sabato 17 dicembre 2011

Budino di Panettone e Mele

Ingredienti 4 persone:650 ml di latte,la scorza di 1 limone,burro qb,½ panettone,4 cucchiai di rum,2 mele golden,5 uova,100 gr di zucchero,2 cucchiai di zucchero di canna,zucchero a velo qb.Procedimento ricetta Budino di Panettone e Mele di Benedetta ParodiScaldare il latte con la scorza di limone.Imburrare una pirofila.Affettare il panettone abbastanza sottile.Rivestire tutta la pirofila con il panettone e bagnarlo con pochissimo rum.Disporre le mele sbucciate e affettate sottili sul panettone.A parte sbattere le uova con lo zucchero.Unire il latte filtrato alle uova.Versare questa crema su panettone e mele.Completare con un secondo strato di mele.Cuocere a 180 gradi per mezzora coperto, poi per venti minuto scoperto e spolverizzato con zucchero di canna.Lasciare riposare 24 ore prima di servirlo. http://imenudibenedetta.blogspot.com/


Genovas per Chanukà

Ingredienti:250 gr di zucchero,6 uova,250 gr di margarina,170 gr di amido di mais.Procedimento:Sbattere a dovere le uova con lo zucchero: l'impasto deve risultare quasi bianco e schiumoso. Unire la margarina ammorbidita e poi l'amido continuando a lavorare.Versate l'impasto in uno stampo da forno (o mettetelo già a cucchiaiate ben distanziate tra loro, se non volete ottenere un dolce unico) ma attenzione: si sgonfia con estrema facilità .La cottura deve avvenire a forno moderato.Servite subito ancora caldo, altrimenti (ancora) si sgonfia. http://www.chabad.org/

Tel Aviv
Cadono i dittatori, non cade l’odio anti-ebraico

Di Or Avi-Guy http://www.israele.net/
Una consolidata tradizione della politica mediorientale è quella di attribuire a Israele, ai “sionisti” e agli “ebrei” la colpa di tutti i problemi che affliggono il mondo arabo e musulmano. Gli “ebrei” sono stati a lungo utilizzati da regimi ostili come utile diversivo per distogliere l’attenzione dalla miseria in cui versano le loro popolazioni e dalle sue cause. Molti speravano che la “primavera araba” segnasse la fine di questa tradizione razzista e autolesionista, giacché all’inizio delle manifestazioni di protesta anti-regime nei paesi arabi Israele non veniva quasi neanche menzionato come causa dei problemi di quelle società. Per una volta, il dito veniva correttamente puntato contro i loro regimi dittatoriali.Purtroppo, però, come ha recentemente osservato il giornalista americano Jeffrey Goldberg (Bloomberg News, 28.11.11), oggi appare chiaramente che in tutti i paesi liberati dai dittatori arabi, “gli ebrei” sono tornati ad essere il capro espiatorio regionale.In Libia adesso si sostiene diffusamente che il deposto dittatore Gheddafi fosse di origini ebraiche, e il suo regime viene accusato d’aver agito a sostegno del sionismo. Il fatto che Gheddafi invocasse la distruzione di Israele, avesse fatto approvare leggi discriminatorie ai danni della popolazione ebraica espulsa dalla Libia ed esprimesse apertamente posizioni antisemite non scalfisce la popolarità di queste voci. Dopo la caduta di Gheddafi, David Gerbi, un ebreo libico (espulso in Italia nel 1967) è tornato a Tripoli alla fine di agosto convinto di poter contribuire alla rivolta e di restaurare la sinagoga principale della città. Ben presto tuttavia si è trovato circondato da una folla ostile con cartelli che dicevano: “Non c’è posto per gli ebrei in Libia”. L’odio verso gli ebrei emerge con forza anche dai testi di popolari canzoni rap, come ad esempio questa: “La rabbia non morirà, quelli che moriranno sono Gheddafi, i suoi sostenitori e gli ebrei”.In Siria l’opposizione sta facendo circolare la voce che Assad, certamente non un amico di Israele ed anzi un risoluto sostenitore di gruppi terroristi come Hamas e Hezbollah, sarebbe un agente degli ebrei. Lo scrittore siriano Osama al-Malouhi ha scritto di recente su un sito web dell’opposizione che gli ebrei “vogliono che quel succhiatore di sangue siriano rimanga e continui a depredare e succhiare il sangue”. Ed ha aggiunto: “Chiedendomi come mai il sostegno ebraico a Bashar [Assad] sia cresciuto dopo che hanno visto i fiumi di sangue siriano che questo assassino di massa ha fatto sgorgare nelle città siriane, mi è tornata in mente una vecchia immagine: quella degli ebrei che dissanguano delle persone e usano il sangue per impastare le azzime”.Il trend non ha risparmiato la Tunisia, dove Rashid Ghannouchi, il leader del partito islamista Ennahdha (che ha ottenuto il 41% dei voti nelle elezioni dello scorso ottobre e che viene spesso definito “moderato”) ha recentemente affermato: “Porto la buona novella che la regione araba si sbarazzerà del germe di Israele”. La bozza della nuova costituzione tunisina prevede il divieto di stabilire rapporti diplomatici con Israele, a quanto pare anche in caso di pace coi palestinesi.I mass-media arabi permangono pieni di politici e di personalità pubbliche, religiose e accademiche che esprimono opinioni antisemite. Ad esempio, Tamer Mustafa, un “ricercatore sul sionismo” intervistato lo scorso 12 ottobre dalla tv libanese Al Manar, ha causticamente sostenuto che “il razzismo è profondamente radicato nelle anime dei seguaci della religione ebraica”, cosa che egli imputa alla Torah (la Bibbia) dicendo che è intrisa di “spirito razzista”. Poi, con un classico esempio di pensiero contradditorio antisemita sulla Shoà, ha sostenuto che i sionisti hanno aiutato “i nazisti ad uccidere gruppi di ebrei in modo da costringere gli altri ad emigrare in Palestina” e nello stesso tempo che la Shoà non è mai avvenuta e che si tratta soltanto di “menzogne”.Molte delle peggiori manifestazioni di antisemitismo arrivano dall’Egitto, un terreno tradizionalmente fertile per le teorie cospirative anti-ebraiche. In Egitto anche i leader e i politici liberali sembrano convinti che gli ebrei complottino contro l’economia egiziana. Tawfiq Okasha, candidato alla presidenza e proprietario della tv Al Faraeen, ha illustrato la sua scoperta sul presunto controllo ebraico sull’occidente e sull’economia globale parlando sulla sua emittente il 31 ottobre scorso. “Gli ebrei – ha detto – che hanno ideato la filosofia economica americana, hanno messo una piramide e un occhio sul retro della banconota del dollaro, simboli della massoneria globale. … Gli Stati Uniti hanno adottato una politica economica che è stata creata e viene gestita da esperti economisti ebrei con lo scopo di subordinare tale politica alla filosofia globale della massoneria, che permette loro di mantenere il dominio sulle nazioni”. Okasha incolpa inoltre gli ebrei per le divisioni storiche interne al cristianesimo, sostenendo che “traduttori ebrei” introdussero deliberatamente differenze di linguaggio nei testi cristiani “allo scopo di alterare l’essenza della fede cristiana”.Anche il chierico egiziano Amin al-Ansari è un fan delle teorie cospirative, mescolate con un po’ di buon vecchio sessismo. In un’intervista sulla tv Al-Rahma lo scorso 26 ottobre, citando “I Protocolli dei Savi di Sion” ha sostenuto che gli ebrei manipolano le donne allo scopo di mantenere il controllo sul mondo, ed ha aggiunto: “Quando sionismo ed ebraismo si avvantaggiano, significa la decadenza non solo delle donne musulmane, ma dell’umanità intera”. In Egitto l’antisemitismo si incontra anche nella vita quotidiana. Mentre era in servizio al Cairo, il giornalista della BBC Thomas Dinham è stato aggredito perché ritenuto ebreo. “Qualcuno mi ha spinto da dietro con tale forza che per poco non cadevo. Girandomi, mi sono visto circondato da cinque uomini, uno dei quali stava per darmi un pugno in faccia. L’ho fermato facendo notare quanto fosse vergognoso per un musulmano aggredire un ospite nel suo paese, specie durante il Ramadan … Sono rimasto allibito dalle scuse offerte da uno degli aggressori: Spiacente, ha detto contrito porgendomi la mano, avevamo pensato che fossi un ebreo”.Intanto, alla vigilia delle elezioni parlamentari, Ahmed al-Tayeb, capo dell’Università Al-Azhar del Cairo e dunque una delle più prestigiose autorità religiose del mondo islamico sunnita, arringava una folla di cinquemila persone che gridavano “Tel Aviv, Tel Aviv, il giorno del giudizio è arrivato” e la frase coranica “Un giorno uccideremo tutti gli ebrei”. Curiosamente Tayeb ha accusato gli ebrei di voler impedire l’unità islamica ed egiziana con il controllo sulla moschea di Al-Aqsa a Gerusalemme.A quanto sembra, dunque, mentre diversi radicati dittatori sono stati rovesciati con successo, il radicato antisemitismo che essi avevano contribuito a coltivare nelle loro società è molto più difficile da sradicare.(Da: Jerusalem Post, 14.12.11)

Stanley Fischer

Israele: nasce il comitato interministeriale per gli istituti di credito

Il governatore della Banca d’Israele, Stanley Fisher, e il ministro della Finanze israeliano, Yuval Steinitz, istituiscono un comitato interministeriale per valutare la competitività degli istituti di credito dello Stato ebraico. L’azione del comitato sarà guidato dal Supervisore delle Banche, David Zaken, chiamato a coordinare una squadra composta da membri del ministero delle Finanze, della Banca d’Israele, del ministero della Giustizia, del Consiglio Nazionale dell’Economia e dell’Antitrust.Il comitato analizzerà il settore bancario e formulerà raccomandazioni per migliorare la competitività dell’industria bancaria, oltre che nei settori della distribuzione e dei piccoli business. Le conclusioni degli esperti saranno presentate entro 120 giorni.http://www.focusmo.it

Israele, il Governo sceglie EMC

Il Governo Israeliano sceglie EMC Documentum come piattaforma standard di Enterprise Content Management (ECM) per tutti i suoi Ministeri ed ufficiAssieme al partner locale NessPRO (divisione di Ness Technologies che si occupa di distribuzione software), EMC si è aggiudicata la gara indetta dal Ministero delle Finanze e dal’Ufficio Acquisti Centrale del Governo, per un progetto altamente strategico a livello nazionale.EMC Documentum rappresenta la base della strategia di lungo termine del governo tesa a creare un’infrastruttura unificata in grado di rispondere alle diverse necessità di archiviazione e document management dei vari Ministeri.EMC Documentum verrà installato sia on-premise sia in modalità cloud, in modo che ogni Ministero possa accedere ai servizi desiderati con la massima garanzia di integrità e sicurezza dei dati. Il sistema verrà utilizzato per unificare, semplificare e accelerare le attività quotidiane di gestione delle informazioni interne ed esterne, per rendere più veloci i task operativi e per automatizzare i flussi di lavoro generali.“Questa gara rappresenta un momento fondamentale per il settore IT israeliano. Abbiamo scelto una tecnologia avanzata, supportata da un solido vendor e da un partner di rilievo, che hanno mostrato competenze, determinazione e commitment”, ha spiegato Tal Haramati, Senior Deputy della Ragioneria Generale di Israele. “Si tratta di un progetto realmente senza precedenti, perché il sistema verrà installato sull’intera infrastruttura del Governo e farà ampio uso di servizi cloud, oltre al fatto che servirà migliaia di utenti governativi.”http://www.datamanager.it/

soldati israeliani

Mo: Israele-Hamas,2/a fase scambio detenuti, ricorsi a corte

(ANSAmed) - TEL AVIV, 15 DIC - Sono stati depositati oggi alla Corte suprema di Gerusalemme i primi ricorsi contro le scarcerazioni della seconda fase del baratto di prigionieri fra Israele e Hamas. L'operazione era stata avviata due mesi fa sotto l'ombrello della mediazione egiziana con il rilascio del militare israeliano Ghilad Shalit - dopo oltre cinque anni di cattività nella Striscia di Gaza - in cambio di 477 detenuti palestinesi.La fase due dell'operazione ha preso il via nelle scorse ore con la comunicazione alle autorità penitenziarie israeliane di una lista di 550 nomi di reclusi palestinesi (condannati in Israele per reati in genere minori rispetto a quelli dei primi 477 consegnati a Hamas) la cui scarcerazione è prevista entro domenica. Nel frattempo, vi sono 48 ore per eventuali ricorsi contro il rilascio di singoli detenuti: ricorsi che ciascun cittadino israeliano ha diritto di presentare e che un'associazione di familiari di vittime del terrorismo, affiancata da sodalizi della destra nazionalista, ha già depositato stamattina. La pronuncia della Corte è attesa non prima di domani, ma stando ai precedenti sarà probabilmente negativa. Secondo i media israeliani, è possibile che la liberazione di quest'ultimo contingente di palestinesi avvenga in parallelo con la scarcerazione anche di detenuti egiziani: concordata dallo Stato ebraico con il Cairo a margine del dossier Shalit per favorire il rilascio di un beduino cittadino d'Israele recluso in Egitto da diversi anni per "spionaggio".

Voci a confronto

Si chiude una settimana pessima, all’insegna di una successione di eventi drammatici, se non purtroppo luttuosi, contrassegnati dall’evidenza di un razzismo che non è residuo del passato ma scomodo compagno della nostra quotidianità. Come tale in fermento e destinato, quindi, a fare di nuovo capolino, di qui a non molto. Tralasciamo pertanto, almeno per questa rassegna, le riflessioni sul Medio Oriente (rinviando alla complessa situazione del rapporto con alcune componenti presenti negli insediamenti in Cisgiordania con la lettura degli articoli di Luigi Spinola per il Riformista e di ro.sco, ovviamente un acronimo, su il Foglio) e concentriamoci sui fatti di casa nostra. La questione non è solo morale, va da sé, ma anche e soprattutto civile (e, quindi, politica), rimandando ai modi, alle scelte, alle condotte assunte per gestire le grandi questioni che riguardano la nostra società. Della quale scopriamo, per così dire, che sa essere intollerante quanto basta per rivelarsi anche pericolosamente inospitale. Poiché le tante manifestazioni di crescente intolleranza vanno saldandosi in gesti e condotte delittuose che, se nella loro singolarità, possono essere comodamente ascritte al delirio di coloro che ne sono immediati responsabili, inanellate le une con le altre fanno derivare uno slittamento collettivo verso pericolosi esiti. L’antisemitismo sta dentro questo velenoso contenitore, costituendone semmai il collante che, per il fatto stesso di esistere da molto, se non da sempre, almeno a memoria d’uomo, può essere usato alla bisogna nella quantità che occorre al caso. In altre parole: do fuoco all’accampamento dei nomadi ma sono pronto a pensare che le mie disgrazie siano il prodotto anche di un “complotto giudaico”. Menzioni in tal senso, negli articoli di Sara Menafra per il Messaggero, ma soprattutto di Federico Merlo per il Fatto quotidiano, così come involontario contributo alla nostra riflessione ci è offerto dal quotidiano della «sinistra nazionale» Rinascita, laddove pubblica un articoletto, probabilmente di Claudio Mutti, di presentazione di un volume dove si sostiene, sibillinamente, che «più che una religione, quella ebraica è una visione del mondo, tanto forte e originale da essere protagonista nella storia dell’umanità». Un quadro di riferimento aggiornato, ancorché obbligatoriamente sintetico, è poi quello di Sonia Oranges su il Riformista, dove è messo in chiaro, se mai ce ne fosse ancora bisogno, che ogni episodio, nella sua occasionalità, si inserisce dentro un pensiero di lunga durata, che trova nel negazionismo (la pseudocorrente di falsi storici che affermano che lo sterminio degli ebrei è una menzogna) il suo punto di sintesi. Illusorio, quindi, il pensare che il razzismo, in fondo, sia sal momento un problema degli e per gli “altri”, essendo non un residuo del passato ma piuttosto lo strumento per intervenire brutalmente nei processi sociali imponendovi dei bruschi mutamenti attraverso la segregazione, la violenza e, non da ultimo, le persecuzioni. Posta in questi termini, sia pure sommari, la questione, risulta allora poco condivisibile l’analisi di Fabrizio Rondolino su il Giornale (così come la difesa di Casa Pound fatta da Pietrangelo Buttafuoco intervistato da Manila Alfano sulla medesima testata e l’analisi di Giuliano Rocca sul Secolo d’Italia, alle quali si contrappone l’opinione di Pino Casamassima su la Nazione) dove già dalle premesse si parla di «opinioni xenofobe» quando per il nostro ordinamento giuridico, senza neanche andare a scomodare la legge Mancino, sussiste la distinzione tra opinione e diffamazione (nonché l’istigazione al compimento di questa e degli atti che ad essa possono associarsi). Quest’ultima tanto più pericolosa, e quindi aggravata dal punto di vista penale, dal momento in cui chiama in causa non solo un unico destinatario ma una pluralità di soggetti, come nel caso delle comunità (più o meno propriamente definite «minoranze»), soggette alle ritorsioni correlate a pensieri palesemente offensivi. Da questo configurazione giuridica deriva peraltro la categoria della dimensione traslativa, che si riconnette alle affermazioni false o menzognere, laddove esse costituiscano deliberata apologia della violenza. In parole povere: commetto un reato se dico cose che violano non solo l’onorabilità e la dignità ma anche e soprattutto la sicurezza di una persona, o di un gruppo di persone; tale violazione sta nel fatto che quelle cose affermate, per così dire “legittimano” la messa in opera di atteggiamenti, atti, condotte di natura offensiva, ledente la vita di coloro che sono da esse stigmatizzati. Le aprole sono pietre, ci ammoniva Carlo Levi. Certo, le questioni che l’articolista pone non sono tutte di lana caprina, rinviando all’irrisolta discussione su dove si situi la linea, in sé spesso mobile, tra idee, per quanto radicali ed estreme ma legittime nella loro manifestazione, e offese deliberate. Non è facile l’affermarlo e si può aggiungere che ogni evento è fatto che vada considerato nella sua singolarità ma rimane la necessità di sanzionare, preventivamente, la non accettabilità (e quindi la punibilità) di ciò che induce al delitto. Il nesso tra razzismo e violenza è intrinsceo. Men che meno convince poi la chiusa dell’articolo, dove si afferma che i rei «anziché mandarli in galera, andrebbero invitati nelle scuole e nei talk show. Non sarà difficile dimostrare l’inconsistenza scientifica, l’aberrazione morale, la pericolosità pratica delle loro idee». Rondolino aveva fatto precedere a questa presa di posizione un’altra opinabile affermazione: «discutiamo [..] liberamente del razzismo e facciamolo con i razzisti», partendo da presupposti ancora una volta non condivisibili, ovvero che del razzismo evidentemente non si discute né a sufficienza né liberamente, e che per ottenere l’una e l’altra cosa, riparando alle deficienze del caso, si dovrebbero chiamare in causa i “diretti interessati”. Hanno forse qualcosa da dire, costoro, che non siano gli slogan dietro i quali si parano? Gli interlocutori di qualsiasi «discussione» di tale merito non sono i «razzisti» bensì le loro vittime. Poiché quello che agisce come dispositivo aggregante, nella razzizzazione, non è un presunto nocciolo razionale (che va sì identificato, smontato e contrastato ma al di là dei monologhi ossessionanti e autoreferenziati dei suoi sostenitori), bensì quel tragico viatico per l’azione che il parlare razzista è da sempre. In altre parole ancora: dobbiamo parlare di razzismo ma non dobbiamo discuterne con i razzisti. Non sono interlocutori, in alcun modo. Poiché non c’è comune intesa sui fondamenti linguistici e morali essenziali per porre in essere un confronto, ancorché duro ma umano. Il fondamento del “pensiero” razzista è la deumanizzazione di quanti non siano considerati propri pari, ossia uniformi a sé. Punto e basta. Sono gli stessi razzisti a non cercare dibattiti ma solo momenti, altrimenti insperabili, di visibilità per il tramite delle opportunità a loro offerte, più o meno ingenuamente. Offrirglieli è dare loro ciò che vanno cercando, un palcoscenico sul quale esibirsi. Non è poi vero che sussista un’autoevidenza dei presupposti negativi dei deliri, se così vogliamo qualificare le affermazioni razziste. Esse sono soggiacenti ad un principio, quello della massima semplificazione, della dicotomia elementare: buono/cattivo, bello/brutto, bianco/nero e così via. Della complessità del nostro vivere quotidiano, del pluralismo e della differenziazione delle società, fanno piazza pulita, in ciò gratificando chi vuole letture tanto banali quanto confortanti. I razzisti non hanno nulla da dire che non sia la ripetizione delle proprie litanie. Piuttosto preoccupa l’afonia di chi dovrebbe parlare una lingua ben diversa e che, a volte ammaliato dalle sirene di un populismo culturale che ha sfondato a destra come a sinistra, se ne sta invece lì fermo, ad osservare quanto succede, ripetendosi come un mantra che “no, il razzismo esiste ma quello a cui sto assistendo non è tale”. L’autoindulgenza cammina, storicamente, a braccetto dell’indifferenza, nel mentre le società si muovono sul sottilissimo filo del rasoio.Claudio Vercelli,http://moked.it


Democrazia minore

“Sto leggendo i diari di Mussolini e le lettere della Petacci e devo dire che mi ritrovo in molte situazioni. Anche con le lettere della Petacci”. Lo dice l’ex premier Silvio Berlusconi, che alla presentazione dell’ultimo libro di Bruno Vespa ricorda come Mussolini si lamentasse del fatto di non potere neppure raccomandare una persona. “Che democrazia è questa?”, si chiedeva Mussolini. E infatti, fanno notare a Berlusconi, non era una democrazia quella di Mussolini. “Beh era una democrazia minore”, aggiunge Berlusconi.
A scrivere queste righe è "La Nazione", lo storico giornale toscano non certo ostile all'ex premier. Dispiace per lui che si ritrovi a immedesimarsi in Mussolini (il riferimento alla Petacci potrebbe aprire spunti satirici) ma la definizione del fascismo quale "democrazia minore" è di una pochezza epocale e offende il concetto stesso di democrazia, accostandolo a una dittatura che calpestò i più elementari diritti civili, portò il paese alla distruzione morale ed economica sacrificando la vita di tanti suoi cittadini in folli "imprese" di guerra e ha macchiato indelebilmente l'Italia, con la promulgazione di leggi razziste e persecutorie.
Davvero è il caso di dire, dinanzi a "cotal pensiero", sic transit gloria mundi!Gadi Polacco, Consigliere della Comunità ebraica di Livorno,http://www.moked.it/

Sergio Della Pergola
La misura di una democrazia

Una democrazia si misura in vari modi. È elementare che il popolo possa esprimere la sua classe dirigente attraverso libere elezioni. Ma questo non è sufficiente. È essenziale che i programmi dei partiti politici che competono siano democratici, o per lo meno decenti. E questo in molti paesi, in particolare arabi, non avviene. Infine, è fondamentale che non solo dall'opposizione, ma anche e soprattutto dalla parte dei vincitori che hanno conquistato il potere si possa ascoltare una pluralità di voci. E questo è raro perfino nelle democrazie avanzate. In Israele, in questi giorni, sentiamo Meir Dagan, l'ex-capo del Mosàd – la potente agenzia della sicurezza israeliana che opera in paesi esteri – e persona che sa alcune cose sull'Iran, esprimersi esplicitamente contro un attacco israeliano nel paese sciita. Sentiamo il ministro Dan Meridor, vecchia guardia del Licud e membro del gruppo strategico degli otto all'interno del gabinetto Netanyahu, criticare severamente l'ingerenza di ministri e deputati governativi contro la libertà di associazione e la libertà di opinione. Sentiamo il consigliere legale del governo, il potente Attorney General Yehuda Weinstein, esprimersi contro la pericolosa erosione del potere giudiziario da parte del legislativo e dell'esecutivo. Questi segnali forti dimostrano che la vittoria elettorale, la maggioranza parlamentare, e l'egemonia di governo non comportano la fine del dibattito politico e la messa a tacere di tutte le voci dissenzienti. Israele è spesso accreditata come l'unica democrazia del Medio Oriente, e queste sono le ricevute.Sergio Della Pergola, Università Ebraica di Gerusalemme http://www.moked.it/

venerdì 16 dicembre 2011


Asus-tek aprirà in Israele

La taiwanese Asustek Computer Inc. è in procinto di aprire la sua prima filiale in Israele. La ASUS pare abbia deciso di seguire le altre maggiori compagnie produttrici di computer come Hewlett Packard Co., Dell Inc., Samsung Electronics Co. Ltd., LG Corporation e Lenovo Group Ltd., che hanno gia’ i loro uffici in Israele.Peter Chang, il manager di Asus Turchia, Israele e Africa ha dichiarato: “Nel passato, quando vendevamo schedemadri ci affidavamo principalmente ai nostri distributori. Per vendere Netbooks o Tablets abbiamo, invece, bisogno di un contatto piu’ diretto con il consumatore finale. L’accesso locale e’ molto importante in questo caso, e questo e’ il motivo per cui necessitiamo di una filiale in Israele”. Proprio ieri in Israele la Asus ha lanciato 2 nuovi modelli dei suoi Ultrabook. L’Ultrabook, che e’ una combinazione di un Netbook con un laptop, e’ molto sottile – meno di 20 centimetri di lunghezza, con un peso inferiore a 1.4 chilogrammi, e la batteria ha una durata di almeno 5-8 ore. “La categoria degli Ultrabook diventera’ molto importante dal prossimo anno” ha dichiarato Chang. La Asus ha gia’ lanciato i suoi Ultrabook nel mercato statunitense, cinese e taiwanese, e gli analisti credono che gli Ultrabook conquisteranno il 30% del mercato dei computer mobili.http://www.focusmo.it/



Hamas si vanta d’aver ucciso 1.365 “sionisti” in 1.117 attentati terroristici

Sventolando le bandiere verdi del movimento islamista e suonando i clacson delle auto, centinaia di migliaia di palestinesi sostenitori di Hamas hanno celebrato mercoledì il 24esimo anniversario della fondazione del gruppo terrorista che governa a Gaza.L’adunata oceanica, che si tiene ogni anno, si è andata trasformando in una sempre più elaborata dimostrazione di forza da quando Hamas ha assunto il controllo della striscia di Gaza, nel giugno 2007, a seguito di un golpe e di sanguinosi combattimenti intestini che hanno portato all’espulsione delle forze fedeli all’Autorità Palestinese del presidente Mahmoud Abbas (Abu Mazen)La folla si è radunata di fronte a un enorme palco a forma di nave che voleva simboleggiare l’aspirazione di Hamas a prendere il controllo su tutta la terra che si estende dal mar Mediterraneo al fiume Giordano (Israele compreso). In un comunicato diffuso mercoledì, Hamas ha proclamato che “la resistenza continuerà, in tutte le sue forme, finché il movimento riuscirà a liberare la Palestina e assistere al ritorno dei profughi”. “La resistenza e la lotta armata – ha dichiarato nel suo comizio il capo del “governo” di Hamas a Gaza, Ismail Haniyeh – sono lo strumento e la scelta strategica per liberare la terra palestinese dal Mediterraneo al Giordano, e cacciare gli invasori israeliani”.Nell’occasione, i capi di Hamas hanno ribadito le loro critiche a Fatah, senza tuttavia citare per nome il movimento concorrente: “La scommessa dei negoziati con Israele è fallita – hanno dichiarato – E’ importante che la dirigenza palestinese che ha perseguito quei negoziati riconsideri tutta la sua politica”. Hamas ha anche ribadito, tuttavia, che “il movimento è impegnato ad attuare l’accordo per la riconciliazione palestinese”, firmato al Cairo lo scorso 4 maggio da Abu Mazen, presidente dell’Autorità Palestinese e capo di Fatah, e dal capo del politburo di Hamas, Khaled Meshaal.Durante la cerimonia di mercoledì le Brigate Izz al-Din al-Qassam, ala militare di Hamas, si sono vantate d’aver ucciso 1.365 “sionisti”, da quando sono state fondate nel 1992, e di averne feriti o mutilati altri 6.411 per mezzo di 1.117 attentati terroristici. Le Brigate Izz al-Din al-Qassam, che dicono d’aver avuto negli stessi anni 1.848 caduti fra le proprie fila, si sono inoltre vantate d’aver lanciato contro le città israeliane più di 11.000 tra razzi e obici di mortaio. I terroristi di Hamas hanno sfoggiato queste loro “statistiche” anche con appositi messaggi su Twitter.(Da: YnetNews, Jerusalem Post, 14.12.11) http://www.israele.net/

Alunni palermitani e israelianiTutti insieme per la natura

Da Israele a Palermo un calendario per difendere la natura.Protagonisti dei disegni, i bambini di due scuole palermitane, la Falcone del San Filippo Neri e la Garzilli, e alcuni ragazzi della scuola “Arnon” di Israele. Il progetto è stato ideato da Antonella Saverino del Lions Club Palermo dei Vespri, di cui Giovanni Ammirata è il presidente. Un gemellaggio che è stato realizzato grazie all’Ambasciata Israeliana e alla Onlus KKL, la più antica associazione ecologica nel mondo che opera tra Tel Aviv e Gerusalemme e che si occupa di portare il verde in queste zone di guerra. “Israele perchè in fondo non è poi così tanto diversa dalla scuola Falcone, come contesto e qualità della vita – ha dichiarato Antonella Saverino – Il gemellaggio ha avuto come finalità proprio quello di definire insieme un piano per difendere il bene comune quale la natura”.Una giornata bellissima per uno scopo nobile. Il ricavato della promozione dei calendari permetterà la realizzazione di un’area verde a Palermo e una ad Israele. Lo scorso anno l’iniziativa ha permesso di realizzare all’interno della Città dei ragazzi uno spazio didattico. “Oggi a scuola abbiamo realizzato una videoconferenza tra i nostri ragazzi e la scuola Arnon di Israele – ha detto Domenico Di Fatta, preside della scuola Falcone – Il prossimo passo sarà quello di realizzare un incontro fisico tra i bambini nel momento in cui si pianteranno gli alberi. Stiamo già pensando ad andare fisicamente in Israele con una nostra delegazione, grazie sempre all’aiuto dei Lions. Penso che tutto ciò si concretizzerà entro la fine dell’anno scolastico”.L’idea di realizzare il calendario nasce tre anni fa e si ispira ai bisogni del quartiere San Filippo Neri. “Il primo anno i bambini dell’istituto Falcone hanno sognato un quartiere, il secondo anno grazie ad un gemellaggio tra la Falcone e la scuola Garzilli di Palermo, i piccoli hanno abbracciato un Comune e quest’anno ci siamo proiettati verso il mondo, grazie anche ad un gemellaggio tra il nostro club e i Lions di Gerusalemme – ha affermato Giovanni Ammirata, presidente Lions Club Palermo dei Vespri -. Il tema attualissimo che abbiamo scelto quest’anno si lega perfettamente al nostro service internazionale “Piantare un milione di alberi”. Per la cronaca, oggi possiamo contare oltre 6 milioni di alberi piantati dai Lions nel mondo.”

Presente alla manifestazione, che si è svolta nell’aula magna dell’istituto Falcone, il provveditore agli studi di Palermo, Rosario Leone, il quale ha sottolineato l’importanza del momento che ha permesso di unire in un unico progetto due scuole che vivono in territori e contesti culturali diversi. “Colori e disegni su carta che diventano documenti per la storia, questo è il modo in cui i bambini riescono ad esprimersi meglio per lavorare su una questione di grande rilievo come la salvaguardia dell’ambiente. Bisognerebbe moltiplicare queste occasioni per spingere un processo di condivisione, partecipazione e di reciproca conoscenza che supera la diffidenza”. Si è unita alle parole del provveditore anche Francesca Grisafi, assessore comunale alla Pubblica Istruzione. “Un’iniziativa importante a sostegno della natura che deve essere sempre aiutata a crescere. Noi dobbiamo insegnare ai nostri figli a salvaguardare l’ambiente. Questo è il messaggio che oggi abbiamo voluto dare a questi bambini”.http://www.livesicilia.it/

Apple aprirà un centro di ricerca sui semiconduttori in Israele?

Dopo la notizia di ieri, secondo la quale Apple sarebbe in procinto di acquisire la società israeliana Anobit specializzata in memorie flash, sono trapelate altre indiscrezioni che riguardano l’interessamento di Cupertino nelle elevate competenze israeliane sulla progettazione dei semiconduttori.Pare infatti che prima ancora di interessarsi ad Anobit, Apple abbia pensato di creare un proprio centro di ricerca e sviluppo sui semiconduttori guidato da Aharon Aharon, un veterano dell’industria tecnologica israeliana.Se tutto ciò fosse vero si tratterebbe del primo centro ricerche Apple al di fuori della California, poiché le sedi internazionali della Mela si occupano solo di marketing, vendite e supporto, mentre tutta l’attività di progettazione viene effettuata a Cupertino.Il vicepresidente Apple Ed Frank si troverebbe in questi giorni in Israele, ma le voci dicono che Aharon dovrebbe trascorrere diversi mesi a Cupertino prima di tornare in Israele per avviare il centro di ricerche e sviluppo, che assumerà personale del posto ed inizierà ad operare indipendentemente dall’acquisizione da parte di Apple di un’azienda israeliana come Anobit.http://www.melablog.it


Atleti arabi furiosi per una mappa della Palestina

Alcuni dei partecipanti ai Giochi Pan-Arabi 2011 , in Qatar, sono rimasti sconvolti, questo fine settimana, dopo aver scoperto che una mappa della "Palestina" indicava i territori dello "Stato" in Giudea, Samaria e Gaza.La mappa è stata presentata, insieme con le mappe di altri paesi partecipanti, alla cerimonia di apertura dei giochi a Doha. Tale rappresentazione della "Palestina" ha reso furiosi alcuni dei partecipanti i quali hanno sostenuto che la mappa mostrava solo il 22% del territorio della "Palestina".Gli atleti hanno detto che presentare la "Palestina" in questo modo costituisce il riconoscimento di Israele e l'accettazione di quello che hanno definito "il sistema americano del nuovo Medio Oriente." Hanno anche minacciato di tornare ai loro paesi d'origine e non partecipare ai giochi.Hanno inoltre sottolineato come il Qatar avesse fatto un grave errore del quale dovrà rispondere e, allo stesso tempo, hanno chiesto che la mappa fosse corretta. Inoltre, hanno minacciato di scendere in piazza per esigere che il Qatar si scusi con il "popolo palestinese".Ma non basta: i partecipanti hanno anche accusato l'Autorità palestinese per l'accaduto, sostenendo che si tratta del risultato naturale della sua politica di negoziazione con Israele.La PA, pur dichiarando la sua intenzione di negoziare la pace con Israele nei media internazionali, di solito presenta un quadro totalmente diverso tramite i suoi mezzi di comunicazione, sostenendo che tutta la terra di Israele è "Palestina" e che il territorio non si limita alla Giudea, Samaria e Gaza.Pochi mesi fa, i rappresentanti dell'Autorità palestinese hanno distribuito alle Nazioni Unite mappe della "Palestina" che includono tutto Israele, compreso Tel Aviv.Già nel 2008, il presidente dell'Autorità Palestinese Mahmud Abbas fu filmato in una riunione del Comitato Centrale dell'OLP con un emblema che negava l'esistenza dello Stato di Israele, appeso sullo sfondo. L'emblema includeva la bandiera PA sopra una mappa che raffigurava la Palestina occupare la totalità dello Stato di Israele.Ci sono stati anche numerosi altri casi in cui i media ufficiali PA hanno trasmesso le mappe della regione, cancellando completamente Israele, e sostituendola con la bandiera palestinese.http://unitedwithisrael.org/arab-athletes/

Il saluto dell'Ambasciatore

Pubblichiamo qui il discorso che l’ambasciatore d’Israele Gideon Meir, tenuto al tempio di Via Guastalla a Milano, sabato 9 dicembre in occasione del suo congedo dall’Italia.
“Ogni ambasciatore ha le sue credenziali presso lo Stato dove fa servizio. Noi ambasciatori israeliani abbiamo un ulteriore compito, unico, particolare, che non ha nessun rappresentante di nessun altro paese al mondo, e che riguarda il legame con le comunità ebraiche nel mondo. Questa parte del mio incarico qui in Italia non è soltanto una parte importantissima e speciale del nostro lavoro, ma direi che è stata per noi una parte fondamentale ed emozionante.Sin da quando sono arrivato in Italia, mi sono posto l’obiettivo non solo di visitare le comunità ebraiche in tutto il paese ma anche di passare con loro le festività, gli Shabbat, e partecipare alle loro preghiere. Questa non è dunque la prima volta che mi trovo in vostra compagnia, ma è sempre un grande piacere e un onore per me e per mia moglie Amira. Questa volta, però, probabilmente sarà anche l’ultima. Fra un mese e mezzo, infatti, io concludo il mio mandato qui in Italia, e assieme a mia moglie Amira tornerò a casa, al mio paese, al lavoro, agli amici, ma soprattutto alla famiglia. Dietro di noi, però, lasciamo una famiglia ancora più grande: voi!Nelle scorse settimane sono tornato da Israele, dove sono rimasto per alcuni giorni. Gran parte di questo viaggio è stato dedicato al mio nuovo prossimo incarico, come Direttore Generale per la Diplomazia Pubblica in Israele, al Ministero degli Esteri. Abbiamo trovato un Israele bello e fiorente, più che mai! Non è necessario che vi racconti della speciale atmosfera, che si respira sempre in Israele. E anche un mese prima ero andato di nuovo in Israele. Lo ricordo con piacere, perché proprio durante quella visita, mi era arrivata la notizia del premio Nobel 2011 per la Chimica, al professore israeliano Daniel Schechtman. Premio Nobel che per coincidenza proprio oggi pomeriggio sarà consegnato a Schechtman, nella cerimonia ufficiale a Stoccolma. Sono così 10 i premi Nobel ricevuti da israeliani, e sono certo che voi condividete con me il grande orgoglio che proviamo, da israeliani e da ebrei. Che grandissimo successo per lo Stato d’Israele e per il popolo ebraico! Questa è la nostra risposta per tutti quelli che fanno delle critiche a Israele desiderando il nostro male. L’Eccellenza e il successo in tutti i campi, questi sono la nostra risposta. E per questo io sono molto orgoglioso.Ma la notizia più bella di tutte, quella che abbiamo aspettato per molto tempo, quella che davvero ha dato una risposta a tutte le nostre preghiere di questi ultimi 5 anni, e che ha scaldato il cuore mio come quello di milioni di altri israeliani e di ebrei, è stata quella del ritorno a casa del nostro fratello, il nostro ragazzo, Gilad Shalit, finalmente a casa, da suo padre Noam, da sua madre Aviva, e dalla sua famiglia. Dopo 5 anni in mano ai terroristi di Hamas. Gilad, finalmente potrà celebrare Hannukka e le prossime feste con tutti i suoi cari e non più da solo. Come sapete, la decisione del Governo Israeliano non è stata facile. È stata una responsabilità enorme, ma come ha detto il Primo Ministro Netanyahu, è in questi momenti cruciali che si misura la capacità di una leadership. E tutti voi conoscete benissimo i valori morali e umani dell’Ebraismo, compresa la grande Mitzvà del “Pidyon Sh’vuiim” il “riscatto dei prigionieri”. Oltre tutto questo, come ha ricordato lo stesso Netanyahu, un altro insegnamento di valore universale arriva dall’Ebraismo e dice che “chi salva una vita, salva un mondo intero”. Per questo dobbiamo, almeno in questo momento, essere tutti felici di poter abbracciare il nostro ragazzo, Gilad Shalit, che è tornato Barukh HaShem, sano e salvo a casa.Stasera è per me una occasione molto appropriata per ricordare con piacere e con orgoglio un grande progetto che la città di Milano ha ospitato l’estate scorsa: Unexpected Israel. Per 10 giorni nel cuore della città, in Piazza Duomo, è stata una occasione per presentare gli altri volti di Israele, i suoi primati e i suoi successi in Hi Tech, agricoltura, scienza, economia: E poi ancora un forum economico, con 400 uomini d’affari italiani, israeliani e di tutto il mondo, e ancora numerosi eventi culturali per presentare Israele a questa città e all’italia. Sono certo che anche voi da ebrei avete partecipato al nostro grande orgoglio per i successi dello Stato di Israele in tutti questi campi.In conclusione, permettetemi di ringraziare tutti voi, ognuno di voi, per l’accoglienza calorosa e cordiale che avete avuto per noi. In particolare Rav Alfonso Arbib e la sua signora Sandra, il Presidente Roberto Jarach, e gli ex presidenti. A loro e a tutti voi presenti, voglio augurare Hag Hannukka Sameach. Grazie e arrivederci in Israele”.
http://www.mosaico-cem.it/

LASAGNE AL PESTO RIVISITATE

Ingredienti per 4 persone: 300 g di sfoglia sottile all’uovo,150 g di fagiolini già cotti,1 patata già cotta già tagliata,50 g di parmigiano grattugiato,1 l di besciamella.Per il pesto 50 g di basilico,6 cucchiai di parmigiano grattugiato,2 cucchiaio di pecorino grattugiato,1 cucchiaio di pinoli,1 bicchiere di olio extravergine d’oliva ligure.Preparazione:In un mortaio pesto il basilico, i pinoli, l’olio, i formaggi grattugiati e il sale.Trasferisco il pesto in una ciotola e aggiungo la besciamella, mescolo bene.Taglio la sfoglia, la scotto in acqua bollente e salata, la scolo e la passo in acqua fredda per fermarne la cottura.In una pirofila alterno uno strato di pasta, patate, fagiolini, besciamella al pesto e parmigiano.Vado avanti fino a completare la lasagna.Inforno per 25 minuti a 180°e servo.

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