sabato 9 marzo 2013

Israele, il governo è quasi pronto. I partiti ultrareligiosi finiscono all’opposizione
Il leader di "Yesh Atid" Yair Lapid (a sinistra) stringe la mano al primo ministro Benjamin Netanyahu durante l'apertura dei lavori della Knesset lo scorso 5 febbraio (foto Flash90)
Il leader di “Yesh Atid” Yair Lapid (a sinistra) stringe la mano al primo ministro Benjamin Netanyahu durante l’apertura dei lavori della Knesset lo scorso 5 febbraio (foto Flash90)
Ci siamo. O, almeno, così sembra. La rivelazione Yair Lapid andrà a sedersi al ministero delle Finanze. L’altra sorpresa del 22 gennaio, Naftali Bennett, guiderà il Commercio e l’industria. Fuori, ed è una gran novità, le formazioni ultrareligiose. Dopo aver ballato sul filo del tempo, dopo aver chiesto altre due settimane di tempo per formare il nuovo governo, il premier israeliano Benjamin Netanyahu avrebbe chiuso i lunghi, lunghissimi, colloqui per dare vita al nuovo esecutivo di 70 seggi (su 120).Un esecutivo, a dire il vero, variopinto. E che, fino a quando non sarà ufficializzato, potrebbe andare incontro a sorprese dell’ultimo momento. Perché c’è ancora molto su cui accordarsi. Ma comunque dovrebbe essere formato dal ticket “Likud”-“Beitenu” (31 seggi), la formazione di Lapid “Yesh Atid” (19 parlamentari), quella di Bennett “Jewish Home” (12), la realtà di Tzipi Livni “Hatnua” (6) e “Kadima” (2). All’opposizione gli altri partiti: i laburisti di Shelly Yechimovich e gli ultraortodossi dello “Shas” e dello “United Torah Judaism”.Il ministero degli Esteri dovrebbe essere ancora messo a disposizione di Avigdor Lieberman, già numero uno della diplomazia israeliana fino allo scorso dicembre, quando s’è dimesso dopo l’accusa di corruzione. La Difesa dovrebbe andare Moshe Ya’alon (“Likud”), ex pezzo grosso dell’esercito. Tzipi Livni, primo leader di un partito a mettersi d’accordo con Netanyahu per il nuovo esecutivo avrebbe chiesto per sé la guida dei negoziatori israeliani nei colloqui di pace con i palestinesi.In tutto, nel nuovo governo dovrebbero esserci 23-25 dicasteri. Secondo la Radio militare otto dovrebbero andare al “Likud”, sei a “Yesh Atid”, quattro a “Jewish Home”, tre a “Israel Beitenu”, due a “Hatnua” e uno a “Kadima”. Stasera – sabato 9 marzo – l’ultimo giro d’incontri. Mercoledì l’annuncio ufficiale. E l’avvio di un esecutivo che dovrà risolvere tante questioni. Una su tutte: cosa fare con la Cisgiordania. Obama, in visita tra pochi giorni, lo dirà chiaro a Gerusalemme e Ramallah: bisogna riprendere i negoziati, subito.http://falafelcafe.wordpress.com/

Il Comune di Ventimiglia organizza per domenica 10 marzo la prima edizione di “Passi per Ricordare”

Il Regio Decreto Legge del 17 novembre 1938-XVII, n.1728, avente per oggetto: “Provvedimenti per la difesa della razza italiana", disponeva fra l'altro che gli ebrei stranieri presenti sul territorio italiano, avrebbero dovuto lasciarlo improrogabilmente entro il 12 marzo 1939. Negli anni che precedettero tale data, il nostro territorio di confine rappresentò per migliaia di ebrei in fuga da tutta Europa una sorta di “rifugio precario” dal quale dovettero fuggire clandestinamente attraverso le vie della montagna e del mare.Per ricordare tale evento, che nella nostra zona si è ripetuto con altre popolazioni, da ultimo con gli esuli della cosiddetta “Primavera araba” nel corso del 2011, domenica 10 marzo p.v. ripercorreremo la Storia attraverso uno di questi sentieri della speranza. Marcia sul percorso Villatella-Passo del Cornà Programma  Ore 8.30, Ritrovo e partenza da Villatella Ore 9.00, Ritrovo e partenza da Castellar Ore 12.00, al Passo, riflessioni a cura di Carlo Spartaco Capogreco, Jean-Louis Panicacci, e di Giuseppe Momigliano  Rabbino capo della Comunità di Genova.Si richiede abbigliamento consono per un’escursione di montagna; acqua e generi di conforto.In caso di cattivo tempo, la manifestazione è annullata.http://www.ventimiglia.biz/201303079341/Escursioni-Visite-guidate/il-comune-di-ventimiglia-organizza-per-domenica-10-marzo-la-prima-edizione-di-passi-per-ricordare.html

venerdì 8 marzo 2013

Israele per le donne del Sudan del Sud 
Di Ophelie Namiech http://www.israele.net/
Ogni anno, l’8 marzo, vengono organizzati migliaia di eventi ai quattro angoli del mondo per denunciare da diseguaglianza di genere e la violenza contro le donne e per celebrare le conquiste delle donne. La Giornata mondiale della donna offre un’opportunità unica a singoli, comunità, istituzioni e società per riflettere sulla condizione delle donne in tutto il mondo ed evidenziare le responsabilità di ciascuno nella fondamentale battaglia per la promozione delle donne.Quest’anno un’organizzazione israeliana celebra la giornata in modo molto particolare: IsraAID, l’agenzia non governativa per cui lavoro, sarà a fianco delle donne del Sudan del Sud nel loro sforzo di levare la voce contro la violenza di genere, e fare appello per l’eguaglianza di genere, in una nazione giovanissima che sta ancora cercando di darsi solide fondamenta economiche e sociali.IsraAID sviluppa programmi di sostegno agli sforzi delle comunità e delle istituzioni un po’ in tutto il mondo – ad Haiti, in Sudan del Sud, in Kenya e altrove – con lo scopo di migliorare la condizione delle donne. IsraAID mette a disposizione competenze israeliane e nord-americane nel campo del post-trauma, della violenza di genere e dei diritti delle donne per attivare fornitori di servizi in paesi che hanno patito disastri o conflitti.Nel Sudan del Sud, dove opero dal 2011, affianchiamo gli operatori sociali e la polizia nel loro compito di affrontare le sfide sociali più urgenti che colpiscono le donne e i bambini. Nello stato indipendente più giovane del mondo la violenza contro le donne è diffusa, aggravata da decenni di guerra. Nella capitale Juba stupri, traffico di esseri umani e prostituzione di minorenni sono tutti drammaticamente aumentati a causa della rapida e incontrollata urbanizzazione. In particolare, in alcuni slum i bambini sono esposti a orribili e prolungati abusi sessuali.Nonostante le dimensioni del problema, a Juba non esistono meccanismi efficaci di prevenzione e reazione alla violenza di genere. C’è ancora un divario enorme fra le comunità e le forze di polizia, che sono ancora percepite come violente e corrotte da una parte consistente della popolazione. Persiste un forte discredito verso le autorità militari e di polizia, mentre le pratiche tradizionali tendono a ostacolare lo sviluppo di un quadro di risposta coerente alla violenza sessuale.In questo contesto, IsraAID porta nel Sudan del Sud esperti israeliani che sono stati pionieri nel campo dell’assistenza post-trauma relativa alla violenza sessuale. Gli operatori del Sudan del Sud che lavorano con noi si relazionano con facilità a storie, sfide e successi israeliani: non molto tempo fa, anche noi eravamo impegnati a costruire solide fondamenta per la nostra nuova nazione. Come loro, anche noi, non molto tempo fa, eravamo decisi a promuovere una società forte dove uomini e donne godessero di eguale sicurezza. Gli esperti che hanno sviluppato questo campo in Israele – quelli che istituirono il primissimo protocollo di accompagnamento delle persone che hanno subito violenza di genere, e che concepirono i primi centri post-trauma – sono gli stessi che oggi stanno istruendo una nuova generazione di operatori per il cambiamento sociale nel Sudan del Sud.Da quando è stato avviato il programma, nel 2011, le persone che hanno subito violenza di genere a Juba sono sempre più disposte a parlare, nonostante i forti impedimenti della tradizione. Due settimane fa, per la prima volta nella storia della capitale un caso di stupro di una ragazzina di 14 anni è stato portato in tribunale grazie a un’intensa cooperazione fra agenti di polizia e assistenti sociali formati da IsrAID. Nonostante la forte paura e lo censura sociale, sono riusciti a convincere la madre della minorenne a denunciare e avviare un lungo e doloroso iter processuale.Non è la prima volta che gli sforzi congiunti di polizia e assistenti sociali danno frutti. Proprio l’ultimo giorno della nostra prima sessione di formazione congiunta è stata messa in campo una squadra composta da un assistente sociale, un investigatore e un attivista dei diritti umani per affrontare il primo caso mai denunciato alla polizia di matrimonio precoce forzato. Gli assistenti sociali hanno trovato una collocazione temporanea per la ragazzina e si sono occupati della sua famiglia, mentre la polizia indagava il caso.Non sono che alcuni dei tanti esempi che illustrano l’importanza di sviluppare un meccanismo di risposta complessiva che veda agire insieme i principali operatori che si occupano delle persone che subiscono violenza di genere a Juba. Guardando al futuro, IsrAID sta sviluppando un corso sull'investigazione dei casi di violenza di genere e intende portare in Sudan del Sud una squadra di ufficiali della polizia israeliana.Anche al proprio interno Israele sta facendo un grande lavoro per combattere la violenza contro le donne. Un po’ in tutto il paese sono sorti centri di assistenza che offrono aiuto medico e psico-sociale, sia immediato che a lungo termine. Ad esempio, la Fondazione Rashi ha supportato la creazione di centri per il trattamento di bambini vittime di abusi sessuali, favorendo lo sviluppo di una salda rete di servizi e luoghi protetti.Nella Giornata internazionale della donna e in ogni altro giorno dell’anno è fondamentale che noi, come israeliani, schierati a favore dell’eguaglianza di genere, ci poniamo come modello per le nazioni nuove e in via di sviluppo come il Sudan del Sud che hanno scelto il nostro paese perché li aiuti a creare le loro istituzioni sociali. Per loro, per noi e per il bene dei diritti umani e della dignità umana in tutto il mondo, abbiamo la responsabilità di essere come un faro fra le nazioni e un tramite verso una società in cui uomini e donne di ogni estrazione sociale, etnica e religiosa possano vivere in eguaglianza e liberi dalla paura.(Da: Times of Israel, 6.3.13)

Pei News / Ue-Israele, “twinning” per lo sviluppo rurale nel paese

Un progetto di gemellaggio (“twinning”) tra Israele e l’Unione europea con l’obiettivo di preparare una nuova strategia per lo sviluppo rurale nel paese. Questa l’iniziativa, della durata di 18 mesi e lanciata a fine febbraio a Tel Aviv, finanziata dall’Ue con un budget di 820 mila euro. Nel quadro del progetto, esperti provenienti da Italia (senior partner) e Germania (junior partner) lavoreranno a stretto contatto con i loro colleghi israeliani presso il ministero dell’Agricoltura e dello sviluppo rurale. In particolare, il ministero dell’Agricoltura italiano ha distaccato per i prossimi 18 mesi Giuliano Polenzani che guiderà una squadra di esperti europei, per armonizzare il più possibile la legislazioni israeliana a quella europea sul tema della diversificazione rurale. In particolare, il progetto italiano è stato scelto alla luce della grande esperienza in agriturismi che gli israeliani vorrebbero adottare. Alla cerimonia di lancio del progetto Ue, oltre ai vertici del ministero dell’Agricoltura israeliano e al Capo missione Ue in Israele, è intervenuto anche l’Ambasciatore d’Italia a Tel Aviv, Francesco Talò, che ha sottolineato “l’importanza di un approccio olistico all’agricoltura di oggi che è stata la chiave di successo degli agriturismi in Italia e importante elemento di crescita economica in Europa e nel nostro paese”.  http://www.ilvelino.it/

Iran: Peres,pericolo per Israele e mondo

(ANSA) - BRUXELLES, 7 MAR - L'Iran ''e' un pericolo non solo per Israele, ma per il mondo intero'' e ''bisogna evitare che diventi uno stato nucleare''. Lo ha ribadito Shimon Peres, dopo un incontro con il presidente della Commissione europea, Jose' Manuel Barroso.Il presidente israeliano ha poi ricordato che gli Stati Uniti stanno ''costruendo una coalizione per fermare questo pericolo'', coalizione ''che preferisce cominciare ad agire con le sanzioni economiche, ma esistono altre opzioni''.

Israele all’Eurovision 2013 con “Rak bishvilo” di Moran Mazor

È Moran Mazor la vincitrice dell’edizione 2013 del tradizionale KDAM, la selezione nazionale israeliana, e rappresenterà quindi Israele all’Eurovision Song Contest a Malmö.
Il brano che porterà sul palco nella seconda semifinale del 16 maggio è una drammatica ballad intitolata Rak bishvilo.La cantante ha battuto in finale altre nove contendenti grazie al voto di giuria e pubblico da casa che hanno inciso sul risultato definitivo rispettivamente al 30% e 70%.La Mazor è risultata la più votata dal pubblico e fra le tre preferite della giuria di qualità.VIDEO:http://www.eurofestival.ws/2013/03/07/israele-alleurovision-2013-con-rak-bishvilo-di-moran-mazor/#

Israele: media,no Obama a invito Knesset

(ANSA) - GERUSALEMME, 7 MAR - Il presidente Usa Barack Obama non parlera' alla Knesset, il parlamento israeliano, nel corso della sua imminente visita in Israele. Lo sostiene il 'Jerusalem Post', citando una fonte secondo cui richieste avanzate in questo senso all'amministrazione americana sono state respinte da Washington. Di conseguenza, due deputati di destra, Tzipi Hotovely (Likud) e Avi Wortzman (Bayit Yehudi), hanno reso noto il testo d'una lettera inviata a Obama per chiedergli di ritirare il rifiuto.

Le cavallette egiziane attaccano Israele

Gli israeliani sono riusciti a fermare la prima ondata delle cavallette volate nel sud del Paese dalla penisola del Sinai. Grazie alla spruzzatura di pesticidi sono state uccise praticamente tutte.Tuttavia secondo le previsioni dei meteorologi, nei prossimi giorni potrebbe stabilirsi un vento sfavorevole che è in grado di portare nuove “orde” di cavallette dall'Egitto che si contano a milioni. In reazione il ministero dell'agricoltura afferma che tengono la situazione sotto controllo e seguono lo sviluppo.http://italian.ruvr.ru/

Elezioni Miss Israele
video: http://ilborghesino.blogspot.it/

Più di mille palestinesi morti ammazzati. Che facciamo?
Mille palestinesi uccisi in Siria in meno di due anni; 1038, per l'esattezza. La denuncia proviene da fonte insospettabile di simpatie sioniste: le bridate Ezzedin Al Qassam, braccio armato di Hamas, che oltretutto fino a poco tempo fa aveva quartier generale proprio a Damasco, prima che la repressione di Assad decimasse centinaia di palestinesi "ospitati" (confinati) in luridi campi profughi, costringendo il movimento integralista islamico a prendere le distanze dal regime siriano, abbandonando in fretta e furia la sede principale, ora vacante.Più di mille palestinesi, inoffensivi, uccisi spietatamente. Il macabro conteggio equivale ad oltre dieci volte le vittime palestinesi della recente operazione Pillar of Defense, considerando anche i terroristi, prevalenti, le vittime del "fuoco amico", le morti per esplosione accidentale di munizioni a Gaza e dintorni, e le vittime perite in altri conflitti, contabilizzate come palestinesi per ingigantire il conteggio e influenzare l'opinione pubblica.Adesso chissà quanti titoloni sui giornali, quante bandiere della pace, quante ambasciate assediate, quante flottiglie salpate, quanti extraparlamentari indignati, quanti centri sociali mobilitati, quanto commissioni ONU allertate...Scontato sarcasmo a parte, le condizioni dei palestinesi di Gaza si fanno sempre più dure, vittime dell'intransigenza di Hamas. L'organizzazione terroristica che comanda nella Striscia dal 2007, ha imposto ulteriori restrizioni a chi desidera lasciare temporaneamente lo stato: per beneficiare di cure mediche nel vicino Israele, per esempio; o anche per andare a trovare parenti e conoscenti nel West Bank (dopotutto, dovrebbero essere regioni di uno medesimo e futuro stato, no?). Il ministero degli interni di Gaza ha emesso un decreto che obbliga i palestinesi che desiderano viaggiare passando mediante il valico di Erez, a munirsi di una ulteriore autorizzazione da rilasciarsi discrezionalmente. Secondo Gerusalemme, soltanto a gennaio oltre 5000 palestinesi sono entrati in Israele, di cui molti per motivi commerciali. La ONG Palestinian Center for Human Rights, di Gaza, ha espresso seria preoccupazione per le nuove restrizioni di Hamas.La decisione sarebbe stata presa dopo che il governo israeliano ha chiuso a scopo precauzionale il valico di Kerem Shalom, minacciato dal nuovo lancio di missili da parte di Hamas. Il valico in questione peraltro sarebbe stato già aperto in queste ore, ma la controparte doganale gazana non si è presentata per prendere in carico i 65 camion provenienti oggi da Israele, e trasportanti come sempre tonnellate di generi di prima e seconda necessità; rimasti così al valico a macerare (gli autoarticolati trasportano frutta, verdura e derrate alimentari deperibili, destinati alla popolazione palestinese di Gaza).E il mondo resta a guardare. Almeno, fino a ieri. In Norvegia, stato tradizionalmente orientato verso le "ragioni" palestinesti, anche per il condizionamento esercitato da una consistente e ben presente minoranza di immigrati musulmani, ha annunciato oggi che il governo prenderà in considerazione l'ipotesi di tagliare gli aiuti finanziari versati all'autorità palestinese, a fronte dell'uso esecrabile che del denaro viene fatto. La televisione di Oslo ha nettamente condannato l'opera di demonizzazione e di odio antisemita propagandata dalla TV palestinese, controllata dall'OLP di Abu Mazen. Una buona notizia, che priverà di ossigeno chi lavora a sfavore del processo di pace. Una sola domanda, però: cari signori norvegesi, dove siete stati in tutti questi vent'anni dalla firma degli Accordi sottoscritti proprio nella vostra bellissima capitale?http://ilborghesino.blogspot.it/

Chi sottrae l'acqua ai palestinesi? 
La domanda che frequentemente si pone è: «se i loro fratelli arabi e musulmani nell'area si sentono così legati al popolo palestinese, come mai non sono stati investiti milioni in progetti di sviluppo finalizzati ad alleviare le condizioni di povertà nella Striscia di Gaza?» Al che qualcuno si lagna: «ma... ma... ma Israele?!"...». Una argomentazione futile sul piano teorico come nella pratica. Ma bisogna partire dall'inizio, perché la disinformazione propagandata dai delegittimatori dello stato ebraico spesso conduce ad errate convinzioni, che si radicano nella mente di giornalisti, attivisti e soprattutto politici. Nel frattempo, sarà utile dare un'occhiata a cosa entra a Gaza da Israele qui e qui.Come è possibile che sia stata presentata al parlamento britannico una mozione che accusa il governo israeliano per una situazione che già nel 2009 era denunciata dalla Banca Mondiale come insostenibile? con la precisazione che la Banca Mondiale non biasimava Israele, mentre un rapporto delle Nazioni Unite affermava testualmente che mentre l'Operazione Piombo Fuso esasperava i problemi già esistenti, gli stessi erano «riconducibili a mancanza di investimenti nella tutela dell'ambiente e al collasso del meccanismo di governo».La mozione afferma che «le politiche di occupazione israeliana» (Israele ha sgomberato unilateralmente da Gaza nel 2005, e da allora soltanto un cittadino israeliano - suo malgrado - vi ha "soggiornato" fino a pochi mesi fa: il caporale Gilad Shalit, sequestrato in Israele da Hamas, NdT) sono responsabili per la scarsità di acqua a Gaza. In realtà, le cause sono molteplici e nessuna di esse è riconducibile all'"occupazione israeliana": una espressione che dal ritiro del 2005 non ha alcun senso. Da quando Hamas ha preso il controllo della Striscia, trasformando l'area in una piattaforma di lancio per i suoi attacchi terroristici verso Israele, i gazani hanno conosciuto la sofferenza, con Hamas che continua a provocare la reazione israeliana sparando missili contro le zone abitate dello stato ebraico. Alla fine dello scorso anno, Hamas ha bersagliato sia Tel Aviv che Gerusalemme, manifestando il suo obiettivo di proocare quante più vittime umane possibile. Ed è riuscita nell'intento.A Gaza, la dittatura di fatto di Hamas comporta che la responsabilità per le infrastrutture è la sua. Ma gli aiuti finanziari che riceve dai donatori internazionali sono impiegati soprattutto per finanziare le attività terroristiche. Le forniture a Gaza sono giustamente contenute per prevenire che siano impiegate come parti di installazioni belliche. Non si tratta di una "politica di occupazione": è una misura difensiva precauzionale adottata da uno stato assediato nell'ambito di un conflitto infinito.La Banca Mondiale conferma: la mancanza di materie prime (e di investimenti, NdT) è un fattore che assieme ad altri spiega la scarsità di acqua a Gaza. Le autorità qui hanno scavato illegalmente oltre 250 pozzi senza il consenso del comitato giunto israelo-palestinese. Di recente è stato annunciato un finanziamento da 6.4 milioni di dollari allo scopo di finanziare la costruzione di infrastrutture a Gaza. La sovvenzione sarà finalmente accresciuta da una organizzazione islamica, la Islamic Development Bank, fino a 11.1 milioni, allo scopo di costruire serbatoi e distribuire acqua. Israele, ovviamente, scalpita da più di un anno per avviare un progetto analogo: ad inizio 2012 il ministro per l'energia e l'acqua affermava: «la nostra esperienza è a disposizione di tutti i nostri amici, inclusi coloro i quali non ci accettano: i palestinesi. Vorremmo tanto che i nostri progetti fossero presi in considerazione; ma essi rispondono che se la vedono da soli, e se va bene a loro, va bene anche a noi».Israele conosce bene la scarsità di risorse dell'area: sono note le innovazioni sponsorizzate dal governo finalizzate alla riduzione della dispersione di fonti idriche e al contenimento del consumo pro-capite. In realtà gli israeliani consumano soltanto una frazione di acqua in più rispetto ai palestinesi. Il tema dell'acqua è stato dibattuto nell'ambito degli Accordi di Oslo (II Parte), e Israele non solo ha adempiuto ai suoi impegni, ma alla fine ha fornito acqua a Gaza e al West Bank in misura superiore a quanto si era impegnata a fare.
Ripetiamo un aspetto chiave: Israele ha più che adempiuto a tutti i suoi obblighi nell'ambito degli Accordi di Oslo, in termini di quantità di acqua da fornire ai palestinesi. Di converso i palestinesi hanno contravvenuto a due aspetti degli Accordi, con riferimento ai "pozzi pirata" e nel consentire che le acque reflue siano confluite nei flussi senza essere preventivamente trattate.Nel frattempo, mentre i gazani continuano a ricevere sempre più acqua a favore di una crescente popolazione, i loro fratelli in Egitto continuano a sperperarne in quantità industriale allagando i tunnel che collegano l'Egitto alla Striscia di Gaza, come è stato reso noto in questi giorni. Chiaramente, si tratta di un tentativo di smantellare il contrabbando illegale, sebbene con metodi più dispendiosi e potenzialmente mortali rispetto a quanto fatto dal governo israeliano. Ma tanto, nessuno mai si sognerà di accusare l'Egitto di "creare un campo di concentramento" a Gaza, o di "opprimere il popolo palestinese".di Raheem Kassam The Commentator,http://ilborghesino.blogspot.it/

Il giornalismo al servizio della propaganda palestinese (da Al Durah a Kulhood Badawi) 

E' stata una immagine caratterizzante l'ultimo conflitto a Gaza. Il primo ministro di Hamas, Ismail Haniyeh, e il primo ministro egiziano Hashim Kandil che reggono il corpo senza vita di un bambino palestinese, rivolti verso le telecamere. Il volto insanguinato, gli occhi senza vita, come ad implorare il mondo: «e voi, non vi rivolgereste contro Israele per questo omicidio?» Solo che non fu Israele ad uccidere Mohammed Sadallah, di appena 4 anni: fu invece la stessa Hamas. In una tragica ironia, uno delle migliaia di missili sparati contro i bambini israeliani ha invece colpito un bambino gazano. Il gruppo estremista islamico non ci ha pensato molto a trasformare il corpo senza vita del bambino in uno strumento di pubbliche relazioni, con la stampa internazionale ben felice di assecondarlo.Durante la stessa settimana, attivisti palestinesi hanno ripetutamente tentato di diffondere foto false di bambini arabi morti, spacciandoli per vittime di Israele. Le foto in realtà si riferivano a bambini siriani massacrati diverse settimane prima da Bashar Assad. Qualche giorno fa, sulla scia di polemiche senza precedenti, l'ONU ha licenziato Kulhood Badawi, un alto funzionario, che cercò di spacciare l'immagine di una bambina accidentalmente perita nel 2006 come vittima di Israele. Sia la Badawi che Hamas - il cui ministro nel 2009 esaltò «l'impiego di donne e bambini come scudi umani per sfidare la macchina sionista» - contano sul fatto che la stampa internazionale prende sistematicamente per vere le loro affermazioni; e così sinora è sempre stato.Diversi blogger hanno svelato le loro falsità, ma ormai il danno era fatto. E il danno che certi giornalisti creano nel favorire l'opera di demonizzazione di Israele ad opera di certi militanti filopalestinesi, si misura in vite umane spezzate: da ambo i lati.In questo attacco senza esclusione di colpi, i propagandisti filopalestinesi hanno imparato da tempo che le sensazioni prevalgono sui fatti reali. Le immagini e le accuse che scuotono l'opinione pubblico e sensibilizzano l'empatia naturale del pubblico, rappresentano armi insostituibili per catturare la simpatia verso i palestinesi e per provocare ostilità verso Israele. Lo stesso Yasser Arafat nel 2002 - due giorni prima che la sua organizzazione uccidesse sei persone in un Bat Mitzvah in Israele - sottolineò con cinismo il valore dei bambini palestinesi morti come mezzo di propaganda: «i bambini palestinesi che impugnano una pietra, e che fronteggiano un carro armato: non è questo il messaggio più efficace per il mondo, in cui un eroe diventa martire?».

Quando Arafat pronunciò queste parole, aveva ben in mente le immagini scioccanti della morte di Mohammed Al Durah. Quel filmato di 50 secondi, ripreso e distribuito in tutto il mondo da France2 a settembre 2000, mostrava un bambino e suo padre al centro di uno scontro a fuoco, intenti a ripararsi terrorizzati dietro ad un bidone a Gaza. Le immagini si interrompono, e tornano dopo alcuni istanti, i colpi si esauriscono, il fumo si dissolve, e si scorge il corpo senza vita del bambino, fra le gambe del padre. Il reporter di France2 Charles Enderlin, nel descrivere la scena a cui non aveva direttamente assistito, rivelò al mondo che il bambino e suo padre furono «obiettivi del fuoco israeliano».Il documentario di Enderlin fece il giro di tutto il mondo e alimentò la Seconda Intifada che sarebbe seguita poco dopo. Nel giro di pochi giorni, una folla inferocita a Ramallah urlava «rivincita per il sangue di Muhammad al Durah», mentre smembrava il corpo di due israeliani che lì si erano dispersi. La stessa motivazione era avanzata da un diluvio di attentatori palestinesi suicidi prima di assassinare centinaia di persone in ristoranti, scuole, autobus e locali in Israele. Al Qaeda ha usato Al Durah come veicolo di reclutamento, e terroristi islamici decapitarono Daniel Pearl nel 2002 con l'immagine di Al Durah sullo sfondo. In Occidente, il documentario di Enderlin ha accusato senza appello Israele, fornendo copertura morale agli attacchi terroristici di organizzazioni palestinesi; molte delle quali sono arrivate ad equiparare Israele alla Germania nazista. Dodici anni dopo, fa forse meraviglia che Mohammed Merah ha sparato a dei bambini davanti ad una scuola ebraica a Tolosa per «vendicare l'uccisione di bambini palestinesi da parte di Israele»? Con il sostegno dei principali media internazionali, la morte di un bambino è usato come lasciapassare per uccidere ebrei, occidentali e i loro bambini.Ma non fu Israele ad uccidere Mohammed Al Durah.Occhi attenti presto smascherarono le evidenti lacune nel documentario di Enderlin: si disse che Al Durah sarebbe morto per le ferite riportate, ma il filmato non rivela alcuna traccia di sangue; la fotografia della sua presunta tomba a Gaza raffigura in realtà un altro bambino; le ferite che il padre sostiene di aver riportato risalivano ad una pugnalata subita anni prima. Soprattutto, dalla loro posizione, gli israeliani non avrebbero mai potuto colpire Al Durah.Ironia della sorte, uno degli attivisti che hanno lavorato infaticabilmente per svelare la verità, Philippe Karsenty, ha subito un processo per diffamazione, avendo messo in discussione la credibilità del documentario di Enderlin. Ma quando un tribunale francese ha ordinato a France2 di mostrare i retroscena inediti usati nel filmato, le accuse si sono rovesciate: nel filmato integrale, dopo che la voce narrante di Enderlin dichiarava la morte di Al Durah, il bambino si risollevava miracolosamente, sollevava le braccia e si guardava intorno. Il filmato rivelava la presenza di palestinesi che inscenavano proteste e che partecipavano alla coreografia, ad uso e consumo di diecine di giornalisti e operatori. La questione Al Durah, che ha dato luogo ad un'esplosione di violenza e sofferenze, era una balla: «sapete, va sempre così» oppure «tanto è quello che fanno sempre» è stata la giustificazione di France2 e dello stesso Elderlin dopo che la messinscena fu smascherata.
Il licenziamento di Badawi della scorsa settimana non deve alimentare false speranze. La stampa internazionale si deve chiedere qual è il prezzo di questa collusione in questa campagna denigratoria. Forse la pace fa un passo in avanti consentendo a queste organizzazioni palestinesi di bersagliare i bambini, usandoli per veicolare artificialmente l'opinione pubblica mondiale? Perché i media creano un incentivo per Al Fatah, per Hamas e per altre organizzazioni, affinché si utilizzino bambini davanti alle telecamere? e, cosa più importante, quanti innocenti ancora moriranno per compiacere i giornalisti impegnati nel conflitto arabo-israeliano?Talal Abu Rahmeh, il cameraman palestinese responsabile delle riprese della finta morte di Al Durah, nel 2001 ha dichiarato ad un giornale del Marocco che ha intrapreso questa professione per combattere al fianco dei palestinesi. Queste parole, che rappresentano un secco rimprovero per la mancanza di diligenza della stampa internazionale, ci fanno ricordare un passaggio dello statuto di Hamas: «La Jihad non si limita ad imbracciare le armi e ad affrontare il nemico. Le parole ben spese, un articolo azzeccato sono elementi della Jihad». Per quanto tempo ancora la stampa internazionale fungerà da complice per il martirio mediatico?di Philippe Assouline*Fonte: Huffington Post.http://ilborghesino.blogspot.it/

A lungo molti Italiani, e molti ebrei tra loro, hanno contestato l'ingerenza della Chiesa nella vita civile e politica dell'Italia. Uno dei punti fondanti del dissenso concerneva l'influenza da parte delle gerarchie ecclesiastiche sulle le scelte politiche dei cittadini, influenza operata a distanza dai pulpiti e dai confessionali, ma senza un coinvolgimento diretto nelle istituzioni elettive. Oggi questa tenebrosa presenza autoritaria a distanza ricompare in Italia in una forma nuova, forse laicizzata nei contenuti ma non emendata nella sua sostanziale antidemocraticità. La lunga ombra grigia di sua Eminenza Grillo si estende sui 163 deputati e senatori del Movimento 5 Stelle ai quali sembra voler negare il libero arbitrio comunicando con loro e con il resto del mondo da cangianti luoghi lontani anziché da una trasparente conferenza stampa, e comunque senza il suffragio di un'elezione personale. Abbiamo visto nella storia più di una volta un piccolo ciarlatano (o un pazzo?) iniziare giochi più grandi di lui che poi hanno trascinato e travolto un intero paese nel disastro. Questa volta il pericolo è per ora virtuale ma sembra destinato a crescere. Nel giudicare da parte ebraica, il minimo che si possa esigere è che i medesimi alti metri di misura etica – o come scrive Dario Calimani, quei pochi "goccini di sensibilità etica in più" che si suppone provengano dalla matrice ebraica – che sono stati richiesti ad alta voce nei confronti di un eventuale compagno di viaggio Berlusconi, vengano applicati anche nei confronti di un eventuale compagno di viaggio Grillo. È tragico subire due pesi e due misure, è ancora peggio applicarli agli altri.Sergio Della Pergola,Università Ebraica di Gerusalemme http://www.moked.it

Voci a confronto
Le parole di sconcerto del presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Renzo Gattegna a proposito della “colpevole e inaccettabile mancanza di conoscenza storica della vera natura del fascismo fin dalle sue origini” dimostrata dalla classe politica vengono ampiamente riprese dal Corriere della Sera. Dopo le dichiarazioni dell’ex premier Silvio Berlusconi e del neo-capogruppo alla Camera del Movimento 5 Stelle Roberta Lombardi, un nuovo caso sono le parole del sottosegretario uscente all’Economia Gianfranco Polillo che in un’intervista radiofonica ha elencato quelle che a suo dire sono state “le cose buone fatte dal fascismo prima del 1935”.Sulla prima pagina del Corriere della Sera Roma, Giuseppe Pullara denuncia i ritardi ner dare il via ai lavori del Museo della Shoah di Roma, che si inseriscono, a suo parere, nelquadro di una Capitale in cui “le grandi imprese di riqualificazione della città vengono affrontate in modo sbrigativo”.Ancora sul Corriere Stefano Jesurum racconta l’offerta della Spagna di rilasciare a tutti i discendenti dei 300 mila ebrei cacciati dalla penisola iberica nel 1492 il passaporto.Angelo Allegri sul Giornale racconta del processo per concedere il riconoscimento di Giusto tra le Nazioni dello Yad Vashem ad Albert Goring, fratello di Hermann, numero due di Adolf Hitler. Convinto oppositore del nazismo Albert si impegnò in tutti modi per salvare la vita a diverse decine di persone.Il Messaggero Roma riporta l’annuncio dello Stato maggiore dell’Esercito di avviare un approfondimento sull’opportunità di invitare Mario Merlino, punto di riferimento dei movimenti neofascisti e insegnante di storia e filosofia di liceo, alla Scuola di fanteria di Cesano.Per quanto riguarda le notizie dal Medio Oriente, Davide Frattini affronta sul Corriere le tensioni sulle alture del Golan, dove i ribelli hanno sequestrato 20 caschi blu, accusandoli tra l’altro di essere “collaborazionisti di Israele”).La Stampa riporta la notizia di un rapporto Unicef in cui si condanna Israele per i processi di minori palestinesi in tribunali militari per minori, che coinvolgono secondo l’Unicef circa 700 razzi tra i 12 e i 17 anni ogni anno. “Israele studierà le conclusioni del rapporto e le modalità per applicarle attraverso la collaborazione continua con l’Unicef” la risposta del Ministero degli Esteri israeliano.(7 marzo 2013) http://moked.it/blog/

Il lungo viaggio di Primo Levi e chi ignora la Storia

 E dopo Silvio Berlusconi venne la neoeletta “grillina” Roberta Lombardi. Dopo che lui disse, il Giorno della Memoria, che «... dentro questa alleanza ci fu l'imposizione della lotta e dello sterminio contro gli ebrei quindi il fatto delle leggi razziali è la peggiore colpa di un leader, Mussolini, che per tanti altri versi invece aveva fatto bene» arriva lei a rivalutare il «primo fascismo». Posizioni ignoranti della Storia e quindi miserabilmente strumentali o abissalmente viscerali, condivise – temo – da molti, troppi. Di tutto ciò non avrei però più parlato se non avessi letto un libro di Frediano Sessi appena uscito da Marsilio, Il lungo viaggio di Primo Levi. Una lettura che mi impedisce di tacere la rabbia e lo sgomento verso chi ancora ha l'impudicizia di sostenere certe tesi. Sessi ci racconta come si arriva alla gelida notte tra il 12 e il 13 dicembre del '43, quando un rastrellamento della milizia fascista arresta in valle d'Aosta la piccola banda partigiana affiliata a Giustizia e Libertà e di cui fanno parte Primo Levi, Luciana Nissim, Vanda Maestro. Ci racconta come Primo, Luciana e Vanda arrivano alla Resistenza, come sono traditi, e anche perché Levi di tutto questo parlò così poco.Stefano Jesurum, giornalista http://www.moked.it/

Venezuela - L'opposizione candida Capriles
Sarà ancora Henrique Capriles il candidato dell’opposizione alle prossime elezioni presidenziali che designeranno il nuovo presidente del Venezuela (termine ultimo per il voto, secondo quanto definito dalla Costituzione, lunedì 5 aprile). Con radici ashkenazite e sefardite in entrambi i rami familiari, Capriles è la speranza di quanti, nel paese e nel mondo intero, intendono voltare pagina dopo 15 anni di chavismo caratterizzati dalla soppressione di alcuni diritti fondamentali e da un pericoloso valzer di alleanze con leader politici come Fidel Castro e Ahmadinejad. È la speranza ad esempio della piccola ebraica venezuelana, costretta in questi anni a subire ripetute vessazioni nel silenzio dell’opinione pubblica e nella colpevole negligenza dei vertici istituzionali e governativi.Capriles, 41 anni a luglio, attuale governatore dello Stato di Miranda, alle presidenziali dello scorso ottobre aveva ottenuto il 44% dei consensi contro il 55% di Chavez. Una sconfitta netta, comunque miglior risultato di sempre di un candidato dell’opposizione. Dovrà vedersela con il delfino di Chavez, l’attuale presidente ad interim e grande favorito Nicolás Maduro.
Entrato alla Camera dei deputati con il partito centrista Copei nel 1998, appena 25enne, Capriles è stato presidente della stessa nel biennio 1999-2000 e sindaco per due mandati consecutivi del Comune di Brenta. È inoltre membro fondatore e leader del partito Prima la Giustizia (Primero Justicia). Suo politico di riferimento, soprattutto sul fronte delle riforme, l’ex leader brasiliano Lula Da Silva.
(7 marzo 2013) http://moked.it/blog/

Israele - Ultima chiamata per formare il governo
I giorni a disposizione di Benjamin Netanyahu per formare il nuovo governo israeliano passano velocemente (sabato 17 marzo la scadenza del periodo), e sulla stampa israeliana si rincorrono i dettagli di quello che dovrebbe essere l’accordo finale per dare vita alla maggioranza. Maggioranza che vedrebbe come principali alleati del Likud-Beytenu (31 seggi), il partito centrista Yesh Atid (19 seggi) e quella di destra nazional-religioso Habayit Hayehudì (12 seggi). Diversi i nodi da affrontare perché la coalizione prenda effettivamente forma. L’asse tra Yesh Atid e Habayit Hayehudì è basato soprattutto sulla volontà di affrontare alcune delle questioni cruciali del ruolo della popolazione haredi nella società israeliana: in primo luogo la questione dell’arruolamento nell’esercito degli studenti delle yeshivot, ma anche la necessità di riformare il curriculum scolastico degli istituti religiosi, al momento estremamente povero di materie secolari (come riportato dal quotidiano Maariv), o di garantire il funzionamento del trasporto pubblico anche di Shabbat (queste ultime richieste in particolare da Yesh Atid).Un altro punto importante da superare sembra essere l’assegnazione di alcuni ministeri. Il leader di Yesh Atid Yair Lapid avrebbe voluto per sé il ruolo di ministro degli Esteri, ma Netanyahu sembra deciso a riservarlo ad Avigdor Lieberman, numero uno di Yisrael Beytenu dimessosi alcuni mesi fa in seguito alle vicende giudiziarie che lo coinvolgono, ma pronto a riassumere l’incarico non appena prosciolto (di ieri la notizia che il procuratore generale Yehuda Weinstein ha confermato che la scelta di riservare il posto a Lieberman sarebbe legale). Infine un’ulteriore questione sul tavolo è rappresentata dalla riduzione del numero stesso dei ministeri: fonti riferiscono che Netanyahu vorrebbe un governo con 28 ministri, Yesh Atid ne chiede solo 18.Nel frattempo circolano i nomi cui verrebbero assegnati alcuni dei dicasteri chiave. La Difesa andrebbe a Moshe Ya’alon del Likud, già comandante in capo dell’esercito, l’Economia (già rifiutata da Lapid) al leader di Habayit Hayehudì Naftali Bennett. Potrebbe essere invece rinegoziato l’accordo con Hatnua per assegnare a Tzipi Livni il Ministero della Giustizia. Lapid promette che non verrà indirizzato a Netanyahu alcun ultimatum a proposito dei posti di governo. Ma un ultimatum per Bibi è comunque rappresentato dal tempo che passa. Già varie volte la stampa israeliana ha parlato di accordo vicino alla conclusione, per essere costretta a smentire dopo poche ore. Ma stavolta il cerchio si stringe e, siccome nuove elezioni in fondo non convengono a nessuno, sono in molti a scommettere che questa potrà essere la volta buona. Rossella Tercatin http://moked.it/blog/

Postcards from Middle East

Temperature quasi primaverili e mare calmo, calmissimo. Sono solo alcuni dei motivi che hanno spinto quest'uomo - e molti altri - a passare la giornata al mare a Tel Aviv e a dedicarsi al fitness (foto di Ariel Schalit/Ap)
Temperature quasi primaverili e mare calmo, calmissimo. Sono solo alcuni dei motivi che hanno spinto quest’uomo – e molti altri – a passare la giornata al mare a Tel Aviv e a dedicarsi al fitness. Prima, ovviamente, di tuffarsi in acqua (foto di Ariel Schalit/Ap) http://falafelcafe.wordpress.com/

giovedì 7 marzo 2013

Sulle ali di Rita
In un evento più unico che raro per Israele, per le Nazioni Unite e per la tesa dinamica dei rapporti fra i due, la cantante israelo-iraniana Rita Yahan-Farouz si è esibita martedì sera nella sala dell’Assemblea Generale del Palazzo di vetro, a New York, offrendo all'ambasciatore d’Israele Ron Prosor e al Segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon l’occasione per lanciare un appello a favore di più stretti legami culturali fra le popolazioni dello stato ebraico e della repubblica islamica.Rita Yahan-Farouz ha cantato in farsi (persiano), in ebraico e in inglese davanti alla sala gremita di ambasciatori, diplomatici ed esponenti delle comunità ebraica e iraniana, per un evento che aveva il chiaro intento di far arrivare da Israele all’Iran il messaggio che quello che considerano un nemico mortale è invece una nazione aperta, ricca di cultura e desiderosa di pace, come ha spiegato lo stesso ambasciatore Prosor. Che aggiunge: “Con il linguaggio della musica diciamo che non abbiamo nulla contro il popolo iraniano. E mentre Teheran suona tamburi di guerra, noi suoniamo canzoni di amore e di pace. Si tratta di un messaggio diverso, e sono sicuro che può fare la differenza per le persone in Iran che lo stanno ascoltando”.Dice Rita che esibirsi nella stessa sede dove è stato affermato il diritto alla sovranità di Israele le ha dato una straordinaria sensazione di appagamento, nonostante il fatto che proprio pochi giorni prima fosse mancato suo padre, che era stato insegnante a Teheran prima di trasferirsi con la famiglia in Israele quando lei aveva otto anni. Era un concerto a cui lui non sarebbe mancato. “Laggiù in Iran – continua la cantante – la gente, la gente vera, non i governanti, desidera vivere una vita normale. È gente come noi. E non dobbiamo mai stancarci di ricordaglielo”.Rita si augura che brani registrati del concerto vengano trasmessi dalle emittenti televisive iraniane. In passato è accaduto che i suoi spettacoli riuscissero a passare fra le maglie delle agenzie d’informazione iraniane. “Credo – aggiunge – che se noi, la gente, cercheremo punti di incontro, qualcosa può accadere. Davvero siamo tutti uguali”.L’artista nata cinquant'anni fa a Teheran (oggi probabilmente la più famosa dei 250.000 ebrei di origine iraniana che vivono in Israele) dice di sé: “Mia madre mi ha insegnato l'amore per la musica mentre cucinava. Due anni fa mi hanno chiesto di incidere le canzoni persiane che erano state la colonna sonora della mia vita. Per tutto il tempo della registrazione non riuscivo a smettere di sorridere, perché mi rendevo conto che stavo celebrando la mia vita: il fatto di essere sia iraniana che israeliana ha trovato espressione nella musica”.L’evento, intitolato “Armonie per la pace”, è stato organizzato dalla missione diplomatica d’Israele all’Onu con la sponsorizzazione delle sezioni di New York e di Los Angeles della Federazione americana degli ebrei iraniani e del United Jewish Appeal di New York. Quello di Rita è stato il terzo concerto integrale che sia mai stato organizzato nella sala plenaria dell’Assemblea Generale dell’Onu e si è aperto con un interludio suonato con il kamanche, uno strumento a corde persiano, da Mark Eliyahu, uno dei nove membri della band di Rita, anch'egli di origini persiane, che ha studiato in Azerbaijan prima di stabilirsi in Israele.All'evento era presente Ban Ki-moon con la moglie, e l’ambasciatore Prosor ha osservato che sia lui che il presidente dell’Assemblea Generale, il serbo Vuk Jeremić, non potevano fare a meno di danzare nelle loro poltroncine mentre Rita interpretava successi del passato ispirati alle scritture ebraiche e alla poesia iraniana e canzoni originali tratte dal suo nuovo album intitolato “My Joys” (Le mie gioie)."La musica in questa sala – ha notato l’ambasciatore Prosor – non è sempre armoniosa. La nostra missione stasera era quella di cambiare questa situazione: volevamo tessere un arazzo musicale ricco e variegato come le stesse Nazioni Unite. Le Nazioni Unite di solito si uniscono contro Israele, ma questa sera si sono unite con Israele sulle le ali di Rita – ha poi concluso l’ambasciatore, facendo riferimento al titolo di una delle sue canzoni – Con la sua musica, Rita trascende davvero i confini e i continenti, e con il suo canto raggiunge il cuore e la mente delle persone. E non ci potrebbe essere messaggio più forte di questo”.
(Da: Jerusalem Post, Times of Israel, 6.3.13)  http://www.israele.net/

Il nuovo missile Arrow 3 interceptor, che Boeing e Israel Aerospace Industries (IAI) stanno sviluppando insieme per migliorare la difesa di Israele contro i missili balistici, ha completato con successo il suo primo test di volo. Arrow 3 è la nuova generazione di intercettatori di missili per l’Arrow Weapon System, che Israele e Stati Uniti hanno sviluppato insieme. Esso può essere lanciato al verificarsi delle prime minacce ed impegnato ad altitudini più elevate, oltre l’atmosfera terrestre, rispetto ai precedenti intercettatori.“Questo test di successo sottolinea l’efficacia del rapporto decennale di collaborazione che abbiamo creato con IAI sul programma Arrow e sulle altre iniziative internazionali di difesa missilistica”, ha detto Jim Chilton, Vice President e General Manager di Missile & Strategic Defense Systems di Boeing. “Boeing è orgogliosa di contribuire al progresso del programma Arrow, che dà ad Israele un vantaggio garantito nella strategia di difesa multi-livello anti missili balistici del Paese”.Il volo, avvenuto durante un test del sistema missilistico di difesa nazionale di Israele, è stato condotto dal Ministero della Difesa di Israele e dalla Missile Defense Agency americana. Il test è iniziato alle ore 12:52 a.m. (ora locale), quando il missile Arrow 3 è stato lanciato da una base di prova israeliana, e si è concluso con la distruzione del missile nel Mar Mediterraneo. Arrow è il primo sistema di difesa missilistica nazionale operativo al mondo. IAI, prime contractor, è responsabile dell’integrazione del sistema e dell’assemblaggio finale dell’intercettatore in Israele. Boeing, oltre al co-sviluppo dell’Arrow 3, fornisce molti componenti per l’intercettatore in servizio Arrow 2. Boeing produce i principali componenti e sottosistemi ad Huntsville (Alabama) e lavora con i partner chiave in tutti gli Stati Uniti.(Ufficio Stampa Boeing) http://www.md80.it/

Israele, arrivano le conigliette:Playboy esce anche in ebraico

Tel Aviv, 6 marzo 2013 - A 53 anni dalla nascita, Playboy parla anche nella lingua dei Patriarchi. La versione ebraica della rivista ha fatto ingresso oggi nelle edicole di Israele con un numero di 122 pagine che magnifica in copertina una maliziosa bellezza locale: la modella Natalie Dadon. Anche se una parte dei servizi hanno il fascino del successo scintillante ‘American Style’ (con ampi servizi su Steve Jobs e sulla vedette della pallacanestro Kobe Bryant) il prezzo di copertina è alla portata anche delle tasche più popolari in Israele: 30 shekel, l’equivalente di sei euro. La direttrice Neta Yakubovic Keidar ammette di essere caduta lei stessa dalle nuvole quando, sei mesi fa, le è stato proposto di preparare l’edizione israeliana di Playboy, in una zona dove occorre destreggiarsi fra meandri di sensibilita’ religiose e tradizionaliste. Sulla base dell’esperienza maturata in altri Paesi, e’ sicura che Playboy-Israele potra’ servire da rampa di lancio per giovani scrittori israeliani, cosi’ come e’ avvenuto in passato negli Stati Uniti. Lei dispone anche di un certo numero di collaboratori (‘I miei coniglietti sionisti’) incaricati di portarle materiale di prima mano su quanto puo’ intrigare un adulto israeliano: dalla politica alla moda, dallo sport alla ‘dolce vita’. La prima intervista e’ stata dedicata ad Avi Dichter - ex capo dello Shin Bet (sicurezza interna) - che ha discusso i fermenti nel mondo arabo.Ieri nella serata di presentazione è stato mostrato un filmato registrato dal fondatore di Playboy, Hugh Hefner, secondo cui la rivista e’ in sintonia con ‘’valori base’’ di Israele. Il giornale, ha promesso, tenterà di rafforzare ‘’la liberta’ di espressione, la liberta’ di scelta e la libertà di stampa’’. La questione principale, osservano gli esperti del ramo, e’ se in un Paese di sette milioni di abitanti (fra cui oltre un milione di ebrei ortodossi) esista un mercato tale da mantenere in vita una rivista del genere. L’editore Daniel Pomerantz è sicuro che le sue Conigliette sapranno intenerire un pubblico talvolta anche rude e di frontiera come quello israeliano.http://qn.quotidiano.net/

Israele, l'invasione delle cavallette

 Israele si trova a dover fronteggiare una vera e propria 'invasione' dall'Egitto: non si tratta però di una riedizione della Guerra dei Sei Giorni del 1967, nè di quella del Kippur del 1973, bensì del più banale, ma per certi versi non meno insidioso, arrivo attraverso il Sinai dello sciame di cavallette che nei giorni scorsi si era abbattuto dal Sudan sul Paese vicino. In poche ore gli insetti hanno ricoperto circa 800 ettari di deserto del Negev bonificati e convertiti alle colture agricole, mettendo seriamente a repentaglio i raccolti. (ansa)

GERUSALEMME IN UNO SMARTPHONE 
I turisti e i visitatori della Città Vecchia di Gerusalemme possono ora scaricare un’applicazione gratuita che offre 16 percorsi di visite audio auto-guidate in inglese, russo ed ebraico, completi di mappe, foto e spiegazioni scritte, per rendere ancora più ricca e interessante l’esperienza della visita, mentre si gira per i siti storici, religiosi e culturali della città, tra i suoi paesaggi incantevoli. Sul sito sono disponibili i codici QR per le tre lingue.I tour e le mappe, che possono essere scaricati gratuitamente dal sito web, offrono un’ampia varietà di soggetti. Le applicazioni, che includono spiegazioni in inglese, russo ed ebraico, oltre che video, file di testo e persino giochi, possono essere utilizzati durante le escursioni mediante un normale smart phone (iPhone o Android) o altri apparecchi simili. Sono disponibili da scaricare altri cinque percorsi rivolti principalmente ai turisti con disabilità.
​(Comunicato del Ministero del Turismo) VIDEO: http://embassies.gov.il/rome/NewsAndEvents/Pages/gerusalemme_in_uno_smartphone.aspx



Un altro pretesto per l'odio, gli autobus !
di Deborah Fait
Perdonatemi se saro’ troppo violenta ma non posso farne a meno di fronte all’indecenza dei commenti sugli autobus organizzati dal ministero dei trasporti israeliano, autobus navetta che devono trasportare i lavoratori arabi in Israele, raccogliendoli di villaggio in villaggio.Ho letto i commenti sui giornali di sinistra israeliani e ho pensato “ecco , incomincera’ un altro walzer dell’odio in Italia ”. …......Ho letto il commento di Anna Foa sul bollettino dell’UCEI e ho incominciato a sentirmi poco bene, ho continuato a leggere: L’unita’, il Sole 24 ore, il manifesto, l’Ansa (http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=115&sez=120&id=48315) e il male e’ aumentato …........ ….....Spiego bene il “fattaccio: Israele ha pensato di istituire alcune linee di trasporto esclusivamente per lavoratori arabi, linee speciali, del tipo navetta, esistenti in ogni paese del mondo per il trasporto dei lavoratori , autobus speciali che trasportano la gente  in orario di lavoro alla mattina e, senza intasare le linee passeggeri, li riporta a casa la sera.
Praticamente un servizio door to door  per far sì che i palestinesi non debbano pagare prezzi esosi ai loro “padroncini” per arrivare alle fermate degli autobus di linea passeggeri regolari. Prima pagavano 40 shekel a viaggio ai padroncini palestinesi , adesso pagheranno 5 shekel  sugli autobus israeliani al loro esclusivo servizio.Ditemi, per favore, ditemi dove sta lo scandalo e dove sta l’apartheid?Nel sud Italia non esistono autobus navetta (piu’ che altro si tratta di camion sgangherati) che portano gli extracomunitari dai centri alla periferia per la raccolta dei pomodori?E’ apartheid? Negli USA non esistono autobus che trasportano lavoratori messicani in Texas o in California? E’ apartheid? In Italia vanno bene i treni infestati da cimici e pidocchi che, sovraffollati fino all’inverosimile umano, portano la gente nei luoghi di lavoro periferici dove arrivano spesso in ritardo e sconvolti dalla mancanza d’aria? Non e’ apartheid, e’ schifezza, e’ incivilta’.In tutto il mondo civile i lavoratori possono usufruire di servizi speciali , istituiti solo per loro.Se lo fa Israele diventa apartheid.Se lo fa Israele diventa razzismo.Se lo fa Israele tutto il mondo si scatena.Gli arabi dei territori vivono separati dagli ebrei per volonta’ dell’ANP  che ha dichiarato piu’ e piu’ volte che nessun ebreo deve andare ad abitare tra loro. (questa non e’ apartheid, ...? Questo non e’ razzismo?)I nuovi autobus navetta servono per facilitare la vita dei palestinesi,  fanno il giro di tutti i villaggi arabi sparsi in Giudea e Samaria, raccolgono i lavoratori e li portano a destinazione. La sera fanno il servizio contrario.…........
 Udg  scrive le solite porcherie  sull’Unita’:“Non bastavano le bypass road, i check point all’interno della Cisgiordania e lungo la Linea Verde e i gate agricoli controllati dall’esercito israeliano e che separano i villaggi palestinesi dalle proprie terre al di là del Muro. Non bastava quella «Barriera di sicurezza» che per i palestinesi della West Bank è il «muro dell’apartheid». Non bastavano. Perché da ieri Israele ha dato vita agli autobus per soli palestinesi. Gli autobus «segregazionisti». Una vicenda che racconta lo spirito di una nazione molto più delle trame politiche legate alla formazione del nuovo governo.Israele, lo Stato nato dalle ceneri della follia razzista nazista e vittima dell’odio degli integralisti islamici di tutto il mondo, sembra fare propri i principi segregazionisti. Il governo ha creato linee di autobus riservate solo ai palestinesi in Cisgiordania, di fatto escludendoli dalle linee «normali», che saranno riservate ai coloni ebrei.”Rispondo ai primi “non bastavano”.Le bypass road servono a poter andare in macchina senza beccarsi pietre di mezzo kilo in pieno viso.I check point servono ( adesso sono quasi scomparsi anche se non del tutto nelle zone pericolose) per controllare che non entrino in Israele i terroristi.La barriera di sicurezza serve a salvare gli israeliani dalla morte, gli attentati sono calati quasi del 100%. Cosa vuole, signor Udg, agli israeliani piace vivere. E’ una colpa?Abbiamo gia’ dato e se ai palestinesi le nostre misure di sicurezza danno fastidio  potevano pensarci prima di dilettarsi col terrorismo e i kamikaze.
Se danno fastidio a voi non ce ne potrebbe fregar di meno.Gli autobus segregazionisti esistono solo nella sua testa, signor udg. Mi piacerebbe vedere Umberto de Giovannageli mettersi un kippa’ in testa e andare in un villaggio arabo o salire su un autobus insieme a una cinquantina di arabi .…......Cosi’, en passant, qualche  azione di linciaggio di ebrei che per necessita’ o per sbaglio, sono passati attraverso i cosiddetti territori palestinesi:Da dove incomincio?Forse dai due riservisti israeliani che avendo sbagliato strada, furono linciati e svuotati di tutti gli organi, cervello compreso, prima di essere gettati giu’ dai finestroni della stazione di polizia di Ramallah?Vogliamo ricordare la mamma e le sue tre bambine ammazzate a bruciapelo perche’ attraversavano in macchina  un territorio palestinese per tornare a casa? (Non esistevano ancora, purtroppo, le bypass road) E quel soldato israeliano  salito su un autobus arabo e gettato fuori ormai a pezzi?Vogliamo ricordare Emmanuel, 17 anni, che per tornare a casa prima che facesse buio,  si era addentrato in territorio palestinese? Fermato , linciato, ammazzato a sassate in testa.Vogliamo ricordare i due ragazzi proprietari di un ristorante a Tel Aviv e recatisi nei territori per comprare piante?  Bloccati in una trattoria dove si erano fermati per mangiare del buon hummus, trascinati contro un muro e ammazzati a fucilate.E quel poveretto che da Tel Aviv era andato dal suo meccanico di fiducia a TulKarem? Non e’ piu’ tornato in Israele....vivo.Ricordo anche la famiglia Fogel , tutti sgozzati, mamma, papa’ e tre bambini, la piu’ piccola aveva tre mesi. Abitavano vicino a un villaggio palestinese........lo “Stato nato dalle ceneri della follia razzista nazista”....beh, signor Udg, anche questa e’ un’inesattezza perche’ il moderno stato di Israele era nato molto prima, esattamente nel 1898 durante il primo Congresso sionista a Basilea e sarebbe nato anche senza Hitler come molti altri stati prima inesistenti  in Medio oriente. Con una peculiarita importante pero’ Israele e’ sempre esistito nel cuore e nell’anima del Popolo Ebraico.