“La Palestina viene oggi all’Assemblea Generale perché crede nella
pace e perché la sua gente ne ha un disperato bisogno. È arrivato il
momento per il mondo di dire chiaramente: Basta con l’aggressione, gli
insediamenti e l’occupazione”. Con queste parole il presidente dell’ANP,
Abu Mazen, ha salutato l’assemblea dell’ONU che, con 138 voti a favore
su 193, ha sancito l’ingresso della Palestina all’ONU come Stato non
membro osservatore. Un risultato storico a detta di molti, che di fatto
riconosce per la prima volta l’esistenza della Palestina come entità
statale.Un voto che “pone nuovi ostacoli sulla via della pace” ha dichiarato
invece il segretario di Stato americano Hillary Clinton;
“controproducente” ai fini del raggiungimento della soluzione “Due
popoli, due Stati” ha aggiunto l’ambasciatrice americana all’ONU, Susan
Rice.Per il premier israeliano Benjamin Netanyahu si tratta di una
risoluzione che nei fatti ”non cambierà alcunché”. “Esso non avvicinerà
la costituzione di uno Stato palestinese, ma anzi la allontanerà”. Ciò
non toglie, ha aggiunto, che “la mano di Israele resti tesa verso la
pace”.L’ Ambasciatore israeliano alle Nazioni Unite, Ron Prosor, ha
risposto al discorso di Abbas dicendo che la pace può essere raggiunta
solo attraverso negoziati, non attraverso la via delle Nazioni
Unite. ”Fino a quando il Presidente Abbas preferirà il simbolismo alla
realtà, ogni speranza di pace sarà fuori portata. Nessuna decisione
dall’ONU può rompere il legame che da 4000 anni unisce il popolo di
Israele alla terra di Israele”, ha detto Prosor.Coloro che hanno votato a favore, stanno minando la pace”, ha aggiunto
Prosor. “Le Nazioni Unite sono state fondate per promuovere la causa
della pace. Oggi i palestinesi stanno voltando le spalle alla pace. Non
lasciamo che la storia registri che oggi le Nazioni Unite li ha aiutati
nel loro lunga marcia di follia.”Se fra i 9 stati che hanno votato contro l’ingresso della Palestina
all’ONU come Stato non membro si contano gli USA, il Canada e la
Cecoslovacchia; se fra gli astenuti ci sono la Germania e la Gran
Bretagna, fra coloro invece che hanno votato “sì” ci sono la gran parte
degli Stati europei, fra cui, inattesa – soprattutto a Gerusalemme –
l’Italia.Poche ore prima del voto Palazzo Chigi ha fatto sapere che
all’Assemblea generale avrebbe votato sì. Una scelta che ha lasciato
spiazzati un po’ tutti negli ambienti israeliani che hanno sempre
guardato all’Italia come ad uno dei paesi più vicini ed amici in
Europa. ”Quando si è molto vicini a qualcuno, quando lo si considera un
grande amico, la delusione è più forte” ha osservato l’ambasciatore
israeliano a Roma, Naor Gilon.Nella telefonata con Netanyahu che ha preceduto il voto, il premier
Mario Monti ha fatto sapere che la decisione di votare a favore, non
compromette la “forte e tradizionale amicizia” dell’Italia nei confronti
di Israele. Monti ha garantito inoltre il fermo impegno dell’Italia ad
evitare qualsiasi strumentalizzazione del voto ovvero che Israele, che
ha diritto a garantire la propria sicurezza, possa essere portato
indebitamente di fronte alla Corte Penale Internazionale.A questo proposito Mattia Ferraresi, su “Il Foglio” di oggi, spiega:“Sul voto italiano pesa la logica della coalizione e l’indebolimento
di Abu Ma-zen, ma si fanno anche calcoli sulla più grande paura
israeliana: che i palestinesi possano trascinare il governo di
Gerusalemme davanti alla Corte penale internazionale. Gli esperti legali
dell’Onu consultati dal Foglio dicono però che si tratta di un’opzione
puramente teorica. Prima di avere accesso alla Corte dell’Aia lo stato
palestinese deve aderire al Trattato di Roma, il quale concede diritti e
implica doveri, ad esempio dotarsi di un sistema legale nazionale che
rispetti certi standard. Cosa che la Palestina non ha. Quando il
rappresentante palestinese all’Onu dice che “non andremo subito alla
Corte penale” non fa una dichiarazione politica, ma ammette uno stato di
fatto. Nessun automatismo garantisce alla Palestina potenziata dal voto
di denunciare Israele al Tribunale internazionale, e nulla dice che gli
eventuali reati siano perseguibili retroattivamente. Quello della
Palestina è un piccolo passo nella strada che porta all’Aia, non
l’attivazione di un meccanismo inesorabile. Per questo Netnayahu dice
che il voto dell’Onu “non cambia nulla”.http://www.mosaico-cem.it/
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