lunedì 13 dicembre 2010


Yehoshua e il mestiere dello scrittore:«Narrare è misurarsi con l'etica»

di Renato Minore, http://www.ilmessaggero.it/ (11 dicembre) - Quand'era piccolo, il padre gli leggeva ampi brani del Cuore e lui si abbandonava al pianto, sopraffatto dalla commozione. C’è, in questo tenerissimo ricordo di Abrahm B. Yehoshua, il nocciolo duro della sua concezione letteraria. Riguarda, insieme, la figura di scrittore e quella di critico, legata alla prima per la stessa curiosità antropologica, l’ossessione conoscitiva, l’interrogazione morale, come spiega il giudizio del “Tarquinia-Cardarelli” che gli viene assegnato oggi insieme con Giulio Ferroni e Salvatore Silvano Nigro. Un’opera letteraria deve aprire nuovi orizzonti, per far capire il valore della propria identità nel confronto con i personaggi. Il lettore non deve confondere i personaggi con l’identità dello scrittore. Così capita al lettore de Il signor Mani, che racconta in modo straordinario la storia del suo popolo, dal periodo della diaspora fino alla nascita del movimento sionista. O a quello di Fuoco amico che analizza le ragioni del conflitto arabo-israeliano, destinato (pare) a non avere fine secondo un «grande maieuta delle emozioni dell’uomo contemporaneo, un lettore appassionato degli uomini e del mondo».Yehoshua: lo scrittore è uno psicoanalista della comunità? Porta alla luce l’inconscio della gente per estrarne verità nascoste? «Lo psicoanalista fa analisi individuali, lo scrittore le fa al popolo che per questo non paga. I pazienti sono spesso arrabbiati con l’interpretazione. Come un vero minatore, si va a toccare la parte nascosta, fino a una zona profonda, grazie all’elemento più intimo, il linguaggio».Qual è il peso del giudizio etico per uno scrittore? «Una ventina di anni fa pensavamo alla fine della storia. Tutto andava bene, senza conflitti, trionfavano il capitalismo, la globalizzazione, con grandi aspettative si viveva la fine del millennio. Ora ci siamo trovati con il terrorismo, il fondamentalismo e tutto il resto. La letteratura deve proiettarsi fuori dal proprio ambito psicologico, misurarsi sulla questione etica. Affrontare la complessità in cui viviamo».“Il responsabile delle risorse umane”, il film molto premiato di Eran Riklis, candidato all’Oscar, analizza un paese in cui i kamikaze sono terribile quotidianità. Com’è la situazione, oggi? «Le autorità palestinesi in Cisgiordania controllano totalmente il terrorismo, con l’aiuto del nostro esercito. E avanzano economicamente. Sono pronti, e lo meritano, a creare lo stato palestinese, un processo che va realizzato. Bisogna spingere Israele a un serio negoziato. È l’atto morale che dobbiamo ai palestinesi».La letteratura può avere qualche peso nel creare aperture tra persone di diversa religione? «È come le gocce di olio sulle ruote della realtà. Non credo possa cambiare la gente. Ma quando viene offerto, il pensiero degli scrittori può aiutare a conoscere la realtà nel profondo. L’amante, con un ragazzo arabo di 15 anni che lavora in un garage, è diventato un testo adottato a scuola. Lo hanno letto, lo hanno studiato. Se ho aiutato a cercare di capire e identificarsi con il ragazzino arabo, ciò ha reso tutti più aperti verso il popolo arabo»...........

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