uomo”.http://www.moked.it
La mostra sarà visitabile fino al 17 novembre dalle 14 alle 20 (mattina e domenica su appuntamento).

giovedì 27 settembre 2012

I film vincitori della VI edizione di Some Prefer Cake
 
Nell’edizione 2012 Some Prefer Cake ha raddoppiato il proprio pubblico, registrando 4.000 presenze nelle quattro giornate di programmazione.
I premi della giuria
La giuria della sezione narrativi, composta da Silvia Novelli, programmatrice del Torino GLBT Festival, Silvia Minelli, direttrice organizzativa del Florence Queer Festival, Titti De Simone, presidente del Sicilia Queer Festival e Margherita Palazzo, giornalista del web magazine Sentieri Selvaggi, ha attribuito il premio come miglior cortometraggio a Ifarim - Stitches di Adiya Imri Orr (Israele, 2011), “per la capacità di toccare in pochi minuti più livelli di lettura e di esperienza, offrendo una visione non stereotipata della maternità e della maternità lesbica. Una rara riflessione sull’esperienza genitoriale come scelta di diritto e non come obbligo connesso al ruolo femminile, con un finale non scontato che lascia aperto lo spazio alla discussione”..............................................................................
Menzione speciale a Joe + Belle di Veronica Kedar (Israele, 2011), “per l’originalità surreale e la scelta di giocare con il genere della commedia grottesca, proponendo, come raramente accade, due protagoniste tanto folli quanto lucide nello scegliere una vita autenticamente fuori dalle regole. Con un happy end esplosivo in cui al posto delle stelle cadenti continuano a piovere bombe”......................http://www.womenews.net/

Dubbi, paure, pensieri e speranze durante Yom Kippur

Con le sue spiagge, i suoi club aperti tutti la notte, i suoi ristoranti affollati che servono prosciutto e gamberetti, Tel Aviv è una città nota più per la sua vita allegra e spensierata che per la sua spiritualità. E mentre gli ultraortodossi spenderanno il loro Yom Kippur nelle sinagoghe pienissime per la ricorrenza, gli ebrei laici saranno più propensi a trascorrere la giornata dell’Espiazione a guardare la tv in casa o ad andare in giro in bicicletta per le strade vuote del paese. Viceversa a Gerusalemme, il silenzio regnerà sulla città; non una macchina in giro, quiete e pace assoluta. Ed è questa la festività più sacra ed importante del calendario ebraico; questo giorno dell’Espiazione, dove ogni ebreo chiede perdono per i propri peccati commessi durante l’anno passato, è accompagnato da un digiuno di 24 ore che rappresenta la purificazione per l’anno nuovo. Sebbene la maggior parte degli israeliani ebrei non siano religiosi, questa giornata viene rispettata da tutti. I molti ebrei che si considerano laici e non si recano mai in sinagoga, osservano il digiuno e vanno al tempio, dove è molto difficile trovare un posto a sedere se non l’hai prenotato con largo anticipo.Non ci sono trasmissioni radio o televisive, gli aeroporti vengono chiusi, non ci sono mezzi di trasporto pubblico, e tutti i negozi hanno la serranda abbassata. È maleducazione mangiare in pubblico o guidare un veicolo a motore seppur non vi è alcun divieto legale, ma in pratica tali azioni non sono viste di buon occhio, fatta eccezione per i servizi di emergenza.Nel corso degli ultimi decenni, andare in bicicletta o a cavallo, usare i pattini in linea per le strade vuote è diventato molto comune tra i giovani israeliani laici, soprattutto alla vigilia di Yom Kippur.Ma cosa rappresenta per i non religiosi questo giorno? Forse una semplice giornata di assoluto riposo, forse l’unico giorno diverso dagli altri durante tutto l’anno; forse dedicano la giornata al proprio corpo, alla propria anima, pensano a se stessi, al proprio passato e futuro. Ognuno si ferma.
Ho come l’impressione che questo Kippur sarà diverso dagli altri che ho trascorso. Per me sarà il primo in Eretz Israel, la terra dove ho scelto di vivere e forse sarà diverso anche per molti israeliani che penseranno alle sorti imminenti del proprio paese, pronto ad attaccare l’Iran e ad immergersi in un conflitto dalle conseguenze spaventose. Siamo e sono tutti preoccupati ma di certo pronti e consapevoli di quello che ci aspetta. Probabilmente ci saranno giorni bui davanti a noi e la guerra potrebbe non esser circoscritta solamente al campo di battaglia ma viceversa riguarderà anche la nostra popolazione civile.Nell’immaginario collettivo tornerà nella mente di ognuno di noi la Guerra dello Yom Kippur, quest’anno più che mai. Quel giorno di 39 anni fa, ci fu un attacco a sorpresa da parte degli egiziani e dei siriani rispettivamente nel Sinai e sulle alture del Golan, conquistate da Israele nel 1967. In quella guerra persero la vita 2297 soldati israeliani. Anche domani migliaia di soldati non potranno stare a casa con le loro famiglie ma vigileranno i nostri confini.
Quel 6 ottobre del 1973, mente si celebrava il Kippur, un ufficiale rivolgendosi al Primo Ministro Golda Meir, disse: “Signora Primo Ministro, abbiamo ricevuto la conferma che attendevamo; le forze armate dell’Egitto e della Siria, ci attaccheranno oggi pomeriggio”. “Non ci sono più dubbi?”, chiese Golda Meir. “Nessuno Signora Primo Ministro”, replicò l’ufficiale, “Il generale Moshe Dayan le chiede immediatamente il permesso di muovere le nostre forze per prevenire l’attacco”. Rispose Golda Meir: “Dica al generale Dayan che non ho cambiato idea. Aspetteremo. Chi attacca può avere dei vantaggi iniziali ma ha sempre torto. Se colpiamo per primi non avremo l’aiuto di nessuno”.La strategia israeliana prevedeva un attacco preventivo a fronte dell’avanzata del nemico e si basava per la gran parte sull’affidabilità dei servizi segreti israeliani. Questa mancanza di un attacco preventivo fu criticata duramente, anche per l’alto numero di morti sul versante israeliano (tre volte superiore alla Guerra dei Sei Giorni), e ritorna nei nostri pensieri anche oggi. Gli interrogativi sono: cosa fare? Quanto ancora deve aspettare Israele per attaccare l’Iran? Gli Stati Uniti ci supporteranno nell’attacco o saremo soli? A che punto è il nucleare iraniano? Quando inizierà la guerra? Domande che ognuno di noi si pone intensamente.
Ecco un video brevissimo della terribile Guerra di Yom Kippur, 6 ottobre 1973.
http://www.linkiesta.it/blogs/i-tuoi-figli-ritorneranno-entro-i-loro-confini-geremia-31-17/dubbi-paure-pensieri-e-speranze-d

La guerra delle fragole

 Hamas vieta l'importazione a Gaza della frutta israeliana per rispondere al blocco delle merci palestinesi Ma c'è anche un altro, meno nobile, obiettivo

di FABIO SCUTO, http://www.repubblica.it/

La battaglia per l'autarchia di Gaza non è più solo uno slogan con cui Hamas, che della Striscia è in qualche modo il padrone, nutre la sua retorica. Certo Gaza e il suo milione e mezzo di abitanti sono sotto uno stretto embargo economico israeliano. Da anni solo determinate merci e non altre, passano attraverso l'unico valico destinato a quest'uso, quello di Kerem Shalom, e di fatto è impedita l'esportazione dei prodotti agricoli di Gaza. Per questo Hamas è sceso in campo con la "battaglia della frutta": da lunedì scorso la frutta made in Israel è bandita nella Striscia, se non per le banane e le mele, che nei campi sulle rive del Mediterraneo non vengono coltivati. Per gli integralisti si tratta di un "atto della resistenza" contro lo Stato ebraico, ma la decisione si scontra con i commercianti, che temono una rapida ascesa dei prezzi in una realtà dall'economia disastrata come quella di Gaza.La disoccupazione nella Striscia sfiora il 40 per cento; i tre settori portanti dell'economia - edilizia, agricoltura e pesca - sono boccheggianti; un milione di palestinesi dipende per la sopravvivenza dagli aiuti alimentari distribuiti dalle Nazione Unite.Tahseen Al Saqqa, direttore del Ministero dell'agricoltura di Hamas, dice che la decisione del suo governo è una risposta a quello che definisce il rifiuto di Israele di autorizzare le esportazioni agricole palestinesi come le fragole o l'uva prodotta in gran quantità nei campi dellaStriscia."Tutti i nostri possibili sbocchi per l'esportazione sono chiusi", dice Saqqa, sostenendo che questo incoraggerà il consumo di prodotti locali. L'accusa è smentita però da Israele che limita il traffico merci dentro e fuori Gaza."Non sono a conoscenza di nessuna richiesta di esportare prodotti da Gaza che sia stata rifiutata", replica Guy Inbar, portavoce del ministero della Difesa, che si occupa anche dei rapporti economici con i Territori.Resta il fatto che sulle bancarelle lungo la Omar Moukthar Street, nel cuore di Gaza City, i prezzi delle pesche sono quasi raddoppiati in meno di 48 ore, passando da 7 a 11 shekel al kilo. Cioè da un euro e mezzo a quasi due euro al chilo.Lo stipendio medio a Gaza - per chi ha la fortuna di averlo - non supera i 500 euro al mese. Con questi prezzi solo poche famiglie potranno permettersi di mettere frutta sul tavolo da pranzo. Dice Jaber Al Shanty, uno dei principali importatori di frutta di Gaza: "Il divieto del governo di Hamas è irresponsabile e irrealistico, i nostri prodotti locali non sono sufficienti a soddisfare la domanda: in primavera cosa possiamo offrire oltre alle fragole e all'uva?". Al Shanty fa poi notare che centinaia di palestinesi che lavorano nella commercializzazione dei prodotti perderanno il lavoro. Facile per Hikmat Abu Al Qombuz, un altro importatore, prevedere che l'aumento dei prezzi sarà rapidissimo. Hamas veste questa sua campagna per l'autarchia della Striscia, che governa dal 2007 dopo il golpe islamico contro Abu Mazen, come "la resistenza contro il blocco economico" di Israele ma la realtà sembra essere un'altra.Molte restrizioni commerciali verso Gaza sono state rimosse e il numero dei prodotti che è possibile importare nella Striscia da Israele è adesso aumentato, ma queste merci quando arrivano attraverso il valico di Kerem Shalom sono già gravate dalle tasse israeliane e tassarle ancora le metterebbe fuori mercato. Grazie anche all'instabilità dell'Egitto, negli ultimi due anni si è rafforzato il contrabbando che passa attraverso i tunnel che collegano la Striscia al Sinai: lungo i 13 chilometri di frontiera sono in attività almeno seicento tunnel di varia dimensione, gestiti in gran parte dai beduini egiziani e dai fiorenti gruppi mafioso-jihadisti molto attivi nel sud e spesso collegati con le bande che dal Sinai attaccano Israele. Altri tunnel sono nelle mani di Hamas ed hanno un uso militare: servono a contrabbandare armi e missili, arrivati in grandi quantità nell'ultimo anno specialmente dagli arsenali libici. I tunnel commerciali sono la vena giugulare con la quale la popolazione civile della Striscia si rifornisce da anni. Attraverso le gallerie scavate nella sabbia passa di tutto, lavatrici, frigoriferi, macchine del gas, salotti, medicine, libri, penne, mucche, pecore, motociclette, auto. Un mafioso jihadista di Khan Younis ha regalato uno zoo alla sua città con tigri, leoni, giraffe e altri animali esotici, tutti passati attraverso i tunnel del contrabbando con l'aiuto di veterinari.Il tunnel è certamente la prima industria del sud di Gaza, e può far incassare anche 2 milioni di dollari al giorno al gruppo che lo gestisce. Su tutto questo enorme giro economico Hamas esige una fetta, una tassazione del 7% su ogni singolo prodotto che attraversa il confine. Un giro d'affari che fa di questa "tassa" la prima voce del bilancio di Hamas. Nonostante tutti i ricarichi che i contrabbandieri mettono sulle merci che dall'Egitto transitano nei tunnel, queste restano sempre molto più economiche di quelle importate da Israele. La Striscia è invasa da prodotti made in China a basso prezzo che arrivano dai tunnel. Il caso emblematico è quello della benzina. Quella importata da Israele costa 7 shekel al litro (1,5 euro), quella contrabbandata dal Sinai attraverso i tunnel solo 3, perché il prezzo al litro in Egitto è molto più basso, e anche dopo la tassa di Hamas è sempre più conveniente di quella israeliana. Vista la corsa dei prezzi anche la frutta fresca diventerà presto un genere di contrabbando.

Filosofia: e' morto Yehuda Elkana, studioso antropologia della conoscenza

 Gerusalemme, 25 set. - (Adnkronos) - Il filosofo israeliano Yehuda Elkana, autore di importanti contributi teorici sulla filosofia della scienza e l'antropologia della conoscenza, e' morto a Gerusalemme, in seguito ad un tumore, all'eta' di 78 anni. Nato nel 1934 in Jugoslavia da un famiglia ebraica, durante la seconda guerra mondiale fu internato per un anno in un campo di concentramento nazista. Nel 1948 Elkana si trasferi' in Israele e in seguito negli Stati Uniti, studiando filosofia e fisica alla Brandeis University. Dopo aver insegnato per un anno alla Universita' di Harvard, Elkana torno' in Israele, insegnando al Dipartimento di Storia e Filosofia della Scienza della Universita' Ebraica di Gerusalemme, ricoprendo anche l'incarico di direttore

De Magistris armatore della Freedom Flotilla

di Dimitri Buffa. http://www.opinione.it
 Il 4 ottobre sarà un giornata memorabile per Napoli e il suo porto. Sta infatti per arrivare la terza Freedom Flotilla per Gaza. Il sindaco Luigi De Magistris non sta più nella pelle. Anzi, è già in spolvero e rilascia dichiarazioni ad effetto alle tv locali. Ad esempio parlando di «assedio dell’esercito israeliano» e di «cibi e medicine che non passano». Tutte banalità plurismentite dai fatti, ma sempre buone per il volgo.Al tg di Julie Italia parla di «Napoli città di pace», e di «pagina storica da scrivere a Napoli», «laddove persino l’amministrazione Obama non è riuscita».Bellissime parole, ma diventeranno fatti sponsorizzando un’iniziativa a senso unico, dichiaratamente anti israeliana, come la Freedom Flotilla? Che naturalmente neanche quest’anno si dirigerà verso i porti del Libano, magari per poi dirigersi in Siria, ma sempre verso la detestata patria degli ebrei. Con tanto di concerto dei 99 Posse a fungere da fanfara di accoglienza e di raccolta fondi.
In sostanza, la nave Estelle partirà da Barcellona ed arriverà a Napoli il 4 ottobre come ultima tappa, per potersi rifornire di soldi e altri beni, grazie anche al concerto che si terrà la sera dello stesso giorno, presso la Mostra d’Oltremare.Il sindaco De Magistris ha patrocinato personalmente l’evento, insieme al suo assessore alle politiche sociali, Sergio D’Angelo, sicuro candidato alle prossime elezioni nazionali nella Lista Civica Arancione, che probabilmente farà parte di una coalizione dove ci sarà anche Rifondazione comunista.Una non indifferente parte della popolazione napoletana, compresa la locale comunità ebraica e le associazioni di amicizia con Israele, non ha però ben digerito l’ennesima trovata pubblicitaria dell’ex pm Lugi de Magistris. E così, dichiarandosi «indignata», gli ha scritto una lettera aperta dai toni molto duri.  A essa si è aggiunta la lettera da Israele vergata dall’ex rabbino capo di Napoli, Pierpaolo Pinhas Punturello, che si definisce «un cittadino napoletano, nato a Napoli, di famiglia napoletana da molte generazioni per parte di madre, da appena una sola per parte di padre».«Ho vissuto a Napoli  - esordisce la missiva - dove sono stato rabbino della locale comunità ebraica e certamente Lei avrà già conosciuto chi mi sostituisce, il rabbino Scialom Bahbout. Dico certamente perché da buon primo cittadino il 27 gennaio avrà onorato la Memoria delle vittime della legislazione e persecuzione razzista che ha visto dolore anche nella nostra città, anche tra gli ebrei partenopei».E ancora: «le Leggi Razziali resero Napoli non più madre ma matrigna e molti ebrei di origine straniera persero per decreto leggi il passaporto italiano e furono espulsi dal Regno di Italia. Così, dopo meno di vent’anni dal loro arrivo a Napoli, molti ebrei greci, ormai partenopei, si ritrovarono di nuovo al porto, imbarcandosi per non tornare. Non erano emigranti, caro sindaco, erano espulsi: apolidi per legge, rifiutati per identità. I fortunati che riuscirono a partire per le Americhe si salvarono, ma molti di loro preferirono tornare in Grecia, dove trovarono la morte per deportazione dopo l’invasione nazifascista».Poi l’ex rabbino entra nel vivo: «Il nostro porto ha continuato, come il mare che lo bagna, ad accogliere e veder partire umanità e proprio pochi minuti fa ho letto che il veliero Estelle, il convoglio internazionale della “Freedom Flotilla”, dal 4 al 6 ottobre sarà accolto nella nostra città che Lei al momento amministra. Ho letto anche del bel concerto che il 22 settembre sarà un momento di raccolta fondi per “sensibilizzare la cittadinanza sulle tragiche condizioni di vita dei palestinesi”. Ho citato le informazioni prese dal sito del Comune di Napoli. Caro Sindaco, io le ho raccontato, in poche righe, storie reali, documentate, che Lei potrà verificare di persona, ma a questo punto, Lei mi potrebbe descrivere e documentare le “tragiche condizioni di vita palestinese” che la “Estelle” verrà a lenire?». «Nel mio piccolo - prosegue la lettera aperta dell’ex rabbino capo di Napoli - nel mio essere cittadino napoletano e gerosolomitano, nel mio essere stato rabbino di quella città, Le chiedo: è mai stato in visita in Israele e Palestina? Prima di pensare al suo dovere di “sensibilizzare la cittadinanza sulle condizioni di vita a Gaza” Lei, gentile Sindaco, è mai stato a Gaza o Ramallah? O ha mai passeggiato per le città israeliane di Sderot, Ashdod, Ashkelon, Beer Sheva ed altre ancora che sono sotto il costante  lancio di missili che partono proprio da Gaza? Queste condizioni di vita israeliane non meritano una Flotilla o un concerto? I bambini che hanno imparato a correre nei rifugi prima ancora che a parlare, non hanno diritto ad una qualsiasi barca salvifica?».Poi la chiosa finale: «Egregio Sindaco, Napoli, attraverso questa iniziativa voluta dalla Sua amministrazione, mi ha schiaffeggiato in quanto suo figlio e non è meno matrigna di quando fece imbarcare i suoi figli espulsi per mondi lontani dai quali non tornarono. Sono certo che il prossimo 27 gennaio Lei renderà omaggio alla Memoria delle vittime degli anni bui del fascismo, prima di farlo, La prego di venire a trovarmi in Israele. Sarà mia cura portarla ad Ashdod. Impari prima a correre però e sappia che il porto di Ashdod è chiuso a causa dei missili lanciati da Gaza. Sensibilizzi i miei concittadini anche su questo argomento».Insomma una brutta gatta da pelare per il sindaco ex pm e neo-Masaniello del sentire popolare, che si scorda degli ebrei napoletani convinto, forse, che i “poveri palestinesi” di Gaza facciano più audience.Ora si aspetta una sua risposta, possibilmente non burocratica o di repertorio.

La bellissima attrice israeliana Moran Atias protagonista del nuovo film di Paul Haggis

 Moran Atias sarà la protagonista del nuovo film del regista premio oscar Paul Haggis dal titolo ‘Third Person‘ le cui riprese inizieranno a Roma il 17 Ottobre. Moran sarà la protagonista del segmento italiano ed interpreterà una zingara che avrà una relazione con un uomo d’affari americano che odia l’Italia. Altri protagonisti del film saranno Liam Neeson, Olivia Wilde, James Franco, Mila Kunis.La bellissima attrice israeliana Moran Atias è in un momento d’oro della sua carriera ma anche particolarmente impegnativo. Sono infatti molteplici i panni in cui ha dovuto e dovrà calarsi. Una bella sfida per la Atias che sta dimostrando di essere una attrice camaleontica e dai mille volti: le foto che mostrano una Moran Atias dal volto tumefatto e pieno di sangue arrivano dal set serie tv israeliana ‘Alenby’.Nella serie Moran intepreta la stripper Mika nonostante sia cresciuta in una famiglia molto ortodossa. Ma il segreto di Mika sta tutto nel suo passato; bisogna risalire alla sua infanzia quando ha subito delle violenze sessuali. In Israele la serie ha destato scandalo. Mai nessuno prima aveva raccontato della condizione delle donne stripper che hanno subito violenze.Moran è stata anche la protagonista della seconda stagione di ‘Crash‘, dove interpreta Inez, immigrata latina che si innamora del ragazzo sbagliato. Serie tv che la sta regalando una enorme popolarità in America. Ha recitato anche nelle serie tv americane ‘White Collar‘ dove ha vestito i panni di una cardiologa gay e ‘Csi Miami‘. Al cinema l’abbiamo vista nel film ‘The next three days‘ accanto a Russell Crowe.Grande anche il suo impegno per il sociale. Moran si è molto impegnata con APJ (Artisti per la pace e la giustizia) per la raccolta fondi dopo il disastro ad Haiti. Gli eventi da lei organizzati hanno avuto un eco mediatico internazionale ed ha chiamato a raccolta star del calibro di Susan Sarandon, Penelope Cruz, Gerard Butler, Sean Penn ecc.http://www.megamodo.com/

Toccato un nervo scoperto?

 Hamas ha violentemente attaccato, sabato scorso, l’appello fatto da Israele perché vengano infine riconosciute le sofferenze e le traversie dagli ebrei profughi dai paesi arabi, e le loro rivendicazioni in fatto di indennizzi materiali, allo stesso modo di come viene universalmente riconosciuta la condizione dei profughi palestinesi.Venerdì scorso, nella sede delle Nazioni Unite a New York, alla presenza di diplomatici, attivisti e giornalisti – e nonostante i tentativi da parte della Lega Araba di farlo annullare all'ultimo minuto – si è svolto per la prima volta un convegno internazionale intitolato “La storia non raccontata sul Medio Oriente”, dedicato alla questione dei profughi ebrei dai paesi arabi e musulmani. Il dibattito è stato trasmesso in diretta sul canale delle Nazioni Unite (si veda, in inglese: http://www.mfa.gov.il/MFA/Foreign+Relations/Israel+and+the+UN/Speeches+-+statements/Untold_story_Middle_East_21-Sep-2012.htm ).
All’indomani del convegno il portavoce di Hamas, Sami Abu Zuhri, ha dichiarato - stando a quanto riferito domenica dall'agenzia di stampa palestinese Ma'an - che “quegli ebrei non erano dei profughi, come sostengono, bensì dei criminali”. Ed ha aggiunto: “Essi furono responsabili della dislocazione del popolo palestinese, dopo che erano segretamente immigrati dai paesi arabi in Palestina prima di espellere i palestinesi dalle loro terre per costruire uno stato ebraico a loro spese”. A nome di Hamas, Zuhri ha ribadito che i profughi ebrei dalle terre arabe sarebbero colpevoli d’aver “trasformato il popolo palestinese in profughi”. A proposito del convegno alle Nazioni Unite, Zuhri ha affermato: “Hamas vede in questo convegno una mossa pericolosa senza precedenti, volta a falsificare la storia”.Altre voci ostili al convegno hanno accusato la tempistica dell’iniziativa, lanciata in prossimità della riunione dell’Assemblea Generale dell’Onu, di non essere casuale.Esponenti politici palestinesi come Hanan Ashrawi hanno sostenuto che gli ebrei dai paesi arabi non erano profughi, accusando in ogni caso Israele di usare le loro rivendicazioni per “controbilanciare” quelle dei profughi palestinesi. “Se Israele è la loro patria – ha scritto Hanan Ashrawi – allora non erano profughi: erano degli emigranti che rimpatriavano, o volontariamente o per una decisione politica. Gli ebrei arabi facevano parte della regione araba, ma iniziarono a migrare in Israele dopo la sua fondazione sulla base di un piano preordinato dell’Agenzia Ebraica”. La Ashrawi ha effettivamente ammesso che (testuale) “all’epoca alcuni paesi arabi erano governati da regini tirannici”, ma per sostenere subito dopo che “tutti i cittadini, indipendentemente dalla loro religione, ne pativano le conseguenze”. (Per una risposta ad Hanan Ashrawi, si veda: http://www.israele.net/articolo,3544.htm )Diversa la reazione del negoziatore dell’Olp Saeb Erekat il quale, sostenendo che non vi è alcun nesso fra i profughi palestinesi e gli israeliani le cui famiglie provengono dai paesi arabi, ha dichiarato di sostenere il loro diritto a ritornare nei paesi arabi. “Noi non siamo contrari al fatto che qualunque ebreo possa tornare in Marocco, in Iraq, in Libia, in Egitto o altrove – ha dichiarato Erekat – Penso che nessuno stato arabo respingerebbe il diritto degli ebrei a tornare nelle loro terre di origine”.La campagna lanciata da Israele per una maggiore consapevolezza del problema è stata presentata al convegno di venerdì scorso a New York dal vice ambasciatore degli esteri Danny Ayalon, dal rappresentante di Israele all’Onu, Ron Prosor, e dal presidente del Congresso Mondiale Ebraico, Ronald Lauder. La vicenda dei cittadini ebrei che abbandonarono, dovettero fuggire o furono espulsi dai paesi a maggioranza araba mentre si accendeva il conflitto arabo-israeliano è stata a lungo trascurata: un fatto riconosciuto da Ayalon nel suo intervento. In ogni caso, politici e attivisti ebrei intervenuti alla manifestazione hanno concordemente affermato che i diritti dei profughi palestinesi e quelli dei profughi ebrei non si escludono a vicenda.(Da: Jerusalem Post, 23.9.12), http://www.israele.net/

Egitto: attacco Sinai, 14 condanne a morte

 La corte di assise di Ismailia ha condannato a morte 14 integralisti islamici accusati di avere ucciso 6 agenti di polizia, un soldato e un civile in un attacco contro un commissariato di polizia ed una banca a el Arish nel Nord Sinai lo scorso giugno.In totale sono 25 gli accusati nel processo contro al Tawhid wal Jihad (la sola Jihad), dei quali tredici sono contumaci. La corte, oltre alle 14 condanne a morte, ha inflitto sei ergastoli, mentre gli altri cinque sono stati prosciolti. Secondo fonti giudiziarie dei dodici imputati presenti oggi nella gabbia dell'aula di giustizia, cinque sono stati condannati a morte, che ha già avuto l'autorizzazione del Mufti della repubblica, la massima autorirà giuridico-religiosa in Egitto. Gli attacchi a mano armata contro il commissario e la banca sono avvenuti fra giugno e luglio dello scorso anno e nel corso delle indagini, riferiscono le fonti, i servizi di sicurezza hanno confiscato armi ed esplosivi appartenenti al ministero dell'Interno.La situazione della sicurezza nel Sinai è vistosamente degenerata dopo la rivoluzione egiziana. Il gasdotto che collega Egitto a Israele e Giordania è stato colpito almeno quindici volte dallo scorso febbraio e il Nord Sinai è stato recentemente teatro di violenti attacchi da parte di miliziani islamici. Ad agosto hanno perso la vita sedici guardie di frontiera egiziane, mentre tre giorni fa un soldato israeliano ha perso la vita in un attacco contro una pattuglia al confine.Una ventina di tank delle forze armate egiziane si sono posizionati oggi nel Sinai del Nord lungo la frontiera questa mattina all'alba. Lo riferiscono fonti della sicurezza del Sinai secondo le quali l'operazione, condotta dopo contatti tra gli ufficiali di collegamento dei servizi militari egiziano ed israeliano, è per intensificare la vigilanza dopo l'attacco contro una pattuglia lo scorso venerdì nel quale un soldato israeliano è morto.http://www.ansa.it/

Agropoli, Medfest: Vince il film israeliano “Escapeland” 

 Si è conclusa la quindicesima edizione del MediterraneoVideo Festival, rassegna internazionale del cinema documentario. La giuria composta da Paolo Lapponi, Alessandra Vanzi, Elisabetta Caracciolo ha assegnato il premio al miglior documentario a “Escapeland” di Oren Tirosh (Israele) con la seguente motivazione: “Per la personalissima capacità narrativa dell’autore nel partecipare, condividere e seguire nel tempo le vicende dei protagonisti e per la poetica sensibilità con cui documenta l'amore forte e tenace da tutti ostacolato, simbolo dell'incontro tra due culture diverse sul tragico sfondo della situazione geopolitica mediterranea”.http://www.infoagropoli.it/

foto da me scattata a Zikron Yaakov

Ahmadinejad incendiario: “Israele? Un dettaglio da eliminare”

 Appena un “dettaglio nella storia del mondo”, che in quanto tale andrà eliminato, la definizione di Israele con cui Ahmadinejad guadagna di prepotenza l’attenzione dei riflettori. Sordo agli appelli di Ban Ki-moon a “evitare dichiarazioni incendiarie”, il presidente iraniano esordisce sulla falsariga dell-equazione “stato ebraico – tumore”, tracciata nel 2005.Altra bordata, quella che poi rivolge a Israele a proposito del nucleare: “Sulle testate di un ‘regime mascherato’ – dice Ahmadinejad – il Consiglio di sicurezza ha scelto il silenzio. A noi, vuole invece impedire un uso pacifico del nucleare”.Parole che non colgono di sorpresa un drappello di manifestanti. In decine, memori delle precedenti dichiarazioni del presidente iraniano su Olocausto e 11 settembre, hanno assediato l’hotel che lo ospita per dichiararlo a gran voce “persona non grata”.http://it.euronews.com/

Siria: colpi di mortaio di Damasco colpiscono Israele

(ASCA-AFP) - Gerusalemme, 25 set - L'esercito siriano ha sparato questa mattina numerosi colpi di mortaio nei pressi di un kibbutz delle alture del Golan, colpendo il territorio israeliano. Lo ha reso noto Tel Aviv in un comunicato, precisando che i colpi erano probabilmente diretti ai ribelli nel villaggio siriano di Jubata al Kashab, presso il confine.

In Israele per la settimana di Sukkot
Dal 30 settembre al 7 ottobre in Israele si svolgerà la settimana di Sukkot, o festa delle Capanne, con molti eventi speciali, feste e manifestazioni per i turisti e per la gente del posto. La festa richiama i quarant'anni che il popolo d'Israele ha trascorso nel deserto prima di raggiungere la terra promessa. Il nome Sukkot deriva da Sukkah, la capanna temporanea che gli Ebrei costruiscono per la settimana in cui ricordano tale ricorrenza.
Il clima di festa che avvolge il Paese prende il via nella maggior parte delle città con la fiera della Sukkah, una sorta di mercato dove è possibile trovare qualsiasi tipo di decorazione, oltre al Lulav e al Sukkot, ossia la struttura che serve a creare la capanna – Sukkah appunto -  che verrà poi posizionata in giardino, sul balcone, presso i luoghi pubblici, fondamentalmente all’aperto.Per i turisti che visitano il nord del Paese, è possibile partecipare anche a importanti eventi, come il 28° Haifa International Film Festival (www.haifaff.co.il) che si terrà dal 29 settembre all’8 ottobre e che vedrà la proiezione di 280 film provenienti da oltre 40 Paesi. Oppure il 33° Akko Fringe Theater Festival, dal 1 al 4 ottobre, che sarà caratterizzato da centinaia di esibizioni di artisti israeliani e internazionali (www.accofestival.co.il); o ancora il 20° Renaissance Festival con cavalieri, buffoni di corte e musica etnica che avrà luogo dal 1 al 5 ottobre nella Galilea Occidentale. Gerusalemme ospiterà la tradizionale Benedizione Sacerdotale al Muro del Pianto (mercoledì 3 ottobre) e la coloratissima marcia con migliaia di israeliani e cristiani provenienti da tutto il mondo per celebrare la Festa delle Capanne cristiana (4 ottobre). Il 42 ° Abu Ghosh Vocal Music Festival (5-8 ottobre) richiamerà invece migliaia di appassionati di musica, che ascolteranno concerti di alto livello nelle chiese e cripte di un villaggio collinare appena fuori dalla capitale (www.agfestival.co.il). La regione del Mar Morto sarà invece animata dal Tamar Musica Festival (1-5 ottobre) che ospiterà concerti con le migliori stelle israeliani e internazionali, oltre a diversi concerti nella suggestiva Masada (www.tamarfestival.com). Inoltre per chi vorrà spingersi nella regione del Negev, potrà visitare il Kibbutz Sde Boker, casa natale del primo Ministro David Ben Gurion (www.bgh.org.il). Mentre più a sud, a Timna Park, si potrà ammirare l’annuale Hot Air Ballon Festival (3-5 ottobre www.parktimna.co.il).http://www.travelnostop.com/

Israele: la discarica si trasforma in eco-parco

Una vera e propria montagna di rifiuti, alta 60 metri e che si estende su una superficie di 2000 ettari alla periferia di Tel Aviv, sarà convertita in un parco ecologico che oltre a consentire ai cittadini lunghe passeggiate nel verde, produrrà anche energia verde
di Daniela Accadia  REPUBBLICA.IT
VIDEO:  http://video.repubblica.it/mondo/israele-la-discarica-si-trasforma-in-eco-parco/105933/104313

UMORISMO

13 bambini
Un rav è stato ricoverato in ospedale di new york quando una suora entra nella sua stanza per aiutare i malati e in difficoltà.Iniziano a parlare e lei gli chiede della sua vita.Il rav parla di sua moglie e le dice che ha 13 figli.
“Fantastico” dice la suora, “13 bambini ... ma siete una famiglia cattolica benedetta. Dio è molto orgoglioso di te! ““Mi dispiace, Sorella,” dice il rav, “Ma io non sono cattolico. Sono ebreo”.“Ebreo?” esclama la suora e si alza per andarsene.“Sorella, perché se ne va?”“Non mi rendevo conto che stavo parlando con uno sporco maniaco sessuale!”
Moishe Abramovitz
apre il giornale del mattino e mentre legge la pagina dei necrologi scopre che in un annuncio c’era scritto che lui era morto!Immediatamente chiama al telefono il suo migliore amico Itzhak Levinsky e, agitatissimo, gli dice:‘ Itzy, hai visto il giornale? Dice che sono morto!’‘Sì, l’ho visto!’ rispose Itzhak ‘Ma,dimmi, da dove diavolo dove stai chiamando?’
MOISHE...
nella russia sovietica, riesce ad avere un visto per immigrare in Israele e, quindi, subito vende tutti i suoi beni, compra oro e si fa fondere 5 stupende dentiere d’oro, se le mette nel bagaglio e arriva in aeroporto. Come di prassi, i doganieri russi lo fermano all’uscita, gli controllano il bagaglio e gli chiedono conto delle dentiere.
Allora, con la massima tranquillità, Moishe spiega così: “Io sono un ebreo molto religioso e quindi ho una dentiera per i cibi con latte ed una per quelli con carne! Le altre due sono specifiche per il periodo di pesah, sempre una per i cibi bianchi ed una per quelli con carne...”“Vabbè, capisco” dice il doganiere” devo ammettere, compagno Abramovitz, che sei veramente un uomo religioso e di fede, ma la quinta dentiera, a che ti serve?”E Moishe: “beh...vedi compagno doganiere, in confidenza qualche volta un bel panino con il prosciutto me lo faccio!” A cura di Roberto Modiano, Sullam n. 98

Torta parve mele e miele

Ingredienti: 250 gr di Latte di Soia o di Riso; 3 Uova; 150 gr di Zucchero; cucchiaino di essenza di vaniglia; 180/200 gr di Challà tagliata a cubetti; 1 Mela dolce tagliata a cubetti; Miele e Chicchi di Melagrana; Olio o Margarina.
Accendere il forno a 180°. Nel frattempo, ungere una teglia rotonda e preparare le uova ben battute con il latte, lo zucchero e la vaniglia. Aggiungere i pezzi di mela e challà, mescolare bene e lasciare riposare un quarto d’ora circa. Versare nello stampo e infornare per una mezz’ora, finché la superficie appaia dorata.Sfornare, lasciar raffreddare e dividere in porzioni. Servire su una base di miele e guarnire con i chicchi di melagrana.

Yedidei Beith Italia

Nel 1957, Silvana Castelnuovo che viveva a Yafo con la sua famiglia, si dedico` alla ricerca di cio` che poteva essere piu` adatto ad un doposcuola per i bambini che nelle ore pomeridiane non potevano essere accuditi ne` aiutati nei compiti dai genitori che lavoravano fino a tardi e che sapevano poco l`ebraico.Trovo` una vecchia casa araba (che purtroppo adesso è stata demolita perché pericolante) che molti di voi ricorderanno e che venne acquistata dal Comune di Tel Aviv e dalla Wizo. Si chiamo` subito “Beith Wizo Italia” e inizio l’attività con due “madrichim” e con una cinquantina di ragazzi tolti dai pericoli della strada.
Lydia Levi e Carla Ben Tovim formarono un Comitato di amiche italiane “Yedidei Beith Italia” che da allora fino ad oggi segue giornalmente questo Centro.Ben presto la Casa araba non fu più sufficiente e venne costruita la “Casa Madre” in memoria dei fratelli Treves, caduti nella guerra d’indipendenza.L`edificio, progettato dall`Ing. Nino Hirsch, venne inaugurato nel 1969 comprendeva un`enorme Salapalestra, che allora è stata la prima palestra coperta di misura olimpionica costruita nella zona di Tel Aviv e un palcoscenico, di modo che si potesse sfruttare questa grande sala anche come teatro, per anni ci è servita per rappresentazioni, concerti e anche ad una famiglia di olim russi, circensi , che si è allenata per le acrobazie del circo , insegnando anche ai nostri allievi interessati a questa attività.Nel sottosuolo invece, era stato creato un rifugio antiaereo nel quale potevano trovar posto anche 300 persone. Per molti anni e` servito come scuola di aereomodellismo e oggi l`abbiamo trasformato nell`Adelina Club, grazie alla generosita` della famiglia Della Pergola.Si trattava di un progetto nuovo e imponente e questa costruzione con le sue piccole aulee al piano terra e con l`ubicazione che consente una ventilazione perfetta sotto il portico anche nelle giornate piu` calde, e` tutt`ora il cuore di questo Centro.Devo dire che quando nel 1972 Carla Ben Tovim mi invito` un giorno a casa sua per “parlarmi” ne restai un po` meravigliata, non avevo idea di cosa volesse dirmi.Mi ricevette nel suo luminoso salotto di Shikun Dan e mi disse che da tempo le amiche dell`ADEI-WIZO in Italia, con alla testa Anna Baruch, allora Presidente della Federazione italiana, isistevano perche` Lydia Levi e lei si trovassero una collaboratrice. Si rendevano conto che il lavoro per il Beith Wizo Italia era tanto, gli anni passavano e volevano che Lydia e Carla trovassero una giovane che un domani potesse prendere il loro posto alla Direzione del Centro Sociale.La scelta era caduta su di me. Non solo Carla mi conosceva da sempre, ma anche Anna Baruch sapeva esattamente chi fossi e fu d`accordo. Io pero` lavoravo gia` in un ufficio di importazione di macchinari e materia prima per l`industria plastica e dissi che dovevo pensarci e, al caso, anche licenziarmi dal posto di lavoro dove mi trovavo bene.Spinta anche da mia mamma ,Alberta Levi Temin, che era allora Presidente dell`ADEI di Napoli e che per tutta la vita e fino ad oggi si dedica ad attivita` di volontariato a favore dell`ADEI-WIZO e che anche lei vedeva in me un successore, almeno dei suoi ideali, mi decisi ad accettare l`incarico.Carla mi disse subito che non poteva assolutamente spiegarmi in cosa consistesse il lavoro che dovevo svolgere. “Tu seguimi e lo capirai da sola!” Effettivamente, a tutt`oggi, anch`io non so esprimere a parole in cosa consiste questa attivita` che si costruisce giorno per giorno a seconda delle necessita. Carla BenTovim, che ho affiancato dal 1972 e con la quale ho collaborato fino al 1999, anno della sua scomparsa, diceva che, al contrario di altre istituzioni “noi ingrandiamo la casa quando ce n`e` bisogno” e cosi` e` sorto il campo di calcio per reintegrare nella vita normale una ventina di ragazzi difficili che ci erano stati affidati.Questo stesso campo di calcio, a distanza di 50 anni, ci e` servito per attirare i ragazzi Etiopi che con le loro famiglie abitano adesso nel quartiere Lev Yafo.Con l`aiuto di Rony Mizrachi questi ragazzi pian piano sono arrivati agli allenamenti di calcio. Li abbiamo rivestiti e con la scusa dello sport, per non offenderli, abbiamo comprato loro anche le scarpe da ginnastica.Una volta inseriti, abbiamo organizzato un centro studi, per aiutarli nei compiti scolastici e per la preparazione agli esami di maturità. Abbiamo adesso 200 allievi, maschi e femmine, che frequentano giornalmente il Centro. Sport e aiuto scolastico si protraggono ogni anno fino ai primi di agosto.
Questi giovani ci danno molta soddisfazione perche` hanno la voglia d`imparare per integrarsi nella realta` israeliana e, attraverso loro,aiutiamo anche i loro genitori per i quali, anche a causa della lingua, e` molto piu` difficile l`integrazione.Nel 1973, in piena guerra di Kipur, stavamo costruendo il piano terra dell`Ala Giulia e, solo dopo la demolizione della casa araba, e` stato aggiunto il primo piano. Il doposcuola è diventato in seguito un Centro Sociale per poter accogliere anche adulti ed anziani.Molte attivita` si sono alternate negli anni come Judo, scherma e pattinaggio artistico, Jazz, pianola, piffero e pianoforte, ceramica, disegno, falegnameria, aereomodellismo, cucina e cucito, teatro e informatica...L`aula di informatica offerta dalla    famiglia Ben Tovim, coi suoi 11 computers e` stata rinnovata due anni fa, grazie alla generosita` di Renata Polverini Presidente della Regione Lazio e grazie alla collaborazione dell`Ambasciatore Luigi Mattiolo e Signora Stefania, che si sono prodigati in quella e in tante altre occasioni, per mostrare la nostra Casa Italia ai molti ospiti che si sono avvicendati in questi ultimi 4 anni.Per anni uno psicologo ha riunito i ragazzi problematici in un corso di psicodramma. L’asilo d’infanzia è stato rinnovato ed e` aperto alla mattina . E` un vero piacere osservare i bimbi che lo frequentano: biondi, bruni e cinesini, a seconda delle origini della famiglia e tutti abitano a Yafo, sono amici tra di loro e vengono educati insieme.Cosa che molte altre istituzioni dovrebbero prendere ad esempio.Anche l`aula della terza età è stata tutta rinnovata con una generosa offerta in memoria di Bianca Colbi Finzi.Da 17 anni a questa parte distribuiamo annualmente Borse di Studio a studenti meritevoli, che ricambiano aiutando durante le feste e durante i corsi scolastici estivi , grazie ad un generoso lascito di Maria e Leone Dalla Torre .Quando le esigenze del Centro sono aumentate e cambiate, circa cinque anni fa , e` stato nominato un direttore giovane e intraprendente Hanan Azoulay, che ha dato nuovo impulso e prospettive al Beith Wizo Italia che ancora una volta, al passo coi tempi, si e` trasformato in un Centro per la formazione di una leadership, unico nel suo genere in tutta Tel Aviv.
Il Comune di Tel Aviv Yafo ci ha presentato, insieme alla Wizo Mondiale, un nuovo progetto molto ambizioso che e` piaciuto a tutti e che dara` nuovo lustro a questo quartiere che dopo 50 anni e` ancora alquanto povero e sottosviluppato.Il B.W.I. si e` trasformato in Centro interdisciplinare e Centro per leadership e, cosa piu` importante, non sara` soltanto per i ragazzi del quartiere, ma trattandosi di un progetto unico nel suo genere in tutta Tel Aviv, sara` aperto a tutti i giovani tra i 13 e i 23 anni circa.Il lavoro verra` svolto secondo questi percorsi principali:- rispondere alle esigenze della comunità locale.- organizzare gruppi per la formazione giovanile (per ragazzi degli ultimi anni della scuola superiore) che collaborino con le attività del Comune.- creare un forum di ragazzi di Jafo, che comprenda rappresentanti di tutte le realtà educative non formali che operano a Jafo.- preparare i giovani alla chiamata dell’esercito.- impartire lezioni di supporto per gli esami di maturità preparare i ragazzi per il premio “Hano’ar Haisraelì” svolgere attività ricreative per il tempo libero, guidate dai soldati del Nachal in collaborazione con i ragazzi del Centro.
- organizzare incontri culturali.Dulcis in fundo : un paio d`anni fa, grazie ad una inaspettata e graditissima donazione, abbiamo potuto ristrutturare quello che era stato il......pollaio della vecchia casa araba e poi gli uffici del Centro Sociale, trasformandolo in una moderna Galleria d`Arte per ragazzi ventenni.
La Galleria NUZHA- Cases Hirsch, e` stata inaugurata quest`anno e ha gia` ospitato un paio di mostre di opere di ragazzi .I giovani preparano i loro lavori seguiti e indirizzati da artisti e una organizzatrice di mostre, allestisce la mostra stessa.Come nelle piu` moderne Gallerie, in una saletta a fianco si puo` seguire lo svolgimento dei lavori su uno schermo.Il Beith Wizo Italia e` stato per lunghi anni anche un punto d`incontro degli italiani: ci sono stati cicli di conferenze e di lezioni in italiano su vari argomenti, mostre e bazar e, col passare degli anni si e` formata una fornitissima biblioteca di libri in italiano, in parte donati anche dal Ministero degli Esteri.Spero di essere riuscita ad illustrarvi le attività che si svolgono al Beith Wizo Italia e non mi resta che invitarvi a venirci a trovare per rendervi conto personalmente del lavoro, che insieme a Claudia Amati, Sandra Montefiore, Neva Steindler e Wanda Pacifici, continuiamo a svolgere per cercare di migliorare le condizioni degli abitanti del quartiere, nuovi immigrati e di tutti coloro che hanno ancora bisogno di un sostegno.Serena Temin Liuzzi, Sullam n.98

 Mille anni di lingua e cultura yiddish

Daniele Coppin, da Sullam n. 98
La lingua è forse l’elemento più distintivo della cultura di un popolo, tanto più quando, per mancanza di uno Stato con confini definiti, essa rappresenta lo strumento principale per preservare la cultura di una Nazione. Questo è quanto accaduto per lo Yiddish, oggetto della conferenza dal titolo “Dallo Shtetl a Hollywood.Mille anni di lingua e cultura yiddish”, tenutasi il 24 giugno scorso presso i locali della Comunità Ebraica di Napoli.La conferenza, tenuta dal Prof. Raffaele Esposito, dell’Università degli Studi di Napoli L’Orientale, e presentata da Suzana Glavaš, ha offerto l’occasione per conoscere, in modo sintetico ed esauriente, le origini e lo sviluppo della lingua e della cultura yiddish, a partire dalla sua nascita nel Medio Evo, nei territori dell’attuale confine franco-tedesco, e fino ai giorni nostri.La diffusione nel tempo e nello spazio dello yiddish, lingua giudeo-tedesca, segue gli spostamenti delle popolazioni ebraiche askenazite che, a partire dal IX secolo e.v. si sono insediate nelle valli del Reno, del Meno e del Danubio, e, successivamente, in Boemia, Moravia, Polonia e Lituania. Di conseguenza, lo yiddish, inizialmente caratterizzato dalla coesistenza di elementi linguistici tedeschi (circa l’80%) ed ebraico-aramici, oltre a termini di origine francese e italiani, acquisisce in sé, a partire dal XIII secolo, numerosi termini di origine slava, fino a differenziarsi, intorno al XVI secolo, in forme più occidentali e forme più orientali.
I cambiamenti politici e culturali determinatisi nell’Europa occidentale verso il XVIII secolo determinano il progressivo declino dello yiddish in Germania, Francia, Austria, mentre esso si conserva vivo nell’Europa dell’est. Le testimonianze di tale evoluzione linguistica e letteraria sono rappresentate da numerosi testi, sia di argomento religioso (libri di preghiere, per lo più per le donne) che profano (romanzi cavallereschi e canti epici che rielaborano in chiave ebraica testi analoghi di origine normanna e germanica). Anche i libri di fiabe in yiddish sono molto diffusi.Tra tutti il Mayse Bukh, pubblicato a Basilea agli inizi del XVII secolo.Nel XIX secolo, grazie anche al pensiero dell’Haskalah, la lingua yiddish diventa un importante strumento espressivo per la letteratura moderna delle comunità ebraiche dell’Europa dell’est, tra cui principali esponenti spiccheranno Sholem Aleikem e, successivamente, Shalom Ash, che si distinguono come rappresentanti di una letteratura yiddish moderna di valore e portata europee.L’emigrazione verso gli Stati Uniti d’America e gli spostamenti all’interno dei territori dell’Europa dell’est favoriscono gli scambi culturali e la nascita del teatro yiddish, che si evolve, passando dalle rappresentazioni di temi della tradizione ebraica classica (per lo più Purim), in epoca medievale, e formalizzate, nel corso dei secoli, in forme simili a quelle della Commedia dell’arte, a vere e proprie commedie, di origine galiziana e russa, nella seconda metà del XIX secolo. L’opera teatrale di maggior importanza e diffusione è Dybbuk, di An-ski, portata in tourneè in vari Paesi, Italia compresa, dalla compagnia di Vilna, a partire dal secondo decennio del XX secolo. Negli Stati Uniti, grazie soprattutto a Schwartz si sviluppa una nuova strada per il teatro yiddish e che l’avrebbe trovata in un nuovo repertorio scritto da S. Alechem. Alla diffusione dello yiddish in America fa da contraltare la sua progressiva decadenza nei territori dell’URSS, mentre in Polonia nasce il primo Teatro Stabile yiddish. Ma l’emigrazione ebraica negli Stati Uniti d’America determina, soprattutto, la nascita del cinema yiddish, con attori, musicisti, sceneggiatori, registi e produttori che promuoveranno a Hollywood un discreta produzione cinematografica che avrà, come contraltare europeo il cinema yiddish polacco.La Shoà spazzerà il mondo degli shtetl e, con esso, la cultura yiddish, che si conserverà negli Stati Uniti d’America grazie a scrittori noti al grande pubblico come i fratelli Singer. Il film “The Pin”, prodotto di recente in Canada e non ancora distribuito in Europa, oltre ad essere una novità nel panorama cinematografico mondiale, potrebbe rappresentare il seme per la rinascita di una nuova cinematografia yiddish.

martedì 25 settembre 2012

 

Oggi è Kippur


Yom Kippur è il giorno ebraico della penitenza, viene considerato come il giorno ebraico più santo e solenne dell'anno. Il tema centrale è l'espiazione dei peccati e la riconciliazione. http://www.comunitadibologna.it/index.php?option=com_content&task=view&id=194

Un’altra infamia dei terroristi

Poche ore dopo il mortale attacco terroristico del pomeriggio di venerdì scorso, al confine fra Israele ed Egitto, è apparsa chiara la dinamica degli eventi che hanno causato la morte di un soldato delle Forze di Difesa israeliane e di tre terroristi. Dai primi risultati dell’inchiesta militare emerge che i terroristi hanno approfittato dell’arrivo di un gruppo di immigranti clandestini africani e del fatto che i soldati israeliani avevano abbandonato brevemente la loro postazione per offrire dell’acqua ai clandestini. In quel momento i tre terroristi sono balzati fuori da dietro una roccia e hanno aperto il fuoco da circa 100 metri di distanza contro i soldati del Corpo d’Artiglieria incaricati di garantire la sicurezza in un tratto di confine montagnoso di circa 17 km dove la barriera di sicurezza è ancora in costruzione. È stato in quel momento che il caporale Netanel Yahalomi, 20 anni, originario di Nof Ayalon, è stato colpito a morte.Secondo i risultati dell’inchiesta, i terroristi avevano raccolto informazioni nel Sinai e si erano accodati, in abiti civili, al gruppo di quindici immigranti clandestini africani. Quando i quindici sono arrivati al confine, diversi soldati hanno lasciato la loro postazione per portare loro dell’acqua. I terroristi hanno approfittato di quel momento per attaccare, saltando fuori dal nascondiglio dove erano appostati da parecchie ore e sparando a raffica sui soldati. Questi hanno risposto al fuoco uccidendo uno dei terroristi. Pochi minuti dopo i rinforzi dell’unità di combattimento mista (maschile-femminile) Karakal, immediatamente sopraggiunta nella zona, individuavano e uccidevano gli altri due terroristi. Durante lo scontro è scoppiato l’ordigno esplosivo fissato al corpo di uno dei terroristi ferendo un secondo soldato israeliano, che è stato trasportato al Soroka Medical Center di Beersheba.Il portavoce delle Forze di Difesa israeliane, Yoav Mordechai, ha detto che i tre terroristi erano armati di mitra, granate e munizioni. “Avevano armi sufficienti per reggere un lungo scontro e miravano a realizzare un grosso attentato, ma sono stati eliminati quindici minuti dopo che avevano esploso il primo colpo”, ha spiegato il portavoce.Domenica l’attacco è stato rivendicato da un gruppo jihadista salafita vicino ad al-Qaeda chiamato “Ansar Bayt al-Maqdes” (“Sostenitori del luogo santo”), con un comunicato diffuso via internet in cui si afferma che l’operazione costituisce “un attacco punitivo contro coloro che hanno insultato il beneamato Profeta”: un riferimento al video denigrante Maometto (prodotto negli Stati Uniti da cristiani copti di origine egiziana) che ha scatenato sanguinose proteste nel mondo arabo-islamico. Nel comunicato, il gruppo terrorista accusa “gli ebrei” di coinvolgimento nella produzione del filmato, senza peraltro spiegare come, e dichiara d’essere “determinato a punire gli ebrei per i loro atti atroci”. Secondo la rivendicazione, il commando era composto da tre egiziani armati di mitra Kalashnikov, mitragliatrice PK, granate RPG, bombe a mano e cinture esplosive.Nell’agosto 2011 lo stesso gruppo, che fa base nel Sinai, aveva rivendicato l’attacco contro un autobus israeliano, nei pressi del confine con l’Egitto, che aveva provocato la morte di otto israeliani e almeno sette terroristi. Nell'agosto scorso, il gruppo ha rivendicato il lancio di due razzi Grad dal Sinai verso Eilat e il sabotaggio del gasdotto egiziano che porta gas in Israele e Giordania.Quella di venerdì scorso è stata la quarta grande incursione transfrontaliera in poco più di un anno, a partire dalla rivolta che l’anno scorso ha rovesciato il presidente egiziano Hosni Mubarak.(Da: YnetNews, Ha’aretz, Jerusalem Post, 21-23.9.12)  http://www.israele.net/


Il gruppo estremista che uccide i soldati israeliani

 Si autodefiniscono Supporters of the Holy Places e sono un gruppo militante estremista islamico ben poco noto finora che ha rivendicato l’attacco oltre frontiera che ha portato alla morte un soldato israeliano lo scorso weekend. Secondo il New York Times attacchi di questo tipo non fanno che sottolineare le difficoltà del governo egiziano recentemente insediato nella gestione dell’area del Sinai.RIVENDICAZIONE - Secondo la National Public Radio americana, anche quest’attacco sarebbe da collegarsi al video “Innocence of Muslims”, che ha creato la recente ondata di proteste nel mondo islamico. I militanti sarebbero di nazionalità egiziana e l’intera operazione sarebbe da considerarsi “un attacco disciplinare contro chi ha insultato l’amato Profeta”, riporta ancora la NPR. La radio americana, che chiama il gruppo, invece, “Ansar Jerusalem”, spiega che “tre militanti avrebbero attraversato il confine verso Israele nella prima giornata di venerdì, hanno poi avvistato e attaccato una pattuglia israeliana”. Secondo il gruppo alcuni ebrei sarebbero stati coinvolti nella realizzazione del video parodistico, il che è falso: i tre guerriglieri sarebbero stati poi uccisi dall’esercito israeliano e i loro corpi sarebbero stati riportati poi in territorio egiziano.SOVRANITA’ - Il presidente Mohammed Morsi ha il suo bel daffare nel placare una regione, il Sinai, prevalentemente abitata da beduini che considerano “i proventi di contrabbando” un diritto di nascita e che, per vero, erano abbastanza indisciplinati ed anarchici anche al tempo di Hosni Mubarak; durante la rivolta di Piazza Tahrir, la polizia ha rotto i ranghi e le illegalità sono aumentate. Ora, per il presidente Morsi, la riaffermazione della sovranità egiziana nel Sinai è “una priorità”.http://www.giornalettismo.com/