sabato 5 luglio 2008

Garizim - pastori samaritani

Gli arabi-israeliani preferiscono Israele

Una recente ricerca organizzata dalla scuola Kennedy dell'Università di Harvard ha rivelato che il 77% degli arabi israeliani preferiscono vivere in Israele piuttosto che in qualunque altro Paese al mondo. Per il sondaggio, intitolato "Coesistenza in Israele", condotto in occasione del sessantesimo anniversario della rifondazione dello Stato di Israele e a cui ha collaborato l'università di Haifa, sono stati intervistati nelle due lingue ufficiali del Paese, 1.721 israeliani, sia arabi che ebrei.
Il 68% degli ebrei pensa che l'insegnamento dell'arabo nelle scuole può favorire la convivenza, il 69% crede nella responsabilità personale di dare il proprio contributo.
Un'ampia maggioranza degli israeliani (il 73% degli ebrei e il 94% degli arabi) afferma inoltre di voler vivere in una società in cui ebrei ed arabi abbiano le stesse opportunità e vivano nel reciproco rispetto. La differente percentuale tra i due gruppi è dovuta soprattutto alla fiducia riposta nelle conseguenze positive di tale opportunità: il 90,8% degli arabi, infatti, crede che i miglioramenti nella convivenza porterebbero a maggiori benefici economici e l'88,7% ritiene che ci sarebbero altrettanti miglioramenti in campo culturale, mentre solo il 48,1% e il 43% rispettivamente degli ebrei ha questa opinione.
Il Professor Todd Pittinsky, direttore dell'Harvard Kennedy School's Center for Public Leadership, che ha diretto il progetto, afferma che, nonostante ogni giorno vengano condotti esperimenti innovativi tesi alla pacifica convivenza, i media, soprattutto quelli europei, evidenziano le divisioni tra i due gruppi di cittadini e non parlano abbastanza degli sforzi sinceri per migliorare la situazione. "Progetti come "Hand in Hand" (Mano nella Mano) in cui i bambini ebrei e arabi possono facilmente conversare tra loro, meriterebbero molta più attenzione dei missili palestinesi o dei posti di blocco. Bisogna quindi impegnarsi per renderli più noti su larga scala".
Gli arabi israeliani, compresi i residenti nella parte orientale di Gerusalemme, costituiscono il 20% della popolazione, sono rappresentati in parlamento da due partiti, il Balad e la lista Araba Unita, oltre che da una gran parte di Hadash, partito comunista antisionista, e da alcuni membri laburisti (la formazione di Shimon Peres).
Un altro sondaggio condotto dall'Università di Haifa poco più di un mese fa, ha rivelato che il 75% dei giovani arabi, tra i 16 e i 22 anni considerano il servizio civile (che per loro è volontario) come un'occasione per integrarsi ulteriormente. La maggioranza, tuttavia, ha affermato di sapere poco o niente su questo programma, ma una volta che ne viene a conoscenza, la percentuale di coloro che lo appoggiano cresce sensibilmente anche tra gli adulti, fino ad arrivare tra le donne, a quasi l'84%. I politici arabi, invece, sono per lo più contrari a questa opportunità.
Nonostante quindi le enormi difficoltà dovute, Israele sta lavorando sodo per migliorare la vita dei propri cittadini. di Elena Lattes, 04 luglio 2008, http://www.agenziaradicale.com/

mercoledì 2 luglio 2008


ISRAELE: CONSIGLI ALLE RAGAZZE, NIENTE RAPPORTI CON I BEDUINI

(ASCA-AFP) - Gerusalemme, 1 lug - Alle studentesse di una cittadina del sud di Israele e' stato detto di non avere rapporti con i beduini. E' successo in una scuola di Kiryat Gat, citta' alle porte del deserto Negev.Tuttavia, l'uomo che ha ideato il programma di educazione sessuale e che ha fatto vedere alle ragazze un video esplicativo chiamato ''Dormire con il nemico'', ha insistito che non c'e' nulla di razzista nelle sue intenzioni.''Io lo paragono ad una gita al mare. Se c'e' la bandiera nera che indica pericolo e divieto di balneazione non ci si deve tuffare. Con i beduini e' lo stesso, sono pericolosi'', ha detto all'Afp Chaim Shalom, un operatore sociale al lavoro in una scuola pubblica di Kiryat Gat.Il programma e' sovvenzionato dall'amministrazione comunale e dalla polizia della citta'.''Se i beduini che escono con le ragazze le volessero sposare non avrei nulla da ridire, ma non e' questo il caso.I beduini le abbandonano una volta che le ragazze sono rimaste incinte. Inoltre, ci sono diversi casi di stupro e due donne sono state bruciate ed uccise - ha proseguito Shalom - Ricoprono le ragazze di regali. Gioielli, cellulari, vestiti. Ma non e' tutto oro quello che luccica''.Anche nella tradizione islamica, i beduini non hanno una buona fama. Troppo attaccati ai propri valori ed al nomadismo, i beduini sono tacciati di essere dei musulmani ''tiepidi'' che tornerebbero al paganesimo alla prima occasione. (Piu'Europa).

martedì 1 luglio 2008

Kibbutz Gazit -aerea dedicata alla Shoa

Israele: dialogo impossibile?

Nell’ambito della rassegna culturale La Milanesiana, la manifestazione che ogni anno propone al pubblico incontri con esponenti del mondo della cultura, registi, scrittori, cantanti e che quest’anno ha visto fra gli altri la partecipazione della cantante israeliana Noa oltre che del Premio Nobel per la Letteratura Gao Xingjian, si inserisce l’evento “Aperitivi con l’autore” .
Domenica 29 giugno presso la Sala Buzzati del Corriere della Sera erano presenti insieme al regista Amos Gitai, al critico Enrico Ghezzi, allo storico Simon Levis Sullam, allo scrittore Ernesto Ferrero che dal 1998 dirige la Fiera del Libro di Torino, due grossi calibri della letteratura ebraica ed israeliana: Amos Oz ed Elie Wiesel, Premio Nobel per la Pace nel 1986.
La domanda che è stata il filo conduttore dell’incontro “Israele: dialogo impossibile”? ha impegnato gli intervenuti in un dibattito interessante e costruttivo nel quale ognuno ha portato le proprie esperienze di vita e di studioso.
Amos Oz ed Elie Wiesel incarnano due destini del popolo ebraico: il sogno della Terra promessa e l’incubo della persecuzione.
Entrambi all’età di 16 anni hanno visto la loro vita modificarsi drasticamente: Wiesel con la deportazione nel campo di sterminio di Auschwitz nel quale perderà i genitori e una sorella, una tragica esperienza che sarà raccontata nelle pagine strazianti di La notte, un libro tradotto in trenta lingue; Oz, uno pseudonimo che significa forza, coraggio, lascerà la sua famiglia a Gerusalemme per andare a vivere nel kibbutz Hulda, laboratorio dell’utopia del nuovo Stato d’Israele.
Per Elie Wiesel il dialogo è possibile perché tutto quanto riguarda la storia ebraica dimostra che ciò che è impossibile può trasformarsi in “possibile”.
Storicamente gli ebrei avrebbero dovuto cessare di esistere secoli addietro: tante le persecuzioni e le possibilità di assimilazione per conversione forzata, tanti problemi e tanti esili e tuttavia “siamo ancora qui, siamo l’unico popolo dell’antichità che è sopravvissuto all’antichità stessa”. “Quando il dialogo fallisce – continua Wiesel – prende il sopravvento la violenza e noi dobbiamo opporci e difendere le parole contro i pugni”.
I coniugi Wiesel organizzano regolarmente una conferenza con il re di Giordania a Petra e in un recente incontro hanno avuto come ospiti il premier israeliano Olmert e il palestinese Abbas. Di fronte alla commozione del pubblico nel vedere l’abbraccio fra i due leader, Wiesel ribadisce che la pace è possibile perché questo incontro è preludio di un nuovo inizio e gli ebrei sono il popolo dei nuovi inizi.
Amos Oz, alfiere del pacifismo israeliano, è ottimista perché ritiene che la maggioranza degli arabi palestinesi e degli ebrei israeliani sia pronta ad accettare il compromesso della spartizione che del resto è l’unica soluzione, seppur dolorosa, per due Stati.
Non ci sono alternative per lo scrittore israeliano perché sia i palestinesi che sono circa 4 milioni sia gli israeliani che ormai contano quasi 7 milioni di abitanti, non hanno un altro posto dove andare.
Non possono essere un’unica famiglia felice sia perché non sono una famiglia sia perché non sono felici; potranno soltanto essere vicini di casa.
I problemi da affrontare sono numerosi: i confini, la sicurezza, Gerusalemme, gli insediamenti. L’unico nodo che non può essere risolto con un compromesso, secondo lo scrittore, è la disputa sui luoghi sacri. “Per me – continua Oz – è giusto lasciare che la gente possa pregare, che vi sia libero accesso ai luoghi sacri e poi sarà il Messia quando verrà a dirci a chi appartengono quei luoghi”.
Per il regista Amos Gitai che è a Milano per presentare il suo ultimo film “Disengagement” , gli israeliani non si possono permettere di essere pessimisti perché quando si vive il conflitto dall’interno l’ottimismo e cioè l’idea di un dialogo possibile, non è solo un’analisi ma un desiderio che conduce alla volontà di reagire. Come cineasta – continua Gitai - il mio compito è porre dei quesiti, provocare delle domande perché solo in tal modo si può influire sulla realtà e indurre le persone a riflettere su tutti gli aspetti del conflitto.
Ernesto Ferrero non si sofferma sulle polemiche che hanno accompagnato la Fiera del Libro di Torino etichettandole come “polemiche di persone in cerca di visibilità”. Ciò che invece lo ha colpito è la difficoltà di dialogo fra la società israeliana democratica e tollerante e le società arabe vicine dove non è possibile alcun dibattito. Lo sdegnato rifiuto opposto dagli scrittori arabi all’invito a partecipare al Salone del Libro è tanto più incomprensibile in quanto non proviene dall’”uomo della strada” che reputa Israele il “male assoluto” ma da intellettuali che sono ritenuti “moderati” e illuminati.
Per Ferrero è molto grave constatare che questi scrittori anziché costruire ponti (che è poi “il loro mestiere”) erigono muri ancora più alti. Lo scrittore italiano non vede fra l’altro molte possibilità di dialogo neppure quando verranno costituiti due Stati perché ribadisce: “Stiamo ancora aspettando una società araba moderata: l’islam moderato o non esiste o se esiste non ha il coraggio di parlare”.
Simon Levis Sullam oltre al suo punto di vista di storico, più pessimista rispetto a chi lo ha preceduto, ritiene di estrema importanza il dibattito sul Medio Oriente avviato in Israele dai nuovi storici quali Benny Morris o Zeev Sternhell.
“Qualsiasi accordo di pace non può esimersi dall’indagare le lacerazioni sul passato oltre alla questione delle origini dello Stato d’Israele”.
Come ebreo diasporico insiste sul ruolo non solo delle leadership mediorientali ma anche della Diaspora. Il rapporto tra esilio e nazionalismo è un punto nel quale ebrei ed arabi possono incontrarsi perché la pace parte anche dal riconoscimento delle differenze reciproche. Il contatto nell’esilio con altre culture può consentire ai soggetti coinvolti nella regione e nel conflitto stesso di recuperare le radici della loro esperienza, in quanto le identità si costruiscono attraverso un intreccio di esperienze storiche e culturali e non nella contrapposizione.
Da ultimo Elie Wiesel riprende un tema di grande attualità: la posizione dell’Iran e del suo presidente. Senza mezzi termini Wiesel afferma che Ahmadinejad non è pazzo ma “intende dire esattamente ciò che dice”.
“La storia mi ha insegnato che le minacce dei nemici sono molto più vere che non le promesse degli amici”. Ahmadinejad è il primo negazionista dell’Olocausto a livello mondiale. Ha ripetuto più volte che l’Olocausto non è mai accaduto ma accadrà. Infatti si sta armando con armi nucleari e il primo obiettivo è Tel Aviv.
Dinanzi a questa minaccia concreta Wiesel sta organizzando una campagna presso i capi di Stato che incontra e presso la gente comune affinché questo individuo venga dichiarato “persona non grata” in tutto il mondo e non venga accettato da alcuna società civile. “E’ una persona – ribadisce il Premio Nobel per la Pace – che non è degna di un dialogo”.
……”Mai dimenticherò quella notte, la prima notte nel campo, che ha fatto della mia vita una lunga notte, mai dimenticherò i piccoli volti dei bambini di cui avevo visti i corpi trasformarsi in volume di fumo sotto un cielo muto, mai dimenticherò quel silenzio notturno che mi ha tolto per l’eternità il desiderio di vivere, mai dimenticherò tutto ciò, anche se fossi condannato a vivere quanto Dio stesso. Mai” (Elie Wiesel – La notte)
Giorgia Greco Milano, 29 giugno 2008


IL MANIFESTO DELLA RAZZA

Il ministro segretario del partito ha ricevuto, il 26 luglio XVI, un gruppo di studiosi fscisti, docenti nelle universita' italiane, che hanno, sotto l'egidia del Ministero della Cultura Popolare, redatto o aderito, alle proposizioni che fissano le basi del razziismo fascista. (Da <>, direttore Telesio Interlandi, anno I, numero1, 5 agosto 1938, p. 2).

Le razze umane esistono. La esistenza delle razze umane non è già una astrazione del nostro spirito, ma corrisponde a una realtà fenomenica, materiale, percepibile con i nostri sensi. Questa realtà è rappresentata da masse, quasi sempre imponenti di milioni di uomini simili per caratteri fisici e psicologici che furono ereditati e che continuano ad ereditarsi. Dire che esistono le razze umane non vuol dire a priori che esistono razze umane superiori o inferiori, ma soltanto che esitono razze umane differenti.
Esistono grandi razze e piccole razze. Non bisogna soltanto ammettere che esistano i gruppi sistematici maggiori, che comunemente sono chiamati razze e che sono individualizzati solo da alcuni caratteri, ma bisogna anche ammettere che esistano gruppi sistematici minori (come per es. i nordici, i mediterranei, i dinarici, ecc.) individualizzati da un maggior numero di caratteri comuni. Questi gruppi costituiscono dal punto di vista biologico le vere razze, la esistenza delle quali è una verità evidente.
Il concetto di razza è concetto puramente biologico. Esso quindi è basato su altre considerazioni che non i concetti di popolo e di nazione, fondati essenzialmente su considerazioni storiche, linguistiche, religiose. Però alla base delle differenze di popolo e di nazione stanno delle differenze di razza. Se gli Italiani sono differenti dai Francesi, dai Tedeschi, dai Turchi, dai Greci, ecc., non è solo perché essi hanno una lingua diversa e una storia diversa, ma perché la costituzione razziale di questi popoli è diversa. Sono state proporzioni diverse di razze differenti, che da tempo molto antico costituiscono i diversi popoli, sia che una razza abbia il dominio assoluto sulle altre, sia che tutte risultino fuse armonicamente, sia, infine, che persistano ancora inassimilate una alle altre le diverse razze.
La popolazione dell'Italia attuale è nella maggioranza di origine ariana e la sua civiltà ariana. Questa popolazione a civiltà ariana abita da diversi millenni la nostra penisola; ben poco è rimasto della civiltà delle genti preariane. L'origine degli Italiani attuali parte essenzialmente da elementi di quelle stesse razze che costituiscono e costituirono il tessuto perennemente vivo dell'Europa.
È una leggenda l'apporto di masse ingenti di uomini in tempi storici. Dopo l'invasione dei Longobardi non ci sono stati in Italia altri notevoli movimenti di popoli capaci di influenzare la fisionomia razziale della nazione. Da ciò deriva che, mentre per altre nazioni europee la composizione razziale è variata notevolmente in tempi anche moderni, per l'Italia, nelle sue grandi linee, la composizione razziale di oggi è la stessa di quella che era mille anni fa: i quarantaquattro milioni d'Italiani di oggi rimontano quindi nella assoluta maggioranza a famiglie che abitano l'Italia da almeno un millennio.
Esiste ormai una pura "razza italiana". Questo enunciato non è basato sulla confusione del concetto biologico di razza con il concetto storico-linguistico di popolo e di nazione ma sulla purissima parentela di sangue che unisce gli Italiani di oggi alle generazioni che da millenni popolano l'Italia. Questa antica purezza di sangue è il più grande titolo di nobiltà della Nazione italiana.
È tempo che gli Italiani si proclamino francamente razzisti. Tutta l'opera che finora ha fatto il Regime in Italia è in fondo del razzismo. Frequentissimo è stato sempre nei discorsi del Capo il richiamo ai concetti di razza. La questione del razzismo in Italia deve essere trattata da un punto di vista puramente biologico, senza intenzioni filosofiche o religiose. La concezione del razzismo in Italia deve essere essenzialmente italiana e l'indirizzo ariano-nordico. Questo non vuole dire però introdurre in Italia le teorie del razzismo tedesco come sono o affermare che gli Italiani e gli Scandinavi sono la stessa cosa. Ma vuole soltanto additare agli Italiani un modello fisico e soprattutto psicologico di razza umana che per i suoi caratteri puramente europei si stacca completamente da tutte le razze extra-europee, questo vuol dire elevare l'italiano ad un ideale di superiore coscienza di se stesso e di maggiore responsabilità.
È necessario fare una netta distinzione fra i Mediterranei d'Europa (Occidentali) da una parte gli Orientali e gli Africani dall'altra. Sono perciò da considerarsi pericolose le teorie che sostengono l'origine africana di alcuni popoli europei e comprendono in una comune razza mediterranea anche le popolazioni semitiche e camitiche stabilendo relazioni e simpatie ideologiche assolutamente inammissibili.
Gli ebrei non appartengono alla razza italiana. Dei semiti che nel corso dei secoli sono approdati sul sacro suolo della nostra Patria nulla in generale è rimasto. Anche l'occupazione araba della Sicilia nulla ha lasciato all'infuori del ricordo di qualche nome; e del resto il processo di assimilazione fu sempe rapidissimo in Italia. Gli ebrei rappresentano l'unica popolazione che non si è mai assimilata in Italia perché essa è costituita da elementi razziali non europei, diversi in modo assoluto dagli elementi che hanno dato origine agli Italiani.
I caratteri fisici e psicologici puramente europei degli Italiani non devono essere alterati in nessun modo. L'unione è ammissibile solo nell'ambito delle razze europee, nel quale caso non si deve parlare di vero e proprio ibridismo, dato che queste razze appartengono ad un ceppo comune e differiscono solo per alcuni caratteri, mentre sono uguali per moltissimi altri. Il carattere puramente europeo degli Italiani viene alterato dall'incrocio con qualsiasi razza extra-europea e portatrice di una civiltà diversa dalla millenaria civiltà degli ariani.


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Napolitano: "Leggi razziali prepararono l'Olocausto"

"Le leggi razziali di fatto prepararono l'Olocausto". Lo ha detto Giorgio Napolitano, in occasione della celebrazione al Quirinale della Giornata della memoria che ricorre domenica prossima. Una frase destinata a rinnovare le polemiche intorno sul ruolo del fascismo e del re Vittorio Emanuele III di Savoia, sulle persecuzioni antisemite in Italia. "Questo 2008 è per noi un anno speciale, perché segna il sessantesimo anniversario dell'entrata in vigore della Costituzione", ha detto il capo dello Stato, sottolineando che ricorre anche "il settantesimo delle leggi razziali emanate dal regime fascista, che di fatto prepararono l'Olocausto anche in Italia". Furono "leggi che suscitarono orrore negli italiani rimasti consapevoli della tradizione umanista e universalistica della nostra civiltà" e del contributo ad essa dato dalla comunità ebraica". Un provvedimento ancora più iniquo in quanto gli ebrei italiani "dopo l'Unità d'Italia, finalmente parificati nei diritti, si sentivano ed erano cittadini, animati da forti sentimenti patriottici". ''Noi non abbiamo dimenticato e non dimenticheremo mai la Shoah - ha detto ancora Napolitano -. Non dimentichiamo gli orrori dell'antisemitismo che è ancora presente in alcune dottrine e che va contrastato qualunque forma assuma''. Napolitano non ha dubbi, ''bisogna ricordare gli atti di barbarie del nostro passato per impedire nuove barbarie, per costruire un futuro che si ispiri a ideali di libertà e di fratellanza fra i popoli''. Il capo dello Stato ha voluto dedicare la cerimonia di quest'anno ai Giusti d'Italia, alla presenza di centinaia di studenti di scuole di diverse regioni che hanno condotto, nel corso dell'anno scolastico, ricerche nel loro territorio su questi personaggi che, ha detto Napolitano, "tennero vivi gli ideali di umanità, si sforzarono di salvare almeno alcuni degli ebrei perseguitati, salvarono anche le nostre coscienze".
Alla cerimonia erano presenti, fra gli altri, anche il vicepresidente del Consiglio Francesco Rutelli, i ministri dell'Interno Giuliano Amato, della Pubblica istruzione Giuseppe Fioroni, del Lavoro Cesare Damiano e delle Politiche giovanili Giovanna Melandri nonché l'ex vicepremier e ministro degli Esteri Gianfranco Fini, oltre al rabbino capo Riccardo Di Segni e all'emerito rabbino Elio Toaff. La Giornata della memoria venne istituita con la legge n. 211 del 20 luglio 2000 dal Parlamento italiano che ha così aderito alla proposta internazionale di dichiarare il 27 gennaio come giornata per commemorare le vittime del nazismo e dell'Olocausto. (24 gennaio 2008)

“Le Leggi Razziali in Italia”


Con le Leggi Razziali promulgate in Italia nel 1938, inizia la persecuzione antisemita, foriera di ignobili conseguenze nei confronti degli ebrei italiani, inclusi quelli napoletani dei quali ricorderemo un bambino, Sergio De Simone, narrandone in seguito la tragica sorte. Le Leggi Razziali non furono emanate soltanto per compiacere l’alleato tedesco (il Duce non volle demeritare agli occhi del Fuhrer quanto a zelo antisemita), dopo le Leggi di Norimberga (1935), e in ogni caso, rilevare una diversità tra le leggi italiane e naziste, deducendo correttamente che in Italia non si creò un “clima” da Kristallnàcht, non deve indurre a nessuna indulgenza verso i teorizzatori del sedicente “razzismo spiritualista” (i firmatari del Manifesto della Razza) e i volenterosi legislatori.
Infatti, le conseguenze furono pesantissime, culminando nelle deportazioni ai campi di sterminio, cominciate il 16 ottobre ‘43 con la Judenoperation nel Ghetto di Roma, ad opera di SS, capeggiate dal comandante delle SS di Roma, Kappler e dallo specialista della RSHA (Alto Comando per la Sicurezza del Reich), Theo Dannecker, con la corrività di poliziotti italiani. In realtà la deportazione e lo sterminio industriale degli ebrei europei furono il criminale apogeo di un genocidio pianificato nel ’42 nella Conferenza del Wansee (presieduta dal Gruppenfuhrer SS Heydrich, luogotenente del Reichsfurhrer SS Himmler, che nel ‘36 incontrò il capo della Polizia italiana Bocchini, circa le misure da attuare contro gli ebrei italiani), che ebbe il proprio fulcro nelle leggi razziali. Queste si prefiggevano lo scopo di espellere dal consorzio civile i giudei, spogliandoli dei loro diritti e dei loro beni, costringendoli all’emigrazione e alla ghettizzazione per
deportarli, schiavizzarli e annientarli: l’Europa andava resa Judenfrei, compresa l’Italia.
Gli ebrei italiani dunque si misurarono con leggi che perseguivano la difesa di un’immaginaria “razza italica”, dai loro belluini complotti globali, propagandati nel falso libello dei Protocolli dei Savi di Sion: ma quali furono gli effetti nella vita quotidiana? Osserviamone alcuni entrando idealmente nella casa di una famiglia ebrea di Napoli….C’è il capofamiglia che compila il Questionario inviato dal Ministero della Demografia e Razza per censire gli ebrei: è un italiano orgoglioso, che guarda la Medaglia ricevuta dal padre dopo la Grande Guerra, chino su quella burocratica scartoffia, ove dovrà vergare di appartenere alla razza ebraica. La radio presso la quale la famiglia la sera si riunisce, va consegnata al più vicino Commissariato. Titina, la fedele domestica che i ragazzi chiamano zia, va licenziata: i giudei non possono avere servitù ariana. I ragazzi devono lasciare la scuola, oppure, come nel raro caso della scuola elemntare Vanvitelli di Napoli, frequentarla in una classe di soli scolari ebrei, con gli alunni divisi e completamente isolati dagli altri. Intanto il laborioso capofamiglia perde l’impiego o si vede espropriato il negozio in cambio di un’insulsa indennità. Deve rinunciare alla docenza universitaria e non può esercitare una professione liberale. La dignitosa serenità economica costata sacrifici, è sostituita da una vita stentata, e i gioielli, ricordo di un Nissùin o di un Bar Mitzvàh, finiscono al Banco dei Pegni: i banchieri giudei demoplutomassoni impegnarono i più cari ricordi per sfamare i figli. E i fidanzati in procinto di sposarsi? Lui giudeo, lei ariana, non possono contrarre matrimonio: è proibito, così come prestare il servizio di leva.
La lista delle ulteriori, odiose proibizioni sarebbe lunga, giacché ai nostri legislatori non difettò la fantasia, sebbene le interpretazioni delle norme suscitarono non pochi dilemmi, costringendo il regime, - la tragedia sconfinò nella farsa! - ad emanare pletore di circolari affinché, riluttanti funzionari e Miserabili Podestà, le applicassero senza esitazioni. Renzo De Felice osservò che con le leggi razziali il fascismo “divorziò dal popolo italiano, dalla sua mentalità e dalla sua storia”, poiché l’antisemitismo era estraneo agli italiani e il pregiudizio sui perfidi giudii, obliquamente diffuso dalla Chiesa Cattolica, aveva matrici piuttosto religiose che razziali. Tuttavia, se la maggioranza del popolo italiano non prese parte alle persecuzioni antiebraiche, – anzi: quanti ebrei furono salvati! – il suo peccato inescusabile fu di aver tollerato, nell’indifferenza conformista, la promulgazione di leggi ripugnanti. Nessuno comprese che il “momento” normativo era soltanto il preludio della Soluzione Finale: nel giro di 6 anni, infatti, migliaia di ebrei finirono nei crematori di Auschwitz - Birkenau. E fu quel clima, provocato dalle sciagurate leggi, che instradò il tragico destino di un piccolo ebreo napoletano del Vomero: Sergio De Simone. Sergio e la madre Gisella Perlow, natìa di Fiume e sposata con Eduardo (sotto le armi dal ‘40), vissero a Via Morghen in solitudine e in un ambiente se non ostile, certamente indifferente ai loro penosi travagli, eccettuati i premurosi vicini, i Parlato, e un’amica di Gisella, Piera Nardi anch’essa di Fiume. Nel luglio del ’43 Gisella raggiunse la propria famiglia a Fiume: ma se fosse rimasta a Napoli, lo sbarco alleato e il successivo armistizio l’avrebbero vista al sicuro con Sergio. Infatti, proprio a Fiume, infestata di repubblichini e di SS, Sergio, Gisella, la sorella Mira, le nipotine Andra e Tatiana, furono rastrellati e tradotti ad Auschwitz, dove Sergio diventerà il n° A179614. Gisella, Mira, Andra e Tatiana miracolosamente sopravvissero, mentre Sergio, cavia del famigerato Mengele, sarà deportato in un Konzentrationlager vicino Amburgo, dove incontrerà due orchi: il medico Heissmeyer, che gli inoculerà la tubercolosi, e la SS Strippel che lo impiccò insieme con altri venti bambini, cremandone le spoglie il 20 aprile 1945: aveva 7 anni, Sergio.
Da Via Morghen a Fiume; dal kinderblock di Birkenau al camicie bianco di Mengele e, infine, tra le rovine del Reich, la scoperta degli orchi: questo, lo sfortunato tragitto di un bambino napoletano, vittima delle leggi razziali e della colpevole indifferenza che lo circondò. Oggi Sergio avrebbe 70 anni. Avrebbe avuto figli e nipoti, invecchiando serenamente. Lo ricordiamo commossi e addolorati perché non avemmo il coraggio di proteggerlo, di accoglierlo e di amarlo come uno di noi: di razza umana.
di Giuseppe Nitto - Sullam, bollettino Comunità ebraica Napoli n.12, 1° luglio 2008

lunedì 30 giugno 2008


Il treno dell’ultima notte

di Dacia Maraini
Ed. Rizzoli € 21,00

“Il futuro si apre davanti a lei come un fiore precoce che ha sentito il primo raggio di sole, ma potrebbe rimanere congelato sul ramo. Perché la primavera non è ancora arrivata e quel raggio di sole l’ha ingannata”.
Con queste parole pervase da una tenue speranza si chiude l’ultimo romanzo di Dacia Maraini, “Il treno dell’ultima notte, con il quale la scrittrice toccando i nodi centrali di una società che ha sperimentato l’orrore del nazismo e l’abisso del comunismo getta uno sguardo attento sul secolo appena trascorso.
Il 1956 è l’anno che ricorda i cingoli dei carri armati russi che, entrando nelle strade di Budapest, mandano in frantumi un’utopia con una feroce repressione che spezza definitivamente i sogni di libertà del popolo magiaro.
Ed è anche l’anno nel quale Amara Sironi, la protagonista, intraprende un viaggio in qualità di giornalista per inviare reportage sulla vita dei paesi dell’Est: una decisione che nasconde anche una motivazione personale.
Amara (“una ragazza ingenua e sprovveduta che crede di poter fermare il tempo”) vuol cercare di scoprire che fine abbia fatto il suo amico Emanuele Orenstein, figlio di un ricco industriale che possedeva una fabbrica di giocattoli a Rifredi, vicino a Firenze dove il padre della giornalista, Amintore Sironi, faceva il ciabattino.
Emanuele è un bambino vivace e pieno di vita, un po’ spericolato e per questo sempre con le ginocchia “scortecciate”. Si arrampica sui ciliegi e insieme alla sua amica Amara scorrazzano in bicicletta lungo le strade sterrate di Rifredi. Fra i due nasce una tenera amicizia (“Siamo amici” ? chiede Emanuele, “Amici per la vita e per la morte” risponde la piccola Amara) che poi evolve in un amore innocente.
Per decisione della madre, Thelma Fink, affascinante attrice e “proprietaria di case nella grande città di Vienna”, la famiglia Orenstein ritorna in quel paese che già da qualche tempo sta vessando e uccidendo i suoi cittadini ebrei.
Fra i due ragazzini inizia una fitta corrispondenza fatta di missive struggenti e accorate che diventano tragiche e drammatiche quando Emanuele viene deportato insieme alla famiglia nel ghetto di Lodz. Dopo un’ultima lettera del maggio 1943 (che il ragazzo scrive su un quadernetto recapitato dopo la guerra ad Amara non si sa da chi) il giovane Orenstein scompare.
Con quelle lettere che la legano al ricordo di Emanuele e che porta sempre con sé, la giovane giornalista si mette in viaggio sulle sue tracce mentre scrive articoli per il suo giornale sui paesi oltre cortina.
Un viaggio, quello di Amara, che fin dall’inizio si annuncia come un percorso che dall’ignoto conduce alla conoscenza e dall’innocenza alla tragica consapevolezza di una realtà inimmaginabile. Un viaggio ricco di scoperte e incontri interessanti come quello con Hans Wilkowsky, la cui madre è stata uccisa a Treblinka e che decide di affiancare Amara nella sua ricerca di Emanuele facendole da interprete, o con Horvath un soldato ungherese che ha conosciuto l’orrore della guerra per poi divenire bibliotecario e che alla fine li accompagnerà nel loro viaggio.
Dopo aver visitato ciò che resta del girone infernale di Auschwitz-Birkenau nel quale scorre i nomi di coloro che sono stati sterminati, senza trovare quello di Emanuele, Amara percorre le strade di Vienna alla ricerca di qualcuno che abbia conosciuto gli Orenstein.
In tal modo entra in contatto con il pittore Theodor Orenstein che riversa sulle tele l’orrore che la Shoah ha lasciato nella sua vita, mentre la visita ad una ricca famiglia tedesca che ora abita nella casa sequestrata agli Orenstein porterà Hans, nell’accomiatarsi dall’algido console Schumacher, ad affermare che quell’incontro era servito solo a “capire cosa è stato il nazismo in questo paese e come ha saputo corrompere anche le persone oneste, trasformandole in cieche e sorde”.
Infine Amara giunge a Budapest dove è testimone della rivolta degli ungheresi, delle sofferenze, della fame di un popolo che anela soltanto alla libertà, una libertà che i carri armati sovietici soffocheranno nel sangue.
La ricerca di Amara non è ancora terminata, finora nessuno le ha dato qualche spiraglio per sapere cosa è accaduto a Emanuele. Allora la giovane donna insieme a Hans e Horvath decide di tornare a Vienna e lì proprio nella città dove gli Orenstein erano tornati per una folle scelta “patriottica”, scopre una verità drammatica e sconvolgente che distruggerà i suoi sogni lasciandola ferita e priva di difese.
Una verità che, anche nel rispetto del lettore, ha diritto alla sua quota di segreto.
Capace di tratteggiare personaggi femminili indimenticabili, Dacia Maraini ci regala un romanzo che solcando i momenti più salienti della storia del Novecento mette a nudo un mondo fatto di malvagità ma anche di episodi di solidarietà e ricchezza umana.
Con una prosa armoniosa ed uno stile lineare, esplicito, a volte crudo che vibra per la tensione e il senso incombente di tragedia, l’autrice delinea uno straordinario spaccato della Storia contemporanea.
Un invito a leggere questo libro perché “Ogni generazione tende a dimenticare le cose successe nella precedente….e invece senza la coscienza del passato, non si ha neanche consapevolezza del presente. Agiscono bene i paesi che hanno una forte consapevolezza del passato e usano questa consapevolezza come un deterrente per il futuro” (D.M.)
Giorgia Greco

domenica 29 giugno 2008

Eilat


NOTIZIE UTILI

DISTANZA DA ROMA IN ORE DI VOLO E COLLEGAMENTI DIRETTI CON L’ITALIA:
3 ore e 15 minuti. Sette voli settimanali Alitalia da e per Roma e sette da e per Milano; 5 voli settimanali El Al, escluso il sabato, da e per Milano e Roma.


CONDIZIONE CLIMATICHE:
clima mediterraneo, con due stagioni ben distinte: estate (da maggio a ottobre) calda e umida, soprattutto lungo la costa mediterranea; inverno (da novembre ad aprile) umido e a volte freddo. Da notare il contrasto fra la Galilea, relativamente fresca e piovosa, ed il Negev, secco e desertico. In primavera e in autunno si registrano fenomeni di vento caldo proveniente dal deserto (cosiddetto “Hamsin”) che determina sensibili sbalzi di temperatura. Le temperature medie di Tel Aviv variano dai 5-19 gradi invernali ai 20-35 gradi estivi.


ASSISTENZA SANITARIA:
livello qualitativo e quantitativo delle strutture sanitarie locali: ottimo.
Reperimento in loco di medicinali: sono reperibili i principali medicinali.
Cure che non possono effettuarsi in loco e sede più vicina dove possono essere realizzate: nessuna. Possibilità di assicurazione sanitaria in loco: è possibile stipulare l’assicurazione con Casse Mutue locali. Costo medio 200 dollari USA al mese (per un nucleo familiare di 4 persone). Sono esclusi i figli maggiorenni, per i quali però si può stipulare una polizza speciale con compagnie private al costo di circa 80 dollari USA al mese.


CONDIZIONI SANITARIE:
Vaccinazioni obbligatorie e facoltative: nessuna.
Eventuali malattie endemiche: nessuna. Particolari prescrizioni igienico-sanitarie: nessuna.


ALLOGGI:
Reperibilità e costo appartamenti vuoti o ammobiliati: buona disponibilità. I canoni di affitto variano dai 1.500 dollari USA ai 2.500 per un appartamento di medio taglio; tra i 3.500 ed i 4.500 per un appartamento di alto livello nella zona centrale di Tel Aviv e dai 2.500 ai 4.500 dollari USA per villini di medio standard nella zona residenziale di Tel Aviv. Modalità di pagamento del fitto: in genere, anticipato di tre mesi. Le agenzie immobiliari richiedono normalmente una provvigione equivalente ad una mensilità di affitto. In linea di massima, il livello di rifinitura delle abitazioni è accettabile.


REPERIBILITA’ GENERI ALIMENTARI DI PRIMA NECESSITA’:
buona. E’ possibile l’approvvigionamento periodico presso magazzini in “duty free” per il personale accreditato. Sono reperibili, nonostante le norme religiose ebraiche vietino il loro consumo, carni di maiale, alcuni tipi formaggio, molluschi e crostacei.


DATI INDICATIVI SUL COSTO DELLA VITA:
Alberghi: a partire dai 180 Dollari USA per un livello medio-alto. Il livello dei prezzi si e` abbassato in relazione alla crisi del settore turistico.
Ristoranti (esclusi i vini): tra i 50-80 dollari USA (livello medio), dagli 80 ai 130 dollari (livello alto e di lusso); prezzi più contenuti per esercizi più economici e pizzerie.
Generi alimentari: il costo dei generi di prima necessità (pane, latte, burro, ecc.) è più elevato di quello italiano così come quello della carne del pesce (circa 30 dollari USA al Kg.) e dei formaggi. I prodotti importati quali pasta, olio di oliva, vino, caffè ecc. costano mediamente il doppio rispetto all’Italia.
Elettrodomestici: la produzione locale, di qualità discreta nel settore dei frigoriferi e buona per quanto riguarda i condizionatori d’aria, è commercializzata a prezzi elevati. E’ consentito acquistare elettrodomestici anche di importazione in esenzione doganale (soltanto nei primi sei mesi per il personale non in lista diplomatica).
Abbigliamento: molto caro quello d’importazione, a prezzi più accessibili quello di produzione locale anche se di qualità inferiore.
Calzature: scarpe da uomo e da donna di buona qualità importate a partire dai 170 dollari USA. Benzina: esiste ogni tipo di benzina, a prezzi simili a quelli italiani. Il personale delle Ambasciate acquista benzina in esenzione mediante “coupons” forniti dalla compagnia petrolifera di stato “PAZ”. Il prezzo e` circa 1/3 di quello pagato dal consumatore israeliano.
Assicurazione auto: esistono due tipi di assicurazione. Una obbligatoria che copre solo i danni a terzi ed il cui costo si aggira sui 1.250 dollari l’anno ed una facoltativa (formula “casco”) di circa 2.300 dollari l’anno.


ASSISTENZA: MECCANICA E DISPONIBILITA’ PEZZI DI RICAMBIO:
Le maggiori case automobilistiche italiane e straniere sono rappresentate in loco. Sono reperibili, sia pure a prezzi elevati, quasi tutti i pezzi di ricambio delle automobili importate in Israele.


CONDIZIONI GENERALI DI SICUREZZA:
L’ordine pubblico è soddisfacente, tuttavia si sono verificati furti (in appartamento e di autovetture), soprattutto nelle zone residenziali al di fuori delle città.


UTILITIES:
Distribuzione energia elettrica, frequenza e voltaggio: buona. Frequenza 50/60 Hz; voltaggio 220V.
Distribuzione idrica, potabilità dell’acqua: buona. L’acqua è potabile, ma è consigliabile l’uso di appositi filtri. Sono reperibili varie marche di acque minerali locali ed estere. Distribuzione del gas per uso domestico: normalmente gas in bombola. Alcuni edifici dispongono di un sistema centralizzato di distribuzione del gas.


EVENTUALI DITTE ITALIANE OPERANTI SUL POSTO:
Numerosi sono gli investimenti italiani in Israele, ma pochi gli stabilimenti che utilizzano in modo permanente personale italiano, e nessuno di essi in Tel Aviv.


FESTIVITA LOCALI:
In Israele il giorno festivo è lo “Shabat” che va dal tramonto del venerdì a quello del sabato. La domenica è lavorativa. Tutte le festività ebraiche sono mobili. Gli uffici governativi ed i negozi rimangono chiusi nelle seguenti festività: Pasqua ebraica (una settimana durante il mese di marzo o aprile); Giorno dell’Indipendenza (un giorno ad aprile o maggio); Pentecoste (un giorno in giugno); Capodanno ebraico (due giorni a settembre o ad ottobre); Giorno del Perdono “Yom Kippur“ (un giorno a settembre o ad ottobre); Festa delle Capanne “Succot” (due giorni a settembre o ad ottobre). In occasione dello Yom Kippur è proibito l’uso dell’automobile.


SCUOLE:
Non esistono scuole italiane.
Le scuole locali sono ebraiche.
Scuole straniere:
a) Scuola francese: “Ecole Francaise de Tel Aviv” in Neve Tzedek (sobborgo di Tel Aviv vicino a Jaffa).
L’insegnamento, di buon livello, è assicurato per tutte le classi, dalla scuola materna all’ultima del liceo. Per il conseguimento del bac, alla fine di ogni anno scolastico, arriva una commissione d’esame dalla Francia. La retta annuale è così suddivisa:
RETTA ISCRIZIONE
Asilo NISH 11.400 NISH 1.550
Scuola primaria “ 12.900 “ 1.550
Scuola secondaria “ 23.400 “ 1.550
b) Scuola inglese: “School of the Church of Scotland” in Jaffa. L’insegnamento è di buon livello accademico. Il costo annuale è così suddiviso:
RETTA ISCRIZIONE
Asilo US$ 4.800 NISH 500
Scuola primaria “ 5.400 “ 500
Scuola secondaria “ 6.700 “ 500

c) Scuola americana: “The Walworth Barbour American International School in Israel Inc.” in Kfar Shemariyahu (a circa 15 Km. a nord di Tel Aviv con servizio di trasporto scolastico a pagamento). L’insegnamento è di buon livello in tutte le classi. Il costo annuale è così suddiviso:
RETTA ISCRIZIONE
Asilo US$ 13.225 US$ 3.250
Scuola primaria “ 14.650 “ 3.250
Scuola secondaria “ 16.100 “ 3.250 Tutte e tre le scuole di cui sopra rilasciano l’International Baccalaureat.


ALTRE INFORMAZIONI UTILI:
Reperibilità giornali esteri. Esistono due quotidiani locali in lingua inglese “Jerusalem Post” e “Haaretz”, ed un periodico mensile “The Jerusalem Report”. E’ possibile reperire alcuni quotidiani italiani quali “Corriere della Sera”, “La Repubblica”, “La Stampa” e “La Gazzetta dello Sport” del giorno precedente, al prezzo di circa dollari USA 2,90. Sono in vendita anche quotidiani e periodici inglesi, americani e francesi.
Trasmissioni radio e televisive in lingua straniera: 2 emittenti televisive israeliane una delle quali trasmette per due ore al giorno programmi in lingua araba, viene trasmesso anche un telegiornale pomeridiano in lingua inglese. Con antenna parabolica è possibile captare le reti della RAI e della Fininvest. Il costo per l’installazione dell’antenna si aggira sugli 800 dollari USA.
Via cavo (canone mensile 230 shekel) si possono ricevere una trentina di canali fra cui, oltre alla RAI anche Canale 5, CNN, SKY NEWS, BBC, France 2, TV5, ecc.
Trasporti urbani e mezzi di comunicazione: scarsi quelli ferroviari. Esiste un efficiente servizio di autobus. I prezzi sono alti. Esiste anche una buona rete di taxi e di taxi collettivi (cosiddetti “Sherut”). Il servizio taxi e` più economico di quello italiano.
Altre notizie utili:
Il servizio postale israeliano è di buon livello. Le telecomunicazioni (telefono, telegrafo, fax) sono di elevata qualità. Il costo di una telefonata in teleselezione in Italia è di shekel 0,60 al minuto (Lit. 250 circa). Molto diffuso l’uso del telefono cellulare.
L’attacco elettrico italiano può essere utilizzato attraverso adattatori reperibili in loco.
Per ragioni climatiche (livelli di temperature e umidità specie nelle ore notturne) è particolarmente utile l’impianto di condizionamento d’aria che, nelle abitazioni di recente costruzione, è centralizzato.
Non ci sono limitazioni all’ingresso del Paese di animali domestici (cani, gatti, ecc.), purché accompagnati dal certificato internazionale di vaccinazione. Non è prescritta alcuna quarantena. Esistono invece limitazioni per l’introduzione di piante.
E’ consigliabile effettuare disinfestazioni di terrazzi e giardini un paio di volte l’anno, specialmente in estate.
Esistono numerosi musei fra i quali i più prestigiosi sono il Museo Nazionale (Israel Museum) e il “Bible Land’s Museum” di Gerusalemme; il Museo d’Arte Moderna di Tel Aviv (Tel Aviv Museum); il Museo della Diaspora di Tel Aviv. A Gerusalemme vi è anche il “Museo dell’Olocausto” (Yad Vashem”).
L’attività concertistica e musicale è molto diffusa e di elevato livello. E’ possibile ascoltare ogni tipo di musica. Esiste un ottimo auditorio a Tel Aviv (“Auditorium Mann”) dove sono frequenti concerti di alto livello. Esistono teatri (qualcuno anche con traduzione simultanea dall’ebraico all’inglese). E’ possibile reperire qualsiasi tipo di libri e videocassette in lingua originale. Vi sono biblioteche pubbliche.
Esistono numerosi cinematografi che proiettano film di prima visione in lingua originale. Vi sono inoltre attive “Cinemateque” ad Haifa, Gerusalemme e Tel Aviv, che proiettano un’ampia gamma di film “d’essai”.
Vi sono numerosi circoli sportivi con campi da tennis, un campo da golf a Cesarea (circa 45 Km. A nord di Tel Aviv) e varie piscine. Il nuoto in mare, lungo la costa mediterranea presenta qualche rischio a causa della presenza di correnti sottomarine. Surf e vela sono comunemente praticati. Ad Eilat, noto luogo turistico sul Mar Rosso, a 350 Km. a sud di Tel Aviv e nel Mar Morto si possono fare bagni praticamente durante tutto l’anno. Possibili l’equitazione (Cesarea e Tel Aviv) e lo sci invernale sul Monte Hermon. A Gerusalemme e Nazareth esistono numerose chiese cattoliche. A Tel Aviv sono presenti due chiese cattoliche che assicurano la celebrazione della Messa in varie lingue (italiano, inglese, spagnolo, polacco e arabo).


INDIRIZZI UTILI:
Ambasciata d’Italia: 25, Hamered St. Trade Tower
68125 Tel Aviv - telefono 00972 3 5160781- fax 00972 3 5161755.
Rappresentanze consolari italiane nel Paese:
Consolato Generale d’Italia in Gerusalemme: 29 November Str., 16 - 92105 Gerusalemme - telefono 00972 2 5618966/77 - fax 00972 2 5618944.
Consolato Onorario d’Italia in Haifa: 12, Meir Str. - 35056 Haifa - telefono 00972 4 8530120 - fax 00972 4 8530118.
Consolato Onorario d`Italia in Nazaret: Renaissance Nazareth Hotel 2015 Mount Precipice - Nazareth 16000, telefono 00972-4-6084928
Consolato Onorario d’Italia in Eilat: 88, Leshem Str. 88000 Eilat - telefono 00972 7 6340508.
I.C.E. - (Italian Trade Commission) “The Tower Building” - 3, Daniel Frish Str. - 64731 Tel Aviv - telefono 00972 3 6918130 - 6918141-2 - fax 6962812.
Istituto Italiano di Cultura: 25, Hamered St. Trade Tower
68125 Tel Aviv - telefono 00972 3 5161361 - fax 00972 3 5161330.
ALITALIA: 25, Hamered St. Trade Tower 68125 Tel Aviv - telefono 00972 3 7960700 - fax 00972 3 7960713 http://popolodellalibertanelmondo.it/


Collaborazione Israele-Italia nelle nano-tecnologie

Italia e Israele realizzeranno un laboratorio congiunto di fisica atomica specializzato negli atomi ultrafreddi e nella nano-fotonica.
Il memorandum d'intesa è stato siglato nell'ambito del Forum Italia-Israele di Scienza e Tecnologia svoltosi a Tel Aviv dal 28 al 30 aprile scorsi e organizzato dall'Ambasciata d'Italia in occasione del 60º anniversario d'Israele.
Il laboratorio sarà gestito congiuntamente dal prestigioso Weizman Institute of Science di Rehovot e dal laboratorio Europeo di Spettroscopia non Lineare (LENS), centro di ricerca e alta formazione dell'Università di Firenze. Il progetto sarà guidato dal Prof. Massimo Inguscio (LENS) e dal Prof. Nir Davidson (Weizman Institute).
L'iniziativa, presa nel quadro di interventi strategici previsti dal Ministero degli Affari Esteri, fa parte di una più ampia prospettiva di collaborazione scientifica che vede coinvolte entrambe le istituzioni di ricerca. http://www.ice.gov.it/