giovedì 5 febbraio 2009

Gli ebrei combattenti nei boschi della Russia

(intervista al protagonista, Daniel Craig, famoso come 007)
SI CHIAMAVANO Tuvia, Zus e Asael Bielski, erano tre fratelli di una famiglia di agricoltori ebrei del borgo di Stankevich nell’allora Unione sovietica, ribelli e avversi a qualsiasi tipo di autorità si ritrovarono braccati dai nazisti, quando, nel 1941, invasero la regione. Decisi a fuggire e a vendicare la morte dei genitori, i tre finirono per guidare un folto gruppo di ebrei in quei boschi in cui erano cresciuti, dove formarono un improvvisato gruppo di partigiani.Braccati dalle SS, costretti a lasciare in fetta e furia i diversi campi che di volta in volta costruivano fra la boscaglia, annichiliti dal terribile inverno russo, i Bielski e il loro gruppo di ebrei costruirono un villaggio nella foresta del borgo di Nabiloki, con un ospedale da campo, un mulino, un panificio, una scuola, un teatro e una sinagoga. Fra storie d’amore, matrimoni, morti improvvise, nuove vite e tante rappresaglie sanguinose, compiute con i fucili, alla ricerca di cibo, armi e di una vendetta cieca contro i nazisti, “la Gerusalemme dei boschi” andò avanti nella sua vita nascosta fino al 1944, quando la guerra finì e dal bosco riemersero circa 1.200 ebrei.
La vicenda dei fratelli Bielski si perse così nel tempo, rimanendo in una sorta di leggenda tramandata da padre in figlio, fino a quando Nechama Tec, sopravvissuta all’Olocausto, docente dell’Università di Stamford, grazie ai racconti dei sopravvissuti e dei parenti, scrisse il libro “Defiance: gli ebrei che sfidarono Hitler”.Quel libro ora è diventato un film, nelle sale da venerdì, diretto da Edward Zwick e interpretato da Daniel Craig, il volto degli ultimi James Bond, che stavolta veste i panni di Tuvia, il leader degli ebrei.«Non conoscevo affatto questa storia» ammette l’attore inglese «ma ho incontrato i discendenti dei fratelli Bielski, sono persone toste e capaci di emozioni forti, come i loro antenati. Credo che questa aggressività, coniugata alla voglia di crearsi una famiglia, li abbia spinti ad andare avanti». Il gruppo dei fratelli Bielski divenne la resistenza partigiana ebraica più grande d’Europa anche grazie a metodi sanguinari che lo stesso film non esita a raccontare. «La cultura degli ebrei è anche una cultura di guerrieri, lo si legge nella Bibbia stessa» ricorda il regista «quegli ebrei lottarono per la propria vita, ma non si può trasportare quella cultura ai tempi moderni: allora quegli uomini e quelle donne si trovavano di fronte a un genocidio. Oggi in Medio Oriente non siamo di fronte a un genocidio, piuttosto lo si vive in Paesi come il Darfur o lo si è vissuto in Rwanda e in Bosnia. È importante capire lo spirito che animò quelle persone, perché è lo stesso spirito che animò anche quei sei milioni di ebrei che purtroppo non ce la fecero». Senza volersi addentrare nelle delicate questioni medio-orientali, Zwick spiega che al cinema non spetta il compito di spiegare, quanto di raccontare il passato.
«È molto difficile per un film raccontare le complessità di una situazione come quella in Medio Oriente che merita un’analisi approfondita da parte di saggisti o i giornalisti» precisa «il cinema è per sua natura “riduzionista”, perché ha solo due ore di tempo in cui concentrare tanti eventi e raccontarli nel modo migliore possibile. Credo che sia importante raccontare il nostro passato, perché i giovani non leggono più, e il cinema ha la responsabilità di darne una rappresentazione più veritiera possibile».Sono tanti i film che a Hollywood, in questo ultimo periodo, raccontano il passato, soprattutto quello della seconda guerra mondiale. «Credo sia ridicolo definirla una moda» puntualizza Craig «ci sono tante storie umane dal punto di vista personale accadute in quella guerra».''il secolo xix'' del 20\01\08

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