giovedì 5 febbraio 2009

Sara Poli

UNA BELLA STORIA ITALIANA NELLE ORE PIU’ CUPE :I POLI E I FINZI AL TERZO PIANO DI VIA CALDERINI 14 NEL SABATO NERO

Sabato, 16 ottobre 1943, tra le sette e mezza e le otto del mattino, quartiere Flaminio in Roma, verso Ponte Milvio. Stabile di Via Calderini 14, appartamento borghese al terzo piano. Il signor Manlio Poli, sessantenne, nativo di Carpi, è uscito da poco per recarsi in ufficio nell’amministrazione delle Ferrovie dello Stato, dove fece modestamente il suo dovere, piuttosto anomalo, durante il ventennio, limitato nella carriera per vergine mancanza di tessera del PNF. La signora Sara, nata Penasa, padovana, di 49 anni, è in casa con i bambini. Mattiniera, si è alzata con il marito, si prepara alle consuete cure domestiche, si affaccia alla finestra e vede due militari tedeschi in procinto di entrare nel palazzo. Si chiede cosa vengano a fare. Non può ancora sapere nulla dello speciale evento di quel giorno, che del resto è appena cominciato, la retata degli ebrei romani, la Judenaktion. Ma un lampo le attraversa la vigile mente. Il pensiero corre alla famiglia Finzi, che abita all’appartamento vicino, sul pianerottolo. Corre, in vestaglia e suona ai vicini, col cuore in mano perché facciano presto ad aprire. In casa Finzi ci sono la signora Vera con i figli Franco e Silvana. Il signor Rodolfo, già vicedirettore artistico dell’Opera Nazionale Dopolavoro, era uscito per andare al lavoro (che fare? di Shabat, l’ora era ardua) presso i magazzini dei correligionari Castelnuovo.Appena aprono, la signora Sara, accorta come l’omonima matriarca, intima ai tre, da poco scesi dal letto, di entrare in casa sua, così come stanno, senza perdere un attimo di tempo. Li fa entrare, richiude la porta, sente passi rapidi che salgono, poi il suono del campanello alla porta vicina, dove figura la targa Finzi. Fa segno ai vicini di rintanarsi nella stanza più riposta e sta in vedetta a sentire presso la porta di casa. Dopo due minuti suona il suo campanello. Apre e si trova davanti i due tedeschi, che le chiedono dei Finzi. Risponde che non ne sa nulla, ma loro si trattengono con attenzione a ogni particolare e con altre domande. Dietro la signora Sara è la figlia Elisa di dodici anni, che segue, trepidante, l’ interrogatorio, senza tradire una parola o un gesto sospetti. Chiedono anche a lei e risponde che non sa nulla. Finalmente i tedeschi escono e la signora telefona in ufficio al marito, dicendogli di correre a casa. Il signor Poli arriva e si decide il da fare. Per prima cosa entra in casa dei vicini e porta loro gli oggetti più necessari. Elisa viene postata alla finestra per avvistare il ritorno del signor Rodolfo Finzi. Appena lo vede rientrare, corre giù a dirgli di entrare anche lui in casa loro. Ma bisogna trovare un rifugio più sicuro, perché i tedeschi o chi per loro potrebbero tornare. Siccome la vecchia mamma della signora Vera era ricoverata alla clinica Quisisana per rottura del femore, vanno lì e lei ci resta col motivo-pretesto di accudirla. Poi i quattro riescono a trovare un appartamento in affitto, ma come si fa con quel cognome e quelle carte di identità? Il signor Poli si dà da fare e i Finzi diventano i Fabbri, profughi a Roma da un paesino del Sud bombardato e immiserito. La loro avventura prosegue lungo i successivi otto mesi dell’occupazione nazista.
Alla liberazione tornano alla confortevole loro casa di via Calderini, in vicinato stretto per sempre coi dirimpettai Poli. Non poche volte Elisa si è unita a Franco e Silvana nelle gite del Gruppo giovanile ebraico, sicché quando l’attuale narratore di questa storia, a bella distanza di tempo, la ha conosciuta, come collega all’Istituto Magistrale Santa Rosa di Viterbo, la ha trovata competente di feste, usanze e parole ebraiche. Elisa fu ben lieta di festeggiare con noi il Bar Mizvah di Emanuele, ora segretario della Comunità ebraica di Roma, in frequenti contatti con Franco Finzi, esimio architetto.Il tempo scorre, le generazioni si succedono. Il signor Manlio è morto in Roma, all’età di 73 anni, il 5 novembre 1956. La signora Sara è morta, all’età di 86 anni, il 18 maggio 1980, in Viterbo, dove la figlia Elisa si era trasferita con il marito ingegner Giorgio Sani, comandante dei Vigili del fuoco. Sono morti anche Rodolfo e Vera Finzi. La figlia Silvana ha compiuto la Aliah e vive a Haifa, sposata con Aitan Halperin. Elisa le ha fatto visita, con un viaggio in Israele, dove frattanto ha proceduto il lungo corso per l’istruzione della pratica di riconoscimento di Manlio e Sara come giusti delle nazioni presso lo Yad Va Shem. E’ bello che tutti i meriti trovino momenti e sentimenti di ricordo, ma nei riconoscimenti formali dei giusti vi è dovuta essere necessariamente una selezione e una istruzione, che hanno voluto i loro tempi. I giusti sono invecchiati e molti sono morti, ma la memoria del bene, cui hanno cooperato, non va perduta. La memoria del bene fatto durante la Shoah fa parte della storia dell’Evento, attenta, documentata, tesa a raccoglierne ogni filo, ogni spasimo, ogni sollievo. Per la connessione delle famiglie, scherzosamente detta mishpahalogia, Rodolfo Finzi, per il matrimonio di sua sorella, era cognato di Fernando Piperno, noto esponente della Comunità e fratello di Giorgio, intellettuale sionista e olè in Erez Israel.
da HAZMAN VEHARAION – IL TEMPO E L’IDEA che ringrazia l’ingegner Claudio Orefice di Padova, la signora Flora Cava di Pisa, la professoressa Carla Servi Levi Minzi di Pisa.

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